Capitolo 4
Dall'11 Agosto 2017 in poi
Era seduta al tavolo di un bar molto carino. Erano le due di pomeriggio e il caldo non si risparmiava dal colpire ogni persona a spasso a quell'ora, eppure a Nora piaceva stare sotto a quel portico, protetta dall'ombra di quella piccola costruzione che assomigliava tanto a una balconata sulla strada.
Sprofondata sulla sedia d'acciaio, era terrorizzata all'idea di quello che l'avrebbe aspettata di lì a poco. Non riusciva a non domandarsi come una cosa simile le fosse saltata in mente.
«Tu sei Nora, vero?» fu interrotta dalla voce di Andrea, che conosceva perché l'aveva sentito parlare un paio di volte: frequentare gli stessi locali e avere conoscenti in comune a volte aiutava.
Era serio e bello, ma non di quella bellezza banale che saltava agli occhi di tutti. Non seppe come spiegarselo, ma sembrava che il giovane Paroli fosse circondato da un alone di mistero: illuminato da un'aura naturale che risplendeva di più grazie alle molteplici ombre che lo catturavano in egual modo. Era come se vivesse in penombra, in un equilibrio che solo lui sapeva mantenere.
Si stupì di come non avesse mai notato prima questa sua particolarità, e fu solo quando incontrò i suoi occhi che ebbe la certezza di quella sensazione: nonostante fossero luminosi e acquosi, anche se scuri, non si riusciva a capire cosa nascondessero, quali sensazioni Andrea provasse. Le era sempre sembrato un tipo schivo, nonostante fosse sempre in compagnia di amici, ma non aveva mai capito quanto si nascondesse dietro le sue ombre.
«Sì, sono io, ciao». Gli tese la mano, a mo' di presentazione.
Dato il tumulto che quell'incontro le stava provocando, era contenta che lui le avesse chiesto un caffè prima del lavoro. Quell'orario talmente caldo da costringere la maggior parte delle persone a casa per una pennichella o in auto verso il lavoro, immerse nell'aria climatizzata. L'ora in cui le cicale facevano da sottofondo e da rumore dominante al contempo, un'ora piena di sole ma sonnacchiosa allo stesso tempo. Nonostante i comfort elencati prima, Nora era felice di essere davanti ad Andrea, felice e intimorita.
«Ti ho già vista in giro, sei amica di Eleonora» disse lui, sedendosi sulla sedia libera davanti alla ragazza, per poi infilare gli occhiali da sole nel collo della maglia bianca.
Il sentire nominare la sua amica la fece sussultare e sgranare gli occhi, una reazione che a lui non sfuggì, ma per galanteria non disse nulla. Sapeva di trovarsi di fronte una sconosciuta, non poteva pretendere che le spiegasse ogni cosa.
«Infatti. Sono qui per questo». Si era schiarita la voce, ma il tono era risultato incerto e acuto, come una nota stonata in quell'insieme di armonia e tranquillità che Nora formava con il paesaggio. Nonostante fossero in piena città e su una via molto trafficata, l'ombra che li riparava e i fiori attorno a loro donavano una finta sensazione di pace di cui Andrea preferiva bearsi prima dell'infinito pomeriggio di lavoro.
Nora voleva iniziare quel discorso spinoso e strampalato. Prima avrebbe iniziato e prima avrebbe finito quella parentesi imbarazzante e dolorosa della sua vita. Dopo sarebbe tornata alla sua normalità di tutti i giorni e avrebbe ripreso fiato di nuovo. Ogni respiro sarebbe stato meno doloroso, ogni volta un po' meno legato a Leo.
Non aspettò che Andrea le invitasse a proseguire, aveva paura delle sue parole quanto del suo giudizio. «Prima che Eleonora partisse per le vacanze abbiamo parlato, e mi ha detto del messaggio che ti ha mandato».
Lo vide appoggiarsi allo schienale e ringraziare la cameriera per aver portato loro i caffè ordinati prima. Il fatto che Ele avesse confidato alle amiche ciò che aveva fatto l'aveva sorpreso.
«Qualche giorno fa ho aperto il profilo Facebook di Eleonora e ho trovato il tuo messaggio di risposta, ecco perché ti ho contattato». Per i gusti di Nora era particolarmente tranquillo a riguardo, cosa che la fece insospettire. Anche la sua abbronzatura diceva qualcosa riguardo a lui, così si ritrovò ad allungare il discorso, doveva capire quanto Andrea sapeva dei recenti avvenimenti. «Hai seguito la cronaca degli ultimi giorni?».
Prima di rispondere, Andrea la fissò come se fosse una pazza impicciona. «Poco, sono rientrato dalla Sardegna giusto domenica e ho passato le mie giornate a lavoro».
«Immaginavo, dal tuo atteggiamento» rispose lei atona, cosa che lo fece irrigidire.
Non gli piaceva essere giudicato senza prima essere conosciuto.
«Hai sentito della disgrazia aerea che ha coinvolto il volo italiano?».
Lui annuì senza parlare, non voleva perdersi una sola parola della ragazza, aveva la sensazione che stesse per giungere al punto fondamentale della questione, quello per cui entrambi si trovavano lì.
«Ecco, Eleonora era su quel volo».
Anche Andrea riuscì a sentire il nodo alla gola di lei, nonostante ci fosse un tavolino e il loro non conoscersi a separarli.
Non conosceva Eleonora come non conosceva Nora, eppure Leo, come la chiamavano gli amici che avevano in comune, se la ricordava. Era entrata nella sua vita, ai tempi del liceo, grazie ad alcuni suoi compagni di calcio con cui lei si vedeva, erano un gruppo unito che si frequentava spesso e, durante gli ultimi anni scolastici, Eleonora e i ragazzi che non giocavano a calcio con Andrea e i restanti del gruppo, avevano preso l'abitudine di seguire le loro partite della domenica mattina.
Ecco lì il ricordo costante di Leo che si faceva sentire: lei con altri ragazzi dello stesso quartiere di Andrea sugli spalti a incitarli e a guardarli mentre, come scemi, correvano dietro al pallone e alla vittoria. Negli anni tutto quello si era perso, non erano più quindicenni perché di anni ne avevano dieci di più, e Leo era diventata quella ragazza legata al suo passato che incontrava in giro di tanto in tanto. Facebook gli aveva suggerito l'amicizia e lui, in memoria dei vecchi tempi, aveva deciso d'inoltrare la richiesta.
E ora quella ragazza non c'era più, non era nient'altro che un ricordo distorto dalle sue impressioni e un numero di cellulare spento per sempre. La cosa l'aveva destabilizzato.
«Mi... Mi dispiace. Io non so cosa dire, trovo che ogni discorso sia inutile. Non posso capire cosa significhi perdere un amico, ma se succedesse a me starei da schifo».
Forse una cosa ce l'avevano in comune, oltre Leo.
«Grazie, apprezzo la tua sincerità». Ma Nora era lì per cercare di aggiungere la parte più delicata di tutta la faccenda, anche perché Andrea non capiva cosa ci facesse lì, con l'amica sconosciuta di una ragazza ormai defunta.
«Prima di partire mi ha detto una cosa, sai, per scherzare. Ma ora che non c'è più mi sembra doveroso che io lo faccia davvero». Doveva dirgli la verità prima di scoppiare a piangere. Confessargli perché aveva voluto incontrarlo e poi, con una scusa, correre verso il bagno e lasciare che il ricordo di Leo fluisse sottoforma di lacrime per ferirla e liberarla, un po' alla volta.
«E io cosa c'entro?» Andrea era confuso a riguardo.
«C'entri eccome» gli sorrise Nora, quasi divertita. «Prima di salire sull'aereo mi ha detto che se fosse morta, avrei dovuto dirti che le piacevi molto, aveva un interesse per te. Ecco perché il messaggio di posta prima delle vacanze e, presumo, tutti i 'Mi piace' che ti ha messo in questi mesi. Lo so» si giustificò. «Può sembrarti stupido. Lei l'ha detto per scherzo e io te lo sto dicendo davvero, ma mi sembra la cosa giusta da fare. Forse perché, da quando non c'è più, non so cosa fare per affrontare il fatto che se ne sia andata».
Una lacrima rotolò lungo la guancia, traditrice. Doveva aspettare il bagno.
Andrea era in difficoltà, era una situazione strana, in cui non avrebbe mai pensato di trovarsi. Inoltre, non era bravo con le parole, peggio ancora quando si trattava di dar voce alle proprie sensazioni. «Ah, ok. Grazie. Io penso che tu, beh, abbia fatto bene a dirmelo. Hai mantenuto la promessa e onorato la memoria di un'amica».
Se Nora si fosse alzata per dargli un ceffone non le avrebbe dato tutti i torti. Ma si sapeva, uomini e donne parlavano due lingue differenti e inconciliabili. «Mi fa piacere che conservasse un bel ricordo di me. Io ce l'avevo di lei. Penso che l'avrò sempre».
Eppure, al posto di uno schiaffo, arrivò il pianto spontaneo e inaspettato di un cuore tormentato dal dolore di quella perdita. Nora aveva iniziato a piangere, inondando i suoi occhi verdi scuri di lacrime che non volevano sapere di smetterla di scendere.
Andrea davanti a una simile visione si irrigidì, non sapendo che fare. Invece di alzarsi e abbracciarla, le aveva chiesto se le andavano due passi e, dopo averla vista annuire tra i singhiozzi, si diresse alla cassa per pagare i caffè. Poi si avviarono all'ombra degli alti palazzi che li circondavano in assoluto silenzio, se non i singhiozzi di Nora e il rumore delle scarpe sull'asfalto come compagnia di quel disagio radicato tra loro.
Non si dissero nulla durante quella passeggiata, ma piano i singhiozzi di Nora si attenuarono e lo ringraziò per averle offerto il caffè, poi tornò a chiudersi dietro il mutismo più assoluto, cosa che ad Andrea non dispiacque, perché non sapeva consolare la gente.
Nonostante non si fossero detti nulla, il pianto di lei cessò e si sentì meglio. La presenza di Andrea era stata fondamentale nel farle tornare la calma, l'aveva sentito forte e saldo al suo fianco. Quelle parole non dette erano state il suo miglior discorso di sempre, sentiva che dentro qualcosa si era rigenerato, lasciando il posto a un'inaspettata speranza.
«Io, ehm, dovrei andare. Tra poco devo essere a lavoro e questa è la mia auto» lo disse imbarazzato, sapendo che guidarla verso la propria macchina non era stato un gesto carino, ma non poteva arrivare in ritardo, in un simile periodo avere un lavoro era come trovare l'oro, non poteva dare motivo a quel despota del suo capo di licenziarlo o attaccarsi a qualsiasi cosa pur di rendergli la vita lavorativa un inferno, cosa che faceva già.
«Già, che stupida, non ricordavo. Ero convinta che, essendo agosto, fossi in ferie. Scusa, mi ero proprio dimenticata, me l'avevi anche detto». Sorrise incerta, cancellando da sotto gli occhi gli sbavi neri del mascara, peccato che per gli occhi gonfi di pianto non bastasse un simile gesto.
«Tranquilla, è normale. Tutti sono in ferie ad agosto, tranne il sottoscritto».
Il tono con cui lo disse la fece ridere per la prima volta, era stato veramente buffo il modo petulante e a tratti scocciato che aveva utilizzato.
Rimasero entrambi stupiti dal gesto di lei: Nora per essere riuscita a ridere, era da giorni che non succedeva ed era convinta di non ricordarsi come si faceva, Andrea perché aveva scoperto quanto la sua risata fosse bella e contagiosa.
«Non è vero, anche io lavoro, solo che mi hanno dato qualche giorno di vacanza. Sai...» e si interruppe. Spezzare quel momento con l'ombra della tragedia di qualche giorno prima non era stato facile, ma ogni momento di felicità nella sua testa equivaleva a un mattone in più nel suo muro del senso di colpa.
Andrea disattivò l'antifurto e aprì la portiera, lasciando che il caldo accumulato all'interno si disperdesse, concedendogli di respirare un po' una volta nell'abitacolo.
«Mi ha fatto piacere che tu mi abbia detto certe cose riguardo Eleonora. Non sapevo che fosse sul volo, grazie per aver chiarito determinate cose». Le sorrise cercando di consolarla come prima non aveva fatto. Non era il tipo che abbracciava le persone, specialmente se sconosciute. Dimostrava a malapena agli amici il proprio affetto e il proprio riconoscimento. Non che fosse proprio incapace di farlo, ma non era abituato, questo perché le dimostrazioni d'affetto, nella società moderna, erano ristrette ai più piccoli, i grandi perdevano il gusto di dedicarsi a un abbraccio dato col cuore o a una carezza data con sentimento, senza volere dietro in cambio. Ci si sentiva in imbarazzo davanti a certi gesti, sempre in difetto perché non ci si sentiva all'altezza della persona che, con ardore, prendeva l'iniziativa sconfiggendo il muro dietro cui si tendeva a nascondersi.
Nora annuì e si allontanò mentre Andrea avviava l'auto. Il vestito che svolazzava, sospinto dall'aria calda e carica d'afa, che le arruffava un po' anche i lunghi capelli castani.
Solo quando Andrea fece la retro per liberare il parcheggio Nora si girò verso di lui e si fermò a fissarlo, cosa che lo indusse ad abbassare il finestrino.
«Grazie» gli mormorò commossa, come se lui avesse fatto veramente qualcosa per lei.
Eppure, vedere un briciolo di vitalità in fondo a quegli occhi colmi di tristezza che avevano pianto tutto il dolore che Nora aveva provato, gli aveva fatto capire che, forse, non era stato così, e lo fece stare meglio.
Avrebbe ricordato per sempre quella giornata, e il momento in cui si rese conto di aver cambiato le cose per una persona con la sua sola presenza.
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