Angeli alati e non ê143>
MATTEO
Appena siamo tornati a casa mi sono buttato sul letto, sentendomi più tranquillo, ma anche stremato. Credo mi abbia fatto bene parlare con la mia sorellina, ma ho visto qualcosa nei suoi occhi che mi ha fatto male. Lei è quel tipo di persona che, anche se soffre, tende più a essere soffocata dal dolore che a gridare per tirarlo fuori. In alcuni momenti in cui l'ho fatta stare male lei ha gridato, ma quella era rabbia. Lo so perché, oltre a tutto quello che le ho fatto, ho visto questa sua caratteristica in un momento molto doloroso per noi. L'ho paragonata alla protagonista di un film chiamato: "The Witch", perché ha reagito esattamente nel modo opposto.
Eravamo tornati da scuola insieme, quel giorno. Naturalmente lei non mi aveva rivolto la parola, e ogni volta che provavo a dirle qualunque cosa, faceva finta di non sentire per non darmi quella sensazione travestita da soddisfazione che di solito prova un bullo quando riesce a mandare a segno un colpo. Quando lei infilò la chiave nella serratura della porta di casa nostra, un grido le fece fare uno scatto indietro. Era la voce di nostra madre ed era disperata.
"Mamma! Mamma, non lasciarmi!"
Io mi sentii attraversare da un soffio caldo, che mi diede un senso di protezione, e dalla faccia che aveva fatto mia sorella, ebbi l'impressione che anche lei lo avesse sentito.
Si riprese dal suo stato di trance, aprì la porta e, visto che mi stavo gettando in una corsa folle verso la camera da letto di mia sorella, dove si trovava Mamma Giulia, e la mia piccola, non voleva che la vedessi, mi spinse contro la porta e corse dalla mamma... per proteggermi.
Io raggiunsi la camera ugualmente e mi fermai sulla soglia. La mamma continuava a scuotere con vigore Mamma Giulia, a batterle il petto, muoverle le braccia, e lei, come un fantoccio, glielo lasciava fare... cosa insolita, perché permetteva solo a mia sorella di muoverle le braccia in modo che la prendesse in braccio e la portasse dove doveva andare.
"Mamma, per favore, fermati" le disse mia sorella con grande sforzo, proprio perché il pianto le bloccava persino il respiro, figuriamoci come avrebbe potuto sovrastare quelle grida. "Devi cercarla qui, non lì." E si batté una mano sul petto, per farle segno.
"No... lei sta dormendo! Sta solo dormendo! È vero, mamma?"
E aveva ripreso a scuoterla con disperazione. Continuando a sforzarsi, nel suo dolore silenzioso, mia sorella afferrò mia madre e se la strinse forte al petto. Erano in contrasto, perché mentre la donna urlava, la mia piccola lasciava scendere lacrime silenziose e ogni tanto qualche debole singhiozzo le scuoteva il petto, rendendole difficile rimanere in piedi e tenere ferma nostra madre, ma in qualche modo lei riuscì a portarla fuori e a farla sedere.
Con le mani che le tremavano come se stesse per sentirsi male, le versò dell'acqua, e solo allora, vedendo quanto Giulia soffrisse senza riuscire neppure a gridare, la mamma si calmò.
"Piccola..." le disse per poi attirarla a sé. "Parla, ti prego!"
"Mamma Giulia ha attraversato il cancello magico" disse lei, a stento, tanto che feci quasi fatica a sentirla. Poi, continuando a tremare, si staccò dolcemente da mia madre e tornò nella sua stanza, crollando in ginocchio vicino al letto e dando un bacio sulla fronte di quella che ormai sembrava una bambola.
"Non hai provato altro dolore, vero? Dimmi di no, ti prego!" le disse sottovoce.
Mi sveglio di colpo da quel flashback e alzando la testa vedo una figura levitare sopra di me, con un'espressione dolce e serena. È lei!
"Sei un bravo ragazzo, Matteo. Mi dispiace che tu abbia rivissuto proprio quel momento... volevo solo farti capire che tua sorella non è felice di sapere che stai male, ma non te lo dice perché... è fatta così."
"E io che cosa posso fare, Mamma Giulia?"
"Comportati bene e metti via tutti gli scatoloni del tuo scantinato."
"Aspetta!" dico capendo che sta per scomparire.
Mi sembra tutto così strano, ma al tempo stesso sono felice che lei possa parlare con me.
"Ti va un abbraccio?" mi chiede lei, e io annuisco debolmente. Cerco di allungare le mani, ma mi ritrovo ad abbracciarmi da solo. "Aspetta, caro... ci penso io." dice lei, e quando mi stringe a sé, finalmente lo sento il suo corpo, come se non l'avesse mai perso... ma non è un corpo martoriato dagli aghi delle flebo. Non ha più ferite, sta bene, e sorridendo mi mostra un piatto coperto, mentre mi abbraccia. Stavolta, tendendo le mani, riesco ad abbracciarla anch'io, senza attraversare il suo corpo, e sorrido. Il piatto si scopre da solo e vedo che contiene una pastiera fatta in casa, il suo dolce preferito.
"Davvero il mondo di là è come il nostro?"
"Sì, caro... lo è. Solo che non si litiga e non ai si ammala... e non c'è bisogno dei canoni per il Paradiso. Ognuno lo vede e lo vive come vuole... io preferisco l'Hallelujah di Cohen a quello del coro della Chiesa, ma al Boss va bene lo stesso." E detto questo la sento dissolversi lentamente tra le mie braccia.
IGINO
Matteo e Giulia non lo sapevano, ma ieri anch'io ero lì. Ho capito che delle persone che Matteo conosceva lo avevano insultato pesantemente sui social, più e più volte. Lei non può dire niente alla polizia, che domani verrà ad accertarsi del grado di colpevolezza di Matteo, perché ha promesso a Matteo di non farlo... ma io sì... io posso. Devo cercare di prendere il cellulare di Matteo senza farmi notare e mostrarlo all'agente con il quale abbiamo parlato ieri.
La sveglia suona, ma tecnicamente non mi serve perché sono già sveglio da parecchio tempo.
"Ehi, fratellino! Che cosa c'è? Sei nervoso per oggi?" mi chiede Michele, vedendomi camminare avanti e indietro per la casa.
"Sì, ma non è soltanto questo" ammetto. "Il fatto è che ieri ho deciso di uscire un po' per schiarirmi un po' le idee."
"E...?" mi chiede Michele.
"E ho visto Matteo e Giulia."
Michele mi guarda con la classica "faccia a punto interrogativo' "Che ne dici se chiudiamo la porta e mi spieghi meglio?"
Annuisco e lui chiude la porta.
Si siede sul mio letto, mentre io faccio avanti e indietro per la stanza, nervosamente.
"Matteo e Giulia erano seduti sotto un albero. Lui era molto nervoso e lei, a quanto ho capito, aveva pensato di portarlo sotto quell'albero per fargli prendere un po' d'aria."
"Benissimo, e quindi?" insiste Michele, in trepidazione.
"A un certo punto le ha chiesto di dargli il cellulare e da lì è entrato sul suo profilo di Facebook, credo. Le ha fatto leggere una serie di messaggi contro di lui e... e le ha detto che voleva dirglielo in confidenza."
"Ma non voleva che lei intervenisse, giusto?"
"Precisamente."
"E vorresti intervenire tu?"
"Sì..."
"Sei davvero un angelo, Igino! Mi riesce difficile credere che esista qualcuno buono quanto te. Sai, per il fatto che..."
"So come la pensi, Michele, ma adesso stiamo cercando di lasciarci il passato alle spalle, e io..."
"E tu non puoi sopportare le ingiustizie perché ne hai vissute tante in prima persona!"
"Sì, è proprio questo il punto" rispondo.
"Tranquillo, ci penserò io." mi dice Michele. "Ti farò avere il cellulare di Matteo e appena potrai porterai in disparte l'agente che vi farà visita oggi e glielo mostrerai, sperando non abbia un codice, ovviamente."
"Grazie fratellino, grazie!" gli dico gettandogli le braccia al collo.
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