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Cuori come porte scorrevoli [parte 2] <141>

MATTEO
Sono praticamente nel panico. Non ho mai avuto a che fare con la polizia, nonostante tutto quello che ho combinato... e a dirla tutta, ho la netta sensazione che l'uomo seduto di fronte a me possa leggermi dentro e la cosa non mi piace particolarmente.
"Quindi tu ti divertivi a... giocare, diciamo così, con il tuo compagno di classe, perché vedendolo fragile sentivi di essere forte quando gli facevc degli scherzi, vero?" chiede l'uomo.
Annuisco debolmente. "Le assicuro che mi sono pentito... ma dovevo costituirmi per stare meglio. Sono settimane che ho un groppo costante alla gola, sul serio! Le assicuro che qualunque cosa lei decida, mi andrà bene."
"Non si può sbattere dentro una persona così, senza processo, a meno che non la si tenga in carcere fino al verdetto perché ha chiaramente agito male... tu non ti sarai comportato bene, ma solo con la tua deposizione non posso assumermi nessuna responsabilità."
"Parli con i miei compagni! Chieda alla mia insegnante di musica! Loro lo sanno: erano lì quando ho fatto cadere Igino!"
Sento gli occhi pizzicare come se non ci fosse un domani e prego con tutte le mie forze di non scoppiare in lacrime qui, davanti al poliziotto.
Qualcuno batte delicatamente alla porta. Il poliziotto dà il permesso di entrare alla persona che ha bussato e vedo entrare Igino e l'altro agente.
"Signor commissario... Igino vorrebbe dirle una cosa."
"Igino... non farlo, per favore" gli dico guardandolo implorante. Lui si siede accanto a me e i ruoli s'invertono. Io sono quello debole, lui è quello forte.
"Le è stato detto del mio incidente, vero?" dice, prendendomi delicatamente il braccio come per tranquillizzarmi.
"Sì. Matteo mi stava raccontando proprio ora cosa è successo." dice il commissario, in tono tranquillo.
"Io ho avuto l'incidente... vorrei dire la mia... se posso" balbetta timidamente lui.
"Certo, caro. Racconta pure."
"Vede... lui... all'inizio non mi voleva precisamente bene... il nostro era un rapporto tra compagni di scuola... un po' particolare..."
"L'ho costretto a farmi i compiti!" esclamo, sulla soglia delle lacrime.
"È vero, Igino?" chiede il commissario.
"Io... io, veramente..." balbetta Igino.
Non sa mentire.
"Credo sia vero, da come reagisci."
"Sì, però... lo guardi! Lui si è pentito, altrimenti non sarebbe venuto a costituirsi..."
"Ho capito. E l'incidente?"
"Eravamo a lezione... era successa una cosa che l'aveva fatto innervosire... lui voleva farmi uno scherzo, uno scherzo innocente... cioè, mi avrebbero preso in giro dopo lo scherzo, ma non voleva che finissi in ospedale... e una volta è venuto in ospedale a scusarsi... è arrivato al punto di non ritorno, e..."
"Va bene, caro" dice l'uomo con gentilezza, "ho capito che per te la questione è chiusa... ma sembra che Matteo non sia esattamente dello stesso avviso. In ogni caso, prima di procedere con un provvedimento è giusto che mi confronti con i vostri compagni di classe e con il personale scolastico, che, in questo caso, mi sembra molto più affidabile di quello della scuola di cui ci stiamo occupando..."
"Quindi...?" chiedo agitto.
"Andate a casa, ragazzi! Lasciatemi soltanto il contatto di un insegnante, del preside o di un collaboratore scolastico. Qualcuno che si occupi di avvisare che desidero parlare con chi di dovere, per capire in che direzione muovermi..."
"Potrebbe anche non ufficializzare... la denuncia." gli dice Igino.
"Potrei anche prendere quest'ipotesi in considerazione, però non voglio sbilanciarmi... lasciatemi un recapito."
Igino lascia il numero di don Peppino, in modo che gli sia possibile avvisare gli altri... e forse saranno loro a decidere che punizione darmi.
Usciamo insieme o lo sguardo basso, mentre Igino cammina accanto a me, a testa alta, ma non sembra arrabbiato.
Quando vediamo Michele e Giulia corriamo loro incontro. Mia sorella mi abbraccia forte.
"Matteo, Matteo! Santo cielo, non puoi immaginare quanto mi hai fatto preoccupare!" dice stringendomi forte a sé. Sento il suo cuore battere a mille contro il mio petto. Lei era davvero in pena per me e non lo nego: mi dispiace che sia stata così male, ma ormai mi sono deciso e andrò fino in fondo, costi quel che costi.
"Piccola, non ti devi preoccupare!" le dico. "Prima sì che avevi dei motivi per preoccuparti e ti ho anche fatta ammalare!"
Credo che lei sia piuttosto sorpresa dal mio cambiamento, ma non dice nulla.
Mi unisco anch'io a loro e torniamo tutti a casa con l'auto di Michele.
Non so proprio cosa aspettarmi dall'incontro di domani, ma una cosa la so. Qualunque cosa accada, dovrò mostrarmi forte.
Scendiamo tutti dall'auto e stiamo per separarci quando improvvisamente vedo le ultime persone che avrei voluto vedere.
"Piccolo Matt! Un uccellino mi ha detto che sei stato alla stazione di polizia!" esclama Claudio.
Faccio un passo indietro. Il padre di Claudio è in polizia... non è il commissario, ma immagino sia qualcuno che mi ha visto entrare nell'ufficio. Voglio sparire!
"Vediamo... forse sei andato a farti arrestare prima che ti prendano. Oh, no! Per i sensi di colpa. Non è così?" dice ancora lui, mentre i suoi tre compari ridono a più non posso.
"Tu lo sai cos'è il senso di colpa?" chiede Igino, improvvisamente.
"Cosa intendi?"
"Va bene... tu hai sofferto, lo sappiamo tutti" dice Igino, "ma credi che ti sentirai meglio continuando a fare il gradasso?"
"Questo qui" dice Claudio, puntandomi un dito contro il petto, "un paio d'anni fa mi ha massacrato di botte."
"Io ho avuto l'onore di essere insultato, umiliato e mandato in ospedale da Matteo... sono stato in coma e poco c'è mancato perché ci rimettessi la pelle! Peccato che io non abbia deciso di trasformarmi in un coatto per ripagarlo con la stessa moneta!"
"Igino, tu sei un bravo ragazzo e questo non può che farmi piacere, onestamente. Ma io no... e tu non puoi capire quello che..."
"Non posso capire quello che hai provato? Io nasco come sacco da boxe di chiunque voglia divertirsi un po', Claudio... e una volta, ne sono certo, eri un bravo ragazzo anche tu, lo ricordi?"
Claudio rimane in silenzio e gli altri tre bulli fanno un passo indietro.
"Tutti e quattro... siete stati dei bravi ragazzi, e scommetto che in passato avete sofferto e vi siete coalizzati contro il mondo intero, è così?" dice Igino, mostrando una sicurezza fuori dal comune. "Cosa ci guadagnate a far soffrire chi vi circonda come è successo a voi? Cosa ci guadagnate a fare i bulli?"
"Senti, capisco che tu sia un paladino della giustizia, ma... questo qui merita una bella lezione!"
Claudio mi si butta addosso, facendomi cadere a terra, ma Michele lo afferra per il colletto della maglia ed esclama: "Senti un po', ragazzino... lui con mio fratello si comportava esattamente come te... e io non ci metto niente a farti fare il volo dell'angelo..."
"Michele, fermati!" Giulia lo prende per un braccio. "E tu va' a casa, che dubito che a tuo padre faccia piacere sapere che cosa combini qui in paese."
"Sapete una cosa? Ci avete stancati! Tutti e quattro!" esclama una voce alle mie spalle. Mi volto e vedo Marta, seguita da Piera, Lara, Michele, Matias, Virginia, Vanessa, Greta e Matt. "Siamo tre volte il vostro gruppo... dodici contro quattro. Compreso anche Matteo, quindi se gp date addosso, ve la vedrete con tre di noi in una volta, e dubito fortemente che la cosa vi convenga."
Rimango più che sorpreso notando che Marta mi sta difendendo... e rimango ancora più sorpreso quando Claudio ed i suoi vanno via con la coda tra le gambe.
"Un gioco da ragazzi!" dice Marta. "Forza, adesso alzati!"
Mi afferra il polso e mi aiuta ad alzarmi da terra. Sono coperto di sassolini e polvere e il mio amico Michele, che mi sempre stato accanto, mi aiuta a pulirmi alla meglio.
"Perché l'avete fatto?" chiedo.
"Perché tu sei un idiota, e ringrazia che mi fai pena e non vado oltre" dice Lara, ripetendo una frase che, tempo addietro, le ho detto io. "Ma Igino ti ha perdonato, ti vuole bene, e quello dei tuoi amichetti della scuola calcio è un comportamento che non accettiamo più."

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