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Capitolo 1 (1/3)

Mrs Livingston era senza dubbio alcuno la migliore padrona di casa presso cui fosse stata ospitata. Certo, era consapevole che i suoi diciotto anni e la limitata esperienza non le consentissero di valutare in modo oggettivo e preciso quale fosse lo spirito di accoglienza delle altre signore di Flambury, ma, per quello che contava, poteva affermare con sicurezza di non aver mai incontrato nessun'altra donna che avesse la medesima cura e meticolosità nell'organizzazione dei ricevimenti.

La sala da ballo era stata decorata con ghirlande di fiori e le tende, di colore rosso, erano state ripulite più e più volte, a detta di Mrs Livingston, per fare in modo che la luminosità della seta stupisse gli occhi degli ospiti più importanti.

Non aveva trovato la cucina da meno: si era contenuta, o chiunque avrebbe pensato che fosse affamata; ma in un attimo di desolazione, aveva potuto assaggiare una tartina. Il sapore della carne speziata l'aveva costretta a lasciare che l'intervallo tra un morso e l'altro durasse il più possibile, tanto le era piaciuta. Aveva solo potuto osservare il resto: piatti di carciofi, pomodori ripieni, spinaci, uova e vassoi di asparagi avvolti in una sfoglia di pasta. Tutto spariva sotto la presa di pinze e forchettoni per andare a riempire le pance dei presenti.

Li osservava, sollevando lo sguardo di tanto in tanto, mentre se ne stava seduta o in piedi, nella speranza che nessuno notasse la sua presenza.

Una speranza che Thea rendeva vana con tutto il suo gesticolare.
Fissò lo sguardo su di lei: i capelli rossi erano divisi al centro da una scriminatura, mentre i lati del viso incorniciati da due ciocche ondulate.
Le piaceva quella nuova moda francese, sebbene fosse consapevole di non poterlo affermare con schiettezza: sarebbe stato molto inopportuno apprezzare una consuetudine introdotta dal paese con cui l'Inghilterra era in aperta guerra.

"Questo nastro ti dona davvero molto, Thea", si limitò a dire.
Vide l'amica voltarsi con un sorriso, lieve.

"Trovi, Mimi? Mia madre non fa che ripetermi di imitare tutte le nuove mode provenienti da Londra o da chissà quale altro posto. Da quando nostro padre è passato a miglior vita, insiste ogni giorno perché io e Mary ci affrettiamo a trovare un marito e dice che non accadrà se non sembreremo più belle di qualsiasi altra donna a Flambury. Ormai ho nelle orecchie soltanto le sue parole: 'I tempi non sono cambiati, Theodosia! Attirare le attenzioni di un uomo era difficile durante i miei anni migliori e lo è ancora adesso nel 1801!'"
Gli occhi dell'amica rotearono per un attimo, e la sua attenzione ricadde sul velo di lentiggini che le ricopriva le guance.

"Tu e Mary attirate facilmente l'interesse degli uomini. Hai danzato con due di loro, durante l'ultimo ricevimento", sorrise mentre univa le mani in grembo.
"È vero, ma nostra madre sembra voler affrettare un'unione. Non ha tutti i torti, ma... oh, Mimi, guarda!"
Gettò uno sguardo alla sala e il suo occhio si fermò sull'entrata. Un domestico stava accogliendo un uomo alto, vestito di una giacca color sabbia. Il suo sguardo era serio, ma non incuteva timore, né provocava imbarazzo. I capelli erano castani e gli occhi azzurri, come quelli di Thea.

"Quello è Lord Marsham! Due mesi fa, durante il ricevimento organizzato da Mrs Seymour, gli ho concesso un ballo. Mia madre, da quella sera, non ha fatto altro che spedirgli inviti, chiedendogli di trascorrere qualche giorno con noi qui a Brannon Hall, soprattutto quando Mr Rowley ci ha fatto visita recentemente. Ha sperato per settimane che accettasse anche solo una volta, ma non c'è stato nulla da fare. Ora che si è ripresentato, sono sicura che non farà altro che insinuare la sua voce petulante nelle orecchie del visconte. Pover'uomo!"

Mimi rise. Agnes Livingston sapeva essere una donna davvero troppo invadente, talvolta; soprattutto quando si trattava di accasare le sue figlie.
"Allora è stato davvero coraggioso a presentarsi qui, sapendo di correre questo rischio."
"Lo è stato eccome! Vedrai che a fine serata, pur di far tacere mia madre, verrà a chiedermi di ballare", disse l'amica in tono ironico.
"Non ne sei felice? È un uomo... piacente", annotò.
"Lo è, Mimi. Ma per ora," si voltò verso di lei e sorrise, "preferisco restare qui a chiacchierare con te."

Mimi scosse il capo.
"Non dovresti, Thea. Ballare ti piace, ed è giusto che tu ti diverta se ne hai l'occasione. Io... vi guarderò e aspetterò che si sia concluso il giro di danze."
Avrebbe voluto evitarlo, ma avvertì la sua voce divenire più piccola, posata, man mano che la frase si allungava. Se per un attimo era riuscita a fare in modo da non pensare troppo alla sua condizione, adesso quel pensiero stava riaffiorando alla mente.

"Hermione Pembroke," disse Thea scandendo una per una le sillabe del suo nome, "tu danzerai ugualmente. Ci sono così tanti invitati! Non posso credere che anche uno solo di questi signori non voglia chiederti di ballare."

Mimi strinse le labbra. Non era così difficile da credere, si diceva. Forse era la cosa più normale e prevedibile che poteva accadere in quella sala. D'altronde, chi mai avrebbe voluto danzare con lei? Lei che non aveva realmente sangue Pembroke e il quale viso era irrimediabilmente rovinato da quella voglia sin dal giorno in cui era venuta al mondo?
"Nessun uomo mi ha mai invitata a danzare, lo sai bene. Non sarà diverso questa sera e io... vi sono abituata, ormai."

Non le stava mentendo. Era vero: il suo cuore non soffriva più quando vedeva le altre giovani donne felici o le sue sorelle corteggiate dagli uomini di Flambury; non sentiva più di essere un'ombra scura e solitaria in quel multicolore ventaglio che divenivano le sale da ricevimento del Devonshire durante quelle serate. Non era triste, né delusa. Semplicemente, non sentiva nulla e il suo cuore continuava a battere costante, indisturbato.

Vide Thea dischiudere le labbra per replicare, ma volle fermarla. Sorvolò rapidamente con lo sguardo la sala, alla ricerca di un elemento, un qualcosa che potesse distogliere la conversazione da quel discorso.
"Quell'uomo, Thea, chi è?", domandò posando lo sguardo su un giovane appena entrato.
L'amica si voltò ed Hermione tirò un sospiro di sollievo immaginario.

"Oh, parli di Sir Percy? Non ha mai frequentato i ricevimenti, o almeno non così spesso. Sua madre, Lady Dunford, invece, non ne perde mai uno."
"Devi conoscerli bene..."
Thea mosse il capo in cenno di diniego.

"Non più di quanto sappia dalle voci che circolano su di loro o dagli atteggiamenti che assumono quando sono in società. Se osserverai con attenzione Lady Dunford, potrai vederla adoperarsi per ammantare come un avvoltoio suo figlio. Lo scruta, lo circonda, lo segue a ogni passo mentre con un altro occhio sorveglia la sala, in cerca di una povera giovane come noi che possa fargli da moglie. È una donna insopportabile, ma, per quel poco che ho visto, devo anche ammettere che se non ci fossero lei e le sue chiacchiere, allora potremmo trascorrere l'intera serata muti come una tazzina da tè!"

Hermione fissò i nuovi arrivati mentre venivano accolti dai presenti e si facevano largo tra le loro conoscenze. Sir Percy sembrava avere un'aria insolita: gli occhi vispi si muovevano qua e là, nel tentativo di ambientarsi, forse; la mascella, importante e delineata era contratta in un tentativo di sopportazione. Il ciuffo rosso stentava a restare in ordine; sembrava costretto proprio come l'espressione del suo volto.
Quale uomo osava portare in maniera così poco opportuna quello sguardo carico di noia, insofferenza e disprezzo?

Non lo vide scomodarsi nell'apparire più disinvolto ai cenni di saluto che donne e uomini, giovani o anziani, gli rivolgevano: un breve gesto del capo, sostituito, poi, dalle grandi parole di sua madre, mentre gli occhi scuri si destreggiavano ancora, saltando qui e lì per la sala, alla ricerca di qualcosa.
"Non sembra felice di essere qui", fece notare Mimi a Thea.
"Sir Percy non è mai felice. Se un sorriso comparisse sul suo volto, allora l'intero tetto di questa sala crollerebbe su di noi", rispose Theodosia, ancora intenta a fissare l'uomo.
"Forse è un po' esagerato come giudizio...", cercò di rimediare Mimi.

"Oh, no, è proprio così! Tutte le volte che partecipa a un ricevimento si limita a starsene in un angolo senza parlare o esprimere un'idea. Talvolta gli viene chiesto delle sue attività e allora puoi sentirlo conversare per un breve tempo," riprese a spiegare, "ma è solo un baronetto pieno di sé. Sua madre vuole assolutamente che prenda moglie, ma io penso che sarà una donna sventurata colei che un giorno porterà il suo cognome."

"E... se fosse solo di poche parole?", domandò.
Non le piaceva l'idea che si formulasse un giudizio basato solo sulle apparenze di una persona. Reputava che potessero esserci mille e più ragioni per il suo atteggiamento e che nessuna di queste fosse più o meno valida dell'altra. Non era giusto giudicarlo così, non quando anche lei provava ogni giorno sulla pelle quella sensazione, quando schiere di persone la squadravano alla ricerca di qualche altro difetto o continuavano a sostare, con lo sguardo, sulla sua voglia. Le era difficile contare le volte in cui aveva semplicemente desiderato scomparire con uno schiocco di dita.

Ma Theodosia mosse il capo.
"Il contegno non gli appartiene di certo. Una volta, mia sorella si è ritrovata per puro caso a conversare con Lady Dunford e suo figlio, e lui ha avuto l'ardire di decretare che nulla di ciò che ella avesse detto fosse interessante o degno di nota", disse sollevando un sopracciglio.
Annuì e si preparò a chiedere scusa all'amica: il giudizio che aveva di Sir Percy non era formulato su basi inesistenti. Ma Thea non gliene diede il tempo.

"No, Mimi, nessuna donna vorrebbe mai sposare Sir Percy, nemmeno se fosse l'ultimo uomo rimasto nel Devonshire."



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Ed ecco qui per voi, cari lettori, una fanart di Hermione - o Mimi - che una mia cara amica (la trovate come JrPorpora  https://www.instagram.com/jrporpora/) ha realizzato per me :D
Ero indecisa se conservarla e mostrarla in futuro, ma ho pensato che presentarla adesso, nel primo capitolo che la riguarda, fosse la cosa migliore.

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