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Capitolo 2. Operazione albero

8 Dicembre 

«Oh santo cielo, ma è enorme», nota Charles. «Non ci starà mai, Jay!» dice categorico, cercando di darsela a gambe. Io fortunatamente ho la prontezza di prenderlo per il gomito, facendolo fermare. 

«Ma che dici! Sono solo 195 cm».

«195 cm sono sei piedi e quattro, nel caso non ti fosse chiaro. Dove vorresti metterlo? E poi...poi come pensi di portarlo fino a casa?»

«Lo mettiamo sopra la tua macchina».

«Sulla mia Ferrari?» chiede con una smorfia e...okay, forse no, questo non lo possiamo fare! «Scegline uno più piccolo, io intanto chiedo se fanno la consegna a domicilio», mi dice, lasciandomi da solo davanti all'albero che avevo scelto. Quello alto 195 cm.

Lo guardo e già riesco ad immaginare come sarà una volta che avrò finito di addobbarlo. Voglio usare colori chiari: bianco, bronzo e qua e là qualche pizzico di argento, magari per le ghirlande. E voglio tre set di lucine, perché deve spendere, deve essere la cosa più luminosa nel raggio di dieci chilometri. 

«Mi hanno detto che non fanno consegne a casa», dice Charles, ritornando da me e guardandomi contrariato, perché non mi sono mosso di un centimetro dal mio albero. «Jay, amore, come vuoi portarlo a casa?» mi chiede pazientemente, appoggiando una mano contro la mia spalla. 

«Qui vicino c'è la fermata della metro. Prendiamo la rossa fino ad Oxford Circus, poi ci buttiamo sulla azzurra fino a Warren Street».

«Tu sei matto!» decreta, eppure nemmeno lui è tanto sano di mente, visto che alla fine si ritrova a trasportare un albero di 195 centimetri per tutta la metropolitana. Stiamo stretti per tutto il tragitto sulla linea rossa, io schiacciato contro l'albero e Charles a reggerlo mentre è seduto tra una vecchia signora spazientita e una ragazza che continua a guardarlo. Sulla linea azzurra va meglio, infatti ci sediamo entrambi, ma la tensione tra di noi si può tagliare con un coltello. E potrebbe anche ferirmi a morte questo coltello, se fosse tra le mani di Charles. 

Non mi rivolge la parola finché non arriviamo alla terza rampa di scale del palazzo in cui abita. La presa gli sfugge all'improvviso e lui impreca, spazientito.

«Charles!»

«James», mi chiama a sua volta, utilizzando il mio nome per intero. E se lo sta facendo significa solo una cosa: è incazzato nero. «Ti avevo espressamente chiesto di contenere il tuo entusiasmo. E tu che hai fatto?! Hai riempito casa mia di scatole piene di addobbi, hai messo candele in ogni angolo e sa tutto di cannella. Di cannella, cazzo! E come se non bastasse adesso questo...»

«Sei tu che mi hai invitato a passare il Natale da te. Ma se per te la mia presenza, con le mie candele e tutto il resto è un problema forse dovrei andarmene! » gli urlo contro, lasciando cadere l'albero a mia volta e mettendomi a correre su per le scale. Ignoro completamente Charles, aprendo la porta di casa sua con il mio mazzo di chiavi e richiudendomela alle spalle con un tonfo. Mi tolgo frettolosamente la giacca e le scarpe, andando in camera da letto.

Il letto è ancora disfatto, perché stamattina siamo usciti di fretta. In un angolo c'è la mia valigia aperta, dalla quale fuoriescono dei vestiti. Il comodino sulla sinistra (che sarebbe la mia parte del letto)  è pieno di cose: un libro che sto leggendo , una tazza da te piena a metà, il mio pacco di sigarette. Su quello di Charles invece c'è solo la cornice con dentro una nostra foto e l'abatjour. Questa è l'ennesima prova che siamo terribilmente diversi: io disordinato, lui impeccabile, preciso, sempre in orario. 

Mi lascio cadere sul letto, affondando la testa nel cuscino. Mi passano per la testa mille pensieri diversi, ma l'unico che predomina sugli altri è che ho lasciato Charles da solo sulle scale, con l'albero di 195 centimetri che io ho voluto disperatamente.

«Oh merda», impreco alzandomi dal letto e scendendo di sotto. Mi fermo però a metà rampa, rendendomi conto che Charles ha portato l'albero dentro da solo. Lo appoggia contro il muro, lasciandolo andare solo quando è sicuro che sia in equilibrio. Si gira, ma si ferma di scatto appena mi vede. Io ricambio, serrando la macella  e irrigidendomi. Il primo dei due che smette di guardare l'altro è Charles, infatti cammina verso l'entrata, togliendosi la giacca e appendendola. Io quindi ne approfitto per raggiungerlo.

«Mi dispiace», sussurro, tenendo la testa bassa sulle mie calze con gli alberelli di Natale sopra. Con la punta delle dita sforo quelle di Charles, coperte dal solito paio di calze nere. 

«No, a me dispiace», mi dice, appoggiando le mani conto il mio collo e facendomi alzare lo sguardo. «Non volevo dare di matto ma-». 

«Ma niente, hai perfettamente ragione! Possiamo iniziare il nostro Natale da questo momento, da me e te? Che si fottano le cazzate che ho fatto fino ad oggi, che si fotta l'albero, che si fottano gli addobbi e che si fotta pure questo Jay, esagitato e rompicoglioni!» dico, indicandomi e scuotendo la testa.

«Se vuoi ci penso io a fottere questo Jay esagitato e rompicoglioni», sussurra avvicinandosi alle mie labbra, che nel mentre si sollevano in un sorriso. Charles inclina la testa di lato, leccandomi il labbro inferiore e facendosi poi strada nella mia bocca. Lo accolgo facendogli capire che preferisco questo -averlo vicino, sentire che mi vuole, il suo profumo su di me- piuttosto che uno stupido albero e le decorazioni per tutta casa. 

Mi stacco da lui, facendogli segno con la testa di seguirmi. Non facciamo però nemmeno un paio di passi, visto che Charles allunga il braccio verso di me e mi ferma, infilando l'indice in uno dei passando dei jeans che indosso. Mi fa appoggiare contro il suo petto, portando l'altra mano alla mia cintura; me la slaccia, aprendo poi i tre bottoni dei miei jeans e insinuando le dita nei boxer.

Comincia ad accarezzarmi il membro lentamente, strusciando il pollice contro la punta e facendolo poi scivolare su tutta la lunghezza, più e più volte, sempre più velocemente. Poi all'improvviso di ferma, facendomi aprire gli occhi.

«Charles?» lo chiamo piagnucolando. Ho il fiato corto, le guance in fiamme e mi fa male il cazzo per quanto ce l'ho duro. «Ti prego», sussurro, cercando di convincerlo a continuare. 

«No», mi risponde secco all'orecchio, facendomi sentire contro la guancia il suo fiato caldo. Si stacca da me, girandomi attorno fino ad arrivami di fronte. Mi guarda con un sorriso, mentre io lo fulmino con lo sguardo, arrabbiato e imbarazzato al tempo stesso. «Verrai mentre ti scopo», dice. «Niente dita, niente lingua...verrai per me, Jay?» Sospiro, mentre l'unica cosa che riesco a fare è annuire. 

Charles mi sorride una seconda volta, prendendomi per la spalla e tirandomi a sé. Le nostre labbra si corrono velocemente incontro, in baci lunghi, rumorosi, che non hanno né un inizio né una fine. Mi stringo a lui, lasciandomi guidare verso il divano. Nel breve tragitto che facciamo i miei jeans scivolano da soli lungo le gambe, capisco quindi di non averne più bisogno. Mi stacco da Charles giusto il tempo per riuscire a liberarmi, lasciandoli dove capita.  Anche il magione è ormai superfluo e voglio fargli fare la stessa fine dei pantaloni, ma Charles mi ferma.

«Faccio io», bisbiglia contro la mia mandibola, lasciandomi dei baci che vanno fino all'attaccatura dell'orecchio. Prende tra le mani i lembi del magione, intimandomi ad alzare le braccia e sfilandomelo. Mi spettina completamente i capelli, facendomi ridere ma subito dopo mi ritrovo ad ansimare. Le mani di Charles si spostano in un secondo verso il mio sedere: mentre la destra rimane ferma tra l'elastico dei boxer e la schiena, la sinistra si allontana giusto il tempo di prendere una piccola rincorsa per darmi una sonora sberla. Infine, Charles mi toglie anche i boxer, lasciandomi così completamente nudo.

Mi rendo conto solo ora che lui invece ha ancora tutti i vestiti addosso. Credo che la cosa più logica sia ricambiargli il favore, ma Charles non me lo permette. Si siede sul divano, allungando il braccio verso di me e intimandomi a raggiungerlo. Pendo posto tra le sue gambe leggermente aperte, passandogli le braccia attorno al collo, mentre lui mi cinge i fianchi con le mani e alza la testa verso di me. 

«Sai dove ti amo da impazzire Jay?» chiede piano. «Qui», sussurra appoggiando la punta dell'indice in un punto preciso sul fianco destro. «Hai una piccolissima voglia che amo e mi piace pensare che nessuno prima di me ci abbia mai fatto caso». Gli accarezzo i capelli, sorridendo ed il mio stupido cuore accelera il battito di colpo. In effetti è vero, nessuno si è mai accorto di quella voglia e questo deve pur significare qualcosa, no?

Con un movimento veloce mi fa sedere su di lui, le mie gambe piegate in avanti contro le sue, i nostri volti adesso alla stessa altezza. «E ti amo qui», aggiunge lasciandomi un bacio tra il labbro superiore e il naso. «Dici sempre che detesti il fatto di avere le labbra sottili, eppure me le hai fatte desiderare per mesi. E poi sappi che dopo che ci baciamo per ore non sono poi così sottili», mi fa sapere, riuscendo a farmi sorridere ancora. 

«Pensavo volessi farmela pagare per averti fatto trascinare un albero di Natale in metro per mezza città...»

«Facciamo come in Remember Me, prima il dolce», sussurra, facendomi tornare in mente la prima volta che abbiamo fatto sesso, a casa mia. Solo che in quella occasione per dolce s'intendeva l'andare al sodo e poi pensare ai preliminare, mentre adesso il dolce è davvero molto dolce. E comunque, poi alla fine l'ho obbligato a vedere Remember Me e può continuare a negarlo quanto vuole, ma io l'ho visto che aveva gli occhi licidi. 

«Adesso ti scopo, so che muori dalla voglia», dice e ciao ciao romanticismo. Si avventa sulle mie labbra, già abbastanza arrossate e piene, lasciandosi finalmente spogliare. Ci stacchiamo solo per fargli togliere il magione e quando solleva leggermente il bacino per far scendere i pantaloni e i boxer. Finalmente sento la sua pelle contro la mia e la cerco il più possibile, in ogni centimetro, persino dove ci è impossibile far combaciare i nostri corpi. Le nostre erezioni invece si scontrano in continuazione, sono io a muovermi contro di lui, ma Charles capisce ben presto il mio intento e mi blocca, stringendomi i fianchi. 

«Forse dovrei farti stare fermo...aspetta», dice, facendomi appoggiare dall'altra parte del divano mentre lui va a prendere qualcosa. Ritorna con la mia sciarpa tra le mani, quella bordeaux con i fiocchi di neve sopra. «Metti le braccia sopra la testa», mi intima, posizionandosi in ginocchio tra le mie gambe. 

«Con la mia sciarpa natalizia? Davvero? Poi hai anche il coraggio di dire che non hai spirito natalizio», rido, dandogli però retta e facendomi legare i polsi. Mentre Charles è sporto su di me, intento a fare un nodo decente, lo osservo approfittando del fatto che lui sia troppo impegnato. Osservo il modo in cui tiene la lingua tra i denti, cosa che fa sempre quando si impegna a fare qualcosa. Osservo le fossette appena accennate e i capelli che gli ricadono sulla fronte. 

Io ti amo ovunque Charles. 

«Fatto», dice spostando finalmente lo sguardo su di me. Gli sorrido, sporgendomi e dandogli un bacio. Lui ricambia, posizionandosi bene su di me e prendendomi proprio come mi ha promesso: senza dita, senza lingua. Ansiamo, chiudendo gli occhi e Charles si ferma ma io gli avvolgo il fianco con la gamba destra, facendogli capire di continuare. I primi colpi sono secchi, ma la mano di Charles che corre lungo la mia coscia mi da un po' di sollievo. 

Quando apro gli occhi mi ritrovo a guardare quelli di Charles, lucidi, colmi di desiderio ma anche di amore, perché è da molto tempo che non facciamo sesso senza fare l'amore e viceversa. Anche in momenti del genere, che ultimamente non sono proprio all'ordine del giorno, non ci dimentichiamo di ricordare l'uno all'altro che ci amiamo. 

Non è mai stato così tanto eccitante amare qualcuno come in questo momento. Mi sento completamente suo e glielo dico, glielo faccio capire accogliendolo dentro di me e guidandolo nella ricerca del punto che deve colpire per farmi godere. Charles lo fa, lo fa dannatamente bene e riesce a farmi raggiungere l'orgasmo nell'istante in cui lo fa anche lui. Inarco la schiena, mentre lui appoggia le labbra contro la mia fronte, lasciandosi poi cadere sul mio petto. 

«Propongo di farlo per il resto delle vacanze», dico respirando affannosamente. Dal modo in cui Charles ride intuisco che è d'accordo con me.

*** 

Apro le palpebre non appena sento suonare il mio cellulare, che è sul tavolo davanti al divano. Allungo il braccio, prendendolo e vedendo che è una videochiamata da parte di Chase. Mi alzo, cercando di fare il più piano possibile e coprendo bene Charles prima di andarmene. Ci siamo addormentati sul divano, dopo esserci dati una sistemata e aver recuperato una coperta, lui contro lo schienale ed io tra le sue braccia, appoggiato contro il suo petto. 

«Ehi!» saluto Chase entrando in cucina e accendendo la luce. Dall'altra parte dello schermo vedo Chase, Lando e...il loro albero di Natale. 

«Abbiamo finito l'albero! Tu a che punto sei?» chiede il mio amico. Mi appoggio contro il ripiano, tenendomi sollevato il mento dopo essermi stropicciato gli occhi.

«Stavo dormendo», ammetto. 

«Jay tutto bene?» chiede Chase, allontanandosi da Lando, così che possiamo avere un po' di privacy. Il che, mi fa sorridere. Dice che sono io a preoccuparmi sempre per lui, però nemmeno lui scherza!

«Sì Chase, alla gande», dico. «Non abbiamo fatto l'albero. Siamo andati e ho scelto un albero enorme, lo abbiamo portato a casa in metro e...poi io e Charles ci siamo messi a litigare sulle scale-».

«Oh no!»

«Poi abbiamo fatto l'amore e abbiamo fatto pace e averlo fatto mi ha reso più felice di quanto non potrebbe farlo un albero decorato e pieno di lucine».

«Allora questo secondo accordo tra di voi va decisamente alla grande!»

«Decisamente», confermo. 

Chase ritorna in sala, facendomi vedere meglio l'albero, che se devo essere onesto è l'albero peggio addobbato di sempre. Ci sono palline di tutti i colori, ghirlande buttate a caso e le luci sono ad intermittenza, una cosa che odio profondamente! Però a Lando e Chase non sembra importare.

Quando ritorno in sala le luci sono accese, segno che anche Charles si è svegliato. Mi affretto a ritornare da lui, sul divano, così da starcene ancora un po' sotto le coperte...ma non è sul divano. 

«Che stai facendo?» chiedo. 

«Sto preparando l'albero. Vai a prendere gli addobbi», mi dice mentre cerca di inserire il tronco dell'albero dell'apposito supporto. Lo rimango a guardare finché lui non si gira nuovamente, in cerca di una spiegazione. 

Ma come si fa a spiegarlo l'amore? Non credo si possa spiegare, l'unica cosa che si può fare è mostrarselo. Ed è proprio quello che abbiamo fatto oggi io e Charles. 

Il nostro albero di Natale è la prova del nostro amore. Non è affatto come me lo ero immaginato ma è perfetto così com'è. Le palline, Charles le mette a caso ed io glielo lascio fare e un set di lucine si brucia proprio mentre cerchiamo di metterle su, quindi solo la metà inferiore è illuminata. 

Siamo noi, siamo qui e amo ogni cosa.

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