Altrove <23>
GIULIA
"Io... io devo andare." mi dice Marta, riscuotendomi dai miei pensieri. "Per qualsiasi cosa, aggiornami, d'accordo?"
"Ma certo!" rispondo. Sono un po' amareggiata, non lo nego, ma so che lei è molto combattuta. Anche se non lo do a vedere, anch'io lo sono.
Torno in casa e la madre del ragazzo più tenero del mondo mi viene incontro e mi prende per mano.
"Vieni, cara." dice dolcemente.
"Posso restare qui con Igino?"
"Certo! Mi faresti un favore, sai? Mi dispiace che tu abbia la febbre alta, come lui, ma purtroppo devo andare... lavoro presso una scuola di calcio, ora. Faccio le pulizie lì e non posso assentarmi... però ho paura di lasciarlo solo. Povero tesoro, sta malissimo!"
"Mi dispiace tanto." dico a bassa voce, ripromettendomi di non piangere.
"Anche a me, ma non è colpa tua. Dovresti smetterla di sentirti in colpa per le azioni del bullo della scuola solo perché siete fratelli."
"Non ci riesco, soprattutto se se la prende con lui."
"Lo vedo che gli vuoi bene... sai, io mi sono accorta da tempo che qualcosa non andava, ma non potevo fare nulla senza prove... lo sai, la tua famiglia è molto influente, lui di certe cose non mi parla mai perché dice che ho già molte cose a cui badare, senza "che ci si metta anche lui con i suoi problemi", senza sapere che i suoi problemi sono anche i miei..."
Vorrei farle tante domande, ma lascio che continui.
"Nell'ultimo periodo ogni volta per Igino andare a scuola era un calvario vero e proprio. Lui mi mostrava sempre un sorriso, ma sapevo che quello non era un sorriso vero. Spesso trovavo dei fogli con su scritte quelle che credo fossero strofe di canzoni... ne leggevo alcune molto tristi e una volta gli ho chiesto quale fosse il motivo. Lui mi ha risposto con un attacco di panico e quando si è ripreso mi ha supplicato di non fare nulla. Per favore, pensaci tu... sei una ragazza, anche tu hai sofferto quello che soffre lui e magari a te darà ascolto, lo convincerai a fare qualcosa... io non ce la faccio più... se tu andassi via, lui ricomincerebbe a spegnersi un po' alla volta."
In questo momento il sorriso falso è il mio, perché vorrei giurare di non andarmene, ma di nuovo mi assale quel brivido... un brivido a cui non so dare un nome, anzi: a cui non voglio darlo, perché è un nome che mi fa molta paura. È un nome che non dovrebbe mai insinuarsi nel rapporto tra due fratelli, se questo rapporto fosse sano.
"Allora io... io vado dentro."
"Grazie, cara."
"Per cosa?"
"Per stargli così vicina."
"Siamo amici... è normale... e poi, lui non ha mai fatto male a nessuno. Come si fa a non volergli bene?"
Detto questo saluto la donna ed entro. Lui, a quanto pare, è sul suo letto. Non capisco se dorme, perché ogni tanto dalla sua bocca escono gemiti di quelli che emettono le persone quando provano paura.
"No... non di nuovo, ti prego" sussurra, e capisco che sta avendo un incubo. "No, per favore... non ti ho fatto niente di male!"
Mi avvicino a lui e gli prendo la mano.
"No, no, no!" continua a ripetere.
"Igino! Ehi! Su, svegliati!"
Continuo a scuoterlo, sempre delicatamente, e al contempo gli sfioro il viso, per fargli capire che sono io, che non ho cattive intenzioni, che è solo un incubo e che per ora è tutto a posto. Lui finalmente si sveglia. Sento il suo sguardo addosso, e mi fa male, perché, come è già successo, anche stavolta percepisco tutta la tristezza che lui si porta dentro, anche senza guardarlo.
Lui non parla e io mi spavento.
"Oddio... Igino, ti prego, di' qualcosa!" dico.
"Cosa succederà domani?" sussurra lui.
"Proprio niente. Tu hai un bel raffreddore e io ho la febbre... staremo a casa. E quando torneremo a scuola, faremo finta di niente. Loro non sono così importanti, non se si comportano in questa maniera."
"Sai che grasse risate si faranno tutti? "Il secchione chiuso nel bagno delle donne con l'acqua bollente che gli cade addosso. Posterò la foto su Facebook e Instagram, così impari a contraddirmi. È sempre colpa tua se rischiamo tutti quanti di rimetterci." Rideranno tutti quanti! Tutti! Persino lei riderà... e tu, Giulia, non ti puoi certo ammalare per colpa mia, altrimenti finirai per odiare Matteo e io non voglio!"
Eccola! Eccola la parola che mi provocava quel brivido, la parola che avevo il terrore di pronunciare.
Uscita dalla sua bocca, poi, è ancora peggio. Fa più male di uno schiaffo con tanto di anello al dito. Poi, però, ci penso meglio... voglio fare qualcosa per lui, e se questo comporta essere derisa da quel troglodita e dal ragazzo che non sa cosa vuole davvero, che poi è Michele, allora correrò il rischio... tanto Matteo tutto quello che poteva farmi l'ha già fatto da un bel pezzo.
"Hai detto che la parola ricorrente è "secchione", giusto?" chiedo.
"Non capisco... che vuoi fare?"
"Bene... allora secchione sia!"
"Non ti seguo."
"Hai un paio di occhiali vecchi?" chiedo.
"Non facevano in tempo a diventarlo. Matteo e Michele me li rompevano molto spesso" risponde tristemente.
"Ehi, tranquillo, non fa niente! Vedrai: li rimedierò in un modo o nell'altro" lo rassicuro, o almeno ci provo.
"Ma spiegami cosa vuoi fare."
"Sai, quando mi sono ribellata a Matteo e agli altri, i miei compagni di scuola hanno iniziato a chiamarmi Robin Hood con gli occhiali scuri."
"Perché?"
"Perché difendevo i più piccoli dai tipi come lui e i suoi amici del branco nella nostra vecchia scuola. Ancora oggi Matteo mi chiama così, ma in modo dispreggiativo."
"E con questo?"
"Andrò a scuola vestita da Robin Hood, ma con gli occhiali e l'atteggiamento da... insomma, da quello che dicono loro. Voglio proprio vedere se continueranno a fare i gradassi con il nobile bandito che rubava ai ricchi per dare ai poveri, che ha imparato a vivere in una foresta e ha messo su una squadra di banditi-eroi da fare invidia a... alle truppe di Napoleone!"
"Aspetta... e io cosa devo fare?"
"Niente, Igino... sii te stesso e basta. Al resto ci penso io. Niente violenza, perché la odio anch'io... ma voglio proprio vedere se i nostri compagni andranno anche contro Robin... ammesso che sappiano chi è."
"Sembri così forte... così felice... ma ti stai facendo del male. Non dovresti..."
Stavolta non lo blocco io, ci pensa da solo.
"Per te ne vale la pena, amico studioso." dico.
"Anche tu eri come me, vero?"
"Certo... solo che invece di chiamarmi in quel modo, a momenti le foto me le scattavano nuda, e anche a me mettevano la pallina di gomma in bocca."
"È questo il motivo per cui fai tutto questo per me?"
"Anche, ma non è l'unico motivo. Tu mi hai permesso di rinascere quando mi stavo spegnendo... con quel tuo fare timido... la tua amicizia mi ha tirata su quando ne avevo bisogno... e poi non posso certo dimenticare che hai aiutato mio fratello a rientrare nonostante tutto quello che ti ha fatto. Io queste cose non me le dimentico, per questo, se potessi farti evadere, lo farei anche subito."
"È che mi sento così solo che mi vergogno di me stesso."
"Non lo sei. Sai quanti ragazzi subiscono queste umiliazioni tutti i giorni?"
"Tu credi?"
"Ma sì. MEID, ad esempio: il rapper che ha scritto: "A Testa Bassa"."
Non so se questo potrà confortarlo. Mi sento così piccola, quando lui mi guarda. Mi sento troppo fragile quando "il biondino", come a volte lo chiama Matteo quando riesce a frenare quella linguaccia, mi fiss ae mi dice che non ce la fa più. Lo credo: anche un generale d'artiglieria, se fosse costantemente sottoposto a un trattamento negativo, finirebbe per crollare... come quel soldato di Full Metal Yachet, che veniva costantemente "bullizzato", se vogliamo, dal suo sergente. Lui gli ha sparato un colpo e si è ucciso. Certo, questo è un livello estremo, quindi il termine che ho usato, in teoria, non sarebbe appropriato, ma fa male lo stesso.
Passo la notte a casa del mio amico. Resto nella stanza accanto, con la piccola Evelina. È una bimba dolcissima: sono vicino a lei e ogni tanto lei mi stringe l'indice e dice: "Tu bene Nino?" Non so perché lo chiami così, ma è uno scricciolo tenerissimo.
"Certo, piccolina! Lui si fa voler bene, e anche tanto. Ti svelo un segreto: lui è un supereroe. È come Superman... anche lui portava gli occhiali e veniva deriso, ma poteva volare. Il tuo fratellino deve solo volersi più bene e mostrare a chiunque voglia vederlo il suo talento."
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