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Capitolo 6

Quel sabato pomeriggio di metà mese si sarebbero trovati vicino a casa di Andre, perché lui aveva poco tempo a disposizione tra la fine del lavoro e una cena a casa di amici.

Nora aveva parcheggiato lì vicino, non conoscendo bene la zona nonostante fosse il quartiere natio del padre, e si era fatta raggiungere a piedi. Vedendolo arrivare così, con una cuffia, una giacca pesante e i pantaloni della tuta, l'aveva trovato perfetto. Era la prima volta che guardava un ragazzo e non lo voleva cambiare di una virgola, né fuori né dentro.

L'aveva saluto con un bacio sulla guancia e aveva cercato di catturarne il sapore, perché non conosceva il gusto dell'ombra, e dopo essersi assicurata che non fosse troppo stanco, Andrea prese la situazione in mano e la guidò verso un piccolo parco nei dintorni di casa sua.

Era deserto, e al posto della solita erba c'era un manto di foglie secche che sembrava attutire ogni rumore. I rami secchi erano l'unica cornice di quel quadro spoglio ma non per questo meno bello. O forse a uno bastava la compagnia dell'altro per stare bene e trovare il mondo un posto migliore.

Andrea si era seduto sull'unica panchina in condizioni decenti, questo perché stava nascondendo a Nora il dolore al ginocchio, dovuto a uno scontro avvenuto a calcio la sera prima. Sapeva che se gliel'avesse detto si sarebbe preoccupata per il solo fatto di essere così: altruista e generosa.

Non aveva molto da dirle in realtà, ma gli bastava averla lì, accanto a sé, da buon egoista qual era.

Eppure Nora non era davvero lì, perché immersa nel proprio caos. Era così tesa da non essersi nemmeno seduta, continuava a fare avanti e indietro di fronte ad Andrea, seduto sulla panchina.

Quando lui allungò una mano per fermarla, lei sussultò spaventata.

«Nora, cosa ti succede?». Non capiva a cosa fosse dovuto tutto quel nervosismo.

Finalmente si fermò davanti a lui.

La faccia intenta a fissarsi la punta delle scarpe, tanto che Andrea faceva fatica a scorgerla, dato che metà era sommersa nella calda sciarpa che lei adorava.

Non l'avrebbe mai ammesso, ma vederla così lo faceva soffrire: come lei era il suo piccolo grande angolo di pace, sperava di essere lo stesso per lei. Invece, quei gesti isterici, gli dicevano l'esatto contrario.

«Io...» cominciò a fatica, come se parlare le costasse un grande sforzo.

«Andre, tu mi piaci». Non era diventata rossa nel dirlo, ma non aveva alzato lo sguardo per incontrare quello di lui, troppo impaurita dalla reazione che si aspettava a quelle parole.

Sapeva che non era il tipo dai discorsi lunghi, né tantomeno dai gesti plateali e anonimi. Essendo schivo, pensava solo di averlo allontanato da lei, e non pensava nemmeno che la cosa fosse sbagliata: quello era il ragazzo che era piaciuto a Leo, si meritava di soffrire per quell'interesse sbagliato.

Ma, ancora una volta, Andrea la stupì.

Rimase in silenzio, fu il suo turno di non alzare lo sguardo, e Nora lo vide combattere contro quell'istinto perché aveva alzato il proprio viso, in cerca di una sua risposta, seppur minima. Aveva lo sguardo fisso sul giubbino di lei, all'altezza della sua pancia.

D'improvviso, l'abbracciò. Le circondò i fianchi con le braccia e la attirò a sé, lasciando che il viso poggiasse sul giubbino freddo, perché a scaldarlo c'era il tocco di quella ragazza che gli aveva fatto capire quanto importante e bello fosse avere accanto una persona importante.

«Non ti voglio perdere» sussurrò lui, senza alzare il viso per guardarla.

Entrambi sapevano che nei loro occhi avrebbero trovato più risposte di quante ne avrebbero volute e sopportate, ecco perché non incrociarono lo sguardo in quel momento così intimo e solenne.

Nora gli cinse la testa con le proprie mani, lasciando che il nuovo sentimento di Andrea, quello che stava ricambiando, le scorresse nel corpo e le donasse una sensazione unica, così intima e famigliare che era convinta di non poterla provare con nessun altro, nemmeno in futuro.

Rimasero in quella posizione finché il freddo non penetrò nelle ossa, una cosa contro cui nemmeno i loro sentimenti potevano combattere. Giunta l'ora per Andrea di andare a casa per una doccia calda e vestirsi in tempo per la cena, percorsero il tragitto che li aveva portati fino a lì. Vicini, scaldati dal silenzio e dall'importanza del loro gesto, non avevano bisogno di aggiungere altro.

Soltanto davanti all'auto di Nora si fermarono uno davanti all'altra e si guardarono negli occhi per la prima volta. Senza nemmeno pensarci Andrea accennò un sorriso con un solo angolo della bocca, fece un piccolo passo verso di lei e il resto del corpo si mosse di conseguenza: per la prima volta le sue labbra trovarono quelle di Nora. Un richiamo che sentivano entrambi da tempo, e lo capirono nel momento in cui le due bocche vennero a contatto. Non era un semplice tocco, quanto più scarica di adrenalina che li percorse da capo a piedi; era il risveglio di ogni sensazione, un piacere a cui non avrebbero più rinunciato.

Era però giunto il momento di salutarsi e Andre sorrideva cortese e felice, mentre con un pollice le accarezzava una guancia. Le depositò un ultimo bacio sul naso, prima di rimandare un altro bacio a un futuro incontro, che sarebbe avvenuto sempre troppo tardi.

Nora si mise al volante con le mani tremanti e la gambe deboli, il corpo non sembrava reggere tutta la felicità che una sola persona sembrava darle. In quel momento Leo non si era presentata alla sua memoria, anche se la punta di egoismo che le ricordava una sensazione sbagliata non era sparita, eppure lei non riusciva a darle veramente peso.

Era come se, per la seconda volta, avesse dato un primo bacio, perché c'era stato un sentimento talmente forte che, se paragonato agli altri che aveva provato per diversi ragazzi, quello per Andrea li batteva tutti senza nemmeno lottare.

*

C'erano stati infine altri appuntamenti e altri baci.

Baci da sobri, baci da ebbri, baci al chiaro di luna. E poi c'erano quelli a ridosso di un portone nella semioscurità della notte illuminata da un lampione, quelli chiusi in auto che facevano rumore e mettevano caldo, quelli nascosti sotto un cappuccio che facevano scottare le guance.

Quelli segreti, celati nella loro intimità più stretta, perché erano tutti così importanti che nemmeno Nora era riuscita a condividere la cosa con le proprie amiche.

Ed era arrivato il bacio nella neve natalizia. Quello in cui i fiocchi ghiacciati si posavano sui nasi, quello dato dopo aver ricevuto il regalo inaspettato da parte di una imbarazzata Nora.

E poi c'erano i baci tristi. Di solito erano quelli che avvenivano per salutarsi, l'ultimo che non era mai l'ultimo. Quelli che li separavano, magari divisi da pranzi o cene con parenti e amici, perché le feste erano giornate occupate dalle persone di sempre, periodi molto più impegnativi della solita routine lavorativa.

Infine, quello più importante – perché agognato da tutti, ma arrivato all'improvviso come il rumore dei fuochi d'artificio – era stato il bacio pubblico. Perché le sue amiche e Nora avevano partecipato alla festa organizzata da Andrea e i rispettivi amici. Erano vicini, lei seduta sul bracciolo di una divano sgangherato e lui in piedi, accanto a lei.

«3, 2, 1... Buon 2018!». Erano state le parole che in coro tutti avevano ripetuto, poi erano scattati gli abbracci e i baci di rito sulle guance. Per tutti, tranne che per loro.

Si erano guardati con un'intensità tale da far arrossire chi si fosse accorto di quell'occhiata e poi si erano sfiorati le labbra per alcuni lunghi istanti. La gente intorno a loro si era data di gomito per richiamare l'attenzione su quel gesto impensato.

Tutti erano felici di quella situazione: la maggior parte dei presenti sapevano che nel 2018 ci sarebbe stato subito qualcosa d'interessante di cui parlare, ma per due persone sarebbe stato un anno degno di essere vissuto in ogni sua sfumatura.

* * * * *

Ciao! Volevo avvisarvi che il prossimo sarà l'ultimo capitolo.

Cris

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