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Hermano cruel <48>

IGINO
Non so come sia possibile, ma lei riesce sempre ad aiutarmi, anche quando sono io che desidero aiutare lei. Si è sfogata e mi ha offerto l'occasione di fare altrettanto nonostante il fatto che la persona che mi rovina la vita sia il suo fratello maggiore. Mi sarebbe piaciuto fare quello che ho appena fatto e quel desiderio è venuto fuori molto tempo fa, ma non avevo il coraggio di farlo. Lei mi ha esortato a lasciarmi andare e ho tirato fuori tutta la rabbia che tiro fuori, di solito, scrivendo testi rap che nessuno leggerà mai, di cui nessuno s'interesserà, esclusa lei, che per qualche strano motivo si è interessata a me. Lei è stata la prima a farlo da quando sono iniziate le superiori, e forse sarà anche l'ultima, visto che Marta neanche mi vede.
"A cosa pensi?"
"Penso a quanto tu possa essere fantastica! Io avrei dovuto aiutarti, ma sei stata tu a farlo con me..."
"Non importa chi aiuta chi... l'importante è volersi bene..."
E anche stavolta, lei ha perfettamente ragione. Entriamo e raggiungiamo la sua camera d'ospedale. Lei m'invita a sedermi sul suo letto, ed io lo faccio. Sono un po' preoccupato perché stamattina, mentre venivo qui, ho saputo una cosa da mio padre, e non ho il coraggio di dirglielo. So che lui una volta ha investito una ragazza, ma naturalmente l'ha soccorsa... ma so anche che la ragazza in questione ha riportato segni indelebili di quell'incidente.
Stamattina mi ha fatto sedere accanto a sé e mi ha raccontato tutte queste cose, concludendo con il fatto che aveva dei validi motivi per credere che la ragazza che aveva, ovviamente per sbaglio, investito, fosse la mia migliore amica. Certo, se così fosse saremmo pari visto quello che suo fratello mi combina, ma io non so se dirglielo perché da un lato temo che Matteo possa scoprirlo in qualche modo e allontanarmi da lei, magari spiattellando la verità davanti all'intera classe, ma d'altro canto ho paura che lei mi respinga se dovesse saperlo.
"Che cos'hai, Igino? È tutto a posto?" chiede preoccupata, e il fatto di mentirle mi provoca una fitta di dolore.
"Niente, tranquilla" rispondo cercando di rendere la mia risposta credibile. "È che ho paura che tuo fratello irrompa qui all'improvviso!"
Beh, non male. Almeno ho tirato fuori una mezza verità, no? Meglio di niente, considerato il fatto che ho difficoltà a nascodere qualcosa alle persone a cui tengo. Prova ne è il fatto che mia madre sa da sempre quello che mi succede a scuola e che il mio fratello maggiore l'ha scoperto praticamente appena arrivato.
"Ah, davvero? E perché tu, che non dovresti nemmeno essere qui, non vuoi che io venga a far visita a mia sorella?" chiede Matteo, facendo una sorta d'ingresso trionfale nella stanza, con quella faccia da spavaldo che mi fa soffrire solo a vederla. È tanto bello, ma è anche tanto vuoto e freddo!
"Che cosa vuoi? Che ci fai qui?" chiede sua sorella. Non è spaventata: è semplicemente furiosa, e io non faccio in tempo a fare nulla, perché lei si mette tra noi due con il suo corpo e la sedia a rotelle.
"Sono venuto a vedere come stai, sorellina, e mi sembra di averti già detto che non voglio che il secchione venga qui" dice lui. Sento gli occhi bruciare, perché il suono di quella parola mi ferisce come un pugno in faccia.
"Ah, e da quando t'importa qualcosa di me, cervellone?" lo fulmina lei. "Lui mi è stato vicino, contro di te e contro chiunque, perché mi vuole bene e come me ha sofferto le pene dell'inferno a causa tua e dei tuoi leccapiedi! E non me ne frega niente di quello che pensi di lui! Io voglio che ci stia lui con me, non tu, perché non sai fare altro che insultare, e adesso esci o ti giuro che ti passo sopra con la sedia! Ah... se vuoi sapere come sto, te lo dico subito: sto malissimo, perché visto che ho pensato a te non sono riuscita a camminare e a momenti mi spezzavo una gamba, hai capito?" Credo che lei non si sia accorta di aver smesso addirittura di respirare, perché riprende fiato all'improvviso e si volta verso di me con un'espressione terrorizzata. Io faccio l'unica cosa che so fare: poso una mano sulla sua spalla per cercare, anche se solo un po', di rassicurarla.
"INFERMIERA! DOTTORE!" urla con tutte le sue forze. Si porta una mano al cuore e i suoi occhi si spalancano in maniera spaventosa. Vedo persino la parte che l'olio ha corroso, e questo mi fa venire voglia di piangere. Matteo mi fulmina con lo sguardo, ma in questo momento non m'importa un accidente di lui né di quello che potrebbe farmi, quindi rimango immobile e tengo strette le spalle della mia migliore amica. Sento il battito del suo cuore, più rapido che mai, e ho molta paura che stia per perdere i sensi.
Il dottore che ha curato sia lei che Matteo corre dentro e quando vede chi è nella stanza, gli lancia un'occhiataccia.
"In che lingua devo dirtelo che non devi farla agitare? Esci!"
"È lui il problema, non io!" dice Matteo, indicandomi.
"No... non... non è vero..." sussurra Giulia e quel respiro mozzato mi colpisce dritto dritto al cuore.
"Lui le sta mentendo, ed ora ne ho la prova! Come può, il figlio di quello che l'ha ridotta così, volerle bene? E poi, uno come lui è utile solo a passare compiti!" Lei contrae il volto in un'espressione di dolore e i suoi occhi si fanno lucidi. Inclina la testa da un lato e i suoi occhi, lentamente, si chiudono. È una tortura vedere quelle palpebre abbassarsi tanto piano e quella testa oscillare.
Ma, prima di perdere i sensi, lei sussurra: "Non m'importa. Sei tu che mi hai fatto finire sotto quell'auto."
Matteo mi guarda malissimo e quegli occhi mi bruciano la pelle come acido. Abbasso la testa e scoppio in lacrime, definitivamente.
Lo sapevo! Lui ha sentito tutto, e gliel'ha detto con tutta la cattiveria del mondo... ma non è stata colpa di mio padre, né di Giulia. È successo e basta e mio padre non è scappato quando è accaduto. Le è stato accanto ed io gli voglio bene più che mai, per questo.
"No, amica mia, ti prego! Non farmi questo..."

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