Al limite <21>
GIULIA
"Coraggio sorellina, vieni qui!" dice mio fratello.
"No! No, io non vengo!" sussurro, presa dal panico. Che cosa mi aspetta adesso?
"Vai a prendertela!" dice uno dei ragazzi.
Mio fratello mi afferra e mi butta per terra.
"Dai, tesoro... mamma e papà non ci sono! Ora tu fai la brava, ti sdrai sul tuo letto e non gridi... eh? Cosa ne dici?"
Non mi muovo, allora lui inizia a spingermi mentre altri due mi tirano per le braccia. "Su, bellezza, stai tranquilla! Non ti facciamo niente! Basta che stai buona e non gridi!" mi dice un ragazzo che ricordo come un biondino montato, riccio.
Fisicamente mi ricorda l'immagine di un ragazzo che conosco, uno dal carattere angelico, ma lui è un mostro, nonostante sia un biondo mingherlino e con un paio di occhiali. Mi ricorda qualcuno, ma non so chi... e so descrivere lui perché l'ho visto prima dell'incidente.
"Thomas, ti prego... no!" gli dico con un filo di voce.
"Dai, piccolina... non aver paura!" mi dice lui, schioccandomi un bacio sulla guancia. Gli appellativi che mi danno sono sempre carini... sono le azioni che mi terrorizzano.
"Ecco il suo trono, Altezza" mi deride il terzo ragazzo. Cerco di tastare quello che ho davanti e scopro che è il mio letto. Capisco che loro vogliono che mi ci arrampichi sopra e lo faccio, anche se ora come ora vorrei solo sprofondare sotto le assi del pavimento. Mio fratello mi afferra i polsi e me li lega alla testata del letto, in modo che non possa muovermi. "Ora rilassati, tesoro... brava, così." dice Thomas, ma io sono tutto fuorché rilassata. Mio fratello mi tira su la maglia e sento degli scatti. "N-no.... n-no, vi prego!" dico con un filo di voce, prima che il respiro venga a mancarmi insieme ai sensi...
Mi sveglio di colpo, presa dal panico, e mi ritrovo a terra.
Credo di avere ancora la febbre alta. È da quando ho conosciuto il mio riccio che non avevo più quell'incubo. Forse è un avvertimento... forse, se oggi non mi presento, Matteo gli farà qualcosa, quindi, anche se mi sento fisicamente malissimo, salto in piedi e cerco il telefono.
Controllo l'orario sul cellulare e vedo che è tardissimo: sono le 7:50. Mi alzo di scatto e corro a cambiarmi. Il panico ormai mi ha presa e ho il terrore di non arrivare in tempo. Lui non deve subire di nuovo, non posso permetterlo, non è per niente giusto! Dopo essermi lavata e vestita corro verso la porta.
"Piccola, dove vai?" chiede mia madre.
"Vado a scuola" rispondo.
"Tesoro, hai la febbre alta. Dove pensi di andare?" mi dice mia madre.
"Mamma, il mio amico è nei guai! Io devo correre!" esclamo. E lo faccio, anche se lei cerca di raggiungermi. Arrivo in ritardo e non ci sono ancora i professori in classe. Sento solo delle risate. Qualcuno è a terra e implora i ragazzi di smetterla di fare qualcosa.
"No... no, ti prego, non farlo!" sussurra il ragazzo. Io capisco chi è e mi metto in mezzo. sta per scattare una foto, ne sono certa, quindi mi metto velocemente in mezzo, rischiando d'inciampare, e mostro la lingua a mio fratello.
"Postala su Facebook, adesso!" esclamo con rabbia. "Chissà cosa ne penserà la scuola di una ragazza che fa la linguaccia al capo-gorilla?"
"Michè, bloccala e mettila vicino a lui!" esclama mio fratello.
"Ma tu sei pazzo! Guarda che la tua sorellina non è dolce di sale!" dice l'altro.
"Ecco, appunto! Non dopo le carognate che tu e i tuoi amichetti mi avete fatto!" esclamo, indicando mio fratello che dovrebbe ancora essere sulla sedia a rotelle.
"Perché sei qui? Sei malata, Giulia" sussurra lui, alzandosi da terra.
"Perché quello che hanno fatto a te, mio fratello e alcuni dei suoi amichetti l'hanno fatto a me!" rispondo a bassa voce. "Io non voglio che qualcuno possa farti del male!"
"Che teneri, eh ragazzi? Sono davvero teneri!"
In questo momento giuro che vorrei saltargli addosso, ma una ragazza mi blocca da dietro.
"Tranquilla... respira" mi sussurra, e capisco che si tratta di Marta: la ragazza con cui condivido un sentimento verso il ragazzo riccio che è ancora piuttosto scosso.
"Io non riesco a stare tranquilla con lui!" dico indicando mio fratello. "Ogni volta me ne combina una, non ne posso più... non ce la faccio più... e il peggio è che se la prende con lui, forse peggio di prima, perché sa che facendo del male a lui è come se ferisse me..."
"Dai, vieni. Andiamo al bar, ti prendo un po' d'acqua." mi dice Marta visto che ora a tremare sono io.
Le altre due ragazze si avvicinano e tutt'e tre mi sorreggono.
"Voi vedete di star tranquilli" esclama Piera, ma io ho paura.
Mi avvicino al mio amico del cuore e gli sussurro: "Stai attento, ti prego!"
"Vai" mi dice lui con la sua voce dolce, tipica di chi ha molto da dare e poche possibilità di farlo.
Io e le ragazze raggiungiamo il bar e la signora Carmela, che lo gestisce, mi mette dietro una sedia visto che mi gira terribilmente la testa.
"Uh, figlia mia bella! Che faccia bianca! Tieni, ti ci metto lo zucchero nell'acqua" dice con dolcezza. Io ho ancora il mio incubo davanti agli occhi, tanto che le ragazze devono toccarmi varie volte le spalle per riscuotermi.
"Perdonatemi... vi giuro che di solito non sono così acida... io..." sussurro.
"Lo sappiamo, Giulia... e poi non è vero che sei acida, e se lo sei, fai così solo con chi ti fa arrabbiare!"
Detto questo Lara, la modella, mi lascia un bacio sulla guancia. "Quello che non capisco è: perché tieni così tanto a lui? Sei venuta a scuola con la febbre alta..."
"Lui è... è buono, mi vuole bene e io gliene voglio... io... io so che tutto questo lui non se lo merita, e poi mio fratello è un debole che si sfoga su qualcuno che non è che sia debole: è solo troppo buono per reagire." dico.
"Forse hai ragione. Tieni, bevi." mi dice la signora Carmela, che ci stava ascoltando. "Io il ragazzo di cui parlate lo conosco: a volte viene ad aiutarmi. È veramente un bravo ragazzo."
Improvvisamente mi arriva una notifica sul cellulare. Il bicchiere è vuoto, ma inizia a traballare. Quando Lara legge l'ultima trovata di mio fratello, poi, quasi svengo.
"Ragazze, è di Matteo. C'è scritto: 0NERDBAGNATONERDFORTUNATO..."
Il bicchiere mi scivola di mano e quasi cado dalla sedia.
"Che significa questo?" sussurro. Respiro profondamente e mi alzo. Devo assolutamente scoprire quello che è successo.
Incrocio Michele e, presa dal panico, gli dico: "Michele, per favore, fermati!"
"Che cosa vuoi, Giulia?"
"Per favore, ho bisogno di sapere cos'è successo. Dimmi: dov'è Igino?"
"Perché dovrei dirtelo?"
"Per favore, Michele! Cos'è successo?"
"E io che ne so? Sei tu che stai sempre dietro a Igino" dice lui.
"Non scherzare, maledizione! Mi hai detto cinque secondi fa: "Perché dovrei dirtelo?", e ora mi dici che non lo sai? Cos'hai in mente?" gli chiedo alzando la voce.
"Guarda che se non la smetti io non te lo dico dov'è Igino..."
"Michele... Michele, ascolta: tu non sei come mio fratello. Prova ne è il fatto che l'hai chiamato Igino, non secchione."
"Che fai? Vuoi convertire Michele a qualcosa?" chiede Matteo. "Vuoi fare la controfigura di Madre Teresa di Casoria?"
"Madre Teresa di Cal... ma che te lo dico a fare? Tanto la sola risposta che mi darai sarà che devo tacere, a prescindere da quello che dici, e visto che io non sono così buona non ti darò retta! Quello che m'interessa è altro. Dove avete portato Igino?"
"Che te ne importa di quello che succede a quel sec..."
"NON CHIAMARLO COSÌ!" gli grido contro con rabbia.
"Vai nel bagno femminile... troverai un fagotto un po' gracilino sul pavimento, tutto bagnato, sorellina... Nerd bagnato, nerd fortunato!"
"Ma tu... tu sei pazzo! SEI COMPLETAMENTE PAZZO!" urlo.
Corro verso il bagno, con le ragazze che mi stanno alle calcagna. Sento la voce del bidello che dice: "Ma perché non si apre 'sta porta? Perché?"
"Che succede?" chiedo.
"Ho sentito dei colpi contro la porta, ma non riesco ad aprirla!" risponde lui.
"Prenda!" esclamo passandogli una molletta di ferro che mi sono letteralmente strappata dai capelli.
Lui apre la porta con quella e io corro all'interno del bagno. Corro quando sento un gemito, m'inginocchio a terra e mi trascino fino a quel corpo fradicio. Lo tocco con delicatezza, per capire chi è, e rimango di sasso quando mi rendo conto del fatto che è praticamente a torso nudo, con la maglietta tagliata in due e tutta bagnata.
"Mio Dio, Igino... ma che ti hanno fatto?" sussurro. "È colpa mia... è colpa mia! Non dovevo lasciarti con loro, non dovevo farlo!"
"Vai... tu non hai colpa... io me lo merito..."
"Chi ti ha detto questo?" chiedo.
"Non importa... me lo merito ed è questo ciò che conta!"
"No... no, ti prego!" sussurro in lacrime. Lui è a terra, mezzo nudo, bagnato, e piange insieme a me.
"No, Giulia... non devi piangere, ti prego!" mi dice.
"E come faccio? Aspetta... tieni: asciugati con questo! Non è molto, ma almeno potrai tamponare un po'. Se non ti asciughi un po' rischi di ammalarti, Igino... per favore!"
"Non importa... non importa..."
"Sì che importa! A me importa, capito? A me importa!"
"Non... non dovresti..."
"No, no, no! Continua a parlarmi, ti prego! Resta con me, Igino!"
Sento qualcuno avvicinarsi, afferro un sacchetto di tela e glielo avvolgo attorno al corpo. La parte inferiore dei suoi abiti è integra, ma credo che questo sia bastato. Lui sussulta ogni volta, al mio tocco.
"Che cos'hai? Ti ho fatto male?" chiedo.
"L'acqua... era molto calda..."
"Oh, santo cielo! Okay, stai giù, ma resta vigile, se riesci. Guardami! Continua a guardarmi... io intanto vedo se qualcuno ha qualcosa per coprirti..."
Mi volto e giungo all'entrata del bagno, ma mi giro ogni tanto per dirgli: "Ci sei ancora, vero?", e per ora mi risponde.
Il bidello, don Peppino, ci raggiunge di gran carrieraed io gli vado incontro quando lui mi chiama.
"Per favore, mi procurerebbe una giacca o qualcosa del genere? È urgente!" dico, ma lui deve aver visto.
"Poverino! Certo, ci vado subito" risponde lui. Torna poco dopo e mi passa un cappotto imbottito. "Oddio, è tutto arrossato! Vado in infermeria a prendere una crema, tu stai qua con lui e tienilo sveglio, hai capito?"
Annuisco debolmente e mi si gela il sangue se penso che tutto questo l'ha provocato mio fratello. Sento un rumore di ruote e appena lui è vicino chiudo la porta.
"Sta venendo qua... ho paura. Cos'altro mi farà adesso?"
"Ehi! Ci sono io con te, riccio! Mio fratello dovrà prima passare su di me per toccarti!" dico.
"Vorrei filmarvi!" dice lui da dietro.
"Sparisci!" gli urlo contro. "Questo è il bagno elle ragazze, e se lui ci è finito è perché tu l'hai fatto portare qui da qualcuno!"
"Mattè, per piacere! Se ci beccano qua tutti diranno che la colpa è nostra" sussurra Michele.
"Che c'è? Hai paura? Sei come quel..."
"Avvolgi la lingua, Serpeverde, e fai attenzione a non mordertela" lo blocco. È un modo alternativo di dire il suo: "Stai zitto!"
La porta viene aperta, ma per fortuna non è mio fratello ad entrare, bensì il bidello, che mi mette tra le mani un flaconcino. "Passagliela sulla pancia e sul petto" dice.
Lui inizia a tremare quando lo tocco. "Ehi... ascoltami: credo che ti stia salendo la febbre, per questo, se hai dolore alle braccia, la crema posso spalmartela io."
"Ci penso io." interviene Marta. Lui mi stringe il braccio, come se volesse sparire e io potessi guidarlo verso un sotterraneo.
"Non devi vergognarti." lo rassicura lei, ma inutilmente.
"Facciamo una cosa" dico avvicinandomi alla ragazza. "Fallo ad occhi chiusi."
"Che? Ma..."
"Lui si vergogna di essere guardato, adesso!"
"Capisco... ma in questo caso dovresti aiutarmi tu."
"Va bene, stai tranquilla."
Credo che lei abbia chiuso gli occhi. Io le prendo la mano e la faccio avvicinare a lui. Sono certa che il torace e il ventre siano tutti rossi. Guido la mano della ragazza verso quel punto che so dove si trova perché lui mi tiene l'altra mano e lei, da lì, procede tranquillamente.
"Senti un po' di sollievo, riccio?" chiedo.
"S-sì... grazie" risponde lui.
"Tieni" gli dico passandogli il cappotto. "Vieni, appoggiati a me. Ti aiuto ad alzarti."
Lui mi avvolge un braccio attorno al collo e cerca di tirarsi su. Lo aiuto ad infilare il cappotto che mi è stato procurato.
Usciamo insieme dal banno, io lo reggo da un lato e la mia amica da quello opposto. Risatine generali ci accompagnano per tutto il corridoio e so che in questo momento l'unico desiderio del mio migliore amico è quello di sparire sotto le assi del pavimento della scuola, come è successo a me, e questo mi provoca rabbia.
"Che avete da ridere? lo spettacolo è finito! Andate a rotolarvi dalle risate da un'altra parte!"
Mi aspettavo una pioggia di insulti, ma nessuno si azzarda a rivolgermene. Andiamo a casa sua, dopo aver recuperato tutte le nostre cose.
Lui non parla. Non proferisce parola, e la colpa è mia, solo mia! Dovevo restare con lui!
Mi siedo al suo fianco, prendo carta e penna e, con quello che ricordo della scrittura in nero, scrivo una frase.
"Io vorrei tornare indietro, ma non posso farlo più... puoi mentire al mondo intero, ma non puoi farlo a te."
Ed è vero! Vorrei riavvolgere il nastro, magari portare anche il riccio al bar, stare accanto a lui... vorrei proteggerlo, ma come posso fare?
In più ci arriva il colpo di grazia: la madre si accorge di noi...
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro