Gli angeli che non avevano più le ali <116>
GIULIA
Siamo in sala operatoria. Michele non fa che andare avanti e indietro continuamente. Sono felice che i genitori di Igino mi abbiano permesso di rimanere lì.
"Michele, per l'amor del Cielo, smettila di fare avanti e indietro" dice il padre, posando una mano sulla spalla di quel poveretto.
"Lo so, papà... però non riesco a stare fermo!"
"Ho capito che non riesci a star fermo, ragazzo, ma così non porterai più fortuna a tuo fratello e a fine intervento sarai ridotto peggio di un maratoneta non molto allenato."
Lui, a quel punto, corre verso di me e mi si siede accanto. Lo sento afferrarmi la mano e il modo in cui la stringe mi fa venire le lacrime agli occhi. Non posso credere che la stretta di Michele sia tanto simile a quella di Igino quando ha paura o è nervoso per qualcosa... non posso credere che quel tocco mi ricordi tanto lui! Cosa farei se dovesse accadere qualcosa al mio migliore amico? E poi... che mi succede? Prima soltanto Igino portava il mio cuore a battere più velocemente.
Ora con lui mi sento come se le due metà della famosa mela si fossero finalmente incontrate. Lui è la tanto cercato e che non ho alcuna intenzione di perdere, non dopo essere arrivata ad incontrarlo. E forse, proprio per questa ragione, stringo quella mano con tutte le mie forze e, contemporaneamente, con tutta la delicatezza che mi è possibile.
"Andrà tutto bene, Michele!"
La verità è che io sono la prima ad aver paura, ma gli ho detto questo perché mi sento terribilmente in colpa. Sono stata io a spingere Igino verso il baratro lasciandolo alla mercé di mio fratello e di chi, fin troppo vigliacco per ribellarsi, gli dava retta.
"Non ci provare nemmeno a farti venire qualche strana idea!" mi dice Michele. "Non è assolutamente colpa tua se è andata a finire così, Giulia... i tuoi compagni avrebbero potuto fare molto e non hanno mosso un dito per Igino. Questa è la verità, e non mi stancherò mai di..." Ma si blocca di colpo.
"Che cosa diavolo fate voi qui?" chiede scattando in piedi. "Andate via! Non voglio vedervi vicino a mio fratello!"
"Michele, per favore!" dice... Piera? Non ci posso credere! "Ho portato qui l'altro Michele per..."
"Per finire il lavoro di Matteo!" dice Michele, livido di rabbia. È incontrollabile!
"Siamo pentiti, davvero" sussurra Michelino, il mio compagno di classe. Io mi alzo e mi metto in posizione tra i due. Afferro le mani del mio compagno di classe, ex bullo purtroppo per lui, e quando le sento tremare il mio cuore dà un colpo forte a qualsiasi cosa abbia dietro e, di conseguenza, alla mia schiena. Non mi è mai capitato di vedere un ex bullo tremare in questo modo, se si esclude mio fratello. Mike, il mio compagno di classe, per intenderci, scoppia in lacrime e mi abbraccia forte.
"Su, calmati... va tutto bene."
"Non può andare bene! Ho sbagliato tutto! Abbiamo sbagliato tutto! Ha ragione lui e noi dobbiamo andarcene, Piera... soprattutto oggi che... che Igino... sta... ancora così..."
"Neanche di sapere come stava, vi siete preoccupati! Non voglio vedervi vicino a lui! Andate via, per favore! Almeno questo, al mio fratellino, lo dovete, per le notti in bianco che ha passato a farvi quei dannati compiti, perché voi non avevate tempo di farli da soli!"
"Michele! Michele, per favore, cvieni con me! Andiamo fuori: ti fa male stare qui!"
Michele protesta, ma la piccola Ginevra ha ragione. La permanenza qui dentro lo porta a vivere uno stato di pressione psicologica, se possibile, ancora più intenso di quello che stanno vivendo Piera e l'altro Michele, quello che singhiozza come un bambino tra le mie braccia e mi suscita una forte tenerezza.
"Giulia... c'è anche Marta qui fuori. È andata sotto una finestra." dice Piera con voce tremante. "Le hai detto qualcosa, vero?"
"Sì, ragazze... sentite: so che Matteo vi preoccupa, ma lei ha sempre voluto molto bene ad Igino."
"Io e Lara lo sapevamo... però non volevamo ammetterlo e speravamo che lei lo dimenticasse per sempre... è colpa nostra: lei non c'entra. Però... anch'io ho un segreto!"
"Io lo conosco, il tuo segreto, Piera... ma forse dovresti dirlo a lui." dico sfiorando il viso del ragazzo che ha il volto premuto sul mio petto.
"Che... che segreto?" chiede lui con voce tremante.
"Diglielo tu... io non ce la faccio!" dice Piera, agitata.
Resto un attimo in ascolto. La famiglia di Igino è in cortile. I genitori, infatti, sono andati dietro al primogenito per consolarlo, per fortuna, e ora la sala d'attesa è completamente deserta.
"Va bene, Piera" dico, sapendo con certezza che lei non è molto abituata ad esprimere i suoi sentimenti... quelli veri, però. Quelli della dolcissima ragazza che in realtà è, costretta a nascondersi dietro la maschera di una piccola egocentrica per sfuggire alle frecciatine e a chi la considera strana. "Vedi, Michele... Piera... è molto innamorata di te... e sono certa che anche tu lo sia di lei, vero?"
Entrambi restano in silenzio... poi, non so bene perché, faccio avvicinare Michele e Piera e, silenziosamente, mi allontano da loro. Giungo alla camera ospedaliera di Igino, anche se lui non c'è. Mi lascio cadere sul letto e appoggio il viso sul cuscino. Mi bruciano terribilmente gli occhi, ma stavolta non voglio piangere.
"Non succederà niente" continuo a ripetermi. "Tu sei un ragazzo coraggioso, mio piccolo koala... hai affrontato i draghi da solo e hai persino provato a difendere i draghi più piccoli da quelli più grossi. Non molti farebbero quello che fai tu, te lo giuro! Per questo io so che ce la farai! Ti hanno strappato le ali più volte, ma io so che tu puoi volare agitando le braccia o pensandoci intensamente: io lo so! Lo so!"
Non so nemmeno io perché lo sto dicendo ad alta voce, ma ho la sensazione che, in qualunque posto si trovi adesso e, spero, non ancora per troppo tempo, lui possa sentirmi e farsi coraggio per affrontare quest'intervento.
MARTA
Sono sotto la finestra della sala operatoria.
Vorrei dire tante cose al mio amore, ma me ne sto qui, seduta per terra, mentre la musica a riproduzione casuale mi risuona nelle orecchie. Oggi il destino vuole punirmi, a quanto pare, perché tutti i brani che partono mi mettono addosso un'incredibile tristezza. Non piango... non ancora, ma sento fino a quando non mi parte: "Angel by the wings" di Sia. Una volta, a scuola, Giulia me la fece ascoltare per incoraggiarmi a reagire, perché il mio angelo aveva le ali ferite e da solo non riusciva a spiccare il volo un'altra volta.
Le note del pianoforte mi fanno scivolare giù, lentamente, per terra, e mi sporco tutta, ma non me ne importa niente e quando la cantante arriva al primo: "You can do anything" ecco che le lacrime iniziano a scendere, senza controllo.
Mentre piango, qualcuno posa dolcemente una mano sulla mia spalla. Mi giro a guardare e vedo la madre di Giulia.
"Non fare così, bambina mia! Posso assicurarti che Igino non ha alcun bisogno di questo! Al contrario: lui ha bisogno che tu creda che può farcela! Per troppo tempo sono stati pochi quelli che ci hanno creduto... vieni, spostiamoci sotto la finestra della tua stanza! Vorrei cee tu ascoltassi una cosa, tesoro..."
Arriviamo sotto quella finestra e sento Giulia pronunciare queste parole: "Io so che puoi farcela, lo so! Lo so..." Ed ecco che torna a scoppiare in singhiozzi anche lei, perché non ce la fa più... esattamente come me.
La finestrella è bassa e non ha sbarre. Io mi arrampico, salto dentro e mi butto sul letto.
L'abbraccio forte, chiedendole nuovamente scusa per averla trattata male quando è arrivata... e ci troviamo così, strette l'una tra le braccia dell'altra... entrambe conquistate dal cuore d'oro del dolcissimo Igino, che sta combattendo per vivere... o, almeno, entrambe crediamo che lo stia facendo.
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