Ho bisogno di te <118>
VIRGINIA
"Ora cosa siamo io e te, Matt?" chiedo quando entrambi siamo più calmi.
"Siamo quello che eravamo prima... io sono disposto a riprendermi la Virginia che ho lasciato andare a dieci anni." risponde lui, e le sue labbra si posano di nuovo sulle mie, dolcemente. Lo desideravo tanto... lui è il mio Matteo: quello che mi ha salvata dall'ira di mio padre beccandosi un pugno in faccia: quello che, il giorno del mio compleanno, mi ha portata fuori e mi ha fatta divertire tanto.
Improvvisamente, però, siamo costretti a fermarci, perché qualcuno entra nella stanza. È la sorellina di Igino, quella che viene "bullizzata" dai professori... lui li aveva denunciati prima dell'incidente.
"Scusate..." balbetta arrossendo e ritraendosi di scatto.
"Oh no, cara... scusaci tu! In realtà queste non sono cose da fare in presenza di un ragazzo che... ecco... è... è addormentato..."
"Ehi, tesoro!" dice Matt, gentilmente. "Vuoi stare sola con lui, vero?"
"Io... io... non lo so... è che... sono accadute alcune cose, e... e..."
Matt mi lascia andare, si siede vicino al letto e la prende sulle ginocchia.
"Un ispettore di polizia ci ha contattati tramite il cellulare di mio fratello. Mi ha fatto un sacco di domande sulla mia scuola... io e gli altri, adesso, studiamo alla scuola della mamma di un mio amico, perché nella mia non ci possiamo tornare... i professori... ci trattano male!"
"Aspetta... i professori della scuola in cui andavi prima ti maltrattavano e tuo fratello li ha denunciati, è vero?"
"Sì... l-lui... li aveva... li aveva denunciati alla polizia... per me! Ma poi è successo questo, e la denuncia rischia di essere archiviata se lui non può svegliarsi e confermare che... che io... io..."
Vedo Igino cambiare espressione e i macchinari a cui è attaccato impazziscono letteralmente. Anche la piccola Ginevra rischia di sentirsi male e Matt si alza tenendola in braccio e continuando a ripeterle: "Andrà tutto bene, tesoro..."
GIULIA
Qualcuno sta correndo verso di noi e dai respiri agitati capisco che sono Matt e Ginevra... o meglio: Matt con Ginevra tra le braccia, che probabilmente sta per svenire.
Mi stacco da Michele e corro verso di loro.
"Ginevra! Piccola, che succede? Dimmi" chiedo, mentre Matt la lascia andare giù, delicatamente.
"Igino! Igino sta male ed è colpa mia, è solo colpa mia!"
L'avvicino un po' di più a me.
"Ascoltami, angelo mio: qualunque cosa possa essere accaduta, la colpa non è tua" dico abbracciandola, mentre lei piange disperatamente sulla mia spalla.
Ginevra non riesce neanche a parlare, quindi la porto al bar dell'ospedale, con Michele che ci segue, agitato, senza sapere più per chi preoccuparsi per chi no... prendo una camomilla per la piccola, la faccio sedere e, quando lei finalmente si tranquillizza, ci spiega tutto.
"Ma tesoro, non è colpa tua" le dice Michele. "E spero che non provino a cestinare quella denuncia, perché vi giuro che..."
"Michele, lascia che me ne occupi io" dico esitante. "Lo sai: odio essere una riccona del cavolo, ma in certe situazioni è utile. Non voglio corrompere nessuno: voglio prendere tempo."
"Giulia... non possiamo restituirvi il favore."
"Sono io ad essere in debito con te e con la tua famiglia, Michele: non il contrario. Andrò io stessa dall'ispettore, se serve!"
"Sei sempre così buona con noi, piccola..."
"Michele, Ginevra è come una sorella per me, e tu lo sai! Non sopporto più queste storie di supremazia, di lotta per la sopravvivenza e cosa del genere! A scuola ci devi crescere, socializzare, imparare, non ci si deve star male e sentirsi portar via un po' di vita tutti i giorni!"
Detto questo lascio la piccola con Michele e torno nella stanza di Igino. Per fortuna sembra che i medici abbiano già risolto tutto, perché i suoni degli arnesi che ha addosso sono un po' più lenti e regolari di come avrebbero dovuto essere in caso di emergenza. Afferro la mano del mio amico e la stringo forte nelle mie.
"Lascia che ti guidi, Igino... prova a fare un pezzo di strada tutti i giorni, d'accordo? Non ti lascerò andare via così. Ginevra ha bisogno di te.. io... io ho bisogno di te... tuo fratello ha bisogno di te."
Glielo dico piano, con gentilezza, perché d'imposizioni ne ha già avute a sufficienza e perché io sono la prima a detestarle. Sento la sua mano diventare un po' più calda e lui mi dice: "Amica mia, per favore, fermati per oggi! Forse ho trovato la strada, ma posso percorrerla solo poco alla volta, davvero!"
"Fa' presto, tesoro, ti prego... quella povera piccina ha tanto bisogno del tuo aiuto!"
"Anch'io non vedo l'ora di riabbracciarla."
"Tesoro, tu hai salvato la vita di mio fratello più di una volta... persino adesso, dal tuo letto... ora... prova a salvare te stesso, ti prego! Io... io non riesco più a vederti così!"
La mia voce inizia a tremare e, per l'ennesima volta in questo periodo, mi lascio andare ad un pianto senza controllo, davanti a lui. Provo ad asciugare le lacrime e parlargli ancora un po', ma quelle aumentano incontrollate.
"Ho bisogno di te, Igino! Ho tanto bisogno di te... piccolo koala, ti prego! Fallo per me!"
Improvvisamente sento entrare qualcuno e una mano grande e calda, che conosco fin troppo bene, asciugarmi il viso... poi ecco i suoi singhiozzi, le sue lacrime, la sua disperazione, il suo sfinimento.
"Anch'io ho tanto bisogno di te, Igino! Te le ricordi tutte le cose che ti ho detto? Neanche una di quelle cose era vera... neanche una! Ti ho detto solo un mucchio di sciocchezze, in questi anni... perché io ti ammiro e ho iniziato a darti addosso perché volevo somigliarti... ma non potevo... non potevo, perché mi avevano insegnato che la legge del più forte è quella che prevale... mi dispiace... io... io non..."
"Matteo! Matteo, per l'amor del Cielo, adesso basta!" gli dico afferrandogli le mani. "Basta così, ti prego! Non c'è bisogno!"
"Igino, perdonami... perdonami!" dice Matteo, con le lacrime agli occhi... poi io mi sento afferrare una mano, e non da Matteo. Rimango di sasso nel capire che quella è la mano di Igino.
Lui fa un ulteriore movimento e capisco che sta cercando di asciugare il viso di Matteo.
In quel preciso istante la porta viene spalancata nuovamente e il dottore esclama: "Non ci posso credere! Non ho mai visto nulla di simile!"
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