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Shahrazād

21

Shahrazād

L'abbraccio è la migliore delle religioni.

(Peanuts – Charles M. Schulz)

Trovo Andy seduto a una panchina, poco distante da una chiesa dallo stile gotico. Piccola, spigolosa, appuntita e cupa. Un rosone a permetterle come un grande occhio di spiare il mondo esterno. La statua di un angelo troneggia all'entrata. Ha le mani giunte, gli occhi chiusi e un sorriso dolce a piegargli le guance paffute. Ha preso a nevicare e lo scenario che mi si presenta davanti sembra uscito direttamente da un romanzo. Di quelli ambientati in età vittoriana. Mi immagino delle carrozze in lontananza e dei signorotti con abiti eleganti, con giacche strette, pipe in bocca, cilindri sulla testa e donne con gonne pompose, cuffiette, mantelle e arie impettite. Ma anche bambini. Quelli più poveri che chiedevano l'elemosina, che derubavano i più ricchi nascondendosi dietro gli angoli più oscuri. Che si attaccavano alle carrozze, fischiettavano e si lanciavano gesti d'intesa con la testa per adescare persone ricche e inutili alla società. Gli alberi nudi, privi di chiome, figlie di dettami di bellezza dettati dalla natura si ergono silenziosi, tetri, a tratti spavaldi. Ascoltano peccati, confessioni, preghiere. Scrutano l'ipocrisia. Vogliono graffiarla con i loro rami, ma non possono farlo.

Il mio amico ha lo sguardo puntato verso il cielo e d'improvviso le mie attenzioni si concentrano completamente su di lui, accantonando ogni cattivo umore.

–Ehi, tutto okay? – è il mio modo di salutarlo.

Ho preso un autobus al volo per raggiungerlo. Mi sono fiondata su un sedile vicino al finestrino e ho passato il tempo a fissare i lampioni e a rimuginare su quello che era successo poco prima con Holden. La mia stupida frase. I suoi occhi. Quel malessere che in qualche modo ci avvolge da un po'. Ho smesso di pensarci solo quando sono scesa. Ho costretto la mia mente a farlo.

Andy è un ragazzo discreto, avaro di informazioni troppo personali. Se ha sentito la necessità di chiamarmi deve esserci un motivo importante. Forse ha sbagliato le tempistiche, ma non è questo l'importante adesso. Lui non sa di averle sbagliate. Lui non ha colpa. Mi siedo al suo fianco. Magari non mi racconterà nemmeno nulla. Forse vuole semplicemente che io gli stia vicina. Si fida di me, e questo è già tanto.

–Fosty! – si volta nella mia direzione.

–Andy! – lo saluto a mia volta.

–Ti ho disturbata? – mi chiede. Ha la fronte leggermente corrucciata. Gli dà un'espressione di colpevolezza.

–No, tranquillo. Mi hai solo sorpresa. – gli sorrido per provare a rassicurarlo.

–Scusami. Mi sono già pentito di averti mandato quel messaggio. Devo esserti sembrato proprio un disperato, eh. – sbuffa una risatina non troppo convinta.

–Perché ti sei pentito? Pensavo fosse chiaro che la faccenda del bonus amicizia sia una cosa seria. Non mi sei sembrato un disperato quando ho ricevuto il tuo messaggio. – gli appoggio con calma una mano sulla spalla.

–Che stavi facendo quando lo hai ricevuto? Sicura che non abbia rovinato qualche appuntamento tra te e il tuo ragazzo o qualcosa di simile? Hai finito anche tu tutti gli esami e...

–Ma Holden ancora no. – lo fermo. – Tranquillo, noi... non è successo nulla. Non hai interrotto niente. – lo tranquillizzo.

In qualche modo è la verità. Non ha interrotto poi molto. Holden si è allontanato da me senza che potessi fermarlo. Anche se Andy non mi avesse mandato quel messaggio, lui se ne sarebbe andato comunque. Lui avrebbe nominato Violet mille volte, comunque. Io mi sarei lasciata sfuggire che lui mi stesse annoiando, comunque. Io e Holden non abbiamo litigato di nuovo, comunque. Almeno credo. Non lo so. Non ci capisco niente.

Il mio amico fissa i suoi occhi nei miei. Ricambio l'occhiata. Spero non mi faccia troppe domande. Non ho voglia di parlare di me adesso. Annuisce dopo poco, lasciandosi convincere.

–Grazie per essere qui.

–Grazie a te per esserti fidato di me. Vuoi che restiamo in silenzio o ti va... di parlare di... qualsiasi cosa?

–Non lo so. Meglio il silenzio, forse.

–E allora facciamo silenzio.

Incrocio le braccia sul petto, e stringo le labbra. Quando nevica si fa tutto più silenzioso. La neve scende lenta, sommerge ogni vicolo, crea tappeti soffici e freddi che attraggono le mani e gli occhi dei bambini. È più discreta della pioggia. Ha più fascino, più magia. Un passerotto prende a zampettare su un cumulo innevato e d'improvviso si sente solo il suo cinguettio. Lo guardiamo. Saltella felice, dando vita a questo posto troppo quieto. Mi porto poi le mani alla bocca e ci soffio sopra, per farmi un po' di calore. Poi mi gratto il collo. D'improvviso ogni più piccolo movimento prende a fare rumore. I clacson in lontananza, le suole delle scarpe dei passanti contro le parti di asfalto prive di neve, il vento che sibila tra i rami nudi degli alberi, qualche foglia che scrocchia qua e là. L'organo della chiesa alle nostre spalle che prende a suonare di colpo, emettendo suoni che arrivano ovattati alle nostre orecchie, insieme alle voci bianche di quello che deve essere un coro di bambini.

Andy si aggiunge a questa orchestra di suoni non appena scoppia a ridere.

–Perché ridi, adesso?

–Perché questo silenzio è rumoroso.

–Giusto!

–Parliamo. – dice.

–Come preferisci. – gli vado incontro. Lascio che sia lui a condurre le danze. Non so bene neanch'io come muovermi. Credo che quando gli proposi 'il bonus amicizia' non mi aspettassi neanch'io che lui lo avrebbe davvero usato, ermetico com'è. Eppure lo ha fatto. Proprio adesso. Questo mi mette sull'attenti.

Prende un bel respiro, poi comincia.

–Ho litigato con mio nonno. – butta fuori.

Con gli anfibi stringe con maggiore fermezza lo zaino incastrato tra le sue caviglie.

–Ah. – pondero le parole da usare. – Quindi sei tornato a Trenton? Non me ne avevi parlato.

–È stato un invito improvvisato. Mio nonno, i miei, hanno saputo che ho terminato il semestre con il massimo dei voti e allora, proprio come succede ogni volta che possono farsi belli con quei traguardi che persino io, la pecora nera della famiglia, riesca a raggiungere, mi hanno chiesto di vederci per una cena. – sciorina.

Mi faccio attenta a ogni sua piccola reazione. Ha una punta di fastidio nella voce, ma nel complesso sembra avere i nervi sotto controllo.

–E tra una portata e l'altra hanno ripetuto le solite cose che saltano fuori a ogni ricorrenza, giusto? Del tipo che dovresti farti sentire più spesso, che il tuo potenziale non può andare sprecato, che dovresti mollare il lavoro al canile e... queste cose qua. – continuo al suo posto.

Si volta nella mia direzione, guardandomi negli occhi. – Li hai inquadrati senza averli visti nemmeno una volta. – piega un angolo delle labbra. – Comunque, sì, qualcosa del genere. Mio nonno... lui è quello a cui, in qualche modo, tengo di più. Lui e mia nonna sono state le persone con cui abbia passato la maggior parte della mia infanzia.

Lo guardo a mia volta. – E tuo nonno ha detto qualcosa che non doveva?

–Qualcosa del genere. Lui... non capisce. Mi vorrebbe come lui, ma io sono più come lei.

–Lei? – domando, titubante.

–Mia nonna. – torna a guardare il cielo.

–Tua nonna... lei... – tentenno.

Annuisce, venendomi incontro. –Mia nonna non c'è più. Mi ha lasciato quando avevo dodici anni. Era malata.

Il fastidio è stato sostituito dalla sofferenza. Avverto tutto il peso di queste parole. Gli finisce tutto sulle spalle che si incurvano appena. Possono passare anni, ma certi dolori ti rimangono appiccicati al cuore.

–Mi dispiace molto, Andy. – stringo la presa della mia mano sulla sua spalla.

–Anche a me, Kathleen. Ma so che la sua è solo un'assenza fisica. Lei è ovunque.

–Le eri... molto affezionato, vero?

–Molto. Mia nonna è stata, è e sarà per sempre il grande amore della mia vita. – parla con lentezza.

–È lei che ti ha aiutato a non apprendere certi insegnamenti che voleva impartirti la tua famiglia? – inizio a unire alcuni pezzi.

Annuisce. – Mia nonna mi ha insegnato tutto quel che so. A non rinnegare ciò in cui creda, a credere sempre in certi valori che esulano il guadagno e il proprio tornaconto. Quali siano le vere ricchezze della vita. Lei mi ha trasmesso l'amore per i libri. A lei... sono dedicati alcuni miei tatuaggi, e il nome della band.

Schiudo le labbra, colta di sorpresa. –È lei Sherazade, quindi?

–Non era il suo vero nome. Mia nonna si chiama Amita. Si... chiamava Amita. Ma... aveva un talento straordinario nel raccontare le storie. E aveva origini persiane. Sua madre era una donna iraniana.

–Proprio come la Sherazade de Le mille e una notte. – continuo al posto suo, d'improvviso colpita dal modo in cui tutto trovi una sua ragione.

–Già, proprio quella fanciulla intelligente che mise nel sacco il Gran vizir. Era bravissima nel raccontare le storie, non puoi immaginare. Anzi, no... – mi guarda. – Tu puoi immaginare eccome. Anche tu riesci a inventarti delle storie bellissime con una facilità disarmante. – mi sorride. – Un po' me la ricordi.

Mi prendo qualche secondo per rispondere. Mi fa un certo effetto sapere che io gli ricordi una persona che per lui è stata così speciale.

–Wow! Mi sento lusingata, allora. – ricambio il sorriso. – Deve essere stata una nonna fantastica per aver tirato su un ragazzo come te.

Abbassa lo sguardo. – Mi ha insegnato lei a trovare rifugio nei libri quando qualcosa andava storto. È stata lei a farmi amare la poesia, i racconti, le favole. A insegnarmi che un libro renda liberi.

–E... le ali che hai sulle dita sono quindi un riferimento a lei? – chiedo.

Andy allarga le dita delle sue mani, mostrandomele in tutta la loro arte.

–Quando mia nonna si è ammalata di leucemia, – si ferma. – andavo a trovarla tutti i giorni in ospedale. Uno di quelli privati, super costosi, che ti promettono cure speciali, luminari della medicina e queste cose qua. A lei non piaceva stare chiusa in camera. Diceva che puzzava di vecchi, di malattie e di morte. Allora chiedeva il permesso alle infermiere per fare una passeggiata nel giardino della struttura. Era molto grande. – si prende dei secondi, come se stese rivedendo lo scenario davanti ai suoi occhi. – C'erano alberi, aiuole, panchine e... statue. In particolare c'era la statua di un angelo, un bellissimo angelo. Affiancava una panchina su cui mia nonna amava stare seduta. Lei amava guardarlo.

–Oh. – è l'unica cosa che riesca a dire. Sento gli occhi inumidirsi.

–Era un angelo dalle ali dischiuse, grandissime e rassicuranti. Stringeva con le sue braccia sottili le ginocchia e aveva un piccolo sorriso sulla bocca. Nonna diceva che avrebbe lasciato questa vita solo se un angelo così bello le avesse teso la mano. Deve avergliela tesa, dato che se n'è andata con il sorriso sulle labbra. Non ho mai creduto nell'esistenza di un dio creatore o nei santi e queste cose qua, ma... quella statua sembrava così vera, Fosty.

–Proprio come lo sembrano i disegni che fai tu, o i tuoi tatuaggi.

–Disegnare gli angeli mi ricorda lei. – spiega. – Potrebbe sembrare strano perché le ali in qualche modo mi riportano a un periodo buio della mia vita, però...

–Però pensare a quell'angelo ti fa sentire anche più in contatto con lei. Ti ricorda gli ultimi momenti passati insieme e quindi quelli che stringi tra le dita con più forza. – mi metto nei suoi panni.

Andy rimane a guardarmi. I suoi occhi adesso sembrano proprio come li ha descritti una volta la nonna: cupi, pronti a risucchiare ogni luce. Sembrano tristi, malinconici, ma velati anche di quella carica ribelle che ho scoperto gli sia propria. Andy è tutto questo e non posso non rimanerne colpita.

–Sapevo che tu avresti potuto capirmi, Kathleen. – mi dice. Poi deglutisce a vuoto e sospira. – Oggi, quando ho litigato con il nonno, mi sono sentito così perso. Volevo solo che mia nonna sbucasse dal corridoio, che lo sgridasse per la sua visione della vita meccanica e povera, e che mi dicesse di volare in camera perché mi avrebbe raccontato una storia.

Mi immagino la scena e sorrido, intenerita.

–Le scritte arabe sulle tue dita riportano a lei? – continuo.

–Shahrazād. – pronuncia aspirando alcune lettere. – C'è scritto il suo soprannome, qui. – mi indica l'indice della mano destra. – Poi qui c'è scritto libertà, – indica quella sinistra. – e qui è scritto amore.

Con l'indice sfioro le scritte che mi indica, rimanendone incantata.

–E pensare che una volta li ho scambiati per segni giapponesi. – confesso.

–Cosa? – si mette a ridere. – Hai preso un bell'abbaglio, Fosty.

–Ma tanto tempo fa. Mi è bastato guardarli meglio per capire che fossero scritte arabe. – mi difendo. – Quindi ora mi rimangono da scoprire solo i quadratini in bianco e nero e i numeretti. – osservo.

Sorride. – I quadratini in bianco e nero rappresentano l'equilibrio dei contrasti. I numeretti, invece, rimandano alla data di nascita di nonna. Sono dei portafortuna.

Allontano l'indice e annuisco. – E così il pacchetto: misteri e sotterfugi è stato aperto. – lo prendo in giro.

–Chissà! Magari non ti ho raccontato proprio tutti i significati nascosti dietro i miei tatuaggi.

–Ce n'è più di uno, quindi? – sollevo le sopracciglia.

–Può darsi. – fa spallucce.

–Ma sentilo, che furbo!

Si mette a ridere. Lo seguo a ruota.

–Anch'io sono molto affezionata a mia nonna, sai? Se non fosse stato per lei la mia vita sarebbe stata un totale disastro.

–Ti va di parlarmene?

Annuisco. E lo faccio. Gli parlo della nonna e della sua tenera stramberia. Del divorzio dei miei. Non mi addentro troppo nei dettagli, ma Andy deve capire che certi ricordi mi pungano perché arriva il suo turno di stringermi una spalla. Mi ascolta, commenta, sorride e mi fa delle domande, con fare discreto e amichevole. Mi apro con lui. Mi fido e ne sono felice.

Poi torniamo a fare silenzio.

–Kathleen... tu credi in Dio o... che comunque tutto non finisca qui?

È il mio momento di puntare lo sguardo al cielo. È carico di nuvole bianche. Dei fiocchi di neve si scontrano contro le mie guance.

Annuisco. – Sì, Andy. Credo di sì. Non ne abbiamo mai parlato tanto a casa, però quando mi capitava di andare in chiesa o anche quando ascoltavo certe cose che diceva la mia amica Chastity, una persona molto credente, sentivo che certe cose fossero giuste. Che avessero il loro perché.

–Quindi per te... ci rivedremo... un giorno, tutti quanti?

–Mi piace pensare che le nostre anime lo faranno, sì. Troveranno il modo di ricongiungersi con quelle delle persone che abbiamo amato.

–Da una che crede al velo che separa realtà e fantasia dovevo aspettarmelo.

Mi sorride, felice forse che gli abbia acceso una piccola speranza, poi mi passa una cuffietta. Ascoltiamo delle canzoni troppo rumorose per il luogo in cui ci troviamo, con dei sorrisi sulle labbra e un'atmosfera d'improvviso più serena. Dopo un po', ci alziamo dalla panchina.

–Ti va se entriamo un po'... lì? – mi chiede, indicandomi la chiesa alle nostre spalle.

–Tu, in chiesa? Ti ricordo che hai disegnato Lucifero sotto Natale. – allargo gli occhi, canzonandolo.

–E vabbè. Chiederai al tuo Dio di chiudere un occhio, allora.

–Vediamo che si può fare. – sto al gioco.

A pochi passi dalla chiesetta, gli do una pacca sulla spalla che si trasforma presto in un abbraccio.

–Stai meglio, Andy? Le parole di tuo nonno si sono fatte piccole come formiche?

–Stanno volando sulle ali di piccole falene, Fosty.

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Un capitolo molto breve, soprattutto per i miei standard, e direi quasi di passaggio. Ho ritenuto fosse giusto dedicare uno spazio intero solo a Andy e al suo passato. Si è fatto strada in questo sequel, ha avuto e ha la sua importanza, e credo che quello che abbia raccontato a Kat meritasse un capitolo a parte. Siete d'accordo?

Come starete notando, pian piano tanti pezzi trovano il loro incastro. Frasi pronunciate con un apparente superficialità, gesti, piccole azioni... stanno tornando e lo faranno anche nei prossimi capitoli che, vi anticipo, saranno molto intensi dal punto di vista emotivo...

La settimana prossima, dato che questo capitolo è stato piccino, mi piacerebbe fare un doppio aggiornamento. Magari uno di martedì e uno di venerdì. Vi piacerebbe o lasciamo il consueto e unico aggiornamento del venerdì così da non 'accorciare' troppo i tempi di pubblicazione? Faccio quest'ultima precisazione anche per informarvi che non rimangono tanti capitoli all'epilogo finale 🤧

Detto ciò, credo che possiamo salutarci. Non so se vi aspettavate qualcos'altro dietro le famose ali di Andy o se non vi eravate mai fatte troppo un vostro pensiero in merito, però spero che ciò che lui ci ha raccontato vi sia piaciuto ✨

Grazie mille, come sempre, per ogni stellina e ogni vostro pensiero 💚

Vi voglio bene,

Rob

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