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Capitolo 1

Ophelia si trovava nel parco, stretta nel suo cappotto nero e parte del viso coperto dalla sciarpa grigio fumo, girava tra le dita guantate un anello argentato; erano le sei e mezza del pomeriggio e, tutt'intorno, le luci soffuse di alcuni lampioni prendevano il posto di quelle del crepuscolo.
"Come sono potuta arrivare fino a questo punto?" si chiese mentalmente, per l'ennesima volta, quasi rimproverandosi.
Provava diverse emozioni in quel momento, però predominavano la rabbia e la delusione.
Una leggera vibrazione, proveniente dalla borsetta, riportò a Ophelia quel po' di lucidità che aveva, era Nadia che la chiamava per sapere a che ora sarebbe arrivata, lei però non rispose, invece si alzò dalla panchina, su cui sedeva da circa un'ora, prese il manico del trolley e se lo trascinò dietro, come se avesse appresso un macigno.
La casa di Nadia non distava tanto dal parchetto e la zona era piuttosto trafficata: c'erano un bistrot, in quel momento pieno di giovani che si godevano la serata in compagnia di amici, una farmacia, vicina all'ora di chiusura, una cartoleria, la cui proprietaria stava abbassando la serranda, e una lavanderia-sartoria, da cui erano uscite un paio di persone proprio nel momento in cui Ophelia ci era passata vicino; qualche metro più in là, invece, si trovava anche la fermata dell'autobus.
Ophelia camminò per circa una ventina di minuti e arrivò davanti a un cancello grigio chiaro, che non lasciava vedere nulla di ciò che c'era dall'altra parte; lei sospirò e suonò, una manciata di secondi dopo sentì un piccolo schiocco, il cancello automatico si aprì per farla entrare, Ophelia attraversò il vialetto e notò quanto fosse curato.
"Tipico di zia Nadia" pensò.
Ophelia arrivò davanti alla porta color nocciola, colpì un paio di volte il picchiotto, dal motivo floreale, e, pochi istanti dopo, Nadia aprì.
«Ciao mia cara» la prozia accompagnò il saluto con un sorriso fugace e invitò la pronipote a entrare.
«Stavo per richiamarti» continuò una volta che Ophelia varcò la soglia.
«Scusami se prima non ti ho risposto» si affrettò a dire la pronipote.
Nadia le accarezzò una spalla e la invitò a mettersi comoda.
«Ti ho preparato dei toast» nel frattempo Nadia si soffermò un momento a guardare la pronipote liberarsi di cappotto, sciarpa e guanti «Ti aspetto in cucina» annunciò, guardandola da sotto le sopracciglia, ciò significava che non erano ammesse proteste, non che Ophelia le avrebbe fatte, in ogni caso sapeva già che il pasto sarebbe rimasto intatto, non era in vena di niente in quel momento.
«Sto preparando una bella tisana a base di camomilla e valeriana, dormirai come una neonata» disse Nadia, una volta che la pronipote la raggiunse in cucina.
Ophelia andò verso il tavolo, situato in una posizione angolare, prese posto all'angolo nella panca di legno, il suo preferito sin da bambina, sistemò i cuscini nella parte dello schienale, e restò a guardare come Nadia si muoveva in quello spazio; Ophelia ricordò di quando lei, dopo il lavoro, tornava a casa per preparare la cena, in modo che il suo fidanzato (ormai ex) trovasse tutto pronto.
Quello era il loro momento come coppia, si raccontavano com'era andata la giornata, poi scherzavano e ridevano su piccoli aneddoti successi nel trascorrere del giorno. E dopo, dopo c'era la serata sul divano a guardare qualcosa in tv, mentre di tanto in tanto ci si abbandonava a qualche carezza e qualche bacio appassionato.
"Forse è questo che ha deteriorato il nostro rapporto: ci comportavamo già come una vecchia coppia".
«Non ci pensare nemmeno!» esclamò Nadia e Ophelia sussultò «Quello è uno sguardo colpevole»
Ophelia non capiva
«In una coppia sbagliano entrambi» continuò Nadia.
Ophelia sapeva che la prozia era stata sposata tre volte, ma aveva amato veramente solo una, quindi parlava per esperienza.
«Sicuramente hai la tua parte di responsabilità, ma lui non è da meno».
In fondo Ophelia sapeva che Nadia aveva ragione, lei stessa pronunciò quelle parole quando una sua cara amica divorziò. In quel momento, però, voleva solo capire perché non aveva funzionato.
«Una vita coniugale non è solo fatta di sesso, ci dev'essere dell'altro, una base solida che va costruita con pazienza e volontà. Purtroppo, invece, pare che i giovani d'oggi ragionino coi genitali e facciano fatica a costruire le cose, le relazioni. Tutto di fretta vogliono» Nadia scosse la testa.
Ophelia non capì se la prozia era amareggiata o irritata. Forse entrambe le cose.
«Ad ogni modo, non sei venuta qui per ascoltare i miei ragionamenti da vecchia signora» e porse una tazza alla pronipote, per poi versarvi la tisana «Spero davvero che tu possa trovare la serenità che meriti» le accarezzò la guancia e la strinse in un abbraccio.
Ophelia ricorse a tutta la forza di volontà che aveva per non scoppiare in lacrime, non voleva dare nient'altro all'uomo che l'aveva pugnalata.
"Non merita nulla da me, tanto meno le mie lacrime". Eppure...
Durante la serata, Nadia cercò di intrattenere Ophelia con vari discorsi divertenti sulla sua vita e la pronipote poté confrontarsi e capire cosa loro due avevano in comune, nel frattempo si erano pure spostate in salotto, per stare più comode e creare un ambiente più rilassato.
Per un po' Ophelia aveva dimenticato il dolore e la delusione, per un po' aveva riso spensierata e tutto le era parso più leggero, sopportabile.
«Perché crescere è così difficile?» bisbigliò Ophelia con voce un po' tremante «È curioso come quando da piccoli abbiamo fretta di diventare grandi, ma una volta che succede capisci che non è poi questa gran cosa. E si stava meglio da bambini»
«L'essere umano ha un'insaziabile sete di conoscenza, vogliamo scoprire e capire. Siamo curiosi e abbiamo infinite sfaccettature»
«Tu hai molte più sfaccettature di una persona comune» la interruppe Ophelia «Hai qualcosa in più»
«Non mi sono mai considerata speciale, in fondo ci sono altre persone come me»
«Sicuramente, ma non si può dire che tutti facciano ciò che fai tu, alcuni non sanno come gestire questa capacità e si spaventano per essere così»
«Prima o poi impari a conviverci» replicò Nadia, guardando un punto indefinito.
«Certo, solo che la convivenza può essere un fardello e non un dono»
«A volte vanno di pari passo, dono e fardello, ma sta sempre a noi l'ultima parola» Nadia bevve un sorso del suo vino e sospirò «Immagino sarai stanca» continuò e l'orologio iniziò a battere i ritocchi: mezzanotte.
«Lo sono, però non ho sonno. Ogni volta che sono stesa sul letto, nel silenzio della stanza, non faccio che pensare e farmi mille domande» Ophelia si mise a sedere su un lato e stese il braccio sinistro sullo schienale del divano, per potervi poggiare il capo.
«Lo sai che molti sono convinti che la mezzanotte sia l'ora in cui il nostro mondo e quello dell'aldilà si incontrano? Non hanno tutti i torti, perché è comunque un nuovo inizio, un nuovo giorno sta nascendo»
«E mi dici questo perché qualche tuo amico potrebbe farmi visita?»
Nadia rigirò quel poco di vino che era rimasto nella coppa e alla fine lo bevve.
«Oppure dovrei spaventarmi?» chiese scherzosamente Ophelia
«So benissimo che queste cose non ti spaventano e in tutta franchezza non so se sia un bene o un male. Da una parte dovresti avere paura, perché non tutti gli spiriti sono benevoli, dall'altra invece è confortante tu sia consapevole di quest'altra realtà» Nadia si voltò per guardare negli occhi la pronipote e le sorrise
«Va' a riposare, la tisana farà il suo effetto, credimi» si alzò e tese la mano alla sua adorata pronipote. Lei accettò l'invito ed entrambe salirono al piano di sopra.



N.d.A.
Ciao a te che leggi ☺️

Siamo solo all'inizio e mi rendo conto che possa sembrare noiosino, ma poco per volta vedrai che la storia inizierà ad ingranare.

Spero che il capitolo ti sia piaciuto ☺️
Se vuoi ci vediamo nel prossimo

As 💫

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