Capitolo 20: un incidente
MODIFICATO
[Camilla]
Erano mesi ormai che io e Luca non ci parlavamo. Ci limitavamo solo a delle occhiate da lontano, ma lui stava sempre con Rebecca ed io sempre con Sofia. Non avevo mai avuto tanti ammiratori come in quelle settimane, che venivano però puntualmente rifiutati. Non volevo loro; io volevo Lui. Ma per quanto lo amassi non potevo dimenticare quello che mi aveva fatto.
Però ero stanca, non ne potevo più di quella situazione: dovevamo chiarire, dovevo sapere. Dopo essermi consigliata con Sofia, decisi che avrei provato a parlargli al suo compleanno, che era proprio quella sera. La festa si sarebbe svolta al maneggio: i proprietari ci adoravano e ci mettevano sempre a disposizione un grande spazio verde poco lontano dalle scuderie. A quanto ne sapevo, aveva invitato mezza scuola.
Sospirai e mi guardai allo specchio: indossavo dei jeans scuri strappati in più punti, la maglietta bianca con la spallina scesa che mi aveva regalato Luca, le converse alte e traforate blu e, per coprirmi se avesse fatto freddo, la felpa che mi aveva regalato Giaki a Natale. I miei capelli erano raccolti in uno chignon disordinato, con il ciuffo ondulato che mi accarezzava il viso, pulito e senza un filo di trucco. Era un abbigliamento leggero, essendo già a metà maggio. Misi la borsa blu a tracolla proprio mentre Sofia entrava in camera mia. Lei indossava dei pantaloni neri, una maglietta grigia e una giacca in pelle nera. Ai piedi portava degli stivaletti alti e come trucco aveva fatto uno smokey eyes perfetto. Era sexy.
<<Best sei uno schianto>> esclamai e lei rise. <<Fidati, lo sei anche tu. Farai morire tutte di invidia!>> disse convinta.
<<Si come no, continua a sperarci che forse si avvera nei tuoi sogni più improbabili>> ribattei e lei sbuffò contrariata. <<Se ti mettessi un po' di trucco forse...>>
<<No!>> la interruppi. <<Non pensarci nemmeno, chiaro? Non mi metterai neanche un minimo di lucidalabbra>> le puntai il dito contro.
Sofia alzò le mani e roteò gli occhi. <<Cocciuta che non sei altra>> brontolò.
<<Lo so, grazie>> finsi di vantarmi. Sof rise e mi diede uno schiaffetto scherzoso sul fondoschiena, spingendomi fuori di casa dopo aver salutato i miei genitori, che ci guardavano come se avessero davanti due pazze. E mi sa che pazze lo eravamo davvero...
Arrivammo alla festa un po' in ritardo, ma Luca ci stava aspettando comunque.
Trattenni il fiato appena lo vidi: jeans strappati, maglietta bianca con il logo di una band che lasciava intravedere il fisico perfetto e i folti capelli neri spettinati come al solito. Se voleva farmi morire c'era riuscito.
Appena mi vide, ebbi l'impressione che i suoi occhi brillassero.
<<Auguri Lu>> dissi timida e leggermente a disagio, porgendogli il pacchetto: era da quando ci eravamo lasciati che non lo chiamavo più in quel modo. Vidi il suo sorriso aprirsi e diventare ancora più luminoso. Arrossii. Realizzai in quel momento che, anche se avessimo chiarito e fossimo tornati amici, niente sarebbe stato più come prima: troppi momenti avevamo passato insieme, troppi ricordi che io non volevo dimenticare, non potevo, perché lo amavo ancora, l'amavo con tutta me stessa, ed essere amici non mi bastava.
Intanto, Luca aveva aperto il regalo, ritrovandosi in mano il libro de "Lo Hobbit". I suoi occhi azzurri erano pieni di stupore e gratitudine. Mi abbracciò, talmente forte da non farmi respirare, ma avrei dato di tutto pur di restare per sempre tra le sue braccia. <<Grazie, piccola>> mi sussurrò all'orecchio, e in quel momento ero certa che il mio cuore sarebbe esploso.
Lo strinsi a me, quasi con disperazione, respirando il profumo della sua pelle che mi ricordava l'oceano.
<<Amoreee!>> Una voce acuta e irritante ci fece staccare e, vedendo la ragazza a cui apparteneva la voce attaccarsi al braccio di Luca, le lacrime fecero capolino. Rebecca.
"Stupida, stupida, stupida" mi dissi. Avrei dovuto immaginare che ci sarebbe stata anche lei: ormai formavano una coppia fissa. Quando ormai ero sul punto di piangere, decisi di andarmene. <<Vado qualche minuto a salutare Dorinne, scusate>> dissi congedandomi.
Luca mi guardò come se volesse scusarsi. Tuttavia annuì. <<Va bene; Mauro l'ha messa nel paddock grande assieme a Silver>> mi avvisò.
Alzai un sopracciglio. <<Silver?>>
Luca rise. <<Il grande stallone grigio sarà anche selvaggio, ma è cotto di Dorinne, e anche lei non gli è indifferente>>
Sorrisi: in effetti era ovvio che i due si piacessero. <<Grazie>> dissi e me ne andai alla svelta. Quando fui lontana tirai un sospiro di sollievo: era la prima conversazione che avevamo da quel giorno. Scossi la testa, scacciando quei pensieri.
Arrivata al paddock, mi appoggiai alla staccionata. Silver e Dorinne stavano giocando a rincorrersi: il grigio, in particolare, inseguiva la cavalla e le tirava scherzosamente la coda e la criniera, e qualche volta le mordicchiava un fianco. Ridacchiai divertita e fischiai, attirando la loro attenzione. Dorinne nitrì contenta e mi si avvicinò per ricevere le sue coccole.
<<Ciao piccola peste>> sorrisi, grattandola tra le froge. Le lasciai un bacio sul muso e chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dal suo respiro regolare. Una lacrima solitaria mi rigò la guancia.
Dorinne se ne accorse e me la asciugò col muso, guardandomi poi con uno sguardo triste e confuso. <<Sto bene, piccola peste, non è niente>> la rassicurai e lei sbuffò piano.
Ci raggiunse anche Silver e gli accarezzai la guancia.
Dopo un po' di coccole me ne tornai alla festa. Sinceramente avrei preferito restare lì, da sola con i cavalli, ma avevo promesso a Sofia che mi sarei divertita e non mi sarei isolata. Mi feci forza e mi immersi tra corpi sudati e pigiati l'uno sull'altro che "ballavano". Sbuffai: sarebbe stato un inferno.
~
Ero seduta su un divanetto, sola ed annoiata a morte, mentre guardavo Sofia ballare con il suo ragazzo. Sbuffai ancora una volta e bevvi la mia Coca. Era stata un'impresa trovarne una: a quella festa c'erano soprattutto alcolici, cosa alquanto strana considerando che era la festa di Luca.
Finita la canzone Luigi si sedette accanto a me con Sofia sulle gambe. <<Niente eh? Non riesci proprio a divertirti...>> commentò la mia Best rubandomi un sorso di Coca.
Alzai gli occhi al cielo. <<Mi spieghi come faccio a divertirmi?!>> scattai nervosa. Il fatto di aver visto Rebecca, praticamente nuda con quella minigonna e quel top che non lasciavano molto spazio all'immaginazione, strusciarsi addosso a Luca mi aveva resa intrattabile.
<<Andando a ballare?>> chiese retorica e mi battei una mano sulla fronte: odiavo ballare.
La sentii sbuffare. <<Okay, okay come non detto. Allora va a parlare con mio fratello. Dopo quello che ti ha fatto, meriti almeno una spiegazione, dopo tanti mesi>>
Annuii. <<Ma tu accompagnami. Ti prego>> la scongiurai.
<<E va bene! Su, alzati e andiamo a cercarlo>> mi esortò.
Mi alzai in piedi e andammo a cercarlo. Dopo mezz'ora non c'era nessuna traccia né di lui né di Rebecca e un groppo si formò nella mia gola. Chissà se stavano... no. Non dovevo neanche pensarlo. Ma quando girammo un angolo tutti i miei sospetti si avverarono e il mondo mi crollò addosso: Rebecca, quasi completamente nuda, stava armeggiando con la cintura di Luca, che la baciava con foga. Mi scappò un singhiozzo e i due si voltarono verso di noi.
Luca sgranò gli occhi e scostò Rebecca, venendo verso di me.
Non ressi più. Scappai, la vista appannata dalle lacrime e il cuore, ancora una volta, distrutto. Questo era troppo, non potevo sopportarlo.
Arrivai al paddock di Dorinne, che mi guardò allarmata. Senza una parola la tirai fuori, chiusi il cancelletto e le saltai in groppa, spronandola al galoppo verso il bosco mentre mi tenevo aggrappata alla sua criniera. Non so quanto tempo passò, fatto sta che Dorinne si fermò di botto, nitrendo spaventata.
Aprii di scatto gli occhi, preoccupata, e vidi davanti a noi un enorme cane ringhiante; un randagio senza dubbio.
Non avevo mai avuto paura dei cani, anzi, al maneggio ce n'erano molti ed io li adoravo letteralmente, ma questo faceva paura. Dorinne agitò le gambe, nervosa.
All'improvviso il randagio ci si avventò contro e la cavalla scartò di lato, evitandolo; il cane abbaiò, tentando di azzannarle le gambe, ma lei si impennò nitrendo. La mia presa sulla criniera però, si stava indebolendo. Un'altra impennata e caddi a terra; sbattei la testa e il dolore si propagò. L'ultima cosa che sentii furono i nitriti acuti di Dorinne e i latrati del cane. Poi fu solo buio e dolore, fino a quando anche quello scomparve.
"È così che si muore allora" pensai. Prima di perdere completamente i sensi il mio ultimo pensiero fu: "Dorinne"
[Dorinne]
Era caduta. E non si rialzava. Il panico si impossessò di me mentre cercavo di tenere a distanza il randagio. Nitrivo, cercando di spaventarlo, e battevo furiosa gli zoccoli sul terreno; ma quando notai che cercava di raggiungere la ragazza a terra non ci vidi più. Caricai, rincorrendolo e nitrendo minacciosa: volevo calpestarlo, massacrarlo, non si doveva neanche avvicinare alla mia amazzone.
Alla fine riuscii a pestargli la coda e a dargli un calcio con i posteriori. Volò lontano, atterrando sulla schiena. Lo vidi rialzarsi guaendo e sparire subito dopo.
Sbuffai soddisfatta e tornai svelta da Camilla. Ciò che vidi mi fece fermare il cuore in petto: la ragazza non si muoveva, teneva gli occhi chiusi e un'enorme chiazza di sangue si espandeva a vista d'occhio dalla sua testa. Tremai terrorizzata e la scossi piano, sperando di svegliarla, ma non dava cenni di vita; a malapena riuscivo a percepire il suo respiro.
Aiuto. Dovevo cercare aiuto. Mi misi a galoppare disperatamente verso la scuderia, sperando che qualcuno mi desse retta e mi seguisse.
[Luca]
Il mio cuore sprofondò quando sentii i suoi singhiozzi. Feci per andarle incontro ma lei scappò via in lacrime. Rimasi fermo per qualche secondo, poi mi riscossi e le corsi dietro; la mia mente mi diceva di lasciarla andare, che così l'avrei solo fatta soffrire di più, ma il mio cuore e le mie gambe la pensavano diversamente. Arrivai ai paddock proprio mentre Camilla montava su Dorinne e la spronava in direzione del bosco.
La prima idea che mi venne in mente fu quella di prendere Silver e seguirla, ma una mano si posò sul mio braccio, facendomi voltare. Neanche il tempo di capire chi fosse che mi arrivò uno schiaffo potentissimo. <<Sei uno stronzo!>>
Sofia.
<<Sei senza cuore, lei ti stava cercando per parlare, per farsi spiegare, per tornare ad esserti amica, ma tu cosa fai? Eh, cosa fai? Quasi ti scopi una troia davanti a lei! Stronzo! Coglione!>> gridò tirandomi pugni sul petto.
Le bloccai i polsi. <<Pensi che sia l'unica a soffrire?!>> le gridai in faccia a mia volta. <<Pensi che solo lei abbia il cuore a pezzi? Ce l'ho anch'io, cosa credi? Odio vederla piangere, ma devo farlo per proteggerla>>
<<Proteggerla da cosa?! Così le fai più male tu di chiunque altro!>>
<<Non so tu, ma io preferisco vederla soffrire piuttosto che vederla morta>>
Si bloccò, con gli occhi spalancati. <<Cosa...>> iniziò a dire, ma un nitrito acuto e un fragore di zoccoli ci fece voltare. Dorinne galoppava verso di noi. Ed era sola. Si fermò davanti a noi, ansimando e con gli occhi terrorizzati e imploranti.
Ad un tratto ebbi paura. <<Dov'è Camilla?>> chiesi, con la voce roca. <<Dorinne lei dov'è?>> quasi urlai.
Lei nitrì e si voltò galoppando, poi si fermò e nitrì di nuovo.
<<Chiama mamma e papà>> ordinai a mia sorella e corsi da Silver, montando in groppa e spronandolo a seguire la cavalla, che aveva ripreso a galoppare selvaggiamente.
Appena la vidi, a terra, pallida, con accanto un'enorme chiazza di sangue, mi sentii morire. Mi catapultai da lei, chiamando il 118, poi, assicuratomi che respirasse ancora, sebbene molto debolmente, la presi in braccio e mi avviai velocemente verso la scuderia, con i cavalli che mi seguivano silenziosi.
~
Tre ore.
Tre fottute ore che nessun medico ci diceva nulla sulle condizioni di Camilla.
Mentre la stavamo caricando sull'ambulanza, Dorinne sembrava impazzita. A nulla era servito metterla nel paddock o nel box, perché saltava lo steccato o rompeva la porta. Alla fine dovettero sedarla.
Quando eravamo arrivati in ospedale, poi, avevano subito ricoverato Camilla con urgenza. Si erano rinchiusi in sala operatoria e non erano più usciti.
Sospirai e guardai gli altri che erano con me; Sofia piangeva disperata tra le braccia dei nostri genitori, che tentavano inutilmente di calmarla, e poco lontano Cristina e Giacomo che piangevano sulla spalla di Guido, anche se nemmeno lui riusciva a trattenere le lacrime. E poi c'ero io, lontano da tutti e incapace di reagire, mentre nella mia testa rivivevo ogni singolo momento che avevo passato insieme alla mia piccola.
Una mano si posò sulla mia spalla: Rebecca. La guardai perso e lei sorrise, ma non il suo solito sorriso sprezzante o arrogante, un sorriso dolce e infinitamente triste. Mi porse un caffè, che accettai controvoglia, e parlò. <<Ce la farà, vedrai; è forte, ed ha una grande voglia di vivere. Per questo la invidio tanto>>
Mi stupii nel sentirla parlare così, anche con un tono sorprendentemente basso e dolce, ma nelle ultime due ore non aveva fatto altro che sorprendermi: dopo che le avevo chiuso il telefono in faccia, urlandole che Camilla era in ospedale per colpa sua, si era presentata a distanza di un'ora dalla telefonata in reparto, completamente struccata e con addosso dei semplici leggings neri, una maglietta e le scarpe da ginnastica: non sembrava neanche lei. Sofia le aveva immediatamente urlato contro, ma lei, calma, aveva chiesto di poter restare per sapere le condizioni di Camilla, almeno per un po'.
Annuii, non del tutto convinto e lei sospirò. <<Devo andare. Ti prego, appena sai qualcosa fammi sapere come sta>>
Annuii nuovamente e lei si alzò. <<Mi dispiace>> sussurrò e scomparve.
Dopo un'altra ora, finalmente uscì un medico. Scattammo tutti in piedi.
<<Come sta?>> chiese subito Guido.
Il medico sospirò e si tolse gli occhiali. <<La ragazza ha subito un trauma cranico di una certa gravità. Abbiamo fatto tutto il possibile, ma adesso dipenderà dalla sua forza e dalla sua determinazione. Purtroppo è in coma; non sappiamo quando di sveglierà, né se si sveglierà, Come ho detto, dipende tutto da lei>> mormorò, con lo sguardo basso. <<Mi dispiace; potrete vederla tra qualche minuto, se lo desiderate, ma vi prego di entrare uno per volta>> e se ne andò.
Tutti intorno a me scoppiarono in lacrime; ed io? Io ero vuoto, paralizzato. La mia ragione di vita stava morendo. Ed era solo colpa mia.
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