Un Natale a sorpresa
Mancavano due giorni a Natale e Cora si sentiva triste, sola. Senza i suoi affetti familiari, non voleva festeggiare. Si era trasferita in quel paesino del Minnesota perché aveva vinto un concorso e le era stato assegnato il locale studio veterinario. Per lei che era di origine del sud California, era stato traumatico trovarsi lì in mezzo alle montagne fra freddo e neve.
Era il suo secondo Natale a Blusweille, il primo che passava effettivamente in quella cittadina, dato che l’anno prima era stata a New York. I suoi non potevano venire a trovarla e così aveva pensato che per quel giorno sarebbe rimasta a casa, con il suo plaid, a guardare un film strappalacrime su Netflix. Stando a casa ripeteva a se stessa che sarebbe stata, se non felice, almeno serena, ma sapeva in cuor suo che non era proprio così semplice.
La Vigilia arrivò in un lampo.
Da quando si era alzata, quella mattina, aveva sbuffato almeno una ventina di volte. Odiava quel giorno perché preannunciava l’arrivo della festa. Non sapeva bene che fare; sapeva solo che anche quel giorno doveva starsene a casa per evitare di innervosirsi. Almeno non avrebbe visto i visi felici delle persone e nessuno le avrebbe augurato “buon Natale” o cose simili. Lo avrebbe detestato troppo.
Lo studio veterinario era chiuso per le festività natalizie.
Già il giorno prima dover salutare tutti era stato uno strazio.
A pranzo aveva mangiato poco o niente, ma si era detta che avrebbe recuperato a cena. Aveva deciso di non andare a riposare, ma di ascoltare un po’ di musica. Se ne stava sdraiata sul divano quando sentì bussare. Controvoglia si alzò e andò ad aprire, ma non vide nessuno. Per terra però trovò un biglietto di un bel colore dorato, con le scritte rosse. Incuriosita lo raccolse e lo lesse. Rimase di stucco quando capì che era un invito per l’accensione dell’albero per dare il benvenuto al Natale a Blusweille. C’era persino annottata una postilla: ~Se non vieni mi offendo.~
Cora aveva pensato subito a uno sbaglio, ma quando vide il suo nome vergato dietro il biglietto, comprese che l’invito era destinato proprio a lei. Pensò d’istinto di non andarci, ma non voleva nemmeno deludere l’autore del biglietto, che non si era nemmeno firmato.
Ci rimuginò per tutto il pomeriggio, ma la curiosità la stava mangiando viva e alla fine si arrese all’evidenza: avrebbe accettato l’invito.
Era salita in camera sua e aveva iniziato a rovistare l’armadio per mettersi qualcosa di carino, solo per scoprire che non aveva niente di adatto. Faceva un freddo polare e aveva nevicato i giorni precedenti, quindi le strade erano piene di neve ghiacciata. Si arrese all’idea che qualsiasi cosa avesse indossato sarebbe stata sepolta dal voluminoso giubbotto invernale, i doposci e il cappello con guanti e sciarpa. No, se voleva resistere là fuori non poteva fare la splendida: doveva coprirsi. Così si vestì in fretta e quando uscì di casa sembrava un uomo delle nevi. Tutto quello era sconfortante: lei che era abituata ai Natali con abitini leggeri e décolleté.
Andò perciò dritta al suo negozio preferito, che aveva sì abiti di montagna ma chic. Non si era nemmeno soffermata a guardare la città decorata, perché non le importava niente. La sua unica preoccupazione era trovare qualcosa di adatto per la sera. Era sempre stata una cliente difficile, ma quel giorno più del solito. Secondo Cora, non le andava bene niente. Alla fine, però, dopo tanto cercare, finalmente notò un bel vestito rosso di lana, non troppo corto e veramente molto carino. Lo prese e se lo provò.
Una commessa, che doveva essere nuova perché Cora non la conosceva, la vide e andò ad aiutarla.
«Signorina, questo vestito le dona molto!» le disse sorridendo.
«Lei crede? A me piace... ma....» La commessa notando la sua titubanza prese quindi una mantella nera, di lana rivestita di pelliccia, e gliela appoggiò sulle spalle. L’insieme era perfetto e caldissimo. Infine le suggerì degli stivali di camoscio neri, alti fino al ginocchio, molto comodi, ma adatti al suo outfit.
«Stupendo. Prendo tutto» concluse Cora soddisfatta: in fondo era Natale e un regalo se lo poteva concedere, o anche tre.
«Ottima scelta.»
Cora era felice, perché almeno quella notte non sarebbe sembrata uno yeti; aveva il suo vestito e nulla sarebbe andato storto. Tornò a casa continuando a canticchiare canzoni a tema natalizio. Era così di ottimo umore che intonava “Wonderful Christmas time” e sperava di divertirsi alla festa.
Guardò l’ora e notò che doveva sbrigarsi e sistemarsi. Si fece una doccia, si vestì e si truccò. Si guardò allo specchio e per la prima volta da quando era in quella cittadina di montagna si sentì bella e interessante. Finalmente era pronta per andare.
Una volta uscita di casa si diresse con inaspettata gioia in centro. Chissà chi era stato a mandarle l’invito! Cora era davvero molto curiosa, perché non si aspettava che una persona si ricordasse di lei. In quella città, dove si conoscevano tutti, lei era la forestiera, quella venuta dal sud. Si era fatta ben volere, certo, perché era brava nel suo mestiere, ma non poteva dire di aver instaurato rapporti di amicizia. Eppure era oltre un anno che viveva lì; non era mai stata brava bei rapporti interpersonali.
Quella sera però era solo felice di essere stata nei pensieri di qualcuno, guardò pure la bellezza delle luci di Natale. Tutto le sembrava più colorato e pieno di gioia. Nessuno avrebbe rovinato la sua serata.
Appena arrivata in piazza, decise di guardare le vetrine. Erano addobbate con lucine e alberi, e si respirava aria di festa. Era ancora presto per l’accensione, e così pensò di comprare qualcosa da mangiare. Si diresse quindi al bar Dreaming, quello in cui si fermava tutte le mattine dopo il jogging per prendere una bottiglietta d’acqua e ritirare il fiato. Odiava correre, ma, siccome la palestra locale non la attirava per nulla e per nuotare in piscina era praticamente negata, aveva deciso che correre tre volte la settima era la soluzione ideale.
Entrò nel locale e la avvolse il calore del caminetto acceso in fondo alla stanza, una caratteristica del posto, insieme agli infissi di legno e al pavimento di cotto usurato. Sembrava un vecchio locale e di fatto lo era: apparteneva a nonno Jo, il proprietario, che solo di recente aveva lasciato il timone al nipote, Christian.
«Felice vigilia, Doc. Siamo super eleganti stasera» disse con tono allegro nonno Jo, che per diletto stava ancora dietro il bancone del bar. «Cosa ti porto, Doc?»
Quell’uomo aperto e gentile era stata una delle prime persone che aveva conosciuto appena giunta in città. Lui la chiamava sempre “Doc”, perché così chiamava il precedente veterinario a cui affidava le cure della sua amatissima gatta Ginger. Gli era stata regalata dai nipoti qualche anno prima, quando era venuta a mancare sua maglie, Grace, e lui ci si era legato tantissimo.
A causa sua, ormai tutti in città la chiamavano Doc.
«Mi faresti uno dei tuoi fantastici french toast? Devo aspettare l’accensione dell’albero e ho un po’ di appetito» disse allora la ragazza prendendo posto a un tavolino vicino al caminetto. Amava il calore del fuoco e di quel posto, nonostante in California non avesse camini, le ricordava casa...
«Certo, cara. Ah! Mi hanno lasciato questo per te» disse l’anziano facendole l’occhiolino e sparendo in cucina per dare l’ordine al cuoco.
Prese un altro cartoncino color crema e vi lesse: ~Sono felice che tu abbia accettato il mio invito, ma prima di scoprire la mia identità ti va di fare un gioco? Mai fatto una caccia al tesoro, Doc?~
Cora guardò il biglietto stupita. Quindi quell’invito e quel gioco era stato pensato proprio per lei, solo per lei. Sentì un calore sconosciuto invaderle il petto e non era solo il caminetto, né il french toast appena fatto, o il sorriso di nonno Jo.
Chiunque avesse mandato l’invito aveva organizzato una vera e propria caccia al tesoro solo per lei. Cominciò non appena Cora uscì dal Dreaming e continuò in giro per tutta la cittadina di Blusweille. Aveva rincorso il misterioso “spasimante” attraverso il negozio di dischi, la biblioteca, la galleria d’arte, la pasticceria, passando persino dall’ufficio postale e dalla locale stazione ferroviaria. Finalmente era giunta sotto l’enorme albero che stava per essere acceso.
In braccio, fra le pieghe della mantella, aveva un assortimento di regali che lo sconosciuto le aveva fatto trovare durante la caccia al tesoro: una copia del DVD di Notting Hill, il suo film preferito; una palla di vetro con all’interno una miniatura del Trono di Spade; una cartolina con lo skyliner di Los Angels; un peluche a forma di unicorno; dei cupcake con dei fiocchi di neve sopra; due biglietti per lo spettacolo sul ghiaccio che si sarebbe tenuto in città il primo giorno dell’anno.
Era allo stesso tempo emozionata e spaventata. Chi era la persona che la conosceva così bene? In quel posto non c’era nessuno, eppure... eppure qualcuno doveva essere.
Si avvicinò all’enorme abete e vide il coro gospel intonare “White Christmas” e il Sindaco prendere posizione per azionare le luci.
Cora si guardò intorno per capire se lo sconosciuto fosse già arrivato, ma notava solo visi sorridenti che si scambiavano auguri e volti intenti a cantare.
All’improvviso si fece buio: qualcuno le aveva chiuso gli occhi con le mani. Un corpo caldo e solido la tratteneva da dietro e le sussurrò: «Non avere paura, Doc.»
Stranamente si fidò di quella voce bassa e sensuale e lasciò che lo sconosciuto le mettesse qualcosa alle orecchie. Erano delle cuffie per la musica. Partì subito la canzone “All I want for Christmas is you”.
Lo sconosciuto allora le fece fare un mezzo giro e tolse le mani. L’albero nella piazza si accese e lei vide finalmente chi le aveva organizzato quella sorpresa di Natale.
Il viso luminoso di Christian, il nipote di Jo, la stava osservando con un sorriso pieno di aspettativa. Quando Cora mise insieme i pezzi di rese conto che forse quel Natale non era proprio da buttare e come diceva la canzone che ancora risuonava nelle sue orecchie:
Non voglio molto per Natale
C’è solo una cosa di cui ho bisogno
Non mi importa dei regali
Sotto l’albero di Natale
Voglio solo te
Molto più di quanto avrei mai creduto
Realizza i miei desideri.
Tutto quello che voglio per Natale...
Sei tu...
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