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Capitolo 5

Nora aveva ripreso a vivere. Vedeva le amiche di sempre e usciva con loro, rideva e scherzava e l'allegria non era forzata, ma le mancavano sempre le telefonate che faceva in pausa pranzo, sapere a memoria un numero che non avrebbe più composto la faceva sentire incompleta, perché quella parte di sé le mancava, perché Leo era stata una grandissima amica.

Nell'eco di fine estate poteva sentire la malinconia che accompagnava i giorni più corti e meno afosi; era incredibile come, dopo ferragosto, ci fosse quel periodo indefinito che non era estate ma nemmeno altro. Era una fase di transizione in cui tutti passavano senza saper davvero cosa fare, era talmente sospesa da risultare un periodo a sé stante, di cui nessuno conservava memoria.

Nelle serate di quei fine settimana, Nora era uscita, divertendosi, sospesa come il periodo estivo dopo ferragosto: nostalgica e assopita.

Aveva pensato spesso ad Andrea e a come, in quell'unico loro incontro, lui avesse esercitato su di lei, senza quasi parlare, una strana energia positiva. Era come se la sua sola presenza avesse fatto scattare qualcosa in lei, un qualcosa di piacevole che avveniva ogni volta che ci ripensava.

Era stato strano, dunque, in quella sera di metà settembre, ritrovarselo davanti nel locale che frequentavano entrambi ma dove da tempo non si incontravano. Era capitato lì per caso, perché l'estivo aveva chiuso e il solito posto aveva riaperto i battenti. Strano come per ritrovarsi, prima, avessero dovuto sentirsi a casa. Perlomeno, era così che si erano sentiti nel locale, uno davanti all'altra.

Era risultato naturale salutarsi e premurarsi su come stesse davvero l'altro, perché Andrea era preoccupato per Nora, si chiedeva spesso se dopo il loro incontro si fosse ripresa. Aveva il suo numero, certo, ma non era il tipo che importunava le ragazze senza un motivo. E, con la stessa spontaneità con cui si erano scambiati i convenevoli, erano passati a veri e propri discorsi. Quale lavoro facevano, la passione per lo snowboard di lui, quella per la pallavolo di lei, l'uscire con gli amici; era stato ancora più semplice offrirle da bere, chiedere se le andava di spostarsi alla calma della sera per continuare il loro dialogo davanti al fumo di una sigaretta.

Non seppe spiegarsi come un no non le passò nemmeno per un secondo per la testa, l'aveva seguito nonostante non fumasse. Lui, così attaccato ai suoi amici, li aveva abbandonati dentro il bar, lei alle amiche non aveva nemmeno pensato, tanto l'avrebbero vista lì fuori.

Le sigarette erano diventate due, poi tre, infine quattro quando, a mezzanotte e mezza, le serrande invitavano i clienti e gli amici ad abbandonare il locale. Com'era possibile che fossero passate due ore, da quando erano usciti? Fissarono i bicchieri che si erano portati fuori: non solo i contenuti erano finiti, ma il ghiaccio era completamente sciolto e tornato acqua. Accanto a loro il gruppo di Andrea lo aspettava con indifferenza, mentre le amiche di Nora la osservavano con curiosità e trepidazione, volevano sapere cos'avevano di così importante da dirsi in tutto quel tempo.

«Ora vado, i miei amici mi aspettano. Magari ci sentiamo». Abbozzò un sorriso, nel tentativo di simulare indifferenza.

Nora annuì e sorrise in risposta, senza dire nulla. non sapeva come rispondere a quell'affermazione perché, nel momento stesso in cui Andrea l'aveva pronunciata, aveva iniziato a sperarci. Sapeva quanto fosse una frase di rito, detta giusto per mettere fine al discorso, ma non poteva fare a meno di desiderare che fosse vera, almeno un po'.

Fu solo a casa, quando si trovò a letto da sola, che le venne spontaneo ringraziarlo per la bella chiacchierata nella chat istantanea; subito dopo, in un attacco di codardia, spense il telefono.

E così iniziò tutto. Nora, accendendo il cellulare in quel sabato mattina inoltrato, aveva trovato la risposta positiva di Andrea al suo messaggio. Da lì era stato facile scriversi sempre più spesso. Una volta per lamentarsi del tempo, un'altra volta ancora per chiedere come andava, quella dopo per sapere semplicemente i programmi delle rispettive serate.

Era diventato facile incontrarsi, fino a fine ottobre, in giro con gli amici e scriversi poi discorsi sempre più fitti, sempre più importanti, sempre più personali.

Fino al giorno in cui Andrea, stanco di avere pazienza, durante uno dei loro discorsi interruppe il reciproco aprirsi. "Cosa ne dici se, al posto di continuare a scriverci, ne parlassimo faccia a faccia davanti a un aperitivo? Ho i crampi alle dita a causa tua".

Ripensandoci, Nora non seppe nemmeno spiegare perché e come rispose di sì, forse perché lo voleva e basta. "Ok lingua lunga, dimmi quando ti è più comodo e vediamo se riesco a trovare un buco per te anche prima di un allenamento" .

L'aveva buttata sul ridere, ma nel digitare la risposta le dita avevano indugiato parecchio e il cuore batteva più del lecito.

I sensi di colpa verso Leo crescevano a ogni messaggio, a ogni pensiero rivolto ad Andrea, ma Nora si diceva che non stava facendo nulla di male; non stava tradendo l'amicizia e la memoria di Eleonora, stava solo conoscendo una persona che la stava aiutando a fuggire dal dolore che la morte dell'amica aveva lasciato.

L'aperitivo aveva reso i discorsi più vivi, spontanei e divertenti, facendo accrescere la loro complicità senza che nemmeno se ne accorgessero. Dopo quell'appuntamento, perché di questo si trattava, c'erano stati altri incontri: aperitivi, serate fuori da soli, ritrovi con gli amici ma con occhi diversi dal solito.

Non c'era uno schema o un'assiduità precisa, Andrea e Nora si sentivano quando volevano e si vedevano quando potevano.

Nora poteva giurare di non sapere come e quando Andrea fosse entrato nella sua vita, ma sapeva da un po' di tempo che era diventato importante. A ogni loro incontro scopriva sempre qualcosa di nuovo su di lui, un lato che teneva nascosto nell'ombra che lo seguiva e si prendeva la parte migliore di lui.

Essendo così coinvolta, in quel novembre così caldo per il periodo dell'anno, non sapeva se ringraziare o maledire Eleonora per averle fatto scoprire Andrea. Non riusciva a scollarsi di dosso il senso di colpa, ormai era palese quanto il ragazzo le interessasse, ma non poteva negare che a farla sentire viva dopo la tragedia di Leo era stato proprio lui.

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