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Capitolo 5

⚠️ Da questo capitolo in poi inserirò 3 parole suggeritemi da alcuni follower di Instagram (non tutti facenti parte del mondo wattpadiano). ⚠️
Le parole suggerite sono: coraggio, febbraio, responsabilità e me le aveva proposte un'amica, non facente parte di Wattpad.
Vediamo se riesci a individuarle 😉
Detto ciò, buona lettura 🥰

~

Durante la giornata Ophelia continuò a sistemare le sue cose, ogni tanto i suoi pensieri andavano dritti al suo ex compagno, a come lo scorso 14 Febbraio avessero trascorso una bellissima serata, era stato tutto perfetto, lui si era comportato da vero gentiluomo e lei ignorava che già a quei tempi la stava tradendo.
«Figlio di buona donna!» urlò e la sua imprecazione riecheggiò in ogni angolo della stanza, il solo pensarlo la irritava, voleva prenderlo a sberle, dirgli quant'era stato meschino, ma era quasi certa che se se lo fosse trovato davanti non avrebbe fatto nulla di ciò che pensava, questo fatto la faceva imbestialire di più e allora, per evitare di fare strani pensieri, mise un po' di musica.
Un paio di volte la chiamò il suo ex compagno, all'inizio Ophelia cercò di ignorarlo poi, però, finì per rispondergli; lui le disse che dovevano parlare, dovevano chiarirsi perché se lo meritavano, non era giusto buttare via anni di convivenza per uno sbaglio.
"Fottiti!" esclamò mentalmente lei, peccato non lo disse al diretto interessato, riattaccò e provò ad andare avanti con le sue faccende.
Ophelia si sentiva scombussolata, da una parte non voleva più colpevolizzarsi, assumendo gran parte della responsabilità di quella rottura, dall'altra continuava a tormentarsi per questo fatto e andava avanti pensando ai vari e se.
"Comunque zia Nadia ha ragione, non è SOLO colpa mia, ho cercato di salvare la relazione come meglio ho potuto" si disse diverse volte per infondersi un po' di coraggio, eppure era consapevole che anche lei aveva una parte di colpa in quella rottura (seppur piccola).
Una vibrazione la fece sussultare, era così assorta nei suoi pensieri che quel rumore la spaventò, lo sguardo allora le cadde sul mobiletto di fianco al letto: sullo schermo del cellulare c'era scritto la batteria è quasi scarica. 5% rimanente.
«Com'è possibile tu sia già scarico?» mormorò Ophelia, fissando l'avviso del cellulare.
Non ricordava dove avesse messo il caricabatterie, così iniziò a cercarlo nelle tante piccole pochette in tela, dai mille usi, non poteva restare senza telefono, poteva chiamarla Nadia, o qualcuno del lavoro, doveva essere reperibile; accese la piccola lampada sul mobiletto, la giornata piovosa rendeva tutto più cupo e le dieci del mattino sembravano le sette di sera.
Uno scricchiolio improvviso fece sì che un brivido raggelante le percorresse la spina dorsale, Ophelia si guardò intorno e non vide nulla di strano, c'era solo silenzio, troppo per i suoi gusti, era così fastidioso che sentì come un sibilo in lontananza.
La lampada si spense all'improvviso e Ophelia si immobilizzò.
"Dannazione!"
«Chiunque tu sia, non sei divertente» disse ad alta voce, lo sguardo si spostò un po' da tutte le parti, mentre pregava anche in ostrogoto per non trovare nulla di anomalo.
«Zia Nadia non c'è, è a lei che devi rivolgerti, io non sono in grado di aiutarti» stava sudando freddo e il cuore le parve si fosse fermato.
"Ricorda ciò che dice sempre zia: bisogna avere paura dei vivi, non dei morti. Parla bene lei che può vederli, io invece no".
Ophelia percepì un pungente odore ferroso, ma naturalmente non si vedeva nessuno e questa era la cosa più inquietante.
«Non so chi tu sia, ma hai scelto il momento più sbagliato per manifestarti» cercò di parlare con tono deciso, quasi di rimprovero, però si capiva che invece era spaventata.
"In teoria non dovrei nemmeno percepire questi odori", qualcosa non tornava: a differenza della maggior parte di donne della famiglia (del ramo materno), lei non aveva il dono di poter interagire con gli spiriti, non aveva visioni (al massimo qualche sogno premonitore, che non riusciva mai a interpretare), tuttavia in quel momento sentiva l'odore di un'ipotetica Presenza.
Lei era sempre stata quella più "normale", quella più simile ai maschi della famiglia, dato che nessuno di loro aveva mai avuto doni simili, Nadia le spiegò anche il perché: «I metalli hanno delle proprietà molto potenti come i minerali: se si conoscono e si sanno usare, questi possono essere un grande aiuto. Noi donne siamo più sensibili ad essi, perché sin dalla tenera età ne siamo a stretto contatto. Ti farò un esempio molto semplice: solitamente è nostra usanza che i buchi alle orecchie si facciano quando una bambina è piccolissima, poi, gli orecchini che indosserà saranno d'oro, per evitare cicatrizzazioni varie. L'oro, tra le sue varie proprietà, ha un'azione protettiva, apporta energia vitale e rende limpido e produttivo il pensiero. Tutto ciò permette anche che si potenzi il nostro sesto senso, ecco come mai si usa dire intuito femminile».
Ad ogni modo, essere "normale" non le dispiaceva, Ophelia aveva visto cosa succedeva se uno non era in grado di gestire i propri doni: o impazziva, oppure si toglieva la vita, era capitato a diverse donne della sua famiglia, che perdessero il senno. Questo l'aveva portata a pensare, e convincersi, che era stata fortunata.
«Si vede che sei uno spirito potente se persino io posso, in qualche modo, percepirti. Ti ripeto, però, che non sono la persona a cui chiedere aiuto».
Ophelia sentì un soffio freddo e a un certo punto le parve di scorgere un'ombra vicino alla finestre, perché le tende frusciarono.
"Dannazione! Perché proprio a me?!" pensò, quasi lamentandosi.
Deglutì e cercò di mantenere la calma, più facile a dirsi che a farsi.
«Come dicevo poco fa, la mia prozia Nadia sarà qui tra alcune ore, puoi ritornare dopo se vuoi, ma se decidi di restare ti prego di smetterla di fare rumore, o giocare con la luce» e guardò la lampada emettere flebili luccichii.
Anche se Ophelia era cresciuta in un ambiente in cui il paranormale era il pane quotidiano, non significava fosse immune alla paura, dopotutto lei non lo aveva mai visto un fantasma e tutti erano consapevoli del fatto che, per natura, gli esseri umani temevano l'ignoto.
La casa era silenziosa da fare venire i brividi e quando Ophelia sentí un tonfo quasi le scappò da urlare.
«Anche se mi terrorizzi, io non posso aiutarti. Non perché non ne ho voglia, ma perché non ho le possibilità».
Spaventarsi era normale, ma lasciare che quel qualsiasi-cosa-fosse avesse il controllo era sbagliato, Ophelia non era la persona più coraggiosa del mondo, però sapeva cos'era in grado di fare la paura quando prendeva il sopravvento.
"Porta anche alla morte", quel pensiero, forse, le fece più paura del fantasma.
«D'ora in poi questa sarà anche casa mia, ti consiglio di tenere a bada i tuoi trucchetti da morto e ti proibisco di usarmi come il tuo passatempo, se non vuoi finire morto per una seconda volta!» poi si accorse che il tonfo di prima era il suo telefono, che lei stessa, urtandolo col gomito, aveva fatto cadere.
Dopo alcuni minuti di silenzio, qualcosa spinse Ophelia a porre una domanda.
«Sei uomo o donna?».



NdA
Ciao caro/a lettore/lettrice ☺️
In questo capitolo la storia inizia a prendere una leggera sfumatura, so che non è molto, ma è l'inizio (mi prendo il mio tempo) 🙈
Ai tempi feci un giochino su Instagram, ovvero farmi suggerire 3 parole a caso, che poi avrei dovuto inserire nei successivi capitoli, lo feci principalmente per stimolarmi con la scrittura poi diventò una sfida 😎
Se lo vorrai, ci rivediamo nel prossimo capitolo 🌸

As 💫

P.s. se anche tu vuoi partecipare ad iniziative come quella delle parole, seguimi su Instagram ☺️

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