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La La Land

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La La Land

Il segreto della vita è stare nella stanza giusta!

(Peanuts– Charles M. Schulz)

Una cosa che ho ereditato dalla mamma è l'abitudine di svegliarmi molto presto la mattina dell'ultimo giorno di vacanza. Non importa dove ci troviamo, o con chi, né che soggiorniamo in una bettola o in un resort cinque stelle lusso, l'ultima mattina i nostri occhi si spalancano da soli alle prime luci dell'alba. Ufficiosamente quella di domani sarà l'ultima mattina, ma considerando che tutte le ore saranno impiegate per fare le valigie e tornare subito dopo a casa, direi che posso considerare quella di oggi come l'ultima mattina della nostra vacanza.

Malia dorme beatamente al mio fianco. Ha una gamba fuori dal letto e le labbra leggermente dischiuse. Sembra una bambina. D'improvviso mi accorgo di una piccola cicatrice all'altezza della spalla destra e delle unghie mangiucchiate di entrambe le mani. L'ultima volta che l'ho vista erano lunghe e smaltate di nero. Mi piace pensare che adesso il mio modo di guardarla sia ufficialmente cambiato.

Sono così felice di averle parlato. Di avere davvero capito l'intensità del legame che la tiene unita a Holden; un legame di cui non devo essere gelosa, ma grata. È un miracolo che sia entrata nella sua vita. Spero non smetta mai di esserci per lui.

Stiracchio le braccia cercando di fare piano e mi metto in piedi. Mi avvicino alla finestra, sbirciando il sole fare capolino dietro il Monte. Qualche uccellino ha già iniziato a fischiettare e l'aria è fresca e sa di erba tagliata, uno dei miei profumi preferiti.

Prendo poi dal mio cassetto la biancheria, e dei vestiti. Le scarpe le metterò dopo aver fatto colazione. A tal proposito, penso che oggi la preparerò io. Bob mi ha insegnato a fare i pancakes il giorno stesso in cui si è trasferito da noi e ho una voglia matta di farli assaggiare a Holden. Voglio che veda in me tanti talenti.

Dei due bagni presenti al piano di sopra, quello più vicino alle camere dei ragazzi è quello che preferisco, malgrado sappia che con un tacito accordo quello sia il loro. Saranno i colori delle mattonelle o l'atmosfera, ma mi piace di più. Rimango, perciò, delusa quando mi avvicino alla porta e sento l'inconfondibile suono dello scrosciare dell'acqua. Chiaramente qualcuno si sta facendo la doccia. Mi sorprendo, ma poi penso che magari Tony o Taylor siano tipi più mattinieri di quel che creda. Holden, invece, sono abbastanza certa che stia riposando. Ieri sera ha voluto vedere film horror fino a tarda notte e ho dovuto portarlo quasi di peso nella sua camera. Ho scoperto che è il suo genere preferito insieme a quello drammatico.

Mi arrendo, faccio dietrofront e mi dirigo quindi nell'altro bagno, più piccolo e meno carino, ma pur sempre confortevole. Mentre mi spazzolo i denti, lascio scorrere l'acqua della doccia di modo che diventi calda. Poi mi raccolgo i capelli sulla nuca e ci entro dentro. Anche nelle giornate estive più afose non rinuncio alla doccia calda. Sin da piccola ho sempre avuto la pelle fredda (e di conseguenza il cuore caldo, si intende.), e perciò non riesco proprio a sopportare il contatto dell'acqua troppo al di sotto di una certa temperatura.

Mentre mi insapono, sorrido nel pensare a quanto siano state belle queste giornate di vacanza. Poche, ma belle. I giochi in acqua, – anche se non so ancora stare a galla. – le serate a ballare, a giocare, a chiacchierare, soprattutto con Chas e con Pam nella loro camera, e a cucinare a volte piatti improponibili, a volte piatti abbastanza buoni da essere definiti commestibili. Ovviamente del gruppo, il più bravo a cucinare è risultato Holden. Credo proprio che non ci sia nulla che non sappia fare.

La prima notte, quando Malia non c'era ancora, io, Chas e Pam abbiamo dormito sullo stesso letto, in quella che poi è diventata la loro camera. Sarà stata per la stanchezza del viaggio, ma non abbiamo parlato molto. Siamo state semplicemente strette le une alle altre, in barba al caldo.

Per un attimo sento gli occhi appannarsi al pensiero che quella sia stata forse l'ultima notte per chissà quanto tempo in cui abbiamo dormito insieme.

Mi sforzo a scacciare via la tristezza e torno a sorridere solo quando realizzo che quella di oggi sarà la notte, essendo l'ultima. Io e Holden dormiremo nella stessa camera, immagino la sua. So già che sarà difficile chiudere occhio con lui al mio fianco. Probabilmente la voglia di osservarlo dormire, per quanto a tratti sia inquietante, okay, molto inquietante, annichilirà ogni briciolo di sonno. Sempre che ci limiteremo a dormire. Per quanto senta che non succederà nulla, una piccola parte di me si chiede se in qualche modo ci spingeremo oltre. Credo di volerlo. O forse no. O forse sì. Non lo so.

Quando la pancia inizia a brontolare, mi decido a sciacquarmi un'ultima volta e ad asciugarmi. Indosso la biancheria e poi mi lascio avvolgere da un asciugamano che chiudo con il mollettone che mi ha tenuto i capelli in alto, facendoli così ricadere sulle mie spalle.

Lo specchio sopra il lavandino è leggermente appannato per via del vapore dell'acqua calda, così mi diverto a scriverci sopra qualcosa con il dito indice. Più precisamente traccio una H e una K intrecciate. Faccio anche qualche cuoricino. Avrò anche diciotto anni da qualche mese, ma certe bambinate mi piaceranno sempre.

Sbaglio il contorno di un cuoricino quando il mio dito scivola dallo spavento. La porta si apre di scatto.

Mi volto, sorpresa, stringendo con le mani l'asciugamano che mi avvolge.

–Oh... – Holden socchiude le labbra, colto alla sprovvista proprio come me.

Ha i capelli bagnati e indossa solo un paio di jeans.

Prima che possa dire qualsiasi cosa, richiude la porta alla velocità della luce.

Rimango a fissarla, ancora intontita. Poi sento bussare.

–Avanti. – rispondo dopo qualche secondo.

Holden riapre la porta, questa volta più lentamente. Mantiene lo sguardo basso, neanche fossi nuda. Delle goccioline gli scivolano dalle punte dei capelli, ricadendo lungo le clavicole e poi un po' più giù. Sempre più giù. Mi ritrovo a deglutire, sentendo le guance farsi d'improvviso molto calde.

–Perdonami, non credevo ci fosse qualcuno. Avrei dovuto bussare. – fa un colpo di tosse.

–Oh sì, certo... nemmeno io credevo ci fosse qualcuno. Cioè non in questo bagno, perché... ci sono io. – rido istericamente. – Volevo dire in casa. Cioè nell'altro bagno, sì. – mi fermo, sentendomi più patetica del solito.

Lui annuisce, rimanendo con lo sguardo basso.

Il mio imbarazzo si smorza quando vedo la sua reazione. Sorrido, intenerita.

–Puoi guardarmi, eh.

Fa come gli dico, sollevando finalmente i suoi occhi su di me. In questo momento sembrano più chiari del solito.

–Scusami. – ripete ancora. Una traccia di rossore sulle sue guance.

Dell'Holden disinvolto non c'è traccia.

–È tutto okay. Non potevi saperlo. È un orario un po' insolito per farsi una doccia. Non ho chiuso nemmeno a chiave.

Infatti. Non ho nemmeno chiuso a chiave. E se fosse entrato Tony? E se fosse entrato Taylor? Non che sia impresentabile, ho la biancheria e l'asciugamano, ma... sarebbe stato troppo imbarazzante, porca vacca. Promemoria: chiudere sempre a chiave quando si sta in una casa diversa dalla propria, a qualsiasi orario del giorno, soprattutto se in casa ci sono dei maschi.

–Già, è insolito. Solo che non avevo più sonno. Troppi film horror, ieri sera. – si tocca la nuca. – Non che abbia paura, però sai... qualche scena...

–Nemmeno io. Ma ti confesso che la mattina di ogni ultimo giorno di vacanza mi sveglio molto presto. Non so perché.

Sorride, evidentemente più rilassato.

–Ti serviva qualcosa? – chiedo.

–Oh, sì. – allarga gli occhi, come se si fosse ricordato all'improvviso. – Volevo farmi la barba, ma nell'altro bagno non ci sono i rasoi e la schiuma. Forse Taylor li ha lasciati qui.

Annuisco, puntando lo sguardo verso l'armadietto a fianco dello specchio. Poi mi sposto, invitandolo silenziosamente a controllare da sé.

Si avvicina a passi lenti, come se l'imbarazzo fosse ritornato. Le nostre braccia finiscono per toccarsi quando apre l'armadietto e prende ciò che gli serve.

–Sono qui. – mi lancia un piccolo sorriso.

–L'ho visto. – sorrido anch'io.

Poi i suoi occhi finiscono sullo specchio e sulle mie bambinate.

–Una 'K', una 'H', e tanti cuoricini. Wow. – si incanta. – È la prima volta che veda qualcuno scrivere la mia iniziale intrecciata a quella di qualcun altro.

–Chi ti dice che la 'H' faccia riferimento al tuo nome? Guarda che il mio T–Rex di gomma si chiama Harold.

–Pardon! – solleva le mani. – Hai ragione.

Ridacchio.

–Allora vado. – indica la porta, facendo un passo indietro.

Delle volte vorrei fosse più facile capire un tipo come Holden. Sempre che esista un tipo come lui. L'attimo prima è sicuro di sé, quello dopo sembra che quasi lo intimorisca. Un giorno mi stringe a sé con passione, quello dopo lo fa con dolcezza e tenerezza. Mi ha visto in costume fino a ieri e adesso sembra che vedermi con solo un asciugamano lo abbia sconvolto. Mi passa per la mente l'idea che possa aver pensato anche lui a questa sera, al fatto che dormiremo insieme per la prima volta e a come tutto questo lo abbia messo in qualche modo in soggezione.

–Holden. – lo fermo.

–Sì? – mi guarda negli occhi.

–Primo: non mi hai ancora baciata. Secondo: posso farti io la barba?

Schiude le labbra e rimane in silenzio.

Poi si riavvicina e si china nella mia direzione. Tenta di stamparmi un bacio veloce sulle labbra, ma lo trattengo, circondandogli il collo con le braccia e approfondendo il bacio. Ci mette poco a ricambiare, posando le sue mani sulla mia schiena.

–Così va meglio. – gli faccio un occhiolino.

–Mi ucciderai, Leen, lo so che ci riuscirai. – fissa i suoi occhi nei miei.

–Per un bacetto? Non è mica la prima volta.

–Ma è la prima volta che lo fai con la pelle ancora bagnata che profuma di te in maniera ancora più amplificata, con la luce dell'alba a scaldarti i capelli e con le tue gambe mozzafiato che questo asciugamano fa risaltare troppo.

Sorrido, abbassando lo sguardo.

–Questa barba, allora?

–Ci sto. Però prima mettiti qualcosa di più... coprente addosso o altrimenti mi vedrai morto sul serio. – si sbriga a darmi le spalle e a dileguarsi.

Vedere che io gli faccia così tanto effetto mi rende felice.

***

Senza che gli domandi nulla, mi spiega a sommi capi cosa deve fare. Sapendo che mio padre è stato una figura inesistente nella mia vita, avrà immaginato che non abbia mai fatto la barba a nessuno. Ha immaginato bene.

Ha i capelli ancora bagnati, ma ora ha il petto coperto da una camicia a righe. Un po' mi dispiace. Più di un po'.

Mi accorgo solo dopo qualche istante che i bottoncini non sono simmetrici. Ha chiaramente sbagliato ad infilarli nelle rispettive asole. Mi trattengo dal non mettermi a ridere.

–Una noce di schiuma può bastare. Ne prendi un po' con le dita e inizi a spalmarmela sulle guance e sul mento.

–Me l'hai già detto. – gli do un colpetto sul naso che lo fa ridacchiare.

Holden ha diversi modi di guardarmi. Il suo sguardo mentre le mie dita gli sfiorano la pelle e iniziano ad accarezzare ogni centimetro del suo viso mi ricorda quello che vidi lo scorso dicembre, quando giocammo a mosca cieca nella serata a tema Canto di Natale nel club del libro di nonna Cecily. Un po' perso, dolce, carico di qualcosa che mi fa saltare un battito.

È seduto su un piccolo sgabello di legno, vicino alla doccia, mentre io sono in piedi, vicino alle sue gambe.

I suoi occhi rimangono incollati su di me e su ogni mia piccola mossa.

Sotto i polpastrelli la pelle risulta appena ruvida. Holden ha l'abitudine di portare il viso sempre rado, senza nessuna ombra a scurirgli le guance. Scoprire questa sua abitudine, insieme a tante altre, come il modo in cui tiene le posate a tavola (anche se è destrorso, tiene il coltello con la sinistra.), o come tenda a girare il cinturino del suo orologio prima verso destra e poi verso sinistra quando ha bisogno di pensare, mi colpisce al centro del petto. Mi fa sentire che ogni giorno siamo sempre più un noi che un lui e me.

Quando finisco di coprirgli il viso di schiuma, prendo il rasoio.

–Ricorda di andare dall'alto verso il basso e di sciacquare le lame ogni volta che raccolgono troppa schiuma.

–Sì, prof! – lo prendo in giro.

Inizio il mio lavoro con calma, sentendomi euforica come una bambina di fronte ad un nuovo gioco.

Rimaniamo entrambi in silenzio. Lui perché forse teme di fare qualche movimento che possa farmi sbagliare, io perché sento i suoi occhi su me. In modo quasi insistente. Le sue pupille seguono ogni mio movimento.

–Mi distrai. – gli faccio presente.

–Ma se non sto facendo niente. – biascica.

–Mi stai guardando.

– Lo faccio sempre.

–Ora lo stai facendo con troppa insistenza. Mi distrai. – ripeto.

Fa spallucce. – Allora capirai come mi senta ogni volta che ti sono accanto.

Trattengo un sorriso, mordendomi l'interno di una guancia.

Faccio piano, un centimetro alla volta. Rado e sciacquo. Rado e sciacquo. Per un momento gonfia la guancia per permettermi di raggiungere ogni angolo. Mi fa ridere. È una sensazione piacevole quella di vedere la schiuma che va via per lasciare il posto a una pelle liscia e morbida. E lo è ancora di più perché gli sono così vicina da riuscire a vedere ogni lentiggine che gli colora gli zigomi e a sentire il suo profumo con un'intensità che rischia di farmi chiudere gli occhi. Quando finisco la prima guancia, gongolo entusiasta. Mi sento un'artista che ha portato a termine la sua opera.

Smetto di gongolare solo quando mi accorgo del suo sguardo. I suoi occhi sono carichi di un'elettricità che non gli avevo ancora visto.

–Tutto okay? – gli chiedo.

Controllo di non avergli fatto male, anche inavvertitamente.

–Fin troppo.

Inarco un sopracciglio, incuriosita dalla sua risposta.

–A volte mi chiedo se non stia vivendo un sogno ad occhi aperti. Mi sembra tutto così tremendamente bello che ho paura che non sia vero. – precede ogni mia domanda.

Perdo un battito. O forse due. Sento chiaramente il mio cuore fermarsi un secondo, per poi trotterellare più in fretta.

–Non stai sognando, Holden. Devi abituarti all'idea che tu meriti amore incondizionato e tutte le cose belle del mondo, va bene?

Mi aspetto una risposta, ma rimane in silenzio. Ci mette qualche secondo a circondarmi con le sue lunghe dita il polso della mano con cui sorreggo ancora il rasoio e ad avventarsi, con il viso per metà sporco di schiuma, sulle mie labbra. Sbatto le palpebre qualche secondo. Sorpresa dal momento lascio cadere il rasoio per terra; poi mi riprendo, rispondendo al bacio con la stessa intensità, non curante di starmi sporcando le dita che gli stringono l'altra guancia, il mento e parte della bocca.

Mi trascina verso di sé e mi fa sedere sulle sue gambe, senza smettere di baciarmi. Lo fa con foga, come se non ci fosse abbastanza tempo per trasmettermi tutto ciò che provi per me. Passa le dita tra i miei capelli ancora umidi, mi tiene vicino a sé e mi travolge come solo lui sa fare.

***

–Pronte per stasera? – fa Chas.

–Ovvio. L'ho proposta io questa serata. – cinguetta Pam.

–Tu, Kat? – gli occhi di Chas saettano nella mia direzione.

Mi lascio ricadere sul loro letto. – Credo di sì.

–Credi? – si catapultano al mio fianco, facendo tendere il materasso verso il basso con i loro pesi.

–Sì, cioè... sono pronta a passare la notte con Holden, però allo stesso tempo... non so cosa aspettarmi.

–Se è per questo, nemmeno io. – sbuffa Chas. – Fino a qualche mese fa non avevo mai dato nemmeno un bacio a stampo e ora... eccoci qui.

–Stiamo crescendo, vero, ragazze? – fa Pam, stendendosi al mio fianco.

–Vero. – sospiro. – Mia mamma mi ha riempito la testa di mille preoccupazioni prima di partire. Ha paura che possa condividere la stanza con Holden.

–Ah, ecco perché ti guardava in quel modo! Teme che possiate saltarvi addosso e possa diventare nonna prima del previsto?

–Chastity! – mi giro nella sua direzione.

Scoppia a ridere, trattenendosi la pancia con le mani.

Mi lascio contagiare dalla sua risata, concentrandomi su ogni dettaglio del suo viso così da portarlo sempre con me, quando saremo lontane.

–Però sì, teme proprio questo. – rispondo. – Le ho detto che non sarebbe successo nulla, comunque.

–Ed è vero? – chiede Pam. – Non vorresti... beh, hai capito.

–Non lo so... non credo. O forse sì. Non lo so. Voi lo sapete?

–No. – rispondono insieme.

–Cioè... io vorrei. – aggiunge Pam. – Ma, per quanto abbia pensato io stessa a questa serata, non è qualcosa che si può programmare, secondo me. Potrebbe succedere, come no.

–E il tuo volerti dare alla pazza gioia? – le ricorda Chas.

–Ci si può dare alla pazza gioia in tanti modi, Chas. – le fa un occhiolino.

Chas le fa una linguaccia, con le guance paonazze.

Da quando tutte e tre abbiamo trovato dei ragazzi che ci amano e verso cui proviamo lo stesso, l'argomento 'prima volta' ha preso ad aleggiare sulle nostre teste come una spada di Damocle. È qualcosa che ci spaventa, ma che allo stesso tempo ci incuriosisce. Fino a qualche mese fa, nei corridoi di scuola, in palestra, in aula, erano frequenti le chiacchiere di quei ragazzi e di quelle ragazze entusiasti di condividere le loro esperienze più private. Io e le mie amiche non davamo mai loro troppo peso perché erano cose che in qualche modo ci erano distanti. Non che non ci passassero per la mente, comunque. Adesso, però, è tutto diverso. Dopo anni in cui tutto rimane su un piano... astratto, lontano e distante, arriva in fretta il momento in cui alla conoscenza, si affianca la curiosità di... provarle a capire più da vicino certe sensazioni.

–Avete paura? – continua.

Non c'è bisogno che le chieda di cosa.

–Un po'. – rispondo.

–Anch'io. Mi chiamo Chastity, d'altronde. Con il nome che porto come potrei non avere paura?

–E questo cosa significa? – le chiedo.

–Beh... che sono stata educata a non doverci mai nemmeno pensare al... al... al... sesso. – abbassa la voce, come se avesse detto la più brutta delle parolacce. – Figuriamoci se non ho paura di fare qualcosa di cui ho solo sentito parlare.

–Anche noi ne abbiamo solo sentito parlare. – le ricordo.

–Lo so. Ma la mia famiglia mi ha sempre fatta sentire fuori posto anche solo per una gonna, figuriamoci per ciò che attiene lo stare con qualcuno. Sapete che anche se si sono dati una calmata, non guardano di buon'occhio Tony. Per loro certe cose devono avvenire dopo il matrimonio, altrimenti... non si è ragazze per bene.

In momenti come questi vorrei esistesse qualche trucchetto magico tale da permettermi di prendere su di me un po' delle paure di Chastity. Vorrei entrarle nella testa e darle quella sicurezza di cui merita più di chiunque altro.

–E secondo te? Non si è ragazze per bene se si sta con un ragazzo prima del matrimonio? – le chiedo.

–No, certo che no. – risponde in fretta. – Però... credo che parte delle loro parole sbagliate mi siano entrate troppo dentro.

–Temo sia normale, tesoro. – fa Pam. – Però quando ti tornano in mente certe parole ricorda che i tuoi hanno una visione sbagliata della vita. E ricorda anche che tu sei Chas, non Chastity.

–Chas, non Chastity . ripete. – C'è differenza?

–Ovviamente. – le rispondo. – Chas è la creatura più libera e brillante che conosca. Quella che ha sfidato una famiglia bacchettona e ignorante con abiti di pelle, labbra dipinte di nero e sguardo da tigre. Chastity è l'immagine che i suoi genitori avrebbero voluto cucirle addosso, illusi che non le sarebbe stata troppo stretta, ignari che l'avrebbe strappata con le unghie e con i denti.

–Che queen che sei, Kathleen. Non avrei saputo dirlo meglio! – fa Pam, battendo le mani.

–Smettila. – mi metto a ridere.

–Grazie, Kat. – dice Chas, sorridendomi.

Le faccio un occhiolino in risposta.

Poi rimaniamo in silenzio per un po'.

– Comunque, – Pam è la prima a spezzarlo. – se devo dirvi la verità io non ho paura.

Io e Chas ci voltiamo nella sua direzione.

–Non ho paura, – si sente in dovere di precisare, sotto i nostri sguardi, – perché so che Taylor è la persona giusta; quella con cui voglio fare questo passo. E poi... ho letto troppi libri in cui viene descritta come un'esperienza paradisiaca, quindi voglio provarla. Andiamo, non siete curiose? – sbatte le ciglia.

–Lo sono, ma ho anche paura. Paura che Tony possa giudicare in qualche modo la mia inesperienza, che possa non piacergli qualcosa del mio corpo, che... – Chas si ferma, sospirando.

Ho sempre trovato che io e Chastity avessimo tanti lati in comune. Più di quanto ne condivida con Pam, forse. Lei è decisamente più riflessiva di quanto io, impulsiva ai massimi livelli, potrò mai essere. In compenso, sento che condividiamo la vulnerabilità e la fragilità nel modo di affacciarci ad alcuni aspetti della vita.

–Ti capisco. – rispondo.

Anch'io ho paura.

Non ho paura di Holden. Ho paura di me stessa. Di come reagirei sotto i suoi sguardi. Dei pregiudizi sul mio corpo che potrebbero sorgere al momento sbagliato. Ho paura di farlo sentire insicuro con questa mia insicurezza strabordante che ci metterà del tempo ad essere domata, di rovinare tutto in qualche modo.

–Ci sta avere un po' di paura. Abbiamo caratteri diversi e stiamo pur sempre parlando di qualcosa di... nuovo. – ribatte Pam. – Però, permettetemi di dirvi che tra tutte le paure che la prima volta porta con sé, non dovete mai avere quella che a dei ragazzi non piaccia il vostro corpo, okay? L'ho già detto a Kat, – mi rivolge uno sguardo. – siete bellissime, ragazze. Dovete solo imparare a capirlo. Tutte e tre siamo innamorate, no? Tutte e tre abbiamo accanto dei ragazzi che stanno con noi perché gli piacciamo, no? Quindi... vi garantisco che al momento giusto vi sentirete così pronte che passerà ogni timore. L'amore va vissuto senza paura, con i giusti tempi. Quando sarà, lo sentiremo dentro. La mamma me lo ha sempre detto.

Le parole di Pam riecheggiano nella stanza.

–E per l'inesperienza... – riprende subito. – Non credo loro ne abbiano così tanta. – fa un colpo di tosse. – Taylor è stato con solo una ragazza prima di me.

–Tony ha avuto due ragazze, invece.

–Holden nessuna. Su questo versante, prevedo che saremo entrambi goffi come non so cosa.

–È tutto un gioco di apparire, ragazze. Mostratevi sicure e vedrete che la goffaggine scomparirà in un secondo.

–La fai troppo facile, Pam. – la riprendo.

–Sì, infatti. Secondo me sarai la prima a fare la figura dell'idiota, Pam. – Chas le tira una ciocca di capelli.

–Ma che dici? Sono una leonessa, io.

–Miao. – la prendo in giro.

Poi scoppiamo a ridere.

Poi il silenzio cala di nuovo su di noi. Rimaniamo ad ascoltare i nostri respiri regolari, con gli occhi fissi sul soffitto bianco di questa stanza così anonima, ma già custode di parole importanti, e con la testa piena di pensieri contrastanti che si intrecciano tra loro come fili di lana in un gomitolo.

–Malia mi ha detto che io e Holden ci guardiamo come se fosse già successo. – dico, dopo un po'.

–Ha ragione. – fa Chas. – C'è qualcosa nei vostri sguardi... di elettrico, come se... fosse già, per l'appunto, successo.

–Ci sono dei momenti in cui mi sento quasi in imbarazzo se sono nella vostra stessa stanza, come se fossi di troppo. Come se poteste strapparvi i vestiti di dosso da un momento all'altro. – Pam rincara la dose.

–Adesso non esagerate. – mi imbarazzo, non riuscendo però a non sorridere come una scema.

Ripenso allo sguardo che mi ha rivolto Holden questa mattina, alla velocità di ogni suo gesto e un po' capisco cosa intendano.

–Taylor mi mancherà tantissimo. – riprende Pam.

Sento un piccolo crampo alla pancia, come se il suo dispiacere si fosse fatto strada dentro di me.

Sono fortunata. Per Chas e Pam è tutto ancora più complicato. All'idea di non passare più lo stesso tempo con me, si aggiunge la consapevolezza che anche con i loro ragazzi le cose cambieranno.

–Anche a me mancherà tantissimo Tony. – dice Chas, posando la testa sulla sua pancia. – Lui mi fa provare cose che nessuno mai mi ha fatto sentire. È dolce, gentile, delicato. Credo che con lui mi senta davvero solo Chas.

–Allora è senza alcun dubbio quello giusto. – ribatto.

–Mi mancheranno tante cose. Forse troppe. – la voce di Pam si incrina.

Mi volto a guardarla. Ha gli occhi chiusi. Se li aprisse so che sarebbero umidi.

–Andrà tutto bene. – è l'unica cosa che riesco a dire.

Deve essere per forza così.

***

Nel pomeriggio, il lago sembra sapere che questo sia il nostro ultimo giorno perché ci accoglie silenzioso e libero. Ci sono decisamente meno bambini e famigliole nei paraggi. Ciò ci permette di fare qualche gioco di gruppo in più, approfittando del maggiore spazio a disposizione.

Ovviamente io passo ad ogni attività che preveda l'uso della palla. I tempi bui di una me raccattapalle sono superati e nel mio futuro non prevedo né reti, né canestri, né palloni. O almeno non prevedo di utilizzarsi personalmente. Se Holden vorrà proseguire la sua carriera sportiva, sarò la prima a seguirlo ovunque. I ragazzi e Malia, invece, si mostrano super divertiti all'idea di sfidarsi a beach volley o a racchettoni. Li guardo e noto la bellezza della loro amicizia. Come si sorridono complici, come si divertano insieme. Malia è davvero adorabile. Lo è ancora di più quando dà una pallonata a Holden, facendolo scivolare in modo poco aggraziato. Vedendomi ridere, lui fa una smorfia di disappunto, indicando con l'indice me, e il lago e facendolo poi ruotare in senso orizzontale. Mi sa che l'idea di insegnarmi a galleggiare non gli sia passata di mente.

Me ne dà la conferma quando, due ore dopo, mentre gli altri sono al sole, prende il mio fedele Harold (alla fine ho deciso di chiamarlo davvero così!) e mi spinge verso l'acqua.

Mi concede di vegetare sul mio materassino per una decina di minuti, poi mi prende per le mani e mi costringe ad affondare le gambe nell'acqua fredda. Man mano che avanzo la sento entrarmi nelle ossa. Oggi indosso un trikini che mi lascia la zona dell'ombelico scoperta. Quando sento l'acqua sfiorarmi la pelle della pancia, rabbrividisco.

In questi giorni mi ha fatto esercitare nel tenere a galla la parte inferiore del corpo, grazie alla presenza di gradi sassi, più simili a rocce, sporgenti oltre il pelo dell'acqua. È stato tutto alquanto goffo e imbarazzante, ma in parte anche divertente. D'altronde quello che mi è sempre piaciuto della versione da "insegnante" di Holden è sempre stata la sua leggerezza nell'affrontare ogni cosa. Abituata da sempre a sentirmi quasi in colpa ad ogni errore e ogni fallimento, sempre che tali potessero essere definiti, scolastici, lui mi ha insegnato che tutto può essere appreso, con la calma e i giusti tempi.

Mi distrae dai miei pensieri quando mi si fa pericolosamente vicino e mi solleva, posizionando un braccio sulle mie ginocchia, e uno attorno alla mia schiena, neanche fossimo in uno di quei film con cavalieri e principesse.

–Se mi getti in acqua, giuro che me la paghi. – punto l'indice contro il suo petto. – Ti ricordi che questa notte staremo insieme? Beh... ti darò del filo da torcere fino all'alba.

Ha uno sguardo divertito.

–E chi se lo scorda. – mi fa un occhiolino. – Tranquilla, non ti butto in acqua.

E in effetti non lo fa. Tuttavia, mi immerge lentamente, tenendomi sempre stretta nelle sue braccia.

–Chiudi gli occhi e non pensare più a nulla. Ci sei solo tu, il sole che ti bacia la pelle, l'acqua che ti rinfresca e le nuvole soffici e bianche, leggere come il tuo corpo. – suggerisce avvicinandosi al mio orecchio e lo fa, incantatore, con la sua voce. Profonda, vellutata, calda.

Pian piano chiudo gli occhi e faccio ciò che mi dice. Mi concentro sui miei sensi. Sul caldo che pian piano avverto sulle braccia, sulle ginocchia e sugli zigomi; sulla superficie dell'acqua, d'improvviso quasi tiepida, che mi bagna i capelli e la nuca; sulle ombre del cielo che percepisco anche se ho le palpebre abbassate.

Poi sento qualcosa di morbido sfiorarmi il collo. Holden ha avvicinato il suo viso, lo sento, e sta lasciando una scia di piccoli baci che mi fanno tremare.

–Lasciati andare, Leen. – sussurra.

Lo ascolto. Per un momento non c'è più la paura di cadere giù, di affondare, di essere inghiottita dall'acqua. Mi isolo completamente, avvertendo solo la brezza del vento, il cinguettio di qualche uccellino, delle voci in lontananza.

–Sento che puoi lasciarmi andare. – gli dico, quasi senza accorgermene.

–L'ho già fatto. – risponde, con una punta di divertimento nella voce.

Apro piano gli occhi, notando per prima cosa un sorriso da birbante dipinto sul suo volto e poi... la sua lontananza. Non è più vicino a me.

Mi guardo allora e realizzo dopo un po' che sto galleggiando.

–Ma è bellissimo! – esclamo.

–Te l'ho già detto più di una volta: non devi mai fare l'errore di sottovalutarti.

Sorrido, richiudendo gli occhi e lasciandomi andare. Ancora una volta è stato Holden a farmi superare dei limiti; a farmi credere in me e a farmi sentire che il potere di essere tutto ciò che voglia è nelle mie mani. Sarà un ottimo insegnante un giorno, ne sono sicura.

Mi si affianca in pochi secondi. Si lascia galleggiare al mio fianco, prendendomi la mano e guardandomi felice di tanto in tanto.

Rimaniamo a galla fino a quando la pelle dei polpastrelli non si fa raggrinzita e stropicciata.

Torniamo così a godere degli ultimi raggi del sole, mentre Pam, Chas, Taylor e Tony si divertono su delle barchette di legno che sembrano uscite direttamente da un dipinto.

***

Rimango con il pugno a mezz'aria davanti alla porta della sua stanza per minuti interi.

Quando mi decido, non faccio in tempo a far scontrare le nocche contro il legno che la porta si apre.

Holden appare sorpreso, sussultando sul posto e allargando gli occhi. Li sgrano anch'io.

–Ehi. – dice subito.

–Ehi. – rispondo.

–Stavi entrando?

Apro bocca, ma mi ferma.

–Domanda stupida, lo so. – si passa una mano nei capelli. – Cioè... non credo tu ti stessi osservando le unghie davanti alla mia porta.

Trattengo una risatina.

–No, infatti. Tom è già venuto nella nostra stanza. Posso... o...

–Certo che puoi! – si affretta a rispondere, interrompendomi. – Pensavo solo che fossi ancora fuori. So che ti piace prendere un po' d'aria la sera.

–Mi piace, è vero. – sorrido.

–Mi accompagni a prendere qualche popcorn? Ho pensato che stasera potessimo vedere un film.

Un film. Ottimo. Vorrà dire che almeno potremo rompere quel possibile ghiaccio che potrebbe crearsi stando per la prima volta nello stesso letto di sera. Dopo quella volta in cui ero morente post sbaciucchiamento tra lui e Malia, si intende.

–Certo!

Lo seguo fin in cucina. Prende da una credenza un vassoio e una coppa trasparente che riempie di popcorn, di quelli in busta.

–Bibita? – propone.

–Coca–cola. – confermo.

Annuisce, prendendo due lattine dal frigo. Poi poggia il tutto sul vassoio.

Raggiungiamo quella che sarà la nostra camera per questa notte a passo felpato, quasi avessimo paura di fare troppo rumore. Le porte delle altre stanze sono chiuse. Mi domando come se la passeranno le ragazze.

Quando richiudiamo anche la nostra, getto un'occhiata attorno. Da una stanza abitata da due maschi adolescenti ci si aspetterebbero odoracci e poltiglie di vestiti sparsi alla rinfusa. Invece la loro è ordinata e ha il suo profumo, mischiato a quello più muschiato, che riconosco essere di Taylor. A quanto pare Holden non è l'unico ad amare l'ordine. Il suo trolley, quello che ho visto anche il primo giorno, è su una sedia che affianca la scrivania presente. Tutto è abbastanza in ordine, compresi il pantalone e la camicia posizionati su una piccola poltroncina che si trova sotto la finestra. Il suo nuovo paio di Vans ben sistemato davanti ad essa. Solo una lampada è accesa e ciò rende l'ambiente soffuso e rilassante.

Il letto è in ordine; il lenzuolo non ha nemmeno una piega e i cuscini sono ben sistemati. Sembra come se sia stato rifatto completamente, apposta per il mio arrivo.

–Okay, sistemo il vassoio qui, accanto al computer. – mi guarda, in attesa.

–Oh, va benissimo, certo. – mi sento molto impacciata.

Annuisce di nuovo, armeggiando con il vassoio, mentre io sfilo la mia vestaglia, rimanendo con il mio pantaloncino e la mia t–shirt. Sono abbastanza sobri. Pantaloncino grigio e maglietta verde acqua. Non è un pigiamino sexy in stile Victoria's Secret, ma almeno non ci sono stelline, cuori o altre stramberie. E poi il pantaloncino è abbastanza corto. Holden, d'altra parte, indossa qualcosa di simile: un pantalone della tuta nero, che gli ricade in modo piuttosto largo, e una maglietta dello stesso colore.

Quando siamo pronti, ci lanciamo un'occhiata e poi ci sistemiamo. Anche se non è la prima volta che stiamo insieme su di un letto, è come se lo fosse.

Holden poggia il suo portatile su di un cuscinetto che sistema di modo che entrambi possiamo averne una buona visuale.

–Cosa hai scelto? – domando, girandomi nella sua direzione.

La La Land. – risponde. – L'hai già visto? – si sistema gli occhiali da vista sul naso.

–No, ma ne ho sentito tanto parlare.

–È uno dei miei preferiti.

–Allora vediamolo.

Spinge 'play' e si lascia ricadere sul cuscino. Mi avvicino ulteriormente alla sua figura, con la scusa di prendere un popcorn. I suoi capelli profumano ancora tanto, come se li avesse lavati di nuovo. Mi costringo a fatica a guardare lo schermo, distogliendo i miei occhi da lui e concentrandomi su Emma Stone e Ryan Gosling.

I colori brillanti, le musiche, i costumi e le scenografie mi travolgono in pochi istanti. Si capisce da subito che questo film metterà in scena una vera e propria favola.

–Quanto amo Emma Stone! – fa lui dopo qualche minuto.

–Quanto amo Ryan Gosling! – lo imito.

Rilasciamo un sospiro sognante nello stesso momento.

–Ehi, dovremmo limitarci ad amarci a vicenda, invece di amare dei figoni del cinema, super irraggiungibili. – mi strappa una risata.

–Allora facciamo così: Amo te, Mr. Darcy e Ryan Gosling. Menzione speciale per Leonardo Di Caprio e Jared Leto.

–Va già meglio. Io allora amo te, Emma Stone ed Elizabeth Bennet.

–Nessuna menzione speciale?

–Pamela Anderson. – sorride, rimanendo con gli occhi fissi sullo schermo.

Rido, spostando in avanti la coppa di popcorn e stringendomi al suo braccio. Reagisce dopo poco, accarezzandomi il dorso della mano con la punta delle dita. Da come le muove credo ci stia "scrivendo" sopra qualcosa. Capisco dopo poco che ciò che sta tracciando è l'invisibile scritta "ti amo".

Sorrido, spiando un'ultima volta il suo profilo. Il suo naso affilato, le sue labbra sottili, la linea gentile del mento e della mascella. Le lunghe ciglia che tremano quando sbatte le palpebre.

Come ho potuto pensare che lui non fosse attraente? Stupida, stupida Kathleen.

Arrivo al minuto cinquantuno con le lacrime agli occhi. Mia è chiaramente infelice, stretta in un abito verde che tanto si intona con i suoi capelli rossi. È seduta ad un tavolo con delle persone che non le piacciono. Poi sente una musica e il sorriso ritorna. È la stessa melodia che Sebastian ha intonato al piano in quel locale patetico in cui è stato licenziato, quando dopo il primo dito medio, lei rimane inebriata da quelle note e, provando a fargli dei complimenti, riceve in cambio solo una brusca spallata.

Non so nemmeno io perché mi venga da piangere proprio in questo momento. Forse è per la musica o forse è nel vedere la felicità dipinta nel volto di Mia quando realizza di chi è innamorata.

Nelle scene di ballo mi immagino al posto della Stone, leggera come lo sono stata sul lago questa mattina, pronta a fare delle giravolte, mano nella mano con Holden. Me lo vedo ad indossare delle scarpe da tiptap, con i capelli impomatati, e quello sguardo a volte malandrino che mi piace tanto.

Arrivo alla fine del film con le labbra che mi tremano, le guance rigate e il naso sicuramente rosso.

–Tutto bene? – fa Holden.

Un piccolo sorriso gli increspa le labbra. Con il pollice raccoglie le mie lacrime.

–È una bella storia d'amore, ma finisce male. – piagnucolo.

–È proprio quel "ma" ad aver permesso al film di essere candidato agli Oscar.

–Non mi importa! Finisce male! – insisto, tirando su con il naso.

–Questione di prospettiva, te l'ho già detto: può non essere finito male se lo guardi da quella giusta. Mia e Sebastian non stanno insieme, ma i loro sguardi erano comunque felici. Hanno realizzato i loro sogni e serberanno sempre un bellissimo ricordo di ciò che sono stati. – mi sorride.

–Chissenefrega dei ricordi. Loro si amano e quindi devono stare insieme. – faccio la bambina.

–È proprio il finale ad averla resa una bella storia d'amore. – mi asciuga un'altra lacrima.

–Credi quindi che una storia d'amore per essere bella debba avere un finale triste? – corruccio la fronte.

–Non necessariamente. Credo però che certe storie d'amore siano meravigliose anche se hanno un finale triste.

–Non sono d'accordo. L'amore non basta? Quei poveretti di Romeo e Giulietta sono morti per amore. – mi impunto.

–Sono pur sempre Romeo e Giulietta. La La Land ha del magico proprio perché è realistico. A volte l'amore non basta, temo. – mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Non mi piace questo discorso. Sa troppo di... realtà. Di quella realtà poco innamorata che a me fa paura. Quella in cui un marito può tradire una moglie, fregandosene di tutto. Quella in cui i sentimenti, anche quelli forti, si fanno piccoli piccoli. Così piccoli da scomparire per lasciare il posto solo ai "e se...".

–John Keats non sarebbe fiero di te, lo sai?

Si morde il labbro inferiore, sorridendo.

–Temo però che mi capirebbe. Non ha mai sposato la sua amata Fanny a causa di gravi problemi economici e di salute. Come vedi, a loro l'amore... non è bastato.

–A noi basterà sempre e comunque, vero, Holden?

Lo colgo alla sprovvista, perché le sue sopracciglia hanno un balzo verso l'alto. Colgo alla sprovvista anche me stessa. Non avevo mai messo in dubbio quel che avverrà nel nostro futuro, ma parlare di queste cose mi ha fatto sentire d'improvvisamente triste, come se dovessi stringerlo forte forte in questo momento perché non si può mai sapere cosa succederà.

Ci mette qualche istante di troppo per rispondere. Forse è una domanda troppo difficile. Forse è una domanda inopportuna. Forse non avrei dovuto farla.

–Ci puoi scommettere, Leen. – risponde alla fine.

Torno a sentirmi leggera e così mi accoccolo contro il suo petto, stringendolo forte.

Quando anche l'ultimo suono tace, e a scorrere sullo schermo ormai nero ci sono solo i nomi delle apparecchiature usate, Holden si schiarisce la voce e richiude piano piano ogni scheda.

D'improvviso il mio cuore torna a pompare sangue troppo velocemente.

Ora che abbiamo finito di vedere il film, succederà qualcosa? Dovrò fare qualcosa? Dovrò lasciare che sia a lui fare qualcosa?

Dio, quanto vorrei avere un telecomando per spegnere il mio cervello. È assurdo come spesso diventi la più grande trappola in nostro possesso. Ti ingabbia in così tante domande che l'unica cosa che vorresti fare è urlare, e volere che tutto taccia.

Prima che possa lasciare che questa gabbia si faccia più stretta, le sue braccia mi avvolgono, mentre con le labbra mi lascia un bacio sulla testa.

–Questa è stata senza alcun dubbio la vacanza più bella della mia vita. – parla a bassa voce.

Ci metto un po' a rispondere, preda di troppe sensazioni.

–Posso dire lo stesso. Non dimenticherò mai quello che ho vissuto in questi giorni.

–Sei la cosa più preziosa che ho, Leen. Non dimenticarlo mai.

Sorrido, sentendo gli occhi pizzicarmi. Non sono abituata a sentirmi la cosa più preziosa di qualcuno. Ad oggi forse lo sono stata solo per la mamma e per la nonna.

–Non mi stancherò mai di ringraziarti per avermi dato una seconda possibilità, Holden.

Fa silenzio per un po'.

–Ti sei addormentato? – gli punzecchio una guancia.

–Una volta mi hai detto che il motivo per il quale volevi stare con me non era il desiderio di redimerti da azioni sbagliate. È ancora così, Leen? Non stai con me per una sorta di remissione dei peccati, vero? – mi domanda a bruciapelo. – Per ricevere un'assoluzione per non esserti sempre comportata bene con me, vero?

Mi coglie di sorpresa. – Cosa? No, certo che no. Lo sai perché sto con te.

–Stai con me perché sei innamorata di me, vero?

–Certo. Sono innamorata di te. Tantissimo. – rispondo senza alcuna esitazione.

–Bene. Allora smettila di ringraziarmi, okay? Io non sto con te per sacrificio, per... farti stare meglio con la coscienza. Io sto con te perché ti desidero, Kathleen. Ti voglio con il cuore e con il corpo. Siamo intesi? – punta il suo indice contro la mia fronte.

–Mi hai chiamato Kathleen. – osservo.

–È per dare più enfasi al discorso. Siamo intesi? – ripete.

Deglutisco un paio di volte. – Siamo intesi. È solo che...

–Non voglio sentirti più né ringraziarmi, né chiedermi scusa. Sto con te perché ti voglio. – ripete, interrompendomi.

–Va bene. – abbasso lo sguardo. – Allora ti dirò soltanto che non devi mai dimenticarti nemmeno tu quanto tu sia importante. Ormai sei tutto per me, Holden.

–Così va meglio! Però stiamo diventando troppo mielosi. Bleah! – mi accarezza il braccio.

–Da diabete. – con l'indice e il medio prendo a fare dei piccoli "passi" sul suo petto coperto dalla maglietta.

Poi facciamo silenzio.

–Lo sai che questa notte gli altri... – inizia, poi si ferma.

Oh.

Non pensavo avrebbe preso in mano questo discorso.

–Potrebbero, sì.

Mi diverte notare come bastino poche parole per capirci.

–Già.

In questo preciso istante percepisco la sua fragilità. Anche lui si sta lasciando ingabbiare dai troppi pensieri.

Chissà che vuole fare.

Chissà che voglio fare io.

–Già. – ripeto.

Senza che me ne accorga, scoppio a ridere.

–Ehi. Che c'è? – la sua voce torna a farsi divertita.

–Niente. È solo che questo imbarazzo improvviso fa schifo.

–Hai ragione. Fa schifo al cubo, come diresti tu. – mi segue a ruota nel ridere.

Poi ci facciamo di nuovo seri.

–Tu cosa vuoi fare? – ho il coraggio di chiedergli.

Poi mi domando se sia la domanda giusta. Sì, insomma, è giusto chiedere al proprio ragazzo cosa voglia fare in una circostanza come questa? Non è una cosa che puoi riguardare solo lui. Riguarda anche a me.

–Oh... qualche idea ce l'avrei. – risponde.

Sollevo lo sguardo su di lui. Le sue labbra sono piegate in uno dei suoi sorrisi più furbetti.

–Ma sentilo! – arrossisco.

–Hai sonno? – mi chiede, facendosi più vicino.

–Direi di no. – confesso, in attesa di un qualsiasi suo passo.

–Bene. Perché ho intenzione di...

–Cantare? – lo fermo senza nemmeno accorgermene.

È come se d'improvviso avessi ancora più paura.

Ride in modo sommesso, senza fare troppo rumore. – Ti ricordi ancora del mio desiderio di stare su un letto con te e di cantare?

–Mi ricordo tutto.

–Ottimo. Tuttavia, non è proprio cantare quello che vorrei fare adesso. Difatti stavo per dire che, dato che non ho un briciolo di sonno perché la tua presenza mi destabilizza in un modo che non hai idea, ho intenzione di baciarti, baciarti e baciarti ancora. Ti sembra un buon piano?

Okay, quindi solo... baciarmi, baciarmi, baciarmi.

Sono delusa o sono... sollevata?

Chiaramente non è pronto a superare quelle barriere che tacitamente abbiamo innalzato tra noi. Chiaramente non lo sono nemmeno io.

–No.

–No?

–Sei sorpreso, Mr. so quanto mi trovi bellissimo, mi sono già messo la crema solare e so che ti dispiace?

–Ah, è una ripicca, ho capito! Peccato, sai? Ho imparato una nuova tecnica dall'ultimo film francese che ho visto prima di partire.

–Ma dai! Allora...

Prima che termini la frase mi ritrovo stesa sul suo cuscino, con le sue labbra che cercano le mie con una lentezza disarmante.

–Mi fermo? – si allontana un secondo dopo, facendo un odioso sorrisetto.

–Non ci provare. – lo minaccio, sentendo le sue labbra piegarsi in un sorriso più dolce mentre torno a lambirle con le mie.

Con le mani prendo ad accarezzargli il collo, mentre le sue scendono sulla mia vita, poi sul mio ventre e sulla mia pancia.

–Posso sollevarti un po' la maglietta? – chiede, separandosi da me.

Okay, quindi qualche passetto in avanti vuole farlo.

Un passetto molto piccolo, si intende, ma è giù un andare... oltre, per entrambi.

Questa sua richiesta per un momento mi blocca. Cioè, è una cosa normale, penso. Cioè, è una cosa normale di sicuro. Sono certa di aver anche pensato che sarebbe potuto succedere una cosa del genere. Sono certa di aver voluto che succedesse. Credo che mi faccia strano semplicemente l'idea che per la prima volta sia riuscita ad entrare in contatto con quest'altra parte di Holden. Quella che mi desidera fisicamente e che vuole toccarmi. Quella che mi dice chiaramente di volermi conoscere ad un livello fisico.

–Certo. – gli rispondo, quando mi accorgo di averlo fatto aspettare troppo. – Sì. – aggiungo ancora, lasciandomi incantare dal suo respiro sul mio collo e dal suo profumo.

Le sue dita si intrufolano allora sotto la mia maglietta. Lo fanno lentamente. Anche se ho accettato, per un momento vorrei fermarlo per paura che possa non piacergli la mia pancia, che possa non trovare liscia la mia pelle o che qualsiasi cosa non vada. Ma quando sento dei tocchi leggeri solleticarmi la pelle e un formicolio diramarsi dalla punta delle dita ad ogni cellula, lascio da parte ogni preoccupazione e lo lascio fare. Le sue labbra si muovono sulle mie, la mano destra risale sulla mia guancia e la sinistra lascia delle carezze che non vanno mai oltre l'ombelico. Prendo allora ad imitarlo, dando per scontato che la sua risposta sia uguale alla mia. Gli sollevo la maglietta di qualche centimetro, lasciandogli delle carezze.

Le accetta, ma poi si irrigidisce.

–Scusami... è che non sono abituato a ricevere certe attenzioni. – mi dice, separandosi di poco dal mio viso.

–Nemmeno io, lo sai. – abbasso lo sguardo. –Però mi sembra che siano attenzioni belle, no?

–Molto di più, Leen.

Poi ritorna a baciarmi. Lo fa con calma. Non c'è l'impazienza di questa mattina. È come se avesse paura di esagerare in qualche modo.

Mi piace troppo il modo in cui lo fa e mi piace anche il fatto che mi abbia chiesto il permesso prima di infilare le mani sotto la mia maglietta, che non stia provando ad allungarle troppo più in là.

Credo che entrambi in questo momento siamo simili ad oggetti da maneggiare con cura. Di quelli pieni di particolari, quasi rari, ma anche fragili. Basta un movimento di troppo per far sì che da qualche parte si crei una crepa.

Lo sento sospirare sulle mie labbra quando con la punta delle dita traccio dei tocchi qua e là.

Bastano davvero pochi gesti per mandarci in cortocircuito. Nel mio caso realizzo che il potere di Holden sta tutto qui: è capace di bruciare ogni più piccola parte di me semplicemente sfiorandomi. Con le parole. Con le mani affusolate. Non ha bisogno di fare gesti esagerati, di lanciarmi occhiate esplicite, o di dirmi frasi maliziose. Mi manda in estasi semplicemente guardandomi come solo lui sa fare: come se per lui fossi un meraviglioso universo da esplorare; semplicemente facendo accarezzare la sua pelle con la mia.

Non gli serve null'altro.

Poi le nostre mani si ritrovano.

Le dita si intrecciano.

Le lingue le imitano.

I denti mordicchiano.

Le labbra continuano a cercarsi.

Si accarezzano con l'intenzione di farlo fino a quando la luna cederà il posto al sole con la consapevolezza che per il momento va bene così.

Sì, per adesso va decisamente benissimo così.

Buonasera, girasoli! Come state? Spero benissimo! ❤️

Lo so, lo so. Volevamo vedere questi due più in azione, non è vero? Però... non credete che per personaggi come Holden e Kathleen bisogni andarci piano, anzi, pianissimo?

Nella mia mentre entrambi stanno costruendo una relazione speciale fatti di piccoli momenti, di piccoli passi. Hanno entrambi i loro caratteri, le loro auto percezioni e perciò mi sembra coerente con la loro caratterizzazione procedere come sto facendo. Voi cosa ne pensate? Vi piace questo "ritmo" che sto dando alla loro storia?

Nel mio piccolo spero che malgrado questi due testoni non siano arrivati ancora al dunque, sia riuscita a farvi leggere un capitolo emozionante. Sono molto autocritica, ma mi è piaciuto molto scriverlo. Le mie scene preferite sono state: a) scena della barba; b) scena dei baci sul collo al lago; c) scena finale.

Le vostre?

A proposito della scena finale, di La La Land che mi dite? Lo conoscete questo film? Lo avete mai visto? Io l'ho visto poche settimane fa, proprio prima di scrivere questo capitolo. Mi ha emozionato tantissimo! Ve lo consiglio 💙

Detto questo, come avevo anche annunciato nel mio primo angolino per questa storia, il prossimo venerdì non ci sarà il consueto aggiornamento. Essendo Natale preferisco prendermi una piccola pausa nella quale vedrò di andare avanti anche con la scrittura. Spero mi capirete! Ci risentiremo, in ogni caso, il venerdì successivo, il primo dell'anno in pratica.

Per ingannare però l'attesa, sotto lascio un piccolo spoiler per chiunque voglia dare una sbirciatina a ciò che succederà... 👀

Ci sentiremo su Instagram per gli auguri di Natale, ma per chi non mi segue, ci tengo a farli anche qui.

Malgrado la diversità con cui tutti noi passeremo queste feste, spero siano bellissime e che vi portino serenità, salute e tante cose belle! Mangiate tanto e divertiti! A proposito, siete Team Pandoro o Panettone? Io pandoro! 🎄🎅

Tantissimi auguri e a presto,

Rob

SPOILER CAPITOLO CINQUE: "Non ci tengo a diventare bisnonna troppo presto! Tanto sapete come si fa, no? A scuola non hai fatto esercizi con la frutta? Con le banane?"

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