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Black And White <9>

GIULIA
Le ragazze della mia classe mi abbracciano, in lacrime. Quella con cui condivido un sentimento, Marta, mi abbraccia in lacrime.
"Come hai perso tuo fratello?" chiede commossa.
"L'ho perso nello stesso incidente che mi ha tolto la vista" rispondo, e in realtà è vero. Da quando ho avuto l'incidente, Matteo è cambiato. Tendeva ad allontanarmi, a trattarmi male e a prendermi in giro, fino a quando non gli sono diventata indifferente, e lui, a sua volta, lo è diventato per me. Più o meno, perché ieri, quando ho capito che qualcuno gli aveva fatto del male, ho avvertito una fitta al petto.
Il suo compare, Michele, mi si avvicina, ma non sembra avere cattive intenzioni.
"Mi dispiace." dice semplicemente. "Io... non credevo..."
"Vieni via se non vuoi che te la faccia pagare come ho fatto con il..."
"Non mettere in mezzo lui che non è neanche presente!" gli urlo contro, avendo capito a chi allude. "Tu sei il nero! Tu sei nero come il buio che mi tocca vedere ogni giorno da quando ho avuto l'incidente... e forse è meglio che mi sia successo, perché se avessi visto la tua faccia da schiaffi temo che non avrei resistito alla tentazione di lasciarci il segno!"
"Come ti permetti? Guarda che se non ti dai una calmata lo lascio io un segno su quel bel faccino angelico che ti ritrovi, mocciosa! Anche perché quello stesso visino è una montatura... sei davvero una brava attrice!"
"Avanti, fallo! Che aspetti, Boss?" lo provoco, anche se qualcosa mi si è spezzato nel petto al suono di quelle parole. Lui ha iniziato a torturarmi da dopo l'incidente perché si era fatto coinvolgere da un branco di bulletti, diventando uno di loro, e davanti ai professori io avrei DOVUTO difenderlo. Lui l'ha definito "il mio silenzio", ma io prima di questa storia ero un tipo tranquillo, che non amava discutere, e poi lui non mi parlava di quello che faceva, nonostante il bellissimo rapporto che avevamo prima, quindi non avevo elementi sufficienti per difenderlo o per offenderlo... e lui mi aveva detto una sfilza di parolacce come, "personcina, stupida, commediante", che mi avevano ferita. Ero uscita per strada correndo.
Ero talmente occupata ad annegare nelle mie stesse lacrime che non fui in grado di pensare a nulla, infatti non vidi né sentii l'auto che mi travolse in pieno. I danni irrimediabili li ebbi agli occhi. Avevo dolore ovunque, ma ero cosciente, infatti ricordo perfettamente che l'uomo che mi aveva investita mi prese in braccio e mi portò in ospedale. Quando arrivammo, però, persi i sensi.
"Allora prendi questo!" Quella voce mi riscuote dai miei pensieri.
Lui si avvicina in modo minaccioso, ma a quel punto io lo spingo indietro.
"Mi sembra di averti già detto che io non sono buona come quel povero ragazzo con cui ti piace fare i tuoi sporchi giochetti tutti i santi giorni!"
Detto questo torno al mio posto e il resto della giornata sembra procedere perlomeno in maniera decente.
Quando torno a casa, naturalmente per altre vie perché nessuno deve sapere dov'è la mia casa, però, decido di dire a mia madre che tornerò più tardi e corro in direzione di un piccolo pezzo di Paradiso: la casa del mio amico anonimo, ma meraviglioso.
Busso e, come mi aspettavo, lui corre ad aprirmi.
"Ehi, ciao! Come stai?" gli chiedo, felice di rivederlo.
"Abbastanza bene, direi." risponde lui.
"E la tua sorellina? Ha ancora la febbre alta?" chiedo.
"Non come ieri notte. Anzi, mia madre mi ha detto che quando torna se ne occuperà lei, anche se un po' mi dispiace... insomma: non per mia sorella, il fatto è che mia madre ha il lavoro, deve badare a noi..."
"Io sono tornata da poco e non ho molte possibilità... infatti non sapevo neanche che tua madre lavorasse per i miei... ma posso provare ad informarmi, posso aiutarvi."
"Sei gentile, ma non fa niente. Io..."
Improvvisamente gli cade qualcosa per terra. Io mi chino per raccogliere quel qualcosa, che è un foglio di quaderno.
"Che cos'è?" gli chiedo. "Perché ce l'avevi in tasca?"
"No, niente." mi risponde lui.
"Ehi, tranquillo. Pur volendo non potrei farmi gli affari tuoi, lo sai, ma se vuoi parlare di qualcosa lo sai già: io per te ci sono sempre."
Lo sento teso. Vorrei chiedergli di che cosa si tratta, ma se non vuole parlarne non voglio insistere. Un dettaglio rilevante, però, me lo fa capire la canzone: "A Testa Bassa", di M.E.I.D, che parte all'improvviso sul cellulare nella mia tasca.
"Tu... tu conosci questa canzone?" chiede con un soffio di voce.
"Certo" rispondo. "Quel ragazzo è stato da esempio per me. Mi ha insegnato a non sentirmi in colpa quando le cose vanno male o quando mi capita di trovarmi di fronte delle persone con un'ottima parlantina, in grado di farmi provare sensi di colpa che non esistono... tipo Matteo, per intenderci" rispondo.
"Allora, forse, posso svelarti un mio segreto."
Entriamo in casa e lui mi fa accomodare sul suo letto. La sorellina, a quanto pare, è nella sua culla, e da quanto mi ha detto lui sta dormendo tranquillamente.
"Ecco... il fatto è che a me piace scrivere musica... nello specifico mi piace il rap." mi spiega. "Il foglio che mi è caduto... era un testo... che... che immaginavo potesse !ssere una battaglia tra me e il nostro compagno di classe."
"Grazie." gli dico. "Grazie per avermi dato un pezzo di te."
Prendo un respiro profondo prima di superare l'imbarazzo e chiedergli: "Ti va di leggermi questo testo? Forse posso aiutarti."
"In realtà sono riuscito a scrivere solo le mie parti e il ritornello. Non so come potrebbe rispondere lui."
"Se me lo leggi posso provare a darti una mano. Io ci ho avuto a che fare con tipi come lui e ho qualche idea per le scuse che potrebbe tirare in ballo" dico.
"Davvero mi aiuteresti? Queste cose non portano a nulla e poi io sono un..."
"Non provare a dire quella parola, che solo a sentirla mi viene l'orticaria!" gli dico capendo che cosa sta per dire. "Dai, su, leggimelo!"
Lui comincia a leggermi le strofe che lo riguardano, poi mi legge il ritornello ed è a quel punto che mi viene voglia di alzarmi da quella sedia per mettermi a ballare.
"Hai già un'idea di come fare il ritornello? Cioè, se farlo cantato o sempre rap?" chiedo.
"Forse potrei farlo cantato... ma non so come" risponde lui.
"Io un'idea ce l'ho." rispondo, poi inizio ad intonarlo sottovoce, alzandomi dalla sedia e muovendomi da destra a sinistra a seconda di quello che dico: "Black And White, Wrong And Right, We Are So Different Between Us! We Are Enemies In The Class, So Black And White, Black And White!"
Lui mi sorride.
"Lo sai che sei brava?"
"Grazie, ma anche tu lo sei. Perché non vai ad uno studio di registrazione e porti questo foglio? Io il testo l'ho copiato qui, sul cellulare... appena mi verrà in mente qualche stralcio da aggiungere te lo manderò e mi dirai se ti piace, va bene?"
"D'accordo. Grazie" mi dice lui.
"Di cosa? A me piace vedere le persone felici, soprattutto quelle come te!"
Improvvisamente qualcuno suona il campanello. Io mi dirigo verso la porta e quando sento la voce della persona che è di fronte a me mi si gela il sangue.
"Ma che piacere vederti, carina! Sei a casa del..."
"Se devi dire quella parola preferisco che te ne stia zitto." gli dico puntandogli un dito contro. "Ah, a proposito... ehm... ragazzo del primo banco, potresti venire un attimo?"
"Ragazzo del primo banco?"
"Non conosco il suo nome e mi ha chiesto di chiamarlo così."
Lui si avvicina e quando vede mio fratello lo sento trattenere il respiro.
"Tranquillo. Va' a prendere un secchio e riempilo d'acqua, per favore" gli dico usando il labiale.
Lui si dirige velocemente verso il bagno e riempie il secchio per poi tornare all'ingresso.
"Dimmi una cosa, Matteo... com'è che tu di solito chiami il mio amico?"
"Nerd."
"Oppure?"
"Secchione."
"Beh... per me il secchione, come lo chiami tu, è questo. E questo non ama essere preso in giro." gli dico.
"Perché?"
"Perché..."
Prendo in mano la mia arma e gli rovescio l'acqua addosso.
"Ricordati, birbante... mai prendersela con un SECCHIONE!"

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