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GIULIA
La campanella è appena suonata.
Stavolta mi sono incamminata sia con Matteo che con Igino.
Camminiamo in silenzio, come se si respirasse molta tensione.
Le parole di suor Luisa rimbombano nella mia testa come una canzone riprodotta in loop, e io odio questa cosa con tutta me stessa.
Perché ci si deve ammalare? Perché le persone buone si devono ammalare? Insomma, sono andata in quel dannato istituto e le donne che ci sono adesso, supportate da quelle che c'erano prima, non fanno che continuare a maltrattare gli orfani, imponendo loro i loro pensieri. Donne come suor Luisa, invece, finiscono così.
"Che cos'hai, Giulia? Sei silenziosa" dice Igino, posandomi una mano sul braccio che regge il bastone, nel tentativo di trattenermi. "E poi stamattina dubito che tu ti sia innervosita solo per le domande di quei due poliziotti."
"Niente, Igino... non ti preoccupare..."
"Giulia, per favore!" mi dice Matteo. "È da stamattina che ti vedo turbata. Che ti prende, me lo spieghi?"
"Non è niente!"
"Accidenti, Giulia!" esclama Matteo, prendendomi l'altro braccio.
"Matteo, ti prego! Lasciami in pace!" dico.
"Va bene, piccolo panda... non ti obbligheremo a parlare di quello che ti affligge, se non vuoi." dice Igino, lasciandomi andare, sempre con delicatezza.
"Ma che cosa dici, Igino? È mia sorella, sta male e io... non posso lasciare le cose così!" salta su Matteo, agitato.
"Matteo, ti prego! Lasciami in pace, non ne voglio parlare" dico respingendolo affinché mi lasci il braccio e correndo verso il solito albero. Mi getto per terra, abbracciando il grosso tronco, e lascio andare lacrime silenziose. Cai come in questo momento vorrei gridare, ma non ce la faccio. Lascio che le lacrime scendano senza controllo e spero solo che Matteo e Igino non vengano a cercarmi ancora.
E infatti, invece di venire loro, è un'altra persona a raggiungermi.
"Sei sicura di farcela a sopportare tutto questo da sola, Giulia?" mi chiede Michele.
"No... non sono sicura proprio di niente... ora che stava andando tutto nel verso giusto, ora che i miei compagni erano uniti... succede questo!"
"Giulia... santo cielo, non puoi fare così! Non puoi ammalarti per mantenere un segreto... di' a suor Luisa che ci stai male... dille che non puoi resistere!"
Improvvisamente il mio cellulare squilla. Riconosco il numero di suor Luisa e sento che qualcosa nel mio cuore va in mille pezzi.
"Ci penso io." mi dice Michele prendendomi di mano il cellulare. Ha imparato ad usarlo con tanto di VoiceOver.
Lo sento parlare con qualcuno, poi mi restituisce il telefono. "Tesoro, so che ci stai male, ma dobbiamo andare subito nell'albergo del paese. Suor Luisa ha avuto un incidente..."
"Oh mio Dio, che è successo?"
"Ha detto che è caduta per terra, nella sua stanza... si è sentita male..."
"Cavolo, questa non ci voleva!"
"Te la senti di venire con me?"
"Non posso non farlo, Michele. Non posso lasciarla sola!"
Ci dirigiamo insieme verso l'unico albergo del paese e Michele mi dice che suor Luisa è nella stanza 32, al primo piano, visto che faceva fatica a fare le scale. Raggiungiamo la reception e chiediamo una chiave di scorta al portiere per poter entrare. Naturalmente il portiere ci segue, per una questione di sicurezza, e ci fa entrare. Da quello che mi dice Michele ci troviamo di fronte ad una scena che spezza il cuore. Suor Luisa è distesa a terra.
Michele mi dice che è a petto scoperto e tiene ancora stretta in mano la maglia che si stava infilando.
"Giratevi!" dico dirigendomi verso di lei, immaginando in che stato di vergogna si trova suor Luisa.
"Piccola..." dice lei, con un soffio di voce.
"Va tutto bene" le ego: prendi dei cuscini dall'armadio! Tutti quelli che trovi!" dico cercando di mantenere la calma. M'inginocchio a terra, vicino a suor Luisa, mi trascino verso le sue gambe e mento la mia gamba sinistra tra di esse. "Si aggrappi. Qui, coraggio."
E mi tocco le spalle per farle capire dove può aggrapparsi. La tiro su lentamente, con il cuore in trepidazione, sperando che non si sia rotta qualche osso. Michele sistema dietro di lei una pila di cuscini e ai lati di quella torre mette due poltrone, cosa che so perché, tirandola su, le sfioro per puro caso. "Le sto facendo male, suor Luisa?" le chiedo mentre la tiro su e la faccio girare verso la poltrona di destra. Lei non mi risponde ed io la chiamo di nuovo, temendo che non sia del tutto vigile. "Suor Luisa... le sto facendo male, per caso?"
"Oh, cara... no... no, tranquilla... è che... pensavo a quella donna... che ha adottato la tua mamma e ha dato il nome a te." dice lei.
"Mamma Giulia" sussurro, più a me stessa che a lei. Sento un altro brivido mentre l'aiuto a tirare su le gambe e avvicino l'altra poltrona in modo che possa appoggiarvele e stare più comoda. Poi mi rivolgo al portiere: "Per favore, mandi qui un medico... non possiamo lasciare niente in sospeso." E, come quando mamma Giulia è finita per terra davanti a me, mi sento del tutto impotente.
"No, non si preoccupi. Sto bene." dice suor Luisa, e ricordo i litigi tra Mamma Giulia e mia madre. Mia madre aveva appena scoperto che, cadendo, Mamma Giulia aveva battuto la testa contro il muro e voleva accertarsi che tutto fosse a posto, ma lei non voleva che la toccassero. Stava già male.
"Suor Luisa... la prego, lo faccia per me! Niente ospedale, glielo prometto, ma si faccia visitare qui, la prego!"
Gli occhi mi fanno un male tremendo, e sento che tra qualche minuto, se non tra qualche secondo, esploderanno come palloncini.
"Va bene, piccola" dice la donna, "ma solo per farti stare più tranquilla, perché ti vedo molto provata, e lo faremo qui."
"Va benissimo."
Il portiere lascia la stanza e Michele si avvicina alla donna e dice: "Ci penso io." Non so esattamente cosa stia facendo, e non so nemmeno se essere tranquilla notando che suor Luisa non emette un gemito neanche a pagare... non so nemmeno se sta provando dolore.
"Ehi! Devi stare tranquilla, tesoro." mi dice con dolcezza Michele. "Non credo sia niente di grave, non ti preoccupare."
La porta si spalanca di nuovo e due voci note mi giungono all'orecchio: il padre ed il fratello del mio ragazzo. "È una fortuna che ci siamo trovati a passare di qui." dice l'uomo. "Michele, prendi un po' di ghiaccio... quell'affare deve sgonfiarsi al più presto... suor Luisa, si ricorda di me?"
"Oh... Alex... caro, so che sei davvero un medico eccellente" dice dolcemente suor Luisa, e il padre di Igino sorride in modo rassicurante, togliendomi dalle spalle un po' di quel peso che mi opprime.
"È lucida, cara. È un buon segno" mi dice.
"Oh, grazie al cielo!" esclamo.
Lui fa alcune domande alla donna e sembra sollevato visto che lei sembra rispondere bene ai suoi stimoli.
"Suor Luisa... quanto tempo si fermerà qui in paese?" le chiede con dolcezza l'uomo.
"Una settimana, credo... poi dovrò tornare in città, per fare delle terapie."
"Molto bene. Cosa ne direbbe di venire a stare da noi per un po'? Sono più che certo del fatto che i miei ragazzi ne saranno felici!"
Il mio cuore batte più forte.
Spero vivamente che suor Luisa accetti di stare con qualcuno di noi.
La casa di Igino è l'ideale, alla fine, perché è piena di gente. C'è sua madre la mattina, e quando non c'è lei c'è qualcuno dei fratelli, quindi non correrà il rischio di cadere e restare per terra come è successo oggi.
"Sicuro che non sia un problema, Alex? Io non voglio essere di peso."
"Lei è come una madre per me... molto più della mia." dice lui.
"Non dire così, caro. Tua madre è una donna ambiziosa, ma desidera solo il tuo bene... certo: sul conto di Maria si è sbagliata: lei è una cara ragazza e ti ama tanto, a prescindere dal tuo denaro... ma tua madre credeva che il tuo bene potesse stare accanto a un'altra... e quando Maria si è dimostrata in grado di tenerle testa senza alzare un polverone, la cosa l'ha irritata di più" dice lei con un pizzico di rimprovero nella voce, ma sempre con un sorriso.
"Beh, comunque la prego, stia con noi" insiste il padre di Igino, sempre con gentilezza, cercando di non forzare la mano.
"La prego, suor Luisa!" si aggrega Igino. "Anche mia sorella avrà un gran bisogno di un suo consiglio e... anche io!"
"Consigli a che proposito, caro Igino?" chiede suor Luisa con quel suo solito tono conciliante che ti fa venir voglia di parlare con lei.
"Ragazzi... papà... c'è una cosa che non vi ho detto." balbetta Igino.
"Di che si tratta, tesoro?"
Mi avvicino a lui e gli prendo la mano. Spero soltanto che lui non mi dica che non ho il diritto di saperlo dato che gli sto nascondendo qualcosa... una cosa che, molto probabilmente, verrà fuori presto... anche perché suor Luisa ha accennato di doversi ricoverare in ospedale tra una settimana per una terapia, pur non avendo spiegato che tipo di terapia.
Invece lui, sorprendendomi ancoha una volta, mi stringe la mano.
Sembra spaventato, nervoso, spaesato, proprio come me, quindi gli poso l'altra mano sul braccio e gli dico: "Ehi! Tranquillo, piccolo koala... sono sicura che andrà tutto nel migliore dei modi." E lui, dopo questo, sembra rilassarsi un po', cosa che fa stare decisamente meglio anche me.
"Ecco... prima che ci chiamaste voi, Luca... cioè, il poliziotto che mi ha interrogato, mi ha chiamato... e anche Ginevra dovrà dare la sua versione, come i suoi compagni, prima di quel maledetto processo... e io non so proprio come dirglielo."
"Processo? Che processo?" chiede la suora.
"Vede, suor Luisa... il fatto è che sono successe delle cose molto brutte alla Ginevra... non sono stati i suoi compagni, però... in questo caso il problema l'hanno creato gli insegnanti... ecco... insultavano gli alunni e qualche volta alzavano le mani contro di loro, annientandoli sia fisicamente che emotivamente..."
E ripensando a quelle atrocità, Igino mi stringe il braccio e un singhiozzo gli squarcia il petto. Mi sento impotente e detesto vederlo in questo stato.
"Tesoro! Ehi!"
Lo chiamo, ma lui non risponde... beh, avrei dovuto aspettarmelo: in fin dei conti i singhiozzi sono tanto forti da impedirgli quasi di respirare, figuriamoci quanto può essere difficile dire qualcosa! Allora lo stringo a me, da brava amica quale spero di essere, coccolandogli la testa e lasciando che tiri fuori tutto quello che lo fa soffrire... e lui accoglie il mio tentativo, come suo solito.
"Tutti e due avete un fardello sulle spalle, ragazzi" dice suor Luisa, allungando una mano verso Igino, (lo so perché arriva ad accarezzargli la testa). "Ma io sono sicura che se vi sorreggerete l'un l'altra, li sopporterete molto meglio..."
E probabilmente è vero, infatti una volta fuori mi decido a liberarmi del peso che mi preme sul petto.
"Igino..." dico con un filo di voce. sa che non ti ho detto, perché suor Luisa mi aveva chiesto di non parlarne a nessuno, ma non ce la faccio..."
"Santo cielo, che è successo?"
"È malata, Igino. Suor Luisa è malata" dico sottovoce.
"Di cosa?" chiede Igino, simulando una sorta di semplicità.
"Il mostro che si forma nel cranio" rispondo, perché non ho neanche il coraggio di pronunciare quella maledetta parola.
"Il mostro...?"
"Andiamo a casa mia, Igino. Devo farti vedere una cosa" dico, non sapendo in he modo spiegarmi. Spero che Mamma Giulia possa ispirarmi.
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