Capitolo 8
La luce del sole penetrava dalla finestra, riscaldando la superficie del letto.
Clara pensò che Mimi era sempre stata la più fortunata fra loro: con il suo letto posizionato in prossimità della finestra, poteva bearsi del calore naturale durante le prime ore del mattino. Sebbene fosse una vera tortura dover sopportare gli spifferi d'aria che raffreddavano tutta la stanza nella stagione invernale.
"E se Thea avesse ragione?", chiese Mimi con voce flebile, posando il capo sulle sue ginocchia.
Clara si strinse a lei e osservò Frances che le teneva la mano.
Frances era la migliore sorella maggiore che si potesse desiderare in quelle occasioni: sapeva sempre cosa dire e riusciva a condurre chiunque sulla via della ragione.
"Thea potrebbe aver ragione, come potrebbe non averne. Ti ricordi le voci sul conto del mio Mr Browning? Tutti dicevano fosse egoista e per nulla leale alla sua famiglia, e infine sono state smentite dall' animo puro e dalla gentilezza di Henry. Questo ci insegna che i sussurri e le supposizioni non hanno sempre o quasi mai ragione d'esistere. Sono un... accessorio che non denota, tuttavia, la reale essenza di qualcuno. Allo stesso modo, quindi, Sir Percy potrebbe essere molto diverso da come appare o da come lo dipingono", sorrise.
Mimi annuì e Clara le carezzò i capelli corvini, sciolti sulla schiena. Amava quella matassa di ricci.
"Frances ha ragione, Mimi. Sono stata frettolosa anche io al riguardo di questa faccenda. Come lo sono stata con nostro padre..."
"A tal proposito, sarebbe meglio che ti scusassi con lui. Sono trascorsi più di dieci giorni da quella sera", le appuntò Frances.
Clara sospirò.
"Ne sono consapevole. Ma è difficile... trovare le parole giuste", farfugliò.
Non era che una scusa e lo sapeva bene. Continuava a propinarne di simili da giorni pur di non presentarsi davanti a suo padre e chiedergli perdono per il comportamento assunto davanti a Sir Percy.
Aveva troppa vergogna. Se si parava davanti alla porta del suo studio, si sentiva rigida e paralizzata come le pareti che le stavano di fronte.
"Pensaci ancora un poco, ma non temporeggiare troppo, o nostro padre si convincerà che non vuoi farlo di proposito", aggiunse Frances.
"Hai ragione... e poi non voglio rovinare il tuo matrimonio. Credi che... le cose saranno come prima?", chiese.
"Certo che lo saranno. E lo saranno anche per Mimi. Avrete entrambe un sorriso bellissimo e io potrò abbracciarvi dopo la cerimonia, mentre assaggeremo dolci dal banchetto!"
Il sole si era sposato dal letto al volto di sua sorella, mentre carezzava la mano di Mimi. Era bella, immensamente. E lo sarebbe stata anche tra cinque giorni nel suo abito celeste e sotto il braccio di Mr Browning.
Chiuse le palpebre e le riaprì. Si sorprese di aver pensato una cosa del genere.
"Sai, Mimi, Caroline ha detto che ci saranno le tartine alla crema", ridacchiò.
Vide Hermione sorridere e si sentì felice di averla distratta dal pensiero del suo futuro matrimonio.
"Oh, allora non vedo l'ora che questi cinque giorni trascorrano il più velocemente possibile", aggiunse sua sorella.
Clara sapeva che lo avrebbero fatto: sarebbero trascorsi, veloci come il battito di ali di una farfalla e lei non avrebbe avuto più tempo per parlare con suo padre.
Doveva farlo prima che giungesse quel 5 aprile.
"Non vedo l'ora anche io", rispose Frances.
Si schiarì la voce mentre si allontanava da Mimi e poi dal letto.
"Io allora... andrei a parlare con nostro padre", disse.
"Oh... hai cambiato idea?", chiese Frances.
"Sì", si limitò a dire mentre lasciava la stanza.
Sentiva il cuore batterle come quella sera in cui aveva avuto di fronte Sir Percy, ma non poteva esitare ancora.
Pensò a Mary. Lei le avrebbe detto che era inutile tenere una spina nel dito, se prima o poi avrebbe dovuto comunque toglierla. Una sofferenza immediata avrebbe evitato un dolore prolungato.
Parlare a suo padre avrebbe evitato che il giorno del matrimonio di Frances venisse a crearsi una situazione imbarazzante davanti a tutti gli astanti.
Scese le scale dosando il numero di passi.
Cosa avrebbe potuto dirgli? In che modo avrebbe potuto farsi chiamare nuovamente 'piccola Clara' dopo tutto quel silenzio?
Avanzava, ancora, sentendosi confusa come una matassa di cotone, ingarbugliata come i suoi pensieri.
Poi bussò alla porta.
Non udì risposta dall'altra parte, ma entrò lo stesso.
Era stata in quella stanza poche volte, ma ne ricordava bene i dettagli: lungo la parete sinistra campeggiava un immenso scaffale adibito a contenere volumi più o meno vecchi. Sulla parete adiacente, proprio al di sotto dell'ampia finestra, sostava lo scrittoio in mogano, colmo di scartoffie, volumi, forse contententi dati sulla proprietà, lettere ancora da aprire, una boccetta d'inchiostro. Al suo fianco, come una vedetta in procinto di minacciare i nemici, su un piedistallo in marmo era posto il busto di un uomo di mezza età, realizzato in un unico blocco dello stesso materiale. Il volto corrucciato, contratto, e le sopracciglia inarcate; sembrava redarguire chiunque osasse incrociarne lo sguardo con quegli occhi vuoti, scolpiti. Suo padre ripeteva sempre che era la riproduzione del viso di un loro avo, realizzato quando ancora i Pembroke di Maywood Estate navigavano nell'oro. Col tempo le cose erano cambiate, ma quell'opera era l'effigie di un antico sfarzo. E, sempre a sua detta, era lì da quando era stato realizzato, e, per questo, non gli sembrava consono né giusto cambiare la sua posizione. D'altronde, era cosa nota: non andava disturbato chi non camminava più fra i vivi.
Suo padre era lì, allo scrittoio e reggeva dei documenti fra le mani; il capo doveva essere stato chinato fino a pochi secondi prima che entrasse.
"Padre", disse in maniera netta, come non avrebbe voluto.
Sembrava che la sua voce, in qualsiasi situazione si trovasse, si rifiutasse di modularsi su ciò che lei desiderava e inevitabilmente la sua intensità era sempre forte.
"Clara," disse lui posando i fogli sulla superficie, "devi parlarmi?"
Fece un cenno di diniego.
"Non del tutto, padre. Intendevo soltanto chiederti scusa per il comportamento della scorsa sera, quando abbiamo ricevuto Sir Percy. Non ho saputo controllare la mia impulsività e ho irrimediabilmente trasmesso al baronetto e alla Vedova Dunford un'immagine sbagliata di me e di tutti noi..."
Mano contro mano, non riusciva a trattenersi. Le stava sfregando senza sosta, le sentiva calde e umide.
"È vero, piccola Clara."
Piccola Clara. Non ci aveva messo molto. Non ci aveva messo niente, se considerava, ancora, per l'ennesima volta, le aspettative catastrofiste che aveva avuto fino a pochi secondi prima.
"Il tuo carattere ha sempre creato qualche difficoltà, ma conosco il modo in cui tua madre, Lady Pembroke, ha gestito la vostra educazione, e so per certo che tu sei molto più degli eccessi di rabbia che animano la tua mente. Tuttavia, non posso che concordare con lei quando afferma che in talune situazioni, e molto più di frequente, potrebbe rivelarsi più problematico del dovuto, non trovi?", continuò.
"So contenerlo quando voglio", affermò più decisa.
"Non ho dubbi al riguardo, ma forse fatichi a volerlo", accennò un sorriso come risposta.
Odiava la retorica, soprattutto quando non sapeva cosa replicare. E soprattutto quando era suo padre a farne uso: sembrava uno di quegli avvocati senza alcuno scrupolo e con il solo scopo di mostrare le proprie parcelle.
Lo guardò e annuì. Non poteva fare altro.
"E la tua volontà dipende direttamente dal tuo temperamento, non dall'educazione che hai acquisito negli anni."
Si alzò dalla seduta e le venne vicino. Lo seguì con lo sguardo.
Temperamento. Anche sua madre aveva utilizzato la stessa parola... quel giorno, quando aveva esagerato con i toni e poi era giunta una missiva per Frances. Quel giorno in cui avevano parlato di... Londra.
Deglutì, mentre suo padre le era di fronte. Sembrava una colonna di marmo, alto come un tempio greco, di quelli che aveva visto nelle incisioni sui libri.
"Perciò forse mi sembra opportuno, come anche suggerito da Lady Pembroke, che tu ti impegni a levigare la natura del tuo temperamento."
Le braccia erano conserte e lo sguardo rilassato, sebbene Clara fosse consapevole che nelle sue parole ci fosse più di un suggerimento. Più di un invito.
Era un obbligo, il giusto risarcimento per ciò che aveva fatto.
Se la dolce Mimi aveva dovuto compiere un sacrificio, chi era lei per potersi tirare indietro?
Sì, era Clara, era quella forte. Era quella che avrebbe cambiato tutto.
Ma prima di ogni cosa su di lei pesava la posizione di figlia di Sir William e a lui aveva procurato una vergogna.
Il sacrificio che richiedeva era un luogo, quel luogo. Era Londra.
"Vuoi... che accetti l'invito di zia Henrietta e che mi rechi a Londra?", chiese arretrando di un passo.
Non voleva vacillare ma si rese conto di averlo fatto solo qualche attimo dopo.
"Sarebbe una delle possibili soluzioni, o forse quella più valida. D'altronde ne abbiamo parlato abbondantemente nelle settimane scorse e da quando Sir Percy ha chiesto la mano di Hermione, mi sono convinto che sia la via più immediata ed efficace per te, anche se so che non sei d'accordo. Cosa ti spaventa di Londra, piccola Clara?", sorrise ancora suo padre.
Tutto. Tutto la spaventava, dalle strade piene di gente, al fumo grigio, alla lontananza, alla prospettiva di andare lì perché i suoi genitori si aspettavano trovasse un marito, un buon partito, qualcuno che l'avrebbe costretta in un abito rosa e pieno di pizzi tutto il giorno. E le serate, i pettegolezzi, i marchesi, le contesse, i giornali. Non era forse abbastanza?
"Cosa mi spaventa?", temporeggiò.
"Sì. Ho ascoltato le tue parole poche sere fa, mentre ne parlavi con la Vedova Dunford. E ho percepito una tua paura, più che un vero e proprio rigetto. Perciò, perché non ne parliamo?"
Eppure... Londra era anche la città delle occasioni, della gloria, dell'innovazione. Londra era la città degli editori, dei club, degli intellettuali, di tutto ciò che di nuovo si potesse creare.
Londra poteva essere... un'occasione da prendere al volo. Sì, poteva essere qualcosa da sfruttare se avesse voluto cambiare il mondo, se avesse voluto cambiare qualcosa per lei e per tutte le altre donne.
Sarebbe andata lì con l'illusoria prospettiva da parte degli altri di trovare un marito e sarebbe tornata con altro, avrebbe ottenuto altro.
Sorrise.
"Non credo ce ne sia bisogno, padre. Tu... hai ragione, ho sempre rifiutato senza riflettere la proposta di zia Henrietta e ho sempre valutato in modo cieco le possibilità che potrebbe aprirmi una città come Londra. Ma ora vedo in maniera più lucida tutte le prospettive e... poiché Frances e Mimi presto si sposeranno e avranno assolto ai loro doveri, credo che sia tempo anche per me di farlo", disse.
Suo padre alzò un sopracciglio e poi tramutò l'espressione in un altro sorriso.
"Ne sei... sicura? Mi sembravi spaventata fino a un attimo fa."
"Sicurissima, padre. Questa volta sono determinata a non deluderti", increspò le labbra.
Era una mezza verità, più piena che mezza. Aveva solo evitato di nominare che le prospettive verso le quali voleva andare erano leggermente diverse, ma supponeva che il fine di andare a Londra fosse valido per entrambi i casi.
"Allora è un bene. Scriverò a mia sorella e le dirò che partirai dopo il matrimonio di Frances."
"E... le nozze di Mimi?"
Non voleva essere assente, non a quelle di Mimi.
"Ci sarai. Non puoi indugiare ancora, la stagione londinese è praticamente cominciata. Potrai sempre tornare qualche giorno qui per quando si sposerà Hermione, ma intanto avrai già familiarizzato con l'ambiente londinese. In fondo, Flambury e Londra non distano che una settimana", disse suo padre tornando allo scrittoio.
Lo vide prendere un foglio dal cassetto e intingere la piuma nell'inchiostro, mentre gli annuiva.
"Allora... non vedo l'ora di leggere la risposta di zia Henrietta."
"Ti terrò informata, piccola", disse nuovamente calando definitivamente il capo sul foglio.
Lo osservò ancora per qualche secondo e poi si diresse verso la porta. La richiuse trattenendo a sé l'anta. Non voleva disturbarlo.
Poi si avviò per le scale. Aveva una notizia da dare a Frances e Mimi.
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Chi non muore si rivede, e anche se sembravo sparita, sono riuscita a postare questo ottavo capitolo! 🌻💕
Come va miei cari followers?
So che sono stata tremenda a lasciar passare quasi due mesi, ma con le vacanze di mezzo e altri capitoli da riscrivere sono stata occupata.
In compenso, posso dirvi che ho un buon numero di parti da postare in tempi più brevi. Spero solo di riuscire a presentarvele al meglio della loro forma nel futuro.
In questo lasso di tempo ho maturato anche la decisione di dividere il romanzo in due parti - ormai ho superato abbondantemente le 500 pagine su Word. Quest'ultima consapevolezza mi ha portato via altro tempo, perché ho dovuto decidere come risistemare alcune parti.
Nulla di grave, ma volevo farvi sapere come mai mi sono data alla latitanza.
Come sempre grazie per i vostri pareri e per avermi letto anche questa volta.
Ci vediamo al prossimo capitolo, che vedrà lo svolgersi un evento taaaanto atteso... 💍❤️👰
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