Fragilità <108>
GIULIA
Siamo appena arrivati in paese, dopo aver preso l'aereo e un taxi. Ho detto ai ragazzi di lasciarmi vicino ai cartelli su cui è scritto il nome del paesino in cui vivo, perché, nonostante la mia insistenza, non hanno voluto proprio saperne di farsi ospitare. Hanno deciso che andare in un albergo qui vicino. Io, intanto, aspetto mio fratello vicino a quei famosi cartelli.
Lui mi viene incontro correndo e quando mi si getta tra le braccia, sembra quasi sconvolto.
"Matteo! Santo cielo, Matteo! Dai, calmati."
"Igino... Igino è caduto! Non posso credere che sia successo, non posso crederci!"
"Matteo, calmati! Sono certa che non sia stata colpa tua..." gli dico, ma lui per qualche istante non dice nulla.
"Non è stata colpa mia! È stato lui! Si è messo a ballare, a rappare... io mi sono innervosito e ho fatto in modo che Michele..."
Mi stacco di colpo dall'abbraccio.
"Tu... tu l'hai fatto cadere!" esclamo sconvolta. "Ma perché, perché?"
"Lui mi provocava..."
"E ti sembra un motivo sufficiente per fargli quasi rompere la testa, Matteo?"
"Non rimproverarmi anche tu, ora, ti scongiuro! Tu non sai... non sai neanche lontanamente quanto ho bisogno del tuo aiuto, adesso! Mi dispiace per Igino! Io..."
"Va bene. Va bene, Matteo... calmati, adesso!" gli dico asciugandogli le lacrime. "Dai, andiamo a casa, così tu potrai tranquillizzarti e io potrò cambiarmi prima di andare da lui in ospedale..."
Lo stringo più forte e aggiungo: "Ascolta, forse la colpa è mia. Non dovevo andarmene così!"
Mio fratello mi si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia: la stessa guancia che qualche tempo fa ha colpito con un tremendo ceffone. Ripete l'operazione più volte, rimanendo al mio fianco e coccolandomi la testa e insieme ci dirigiamo verso casa. I miei non ci sono per motivi di lavoro, quindi metto via i bagagli e vado a cambiarmi velocemente, poi chiedo a Matteo se ha voglia di venire in ospedale con me... anche se, forse, è meglio che per ora non venga. La famiglia di Igino non vorrebbe vederlo se si venisse a sapere quello che è successo, di cui ho avuto una panoramica un po' sommaria.
Sto andando in ospedale quando incrocio le ragazze della mia classe.
"Giulia!" mi chiama Marta, ma il suo tono è completamente diverso da come lo ricordavo. "Sei venuta qui per scrollarti di dosso il senso di colpa?"
"Eh no! Adesso tu mi devi spiegare che significa questo!" interviene Michele.
"Vuol dire che lei ha detto di essere tanto innamorata di Igino e poi, alla prima occasione che le si è presentata, se l'è squagliata!"
"Stai scherzando, spero!"
"No! Dove si trovava lei, mentre Igino soffriva per la sua partenza? Dov'era lei, quando quell'idiota del fratello che tra l'altro critica tanto, ma si comporta persino peggio di lui!"
"Tu" dice Michele, e so per certo che le ha puntato un dito contro, "tu sei l'ultima che può dire cose del genere, hai capito? Dov'eri tu, quando a mio fratello serviva un sostegno? Tu, che lo conosci da molto più tempo? Rispondimi: dov'eri? Ti nascondevi dietro le tue amiche e dietro la tua paura di Matteo! Lei gli ha risposto, si è beccata anche una sberla per farlo, ed è stata costretta ad andarsene... tu lo sai bene, questo! Ma lei per mio fratello ha fatto molto di più in pochi mesi di voi tre, messe tutte insieme, dall'inizio del liceo! Prima ci sarà stato un altro, poi Matteo... e non provate ad avvicinarvi all'ospedale!"
"Micher, basta!" gli dico, sperando di riuscire a fermarlo prima che dica qualcosa di cui potrebbe pentirsi. "È molto agitata, e poi ha ragione! Anzi: forse se Igino sapesse che sono accanto a lui, potrebbe agitarsi, ma vi sembra il momento di tirar fuori certe questioni?"
"No, Giulia... lui starà meglio, nel vederti, ne sono più che sicuro! Tu probabilmente sei stata l'unica a non averlo mai abbandonato, perché anche se eri distante, mi sembra che tu gli abbia detto più volte: "Se vuoi prendo il primo volo e torno!", ma lui non voleva... lui non vuole disturbare nessuno, con le sue necessità... vieni, andiamo, piccola." E mi prende la mano.
So che Marta mi sta guardando malissimo, ma non la biasimo. Forse ha ragione, io questo non lo so. L'unica cosa che posso dire con certezza è che purtroppo ha ragione, anche se Michele mi ha difesa a spada tratta.
"Eccolo! Questa è la sua stanza!" dice Michele. "Non abbiamo chiesto che qualcuno venisse fermato, nel caso in cui volesse entrare qui... ma su di te non ho alcun dubbio."
Chiede il permesso al dottore per entrare e il medico dice: "Bentornata, cara! Vieni, accomodati pure! Non ti metterò limiti, perché Igino ha bisogno di te... il suo stato è precario e anche un impatto psicologico è necessario... tu sei l'unica che può dargli una scossa senza fargli del male. Ecco... dagli la mano!"
Sono seduta accanto al letto e, allungando la mano, riesco a trovare la sua.
"Ciao, piccolo koala! Santo cielo, quanto mi sei mancato..."
Quella macchinetta che gli controlla il cuore emette un suono ritmico e inquietante, ma almeno, quando quel suono è regolare, vuol dire che lui è più o meno stabile.
"Igino... ascoltami, eroe: ora ho bisogno che tu faccia una cosa. Se vuoi che me ne vada, resta immobile. Così, come sei adesso. Se invece vuoi che rimanga, stringimi la mano, ti prego!"
Per qualche istante trattengo il respiro, poi sento un leggero movimento. Lui non arriva proprio a stringermi la mano, ma piega un dito per farlo e fa una leggera pressione.
"Allora non ce l'hai con me perché me ne sono andata! Tesoro, sono così felice!" gli dico. "Sai, una persona mi aveva detto che tu... che tu soffrivi tanto per colpa mia... e io..."
Poi mi succede qualcosa che in questi giorni accadeva a lui: sento la sua voce fare eco nella mia testa.
"So cosa ti ha detto Marta, ma a lei che importa? Le piace uno di quinta!" mi dice e io mi gelo sul posto.
È l'unica cosa che gli sento dire. Entrambi siamo strani, in fondo, perché nessuno dei due ha visto quella cosa del sentire le voci come una cosa strana.
Rimango seduta sulla sedia accanto al letto e rimango in silenzio. Non so che dirgli e non nego che un po' mi vergogno.
"Vuoi rimanere da sola con lui, Giulia?" mi chiede Michele.
"No, non importa. Mi basta stare qui, vicino a lui... che è calmo di natura, ma non l'ho mai... mai visto così immobile in vita mia, poverino!"
"Piccola, il problema è che purtroppo Igino è molto grave!"
"Come grave? Che cos'ha, dottore?"
"Il fatto è che lui... insomma, vedi, potrebbe svegliarsi senza memoria.. rimanere su una sedia a rotelle, o, per come sta ora, potrebbe persino non svegliarsi più."
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