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Ma stiamo scherzando?!


"Becky, forse è meglio se non ci vado. Anzi, non voglio andarci"

"Ma di cos'è che hai paura Cami?"

"Di essere incinta!"

"Ma, sai già che lo sei!"

"Se lo dirà il dottore sarà reale...davvero reale"

"Finiscila, è così in ogni caso" dopo aver detto questa frase Rebecca mi prese per un braccio e mi trascinò lungo il marciapiede, diretta verso la fermata dell'autobus. Sbuffai, ma non feci resistenza. Avevo appuntamento con il ginecologo, ma non volevo andarci da sola, così avevo chiesto a Rebecca di accompagnarmi. Ero agitatissima. Avrei avuto la conferma definitiva che dovevo prendere una decisione, che non era tutto un disguido. Sentivo un grosso peso sul petto, questo bivio davanti al quale mi trovavo, mi stava dilaniando psicologicamente e anche emotivamente.

Quando l'autobus arrivò, io e Rebecca prendemmo posto sui sedili in fondo. Rebecca mi rivolse un sorriso rassicurante e mi strinse la mano per tutto il viaggio. La clinica dove avevo preso appuntamento si trovava all'interno di un grande edificio giallo, che ospitava diversi studi medici. 

Entrammo attraverso le porte scorrevoli e la segretaria ci fece accomodare in sala d'attesa.Rebecca prese una rivista e iniziò sfogliarla, mentre io restavo in bilico sulla punta della sedia, con la schiena dritta e i muscoli del collo in tensione. Era una semplice visita di controllo, ma avrebbe disintegrato tutte le mie speranze di un errore, del test che avevo fatto a casa. In realtà sapevo che non c'era nessuno sbaglio, ma alla mia mente piaceva lasciare uno spiraglio di illusione.

"Perché non sei andata dalla solita dottoressa?" mi chiese Becky nel tentativo di farmi distrarre.

"La mia ginecologa? Sul serio?" risposi io, un po' acida. Lei alzò gli occhi dalla pagina che stava leggendo e mi lanciò uno sguardo interrogativo.

"E' anche quella di mia madre! Sono pure amiche, ci manca solo che lo venga a sapere la mia famiglia e possiamo andare direttamente al cimitero!" senza contare il fatto che, questa dottoressa non era neanche in questa città.

"Prima o poi dovrai dirglielo" constatò la mia amica, tornando a concentrarsi sul giornale che aveva tra le mani.

"Meglio poi che prima" conclusi io, parlando quasi a me stessa.

La segretaria ci chiamò poco dopo e ci guidò attraverso un lungo corridoio con le pareti bianche, fino ad una porta sulla quale campeggiava un nome: Dr. Giovanni Costa. Ginecologo.

"Buongiorno Camilla" mi accolse il medico, stringendomi la mano con energia "accomodati pure."

Appena io e Rebecca ci sedemmo sulle sedie nere, che erano posizionate davanti alla sua scrivania, mi presi un secondo per osservarlo, mentre era intento a scrivere qualcosa sulla mia nuova scheda. Era un uomo sui quarant'anni, dalla carnagione olivastra e con i capelli scuri. Aveva gli occhi verdi e diverse rughe sul viso, che però gli donavano un certo fascino, complice anche il velo di barba che gli copriva le guance e il mento. Rebecca lo guardava ammaliata, mentre io non potevo fare a meno di pensare che aveva un qualcosa di familiare. Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte... ma dove?

"Allora Camilla, oggi faremo gli esami del sangue e una semplice visita di controllo. Quando ci rivedremo tra un mese invece, potremmo stabilire la data indicativa del parto e capire il sesso del bambino." Man mano che parlava, la sue espressione si fece sempre più confusa, probabilmente in risposta alla mia faccia, che era sempre più preoccupata.

"Va tutto bene?" chiese poi, spostando la sua attenzione da me a Rebecca e viceversa. Io ero ancora ferma alla parola "parto"... la data del parto...

"Mi scusi dottore" intervenne Rebecca in mio aiuto "non era esattamente una gravidanza programmata. E il padre non sa ancora nulla. Camilla voleva essere sicura, prima di dirglielo."

Il dottore fissò i suoi occhi nei miei, e mi parlò molto seriamente dicendo: "Camilla, i test casalinghi sono affidabili al novanta per cento. Faremo gli esami del sangue, per una conferma definitiva, ma sei incinta."

Eccola li, la mia speranza che si spegneva lentamente, parola dopo parola, fino a scomparire nel nulla. Non potevo più nascondermi o temporeggiare, dovevo affrontare la cosa in maniera matura. E ciò voleva dire prendere una decisione e parlare con Tommaso.

Il ginecologo continuò il suo discorso, spiegandomi come si sarebbe svolta la visita successiva e illustrandomi, in generale, come avremmo affrontato la cosa. Io, dopo un iniziale sbandamento, ripresi il controllo di me stessa e ascoltai attentamente tutto quello che mi diceva.

Quando la visita si concluse, ringraziai il dottore e gli mostrai un sorriso gentile. Il primo che facevo da quando ero entrata dentro quell'edificio. Il dottore vedendolo corrugò la fronte e mi disse perplesso: "Mi ricordi qualcuno... per caso ci eravamo già visti, prima di oggi?"

"Non mi sembr..." iniziai a dire, ma il mio sguardo, proprio in quel momento, cadde sul mobiletto che si trovava alle spalle del dottore e notai una scorta di bottigliette d'acqua, che conoscevo fin troppo bene. Sull'etichetta c'era scritto: Annabelle.

Cavolo! Il dottore era il signore con il quale avevo fatto quella figura di merda! Mi aveva visto pure vestita in modo ridicolo! Ero riuscita a mettermi in imbarazzo con il mio ginecologo, prima ancora di conoscerlo!

L'uomo si accorse della direzione del mio sguardo e fece per girarsi, per constare cos'avesse attirato la mia attenzione, così mi affrettai a distogliere gli occhi da quel punto e rispondere: "No!" Poi mi alzai di fretta e presi Rebecca per un braccio, facendole capire che dovevamo andare.

Salutai e ringrazia il dottore, che era rimasto un po' spiazzato dal mio comportamento e mi precipitai alla fermata dell'autobus, seguita da Rebecca che mi tempestava di domande per avere spiegazioni. Quando, sulla via del ritorno, le raccontai la mia disavventura, non fece altro che ridere sguaiatamente, sostenendo che essere mia amica le portava sempre tanta gioia.

Ci credo... con tutta la sfiga che avevo, ogni occasione era buona per mettermi in ridicolo!


Il giorno dopo dovevo lavorare, così mi recai al negozio di fiori, ma arrivai prima del solito. In questi giorni cercavo di tenermi impegnata il più possibile, per stare fuori casa e rimandare l'inevitabile... il discorso con Tommaso! Sapevo che avrei dovuto farlo presto, ma avevo ancora le idee confuse. E poi la sua reazione mi terrorizzava. E se non avesse voluto saperne? Il nostro rapporto poteva anche non reggere a una cosa del genere.

Gironzolai in zona, curiosando le vetrine per passare il tempo, finché non mi imbattei in una librerai. Decisi di entrare per sbirciare tra le nuove uscite, ma fui come guidata da un nuovo istinto, nato dentro di me, e mi ritrovai nella sezione gravidanza e prima infanzia.

Accidenti... non avevo un attimo di respiro!

Cercai di resistere all'impulso di leggere i titoli dei libri, ma l'ansia ebbe la meglio, così decisi di aprirne uno.

Durante il primo trimestre si manifestano i sintomi della gravidanza, come assenza di ciclo o l'ingrossamento del seno.

Piegai il mento verso il collo e abbassai gli occhi sul mio seno che si intravedeva dalla maglietta leggermente scollata. Però... effettivamente era più grosso! Questa era una cosa che Tommaso avrebbe sicuramente notato subito. Male!

Si avverte un leggera sensazione di nausea mattutina, legata anche ad una maggiore sensibilità agli odori e ai sapori.

Col cavolo leggera sensazione! Ogni mattina mi alzavo con il bisogno impellente di correre al bagno per vomitare!

Durante il terzo mese di gravidanza è possibile anche soffrire di attacchi di flatulenza.

Oh mamma, ma stiamo scherzando?!

"Cami?" una voce alla mia sinistra mi fece sobbalzare. Subito mi voltai e incontrai gli occhi scuri di Samuele che mi fissavano curiosi. Poi si spostarono sul libro che tenevo in mano (e che stupidamente non avevo nemmeno nascosto!) e il suo sguardo si fece confuso.

Io rimasi senza parole, ferma sul posto, con il cervello bloccato sul titolo che capeggiava sulla copertina del mio volume: La gravidanza e il parto.

Lui portò nuovamente l'attenzione sui miei occhi spalancati e constatai con orrore che stava mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle. Infine assunse un'espressione ansiosa e mormorò: "Cami... sei incinta?" 

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