Capitolo 3. Sono stato un bravo bambino
14 Dicembre
Non sono mai stato un tipo particolarmente atletico, almeno che non si tratti di fare attività fisica in orizzontale. Ho sempre evitato tutto ciò che comprende correre, l'utilizzo di una palla o un grande senso dell'equilibrio. Qualche anno fa mi sono iscritto in palestra, con le migliori intenzioni, però finivo ogni volta sdraiato a fare finta di fare stretching su un tappetino rosa, mentre con le mie amiche osservavamo i ragazzi sudare e darsi da fare.
Tutto questo preambolo per dirvi che se mi trovo qui in questo momento è solo per amore. Fa un freddo cane e mi sento un omino Michelin, potrebbe esserci combo peggiore? E poi...perché Charles è così attraente con la tuta da sci al contrario del 99% della popolazione globale?
«Adesso prova a scendere, d'accordo?» dice lui.
«Fino a giù?!»
«Sì, fino a giù», mi fa eco. «Dai, è una discesa semplice. Guarda, la fanno tutti i bambini!» Lo fulmino con lo sguardo, ma questo lui non può vederlo perché ho su gli occhialini.
«No, non voglio!» gli faccio sapere, cercando di spostarmi indietro. Perdo l'equilibrio e finisco per farla questa maledetta discesa, anche se non mi sentivo pronto. Preso dal panico mi dimentico tutto quello che Charles mi ha spiegato: come piegare le ginocchia, come tenere il busto e dove mettere i bastoncini...anzi no, quelli so dove metterli appena arrivo a valle: su per il culo a Charles, che mi ha costretto a fare questa cosa!
«Perché non si fermano questi cosi?» urlo
«Jay, devi frenare!» Devo frenare? Che significa che devo frenare? Nemmeno il tempo di rispondere a questa domanda che mi ritrovo abbracciato ad un albero. Non so come io abbia fatto, però sono uscito fuori pista. Beh, almeno mi sono fermato.
«Jay, amore, stai bene?» mi chiede Charles raggiungendomi. Si alza gli occhialini, guardandomi e allungando un braccio verso di me, così da aiutarmi. Io però, invece di farmi sollevare, lo tira giù con me, ritrovandomelo praticamente addosso.
«Non lo voglio fare mai più», gli faccio sapere. «Adesso possiamo tornare in albergo, fare una doccia calda e pranzare? Ho il culo congelato». Charles ride, portando entrambe le mani, avvolte dai guantoni, verso i miei occhialini e sollevandoli. I nostri sguardi finalmente si intrecciano: il mio fintamente arrabbiato, il suo totalmente divertito dalla situazione.
«Oggi pomeriggio facciamo tutto quello che vuoi, d'accordo?»
Oh, puoi scommetterci!
***
Dopo una doccia bollente, il pranzo in camera perché sua Maestà era stanco e non aveva voglia di scendere e un pisolino rigenerante, finalmente siamo pronti per uscire! In realtà Charles non è molto contento, e continua a lamentarsi mentre stiamo scendendo con l'ascensore.
«Ci dobbiamo per forza andare nel villaggio di Babbo Natale?» chiede.
«Non andiamo nel villaggio di Babbo Natale, la smetti?» sbuffo io. «È solo un mercatino di Natale», preciso, mentre cerco le indicazioni per arrivarci in macchina.
«È la stessa cosa», mi sussurra all'orecchio, abbracciandomi da dietro. Prima di allontanarsi mi lascia un bacio sul collo, sistemandomi meglio la sciarpa. «L'hai scritta la letterina?» chiede, appoggiandosi contro la parete e intrecciando le braccia al petto. Mi guarda con un mezzo ghigno, facendomi alzare gli occhi al cielo. «Oh, mi stai dicendo che non l'hai fatto? Dobbiamo assolutamente rimediare!»
Appena le porte dell'ascensore si aprono Charles esce velocemente, dirigendosi verso la reception e mettendosi a parlare con la ragazza che c'è di turno. Quando mi avvicino anch'io, lui è appoggiato con i gomiti contro il banco, leggermente piegato in avanti. La ragazza invece è girata di spalle e voltandosi vedo che ha in mano dei fogli bianchi, che porge a Charles.
«Grazie», le dice lui, prendendo anche due penne con sopra il logo dell'albergo. Mi fa segno con la testa di seguirlo, così ci mettiamo a sedere ad uno dei tavolini nella saletta. Il camino è acceso mentre alcune persone stanno giocando a giochi da tavola.
«Questo Natale va salvato Jay! Io scriverò la mia letterina e tu scriverai la tua. Però ricordati che ti arriverà solo un regalo, quindi scegli bene». Gli sorrido, annuendo mentre prendo un foglio e una penna. «Mi raccomando, sii educato con Babbo Natale, chiedi per favore e cerca di fargli credere che sei stato davvero un bravo ragazzo...anche se lo sappiamo entrambi che sei un monello il più delle volte».
«Ma se mi dici sempre che sono bravo!» sbuffo con una smorfia.
«Sì, ma solo quando ti diventano le ginocchia rosse».
«Oh, ma fottiti!»
«Dopo», risponde Charles. «Adesso scrivi a Babbo Natale!» Mette una mano davanti al suo foglio, così da impedirmi di leggere e faccio la stessa cosa anch'io, iniziando a scrivere.
Caro Babbo Natale,
sono Jamie, non so se ti ricordi di me. Non ti scrivo da un po' ma questo non ha niente a che vedere con il fatto che io abbia scoperto che non esisti. Sono stato un po' impegnato e spero che tu lo possa capire. Ti assicuro tantissimo che sono stato un bravo bambino quest'anno. Se vuoi ti elenco un po' delle cose belle che ho fatto. Sicuramente la cosa più bella che mi sono fatto è Charles Leclerc. Sono stato bravissimo a farmelo sul letto, sul pavimento, contro il muro, sul tavolo della cucina. Fossi al posto tuo io sarei orgoglioso di me, finalmente sono passato all'essere passivo all'essere versatile. Ti sembra poco?
L'altra settimana ho sorriso al figlio della vicina...quello che piange sempre e non mi fa mai dormire la notte. Se questo non è qualcosa che farebbe un bravo bambino, davvero non so cosa lo sia! Per non parlare della vecchietta che ho aiutato ad attraversare la strada...anche se in realtà non era così vecchia, e mi ha detto che non stava aspettando che qualcuno la aiutasse, ma che il semaforo diventasse verde. Beh, comunque è il gesto che conta!
Tutto sommato sono stato bravo, quindi caro Babbo Natale, ti prego, per favore, non portarmi assolutamente niente. Piuttosto, vedi cosa puoi fare per Charles. Sono sicuro che tu abbia qualche contatto con quelli di Maranello e sono sicuro che riuscirai a convincerli a far firmare un contratto al mio bellissimo e bravissimo ragazzo, che nonostante io sia un coglioncello (lo posso scrivere coglioncello, vero?) continua ad amarmi.
Ah sì, porta a Chase un abbonamento annuale per PornHub, te lo giuro: ne ha proprio bisogno!
Grazie,
tuo Jamie.
«Tra un'ora il villaggio di Babbo Natale chiude, ci diamo una mossa?» mi chiede Charles. Alzo lo sguardo, notando che lui ha già finito di scrivere e ha piegato la sua lettera in due. Dopo aver firmato faccio la stessa cosa anch'io con la mia, prendendo entrambe e infilandole nella tasca del mio cappotto.
«Te l'ho già detto, è un mercatino di Natale e non "chiude"», dico. «Guido io?» chiedo a Charles mentre ci avviamo verso l'uscita. Lui ci pensa un po' su, buttandomi poi tra le mani le chiavi della sua Stelvio.
Mezz'ora più tardi arriviamo ai mercatini di Natale. Sono quasi le cinque, il sole sta per tramontare e Charles non potrebbe essere più bello di così nella luce soffusa del crepuscolo. Lo guardo con un sorriso mentre scende dalla macchina, sbattendo la portiera. Appena lui se ne accorge mi sorride di rimando, passandomi un braccio attorno al collo quando mi avvicino. Camminiamo insieme verso l'entrata, sentendo, passo dopo passo, l'entusiasmo crescere.
Amo i mercatini di Natale, passeggiare tra la bancarelle e scegliere regalini fatti a mano. Amo la moltitudine di profumi e colori, che riescono a rapirmi totalmente dalla realtà. E più di ogni altra cosa, amo il fatto che quest'anno ci sia Charles con me!
Mentre mi muovo tra le persone, fermandomi praticamente davanti ad ogni banchetto, lui mi segue silenziosamente. Quando all'improvviso mi giro verso di lui, piazzandogli sotto il naso una saponetta, lui sussulta, spalancando gli occhi.
«Ti piace di più questa», dico riferendomi alla saponetta alla lavanda, «o questa?» chiedi infine, facendogli sentire anche quella alle rose.
«Non so, forse la seconda», mi risponde scrollando le spalle. «Ma che ci fai con le saponette? Guarda che in albergo ci sono almeno cinque saponette, se vuoi puoi portarle a casa».
«Quindi anche tu rubi dagli alberghi?» chiedo ridendo. «Sì, hai ragione, quella alle rose è meglio», confermo anch'io annusando ancora la saponetta. «Comunque le saponette si mettono negli armadi, per farli profumare. Ne vuoi una anche tu?» Improvvisamente interessato, Charles si avvicina al banchetto e comincia ad annusare le varie saponette, decidendo poi di prendere quella all'arancia.
«Piantala di gongolare, è solo una saponetta», mi dice mentre stiamo aspettando che ci vengano impacchettate le rispettive saponette, accorgendosi che lo sto guardando con un sorriso soddisfatto.
«Sarà, ma il fatto che tu abbia deciso di prendere una saponetta in un mercatino natalizio mi rende estremamente felice», dico avvicinandomi e lasciandogli un bacio a stampo sulle labbra. Lui si limita a scuotere la testa, sorridendo.
Dopo aver finito di girare il mercatino per il lungo e per il largo mi ritrovo pieno di borse e pacchettini. Ho preso un pensierino per tutti: mia madre, Chase, Valerie, Lucy, quelle pazze delle mie amiche e...ho preso qualcosa anche per la mamma di Charles, visto che durante queste vacanze la conoscerò finalmente. Charles mi ha rassicurato più e più volte, dicendomi che le piacerò sicuramente e che non mi devo preoccupare troppo.
«Mi terrorizza l'idea di conoscere tua madre», ammetto quando ormai abbiamo finito di cenare. Abbiamo scelto uno dei ristoranti limitrofi al mercatino, trovando posto per miracolo visto che non avevamo prenotato.
«L'avevo capito. Perché?» mi chiede allungando il braccio sul tavolo e prendendomi la mano. Io glielo lascio fare, osservando le nostre dita mentre si intrecciano.
«Ho paura di non piacerle», sussurro.
«Sei Jamie Richard, davvero c'è qualcuno a cui non piaci?» Charles ride, facendomi scuotere la testa e sospirare pesantemente. «Jay, sono sicuro che le piacerai. Mi chiede sempre di te quando la chiamo...sai, quando le ho detto che saresti venuto anche tu con me a Monaco era felicissima! E sono sicuro che anche lei ti piacerà tantissimo. Un po' vi assomigliate: non state mai fermi e parlate tanto, forse troppo...sicuramente avrete di che parlare». In parte le sue parole mi rassicurano, però so già che avrò ansia finché non la incontrerò!
«Oh sì, parlando di mamme. La mia mi ha chiesto se per il pranzo della Vigilia vogliamo andare da lei e Pete».
«Ottimo, almeno mangeremo qualcosa di commestibile...visto che ti sei offerto di cucinare tu a Natale!»
«Stai mettendo in dubbio le mie doti culinarie?»
«Puoi scommetterci», mi risponde facendomi l'occhiolino. La cameriera passa a prendere i piatti vuoti, chiedendoci se vogliamo il dolce. Do un'occhiata veloce alla lista e ordino il tiramisù, dicendo di portare due cucchiaini. Ormai conosco troppo bene Charles e so che quando non prendere il dolce finisce col mangiare metà del mio!
Ci dividiamo quindi il dolce, lasciando poi il locale e incamminandoci verso il parcheggio. La notte è illuminata da centinaia di luci e anche se fa un freddo da battere i denti, c'è uno strano calore nell'aria.
«Jay, la casa di Babbo Natale!» dice Charles bloccandosi di colpo. Guardo nella direzione in cui sta guardando lui, trovandomi davanti una piccola casetta in legno, dipinta di rosso. Vicino all'entrata c'è una cassette delle lettere e sopra c'è scritto: metti qui la tua letterina se hai fatto il bravo.
Ci avviciniamo, mano nella mano, sciogliendo la presa giusto il tempo che mi serve per imbucare le lettere che io e Charles abbiamo scritto.
«Vuoi farmi vedere quanto sai essere un bravo bambino?» mi sussurra all'orecchio. E anche se non glielo dico, ogni parte di me urla sì: il modo in cui lo guardo, il sorriso che gli regalo, il labbro inferiore che mi stringo tra i denti e il bacio che gli do, un bacio lungo, profondo.
«Jay, stiamo limonando davanti alla casa di Babbo Natale che ne dici di andare?»
«Oh cazzo!» impreco staccandomi da lui e mettendomi le mani sulla bocca. «Andiamocene prima che Babbo Natale capisca che in realtà siamo cattivi ragazzi». Prendo Charles per mano, mettendomi a correre mentre lui scoppia a ridere.
Cattivi ragazzi ma che sanno farsi bene a vicenda.
***
La nostra stanza d'albergo diventa un campo di battaglia non appena entriamo dentro. Ci spogliamo a vicenda, lasciando cadere i vestiti a terra. Continuiamo a baciarci camminando alla cieca finché non raggiungiamo il grosso letto matrimoniale. Charles si mette a sedere sul bordo, mentre io mi inginocchio davanti a lui, alzando la testa e guardando i suoi occhi pieni di eccitazione. Lo capisco anche fin troppo bene che l'unica cosa che vuole fare in questo momento è scoparmi la bocca fino a venire, facendomi sentire il suo sapore.
La mia mano si insinua furtiva nei suoi boxer, che è l'unico indumento che ha ancora addosso. Con i polpastrelli tocco delicatamente il suo membro pulsante. Charles alza di poco il bacino, così che riesca a far scivolare via i boxer. Il suo uccello si indurisce maggiormente appena rimane totalmente scoperto. Appoggio la mano destra alla base del membro, mentre la mia bocca comincia a succhiare piano il glande. Lentamente lascio scivolare la lingua lungo tutta l'asta ed infine me lo ritrovo totalmente in bocca. Glielo succhio ripetute volte, concentrandomi in particolar modo sulla punta, diventata rosea. Quando Charles mi stringe in un pugno i capelli, capisco che sta per venire. Aumento sempre di più il ritmo, finché non si riversa tra le mie labbra.
«Sono stato bravo?» gli chiedo all'orecchio, sporgendomi in avanti e appoggiando i palmi delle mani sulle sue ginocchia. Lui si limita a mugolare, accarezzandomi con l'indice il collo e dandomi subito dopo un bacio all'altezza della spalla.
Mi alzo da terra, spogliandomi totalmente sotto il suo sguardo attento e mettendomi a cavalcioni sulle sue gambe leggermente divaricate. Lui mi accarezza la schiena con le sue grandi mani calde, mentre mi lascia baci bollenti su tutto il torace. Improvvisamente uno dei baci si trasforma di un morso; Charles mi tira la pelle fortemente per poi rilasciarla, riuscendo a farmi gemere contro il suo orecchio.
Lo spingo all'indietro, facendogli appoggiare i gomiti contro il materasso. Sento sotto il sedere il suo membro nuovamente eretto, che scivola verso la mia apertura non appena mi sposto su di lui. Lo lascio sprofondare poco alla volta, fino a sentirlo completamente dentro. Sporgendomi, appoggio la fronte alla sua e lo guardo dritto degli occhi, iniziando a muovermi. Charles alza la testa e cattura le mie labbra in un bacio, nel quale affoghiamo una miriade di gemiti e i nostri respiri pesanti.
Questa sera mi sta lasciando totalmente gestire la situazione, stiamo andando al ritmo che io sto imponendo e lui si sta facendo semplicemente cavalcare. Con un movimento deciso dei fianchi capovolgo la situazione, così da trovarmi sotto di lui, schiacciato contro il materasso. Gli avvolgo la vita con le gambe, spingendo il sedere verso di lui in cerca di spinte più profonde. Charles mi accontenta, concentrandosi su un punto in particolare. Spinta dopo spinta, sento sempre più piacere. Un piacere che vedo svanire nella frazione di un secondo.
Charles si solleva da me e si lascia cadere sul materasso, alla mia destra. Girando la testa, con i capelli davanti agli occhi e il petto che si muove velocemente su e giù, vado in cerca di una spiegazione. Perché ci siamo fermati?
«Perché non mi scopi tu?» sussurra Charles, allungando la mano verso il mio viso e passandomi le dita tra i capelli. Sollevo la testa dal materasso, sporgendomi per poterlo baciare. Mentre io gli appoggio una mano sul collo, per tenermelo più vicino, lui mi cinge il fianco e spinge il bacino contro il mio.
Ci sono voluti pochi minuti per farci invertire le posizioni: ora Charles è sotto di me, la gamba sinistra leggermente piegata e schiacciata contro il materasso, mentre quella destra la tiene attorno alla mia. Lo penetro ripetute volte lentamente, trovando poi un ritmo che va bene ad entrambi. Lo sento su ogni terminazione nervosa del mio sesso, mi avvolge con le sue pareti calde, stringendomi al suo interno. Raggiungo l'orgasmo senza troppo sforzi o artifici, mi basta due spinte calme ma profonde e il suo sguardo nel mio. Sguardo da cui cerco di sfuggire subito, imbarazzato dal fatto che sia venuto così presto e ancora di più per non essere riuscito a far venire anche lui.
Ancora incastrati, appoggio la fronte contro la sua spalla, lasciandogli poi un bacio sulla pelle umanae bollente.
«Scusami», sussurro. Charles mi prende il viso tra le mani, baciandomi dolcemente.
«E di che?» chiede.
«Tu non sei venuto».
«Allora magari dovresti scoparmi ancora», mi suggerisce con un sorriso.
E io non me lo faccio ripetere due volte.
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