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Gli amici geniali

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Gli amici geniali

Charlie Brown: Si è molto soli quassù, sulla pedana del lanciatore... A volte è duro reggere tutta questa responsabilità... ma tutta un tratto, sembri renderti conto che non sei veramente solo... in effetti sei circondato da compagni di squadra solidali.

Lucy: Avanti, deficiente, cerca di farne passarne una oltre il piatto!

(Peanuts– Charles M. Schulz)

Al college non c'è una campanella che sancisca la fine di un'ora e l'inizio dell'altra.

Il professore, o la professoressa, di turno si limitano a controllare i loro orologi o i loro cellulari e a farsi i loro calcoli su quanto blaterare rimanga loro prima di cedere la palla a qualcun altro. Spesso, come il professore di contemporanea, i sessanta minuti si trasformano in settanta o anche più. A volte, si trasformano in trenta o in quarantacinque, come succede con Miss Watson, la docente di letteratura vittoriana. In questo semestre, l'unico che spacchi il minuto, sempre e comunque, è il professor Morley.

Eppure, è come se in automatico la sentissi nella mia testa. Il martellante 'drin' mi rimbomba dentro non appena le lancette del mio orologio da polso si sovrappongano e segnino lo scoccare dell'ora successiva. Lo stesso deve essere per Andy con cui mi scambio un'occhiata ogni volta che dobbiamo scattare come delle molle dalle nostre panche e volare nell'aula successiva. Dall'altro canto, si capisce quando dopo una lezione abbiamo la pausa pranzo dal modo in cui mi stiracchio le braccia e dalla lentezza con cui lui raccolga le sue matite e le metta nell'astuccio. Siamo sempre gli ultimi a uscire, in ogni caso. Sembra che per gli altri scappare dall'ambiente didattico sia una priorità anche quando non ci sono più lezioni

–Allora, ricapitoliamo: siamo nell'Ottocento, in un canile irlandese e...

Gli do una gomitata, trascinandolo fuori dall'aula.

–Sei uno sconsiderato, Andy. – gli lancio un'occhiataccia.

–Che c'è?! – si strofina il braccio, ricambiando lo sguardo torvo.

–C'è che sai da te quanto sono competitivi quei palloni gonfiati e tu che fai? Sbandieri la nostra storia davanti a tutti! – mi sistemo lo zaino in spalla.

–Ma se non c'è più nessuno! – allarga gli occhi.

–Anche i muri hanno le orecchie.

–Ah, giusto, che ingenuo che sono! Dobbiamo mantenere il silenzio stampa fino ai primi di dicembre, no? – si apre in una risatina.

–Hai capito bene. Abbiamo una trama vincente e se ti metti a spifferare tutto in giro, sarà solo un'idea scadente e ripetuta.

–Non sapevo che il lavoro di Morley fosse una competizione.

Gli lancio uno sguardo eloquente. – Siamo in una giungla, amico mio. Siamo sempre in competizione.

–E immagino tu sia una che voglia vincere. – solleva un sopracciglio.

–Generalmente sono una sorta di perdente, ma contro questi presuntuosi, direi di sì. Voglio che Morley ci lusinghi platealmente e che tutti inizino a invidiare i nostri talenti. – mi guardo le unghie, vanitosamente.

–Uoh, dov'è finita la ragazzina che si metteva in un angolo e che balbettava davanti a tutti al suo primo intervento?

–La ragazzina sta cominciando a velocizzare la sua danza. Questo anche grazie a te. – gli sorrido, riconoscente.

–Non ho fatto nulla. – scrolla le spalle, nascondendo un sorriso. – Io penso che ti sia stato molto utile tornare dai tuoi.

– Dai miei? Oh, ma io non sono tornata dai miei. Cioè...

– Non sei tornata nella tua città natale? – mi interrompe.

– Sì, infatti. Ma sono tornata da mia mamma... e dal suo compagno, che non è mio padre. Da Wolverine e da mia nonna. Principalmente, ecco.

– Ah... scusami, Kathleen. Ho fatto una gaffe, eh? – abbassa lo sguardo, poi mi guarda mortificato, più di quel che dovrebbe.

– No, macché. Tranquillo! I miei sono divorziati, nessun lutto, per fortuna. Non potevi di certo saperlo. È tutto okay. – lo rassicuro con un sorriso.

Si volta a guardarmi, poi annuisce. – Ti ha fatto bene, in ogni caso. – sento che voglia dirmi altro, ma non lo fa.

– Lo credo anch'io. – rispondo.

– Comunque, Roxanne ha ragione quando dice che sei una bacchettona. – riprende il suo tono scherzoso dopo qualche istante di pausa.

Evito per un pelo un gruppo di ragazze che, con gli occhi incollati sui loro cellulari, per poco non mi spingono nel corridoio. Urto il braccio di Andy che subito mi aiuta a ritrovare stabilità.

– E tu hai la boccaccia.

Arriccia le labbra in una smorfia di disappunto, poi si aggiusta la tracolla e riprende a parlare.

– Posso parlare adesso del nostro lavoro o c'è qualche spia in agguato?

Mi volto prima a destra e poi a sinistra, socchiudendo gli occhi. – Puoi!

Ride. – Grazie, Vostra Grazia. Dunque, dicevo, siamo nell'Ottocento, in un vecchio canile irlandese. Seamus è un bastardino abbandonato da sua mamma, una cagnolina molto povera, in un cesto di vimini lasciato a galleggiare su un corso d'acqua. Sarà ritrovato da una bambina dai capelli rossi che lo porterà in salvo in una famiglia amorevole da cui, per una serie di sfortunati eventi, verrà allontanato, finendo in un canile dove vige la violenza da parte degli uomini che se ne occupano. Ci siamo?

–Quasi! Hai dimenticato un dettaglio.

–E quale? – si volta a guardarmi.

–Il parallelismo con...

–Non dirmelo. La ragazzina con i capelli rossi.

–Bingo! Dobbiamo mettere in parallelo le due storie, quella della bambina e quella di Seamus, così da creare un anello di collegamento tra condizione infantile in epoca vittoriana e la condizione dei cani, che ricordiamo hanno iniziato ad avere un loro ruolo all'interno delle famiglie proprio nell'Ottocento.

–Come citato dal Dottor Philip Howell dell'Università di Cambridge in un suo lavoro di ricerca.

–Abbiamo studiato, Junior. – lo canzono. – Ci concentreremo sulla solitudine, sull'abbandono, sulla violenza dell'essere umano, sull'amicizia e sul tempo. Il tempo vissuto dallo spirito e il tempo cronologico, con un velato riferimento alla filosofia di Bergson e alla filosofia degli antichi greci che prevedevamo quattro definizioni di tempo, tra cui Chronos e Aion.

–Il tempo cronologico e il tempo in cui vi è solo passato e futuro. – ricorda.

–Esatto! Proprio come abbiamo visto nell'analisi di Deleuze di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Aver iniziato a vivere l'università di pari passo con gli altri, ha significato anche che i tempi per consegnare alcuni elaborati sono giunti in men che non si dica. Il più importante è ovviamente quello di Morley.

–Che secchiona che sei, Fosty. – lo dice con voce divertita.

–Che vuoi farci, non ho le spalle coperte come te. – lo prendo in giro.

Andy non risponde. Mi volto a guardarlo. Si fa serio, come se avessi detto qualcosa che lo ha colto alla sprovvista.

–Ehi, scherzavo, eh. Te la sei presa? Che permaloso! Lo so che sei un poveraccio come me.

Torna a sorridere. – Ecco, mettiamo le cose in chiaro. Dunque, definiti i dettagli della nostra storia, passiamo alle domande più scottanti. – si ferma nel corridoio.

–Perché ti sei fermato? Ci stanno aspettando in mensa! Oggi ci sono le patate al forno. – mi lecco le labbra, ansiosa di gustare una delle poche cose buone che sappiano cucinare qui.

–Mi devo legare un laccio. – si inginocchia e comincia a fare ciò che dice. – Ma non mi distrarre, la domanda è...

–Fammi indovinare, – lo interrompo. – è: come hai fatto a indovinare che suono la batteria?

–Chi te l'ha suggerita, il tuo intuito femminile?

–Questa volta non c'è stato bisogno di scomodarlo. Me l'hai domandato solo quattordici volte da quando sono tornata a Princeton. Almeno una volta al giorno, quindi.

–Se svii sempre il discorso, è normale che mi rimanga addosso la curiosità.

–Se tu non mi dici come si chiami la vostra band, io mi sento in diritto di non risponderti.

–Sei astuta, Fosty.

–È bene che tu ne prenda atto. – mi metto a ridere.

Ride anche lui, poi si rimette in piedi e continuiamo a camminare.

–Shangs. – dice dopo qualche istante.

–Cosa? – mi volto un momento a guardarlo.

–La nostra band. Ci chiamiamo Shangs.

–Shangs? E che nome è? – corruccio la fronte.

–Stai dicendo che è brutto?

–Non oserei! È solo... strano.

–Perché? È figo!

–Sarà! E sta per qualcosa o è un vostro neologismo?

–Shahrazād's Wings. – pronuncia il primo termine aspirando alcune lettere, in una pronuncia insolita e perfetta. – È questo il nome intero. Jenny ha pensato poi di contrarlo in Shangs.

Le ali di Shahrazād. Penso subito a Le mille e una notte e alla sua protagonista.

–Oh, ora sì che è figo! C'è un significato dietro?

Deve esserci per forza. E deve essere stato per forza lui a proporlo. Ci sono le ali, che lui disegna continuamente. E c'è un nome che rimanda alla letteratura orientale e quindi ai possibili segni che ha sulle dita. Mi domando spesso cosa significhino, ma non trovo mai il coraggio di fargli delle domande in merito. Mi sono trovata a pensare che le ali possano esprimere un senso di libertà. Ma potrebbero rappresentare anche le ali della fantasia, seppur una volta si mostrò scettico nei confronti della mia visione più fantasiosa dei sogni e della vita. Quando mi dico che magari siano solo segni decorativi che si è fatto spiaccicare sulla pelle senza un perché, allontano subito il pensiero perché da uno come lui che ama scucire le storie, quasi pretendo che ci sia un significato dietro ogni tatuaggio.

–Può darsi...– fa spallucce.

–Ah, ecco che ricomincia a fare il misterioso. – scherzo.

Non calco la mano. Magari c'è dietro un significato profondo che non sente di voler condividere con me. Mi è stato insegnato che bisogna camminare in punta di piedi, come le ballerine più leggiadre, nella vita degli altri. Soprattutto di quelle che non si conoscono. Entrarci con delicatezza, e poi procede con passi leggeri, come quelli dei funamboli. Basta un soffio di vento, più aggressivo di qualsiasi altro, per cadere e fare una pessima figura. Quando ho provato a dare per scontate delle cose, infatti, come è successo più volte con Holden, l'ho fatta eccome. Ma, la maggior parte delle volte, sono sempre stata piuttosto brava a rispettare questo insegnamento.

–Fa parte del pacchetto Slater, Fosty. Ora è il tuo turno.

–Una frase che mi disse Imogen, prima di Halloween.

–Quando decantò il mio essere un orso?

–Già. – ridacchio. – Disse che senza matite tra le mani diventi un vecchio. Ho pensato, allora, che le bacchette di una batteria potessero essere delle specie di matite musicali... non so se mi spiego.

Giriamo per un corridoio, poi ci troviamo dritti in mensa. L'ambiente pullula già di studenti. Le macchinette sono prese d'assalto, insieme al bancone dove lavora la signora Van Pelt. Un tizio che ho visto una volta ad una festa che dovrebbe chiamarsi Jamie e qualcos'altro si diverte a fare il cascamorto con lei, chiaramente per farsi avere una porzione più abbondante di patatine. La signora Van Pelt, con le guance paffute diventate scarlatte, si lascia incantare, godendo per quei pochi istanti del brio di tornare ad avere vent'anni o poco meno.

–Delle matite musicali. Solo una testa come la tua poteva pensarci. – Andy mi sorride. – Ti sei avvicinata. La prima volta che Jenny ci propose di formare una band, sapevo suonare a malapena la tastiera. Poi, però, vidi una vecchia batteria abbandonata nel garage dove proviamo ancora oggi. Apparteneva a suo zio e in qualche modo attirò la mia attenzione. Quando presi le bacchette tra le mani avvertii immediatamente la meravigliosa sensazione di avere del legno tra le dita.

–E Imogen e Daniel sapevano suonare quando lei vi propose questa idea?

–Jenny sapeva cantare, sì. Mentre Dan sapeva strimpellare la chitarra, ma nulla di serio. Imogen lo ha poi costretto a prendere lezioni private, e quando lui ha scoperto che una ragazza, particolarmente carina, che abita nel suo stesso palazzo insegnasse proprio a suonare questo strumento, non ha faticato troppo a lasciarsi convincere. Per me è stato lo stesso, tranne per la parte della ragazza carina. Ho preso lezioni per due anni, poi ho iniziato a seguire un mio ritmo. Non immaginarci come i nuovi Rolling Stones. Ci divertiamo e basta.

–E io che ti vedevo come un Kurt Cobain dai capelli castani. – lo prendo in giro.

–In effetti mi ci vedo anch'io con i capelli più lunghi e lo sguardo tenebroso. – si passa le dita tra i capelli, ostentando una finta vanità.

Ridacchio. La nonna, semplicemente guardando una sua foto, ha percepito sensazioni contrastanti su di lui. Lo ha guardato negli occhi e ha avvertito che possa nascondere tristezza e ribellione. Ogni tanto ci ripenso e allora si intensifica la mia voglia di conoscerlo un po' meglio.

–Un giorno potrei accompagnarti? Mi piacerebbe vederla e in generale vedere come si muove una band.

–Il garage puzza di benzina e di metallo, non credo faccia per te. – fa un mezzo sorriso.

–Perché? Mi vedi come una sorta di principessina schizzinosa?

–Qualcosa del genere. – nasconde una risatina.

Spalanco gli occhi, incredula. – L'odore della benzina mi piace da matti. – gli confesso.

Andy allarga i suoi di rimando. – Non credevo che ce l'avresti fatta, e invece hai superato con successo il mio tranello. Trovo anch'io che la benzina abbia un profumo pazzesco.

Sollevo un sopracciglio. – Oh, quindi contraddirti sull'odore della benzina era una specie di parola d'ordine?

–Una specie! Ti sei guadagnata l'ingresso nel nostro lussuoso loft. Ti faccio dare un'occhiata da vicino agli strumenti, poi una prossima volta ti porterò alle prove. Facciamo venerdì, dopo il lavoro? Sempre che tu non abbia da fare con il tuo ragazzo. – guarda fisso di fronte a sé.

–Volentieri. Holden lavora in pizzeria fino a tardi fino al venerdì, purtroppo.

Un inghiottitoio. È l'immagine che adesso che sto imparando a nuotare in questo oceano, credo meglio descriva l'università. Ogni giorno si viene ingoiati in una spirale che sembra stringersi attorno sempre di più. È una macchina di cui noi siamo degli ingranaggi che non devono mai smettere di funzionare. In un certo qual modo, mi rende felice sapere di avere sempre qualcosa da fare. Di arrivare la sera, posare la testa sul cuscino e sentirmi stanca, ma appagata. Eppure, Holden aveva ragione: allontanarci, anche solo per due giorni, da tutto questo non ci ha fatto altro che bene. Quando mi sento triste perché posso vederlo solo a pranzo, o solo la mattina presto, prima di andare verso le rispettive aule, mi basta pensare ai suoi baci sulla mia pelle e subito la mia 'barra delle energie' (in stile videogame) si ricarica, con tanto di cuoricini che scoppiettano qua e là.

–Va bene – mi sorride. – Oh, sono già arrivati. – dice, indicando un tavolo poco lontano.

Quando torno a guardare di fronte a me, incrocio subito lo sguardo di Holden, come se mi stesse fissando già da un po'. Lo abbassa per un momento, poi torna immediatamente a guardarmi, sollevando gli angoli della sua bocca. Lo saluto con la mano, inviandogli uno sdolcinato bacio volante.

I ragazzi hanno occupato il tavolo che ormai definiamo nostro già da un po'. È vicino alle finestre che danno su una parte dei giardini, da cui si intravedono in parte la mano e il braccio di una statua che rappresenta una donna, una dea forse. Le pareti della mensa sono tinteggiate di giallo e lunghi tavoli di legno scuro sono piazzati qua e là, in un ordine che la matassa di studenti che scorrazza tra i vari corridoi copre, forgiando, una chiacchiera, uno sbaciucchiamento e qualche spinta alla volta, un clima caotico.

Holden è seduto sul lato che fronteggia l'ingresso da cui stiamo entrando io e il mio amico. Si porta il mio bacio al petto, ridacchiando, poi Violet, che gli siede accanto, lo distrae con una domanda. Alla sua sinistra c'è PJ. Di fronte a loro ci sono Roxy e Philippe. Paige è di turno alla caffetteria dove lavora, per cui non c'è.

Io e Andy ci scambiamo altre parole sul suo strumento, poi arriviamo sorridenti ai nostri posti. Mi siedo vicino a Roxanne, mentre Philippe si affretta a salutarmi con due rumorosi baci sulla guancia, in un'usanza così tanto europea e così poco americana. Sgomita con Roxanne, poi riesce nel suo intento di sedersi accanto ad Andrew.

–Finalmente! Avevamo una fame. Vi siete parsi nei meandri della letteratura?

–Persi, non parsi, Phil. – lo correggo – E poi, oggi avevamo Droopy all'ultima ora, normale che abbiamo ritardato. – lancio un sorriso nella direzione di Holden.

Lui stringe la mia mano in risposta. Non c'è più nessuno: solo lui. Attorno si fa tutto sfocato, il brusio un lontano sottofondo. Mi domando se smetterà mai di farmi questo effetto.

– Ehi cioccolatini, che volete da mangiare? Oggi vi faccio io da schiavetto. – PJ interrompe il nostro contatto visivo.

–Quello che prende Leen andrà benissimo anche a me.

– Che schifo, Holden. Un po' di virilità, amico mio. Che gli hai combinato, Kathleen? Da quando siete tornati dalla vostra città ha preso ad indossare quel buffo capello rosso che lo fa sembrare ancora più alto e a distrarsi a lezione. Sembra un pesce lesso ogni volta che lo guardo.

Non ne abbiamo parlato, ma immagino che PJ si sia comportato con Holden proprio come Roxanne ha fatto con me, al nostro ritorno: domande, domande, e domande. E frecciatine e battutine. Ora finge di non immaginare il motivo per cui Holden possa essere più... su di giri. Deve trovare divertente vedere il suo amico farsi paonazzo.

–Non è buffo, PJ. È un cappello di classe, da intenditori. Ma spiegati meglio: distrarsi a lezione? – sollevo un sopracciglio, sorpresa e divertita.

–Già, Kathleen. Sono giorni che non solleva più la mano quando la Ramirez fa delle domande.

–Ma davvero... – guardo Holden. Immaginarlo mentre si incanta a ripensare ai nostri momenti mi scalda le guance, ma allo stesso tempo mi impensierisce. Lui è Holden Morris, il genio della matematica. Non può fare figuracce a lezione per colpa mia.

–Non ascoltarlo. È un invidioso e basta. – lui alza gli occhi al cielo.

–Attento, altrimenti perderai colpi con la prof. – incalza Patty Lou.

–Non devo perdere proprio nulla. Siete voi che credete che sia nelle sue grazie.

PJ fa un riso sardonico. – Perché, non lo sei? Guarda che lo sanno anche i muri che ha la sua personale classifica dei migliori. Non è un caso che ti abbia messo in coppia con Violet per il lavoro di ricerca sul gaming e l'algebra. Anzi, pardon, lavorerete anche con Colin.

–Il fancazzista per eccellenza. – ride Violet. – Sarai il solo a sorbirti la mia genialità, Morris. – gli dà una pacca sulla spalla.

La mia mente riesce a captare solo le parole 'coppia' e 'Violet'. Da un po' di tempo lei è diventata la mia nuova fissa. Forse lo è stata sin dagli inizi senza che neanche ci prestassi troppo caso, ma adesso ci faccio caso eccome. Da quando Chas mi ha raccontato di quanto suo padre sia una figura influente e di spicco nel mondo accademico e della matematica, non faccio altro che pensare a quanto questa ragazza possa essere importante per questo college. Le scorre nelle vene il sangue di un possibile Premio Nobel, ma non sembra pesarle troppo sulle spalle. Al suo posto probabilmente camminerei con il capo chino, quasi timorosa di essere additata come 'la figlia di', eppure lei ha l'abilità di confondersi tra gli altri e allo stesso tempo di risaltare tra molte teste. Forse come solca i pavimenti, quasi a passo di danza, in linea con il suo corpo da ballerina, per i suoi colori glaciali, per come il suo mento è sempre all'insù. A differenza di altri, lei studia sul serio, dato il modo in cui Holden ne parla quando spettegoliamo sui nostri compagni. Non usa il nome di suo padre come culla su cui adagiarsi. Splende con la sua sola testa.

Holden è stato davvero fortunato a diventare amico di una ragazza così portentosa. Deve essere stato un gioco da ragazzi per lei trovargli il posto da speaker in radio. Probabilmente in futuro gli sarà ancora più di aiuto. Deve aver fiutato che il suo intelletto sia qualcosa di prezioso e più unico che raro.

– Lavorerete insieme? – domando.

– Oh sì, il tuo fidanzatino non te l'ha detto? – continua PJ.

– Prometto che non lo terrò troppo in ostaggio, Kathleen. – sorride Violet. Un sorriso timido.

Holden mi guarda, con la fronte leggermente corrucciata. – Te lo avrei detto dopo. Lo abbiamo saputo solo stamattina. E poi è solo un lavoro di ricerca, come tanti altri.

Sono certa lo stia minimizzando. Non manca molto alla fine del semestre e immagino la sua prof stia iniziando a raccogliere le somme.

–Sembra un lavoro interessante: il gaming e l'algebra. – osserva Andy.

–Già, concordo. – dico io, continuando a guardarlo nei suoi occhi grigi. – Sono sicura farete un lavoro all'altezza di ogni aspettativa.

–Ne sono sicura anch'io. Io e Holden formiamo un duo vincente, sempre e comunque, vero? – continua lei, indirizzandogli un sorriso.

Holden si gira e le sorride in risposta. – Non ce la caviamo affatto male.

Mi scappa un colpo di tosse. Un duo vincente, sempre e comunque. Accantono in un angolino alcune vocette che vorrebbero solleticarmi le orecchie e infastidirmi.

–Patty Lou, anche noi formiamo un duo vincente, vero? – PJ sporge le labbra nella direzione della sua amica, scimmiottando la voce di Violet.

– A proposito, è un tuo regalo il cappello rosso di Holden? – Violet si rivolge poi a me, ignorando la presa in giro di PJ.

–Sì, Violet. È il cappello alla Holden Caulfield. Sai, il protagonista di Salinger. Trovi anche tu che sia buffo?

Lei annuisce. – Il contrario. Lo trovo bello. Hai ottimi gusti, Kathleen. – abbassa il suo sguardo solo dopo averlo posato sulla collana che porto al collo e sull'anello giocattolo.

– Ci stiamo distraendo. Non è manconza di virilità, Philip Josh, ma di romanticismo. –Philippe cambia il disco.

–Chiamami ancora con quel nome orribile e il tuo imbarazzante accento francese si tramuterà in un perfetto accento americano in un paio di secondi. – PJ gli punta il dito contro. Il francese gli ha toccato un nervo scoperto.

–Sei davvero rozzo, Philip Josh. Hai un nome incantevole, proprio come il mio, e dimostri solo di avere pessimi gusti. – Philippe lo ignora, prendendo a fissare le mani di Andy.

–E tu sei davvero...

–Ma quanto siete carini! – Roxanne li interrompe, sistemandosi meglio gli occhiali da sole, e tornando a scribacchiare su un foglio a quadretti.

PJ smette di battibeccare, fissando la mia coinquilina. Mi illudo ancora che si scambino qualche occhiata sospetta, dopo i famosi balli di Halloween su cui Roxy è stata piuttosto sbrigativa, ma lui si limita a fare un sorrisino intimidito e a guardare oltre. Lei lo ignora come sempre, come se nulla fosse accaduto, e lui si ammutolisce. Le opzioni sono due: a Roxanne piace più di quanto voglia ammettere e sta facendo di tutto per negarlo a sé stessa, oppure gli vuol fare capire che non c'è storia: sono stati davvero due balli disinteressati. Quando ho provato a indagare, ha liquidato il tutto con la scusa che fosse ubriaca, sia al momento dei balli, sia quando mi scrisse quel messaggio.

–Io prendo quello che prende Holden che è quindi... quello che prende Kathleen. – Violet spezza le mie osservazioni.

I miei occhi scivolano di nuovo su di lei. Oggi indossa un basco blu cobalto, che risalta sui suoi bei capelli, chiari come il burro lasciato a sciogliere al sole per essere usato nell'impasto di una bella crostata di marmellata alle fragole. Sembra davvero una ragazza francese. In questi giorni mi sono accorta che ha i canini appena più lunghi del normale. Probabilmente se li avessi avuti come i suoi sarei sembrata la figlia sgraziata di Dracula, e invece su di lei sono carini. Su di lei, in realtà, tutto è carino: persino la montatura spessa che le copre gli occhi azzurri, così azzurri da sembrare tinti con qualche colorante, un po' come i confettini della M&M's. La fanno sembrare più sveglia, donandole la stessa espressione intelligente che ha Holden. In effetti vederli vicini fa strano. Sono entrambi eterei e geniali.

–Oh, sì. – mi riprendo subito. – Oggi so che servono le patate al forno. Vorrei quelle, il tortino agli spinaci e una bottiglietta di acqua...

–Frizzante. La prendi ogni volta. – mi anticipa PJ, segnandosi tutto sul cellulare e sorridendomi. La fila di denti perlacei che risplende sulla sua carnagione scura.

–Grazie, PJ. – gli sorrido di rimando.

–È un piacere, incantevole Kathleen. O almeno, lo è solo portare il cibo a te. Però mi fa comodo che Holden e Violet abbiano preso le tue stesse cose. Tu, francesino?

Philippe opta per il menù vegano, mentre Andy va di hamburger e patatine fritte. Quando tocca a Roxanne lei parla prima che PJ le faccia domande, chiedendogli una macedonia e il budino al cioccolato.

–Che stai combinando? – bisbiglio nel suo orecchio.

–Sto ripassando per l'esame di storia medievale. Domani il prof ci fa fare un esonero. – finge di non capire a cosa mi riferisca.

–E nel Medioevo le ragazze facevano le acide con i ragazzi interessati?

–Temo non avessero questa possibilità.

–Tu sì, invece.

–Beh, meglio approfittarne, no? – fa un sorrisetto, senza smettere di scrivere.

Sospiro, lasciando cadere il discorso. In fondo ne so anch'io qualcosa di 'acidità con ragazzi interessati'.

–Allora, André, mi parlerai mai di questi bei tatuaggi? Hanno decisamente un certain je ne sais quoi. – Philippe attira la mia attenzione, toccando le dita di Andy. La 'r' moscia più calcata che mai nel nome con cui lo chiama.

–Ora ci mancava solo 'André'. C'è qualche altro soprannome che volete darmi? – scherza il mio amico.

Bello da paura va bene? – civetta Patty Lou.

–Va bene André. – Andrew smorza il suo entusiasmo, guardando Philippe. – E no, Philippe, dei miei tatuaggi parlo a pochi eletti. Non di certo a chi me lo chiede ogni settimana.

–E come si fa a rientrore nei tuoi eletti?

Andy scrolla le spalle. – Ti deve piacer leggere, devi amare il profumo della benzina e non devi rompermi le scatole ogni due per tre. Proprio come Fosty. Lei sì che fa parte degli eletti. – mi fa un occhiolino veloce, palesemente per prenderlo in giro.

Mi metto a ridere, sentendomi presa in causa. Deve essersi accorto che fisso spesso i suoi tatuaggi. A lavoro ho avuto modo di notare che deve avere una qualche fissa per gli animali, perché oltre al lupo, sulla sua pelle abbronzata ci sono anche un serpente e una falena, insieme ad altre scritte arabe decisamente interessanti.

– Che puzza la benzina! Peggio per te, André! Io sono un artista, e quindi un privilegiato per comprendere la tua arte corporea. – Philippe smette di guardarlo, e si concentra su di me. – Kathleen, tu che fai parte di questi eletti, mi parlerai mai dei suoi tatuaggi? – sbatte le ciglia, mostrandomi da vicino i suoi occhi cerulei.

–Philippe... pensi sia una che tradisce i propri amici? I suoi tatuaggi sono un segreto tutto nostro. – faccio fare uno scatto alle mie sopracciglia. Poi do una gomitata ad Andy che subito prende a sghignazzare.

Philippe è il classico ragazzo con cui si può scherzare, che sta al gioco, e che si presta benissimo per essere preso in giro. In senso buono, ovviamente. Il suo aspetto impettito, il suo accento così poco usuale, la sua ingenuità di cadere negli scherzi che ogni tanto gli facciamo al club di disegno, come nascondergli l'astuccio o fingere che si sia macchiato il cravattino. Lui non si arrabbia mai veramente, si limita a imprecare in francese, o a scagliarci contro occhiate antipatiche che ci fanno solo divertire.

Il francese fa una smorfia. – Siete così complici voi due. Puah! – poi si avventa sulle mani di Holden, toccandogliele. – Hai le mani più belle del mondo, Holden! Se solo tu avessi gli occhi blu e le spalle più muscolose e ... – sospira.

Mi aspetto che Holden risponda. In effetti lo fa, ma ci mette qualche secondo in più di quel che aspettassi.

–E se fossi più bello? – lo stuzzica dopo un po', lasciandosi sfiorare le dita.

–Oh no, tu sei come Humphrey Bogart. – il modo in cui lo pronuncia mi fa ridere. – Non bellissimo, ma affascinante.

–Uffa, io volevo essere paragonato ad Alain Delon. – Holden fa una finta smorfia di disappunto che fa ridere persino Roxanne.

–Beh, chi è che non lo vorrebbe! Ma ricorda che Bogart conquista la bella Audrey Hepburn in Sabrina.

–Oh giusto, ne so qualcosa. – Holden mi getta un'occhiata.

–Dicevo, se solo tu...

–Non avessi una ragazza? – suggerisco, dandogli una spallata.

–Philippe, adoro il modo in cui pronunci il mio nome e sai sicuramente il fatto tuo in ragazzi affascinanti come il sottoscritto. Però, io ho già la mia Sabrina. Magari in una prossima vita. – Holden lo prende in giro.

Violet e io scoppiamo a ridere nello stesso momento, incrociando i nostri sguardi. Forse è una mia impressione, ma sembra che anche lei mi guardi più spesso ultimamente. O forse, di nuovo, sono sempre stata io a non accorgermene. Poi attacca a ridere anche Patty Lou. PJ è di ritorno dopo pochi secondi, con due vassoi colmi di cibo e bevande nelle mani. Sono la prima ad aiutarlo a tenere tutto in equilibrio, distribuendo ogni cosa al centro del tavolino che ci ospita e alleggerendolo così di ogni peso.

Cominciamo a mangiucchiare, mentre Patty Lou prende a smanettare al suo cellulare e Philippe si mette a raccontarmi della nuova tela che ha cominciato a dipingere nel weekend. La prossima settimana Miss Lefevre ci introdurrà all'arte sacra, in un percorso che durerà fino all'inizio delle vacanze di Natale.

–Ragazzi, che ne dite se questo sabato ci divertissimo tutti insieme e facessimo qualcosa di diverso? Mi sono appena accorta di aver vinto dei biglietti per il bowling. – trilla Patty Lou.

–Dove li hai vinti? – si informa Roxanne in modo annoiato. Ogni tanto si degna di ricordarci la sua presenza.

–Oh, io sono iscritta a vari siti. Spero sempre di vincere dei biglietti per uno dei concerti del mio Harry. L'altro giorno ho evitato per un pelo una truffa. Volevano scambiare i biglietti che ho vinto per una fiera per dei biglietti per Henry Stile. Mi sono accorta subito che il nome fosse sbagliato.

–Che occhio... – dice Roxanne.

–Io ci sto, ovviamente. – biascica PJ, con due patatine in bocca.

Roxy lo guarda per un attimo, facendo scaturire in PJ la voglia di trangugiarle velocemente.

Si accodano anche Philippe e Violet. Holden mi guarda come a richiedere tacitamente la mia opinione. Annuisco, sorridendogli. Non voglio essere quel tipo di fidanzata che mette da parte gli amici, soprattutto ora che posso dire finalmente di essermene fatta qualcuno.

–Andy ovviamente sei invitato anche tu, e se vuoi porta pure la tua ragazza. – dice Violet.

–Ragazza?! – fa Patty Lou, sollevando lo sguardo dal cellulare. – Da quando hai una ragazza?

–No, ma io lo dicevo così, proprio perché tu hai sempre dato per scontato che lui non ne avesse una.

L'attenzione di tutti si sposta allora verso di lui.

–Non ho una ragazza, Violet. Ma comunque non credo che sia una buona idea. C'è il lavoro e...

Lo guardo, sollevando un sopracciglio. Lui deve intuire che stia pensando che sia un noiosissimo orso in letargo, perché scuote per un momento la testa, poi fa cambiare rotta al suo discorso e accetta.

–Ottimo. Allora Patty avrai davvero una chance. – Violet sorride. – Ovviamente scherzo, Andy.

Lui annuisce, tirando le labbra in un sorriso che assomiglia più a una smorfia. Pagherei per sapere cosa stia pensando veramente.

***

–Dunque, abbiamo chiarito la trama e la cornice spazio-temporale in cui muoverci. Adesso dobbiamo definire bene la caratterizzazione dei personaggi. – comincia Andy. È stravaccato sul divano della cucina, i gomiti sulle ginocchia, una penna dietro l'orecchio e un quaderno piegato su sé stesso nella mano destra.

Sandy mi guarda con gli occhi socchiusi e il mento poggiato sulle sue zampe anteriori, incrociate davanti a sé. La guardo di rimando, inginocchiandomi alla sua altezza e capendo come farla divertire, senza farla affaticare. Spingo il pancino di un pupazzo a forma di pagliaccio che subito fa un verso buffo. Lei non si scompone.

–Giusto. Allora abbiamo sicuramente Seamus, la bambina dai capelli rossi a cui dobbiamo dare un nome, almeno due tizi del canile, e dei personaggi di contorno da aggiungere in itinere. Bambini perlopiù, ma anche qualche adulto. – prendo a far dondolare davanti ai suoi occhi un birillo di gomma.

–Ottimo. Seamus com'è? Un tipetto più alla Oliver Twist o alla Dodger?

–Chi ti dice che mi sia ispirata al romanzo di Dickens? – domando.

–Il mio intuito maschile. – mi fa il verso.

Alzo gli occhi al cielo, divertita. Andy si schiarisce la voce. Mi volto. Mi indica con il mento il libro di letteratura vittoriana che troneggia sul tavolo. Faccio una risatina imbarazzata.

–Fosty... ripeti da almeno dieci giorni, senza interruzione, ogni cosa che riguardi quel poveretto.

–Giusto! È che ho un test la settimana prossima. Ma comunque, ho preso solo ispirazione. Non è stato mica l'unico a parlare di orfanotrofi e delle cattive condizioni in cui versassero i riformatori. Detto ciò, tu come vorresti che fosse Seamus? – avvicino una palla di gomma al musetto di Sandy. Lei la annusa. Eureka!

–Io come ti sembro, un tipo più alla Oliver o alla Dodger?

–Vuoi che Seamus sia a tua immagine?

–Hai creato praticamente tutto tu, certo che voglio che il protagonista mi assomigli.

–Mhm, allora direi che tu sei a metà. Hai il portamento scanzonato di Dodger, ma hai il cuore di Oliver.

–Perché, il cuore di Dodger che ha che non va?

–Nulla. È solo un ragazzino, in fondo. È solo che nel libro ci viene mostrato quello di Oliver che è buono e onesto. E tu mi sembri un ragazzo buono e onesto.

–Non credo che Dodger fosse cattivo.

–No, ma è un ladruncolo, furbo e manipolatore.

–È un ragazzino tutto da scoprire. – mi corregge. – Dodger è uno di quei personaggi rotti dentro. Oliver lo è a sua volta, in parte, ma meno. È un diverso tipo di rottura.

–Chi è che non è almeno un po' rotto dentro? Una crepa qua, una crepa là. – mi volto di nuovo a guardarlo. Poi vedo la cagnolina giocare con la palla e mi alzo in piedi.

–Già, temo ciò faccia parte della vita. Tuttavia, si dà poco spazio a quelli come Dodger. I personaggi come lui nascono e muoiono come figli di nessuno; hanno tanto da raccontare, ma nessuno che voglia realmente ascoltarli. Noi sappiamo quale futuro avrà il piccolo Oliver, ma quelli come Dodger? Perché Dickens non ce lo ha raccontato? – prende a riempire un quadretto del foglio che lo fronteggia.

–Perché non c'era bisogno di farlo. A quei tempi c'erano solo due strade per quelli come lui: la redenzione seguita da un grosso colpo di fortuna... o...

–La forca. – mi interrompe. – Seamus sarà un ladruncolo, alla Dodger. È deciso, se per te va bene. – liquida la faccenda.

–Va benissimo. Senza forca, però.

Si mette a ridere.

–Ora passiamo a Molly. Lei sarà...

–Come te: intelligente, dalla bella parlantina e un po' buffa.

–Stai dicendo che sono buffa? – fingo di accigliarmi. – Oggi stai tirando fuori tutte le criticità che vedi in me.

–Lo sei! – schiva la mia occhiataccia, mettendosi a scrivere a tutta velocità. – Credi che possano bastare quattro capitoli più l'epilogo finale? Morley aveva parlato di massimo trenta pagine. Io me la cavo abbastanza bene con le parti dialogiche. Tu potresti occuparti di quelle più discorsive. Ovviamente dovremo comunque lavorare braccio contro braccio per evitare di creare qualcosa di frammentato.

–D'accordo, mi sta bene. Entro la prossima settimana penso che avremo finito almeno la metà della storia. Così per il Ringraziamento saremo a un buonissimo punto e consegneremo il lavoro per tempo. A proposito, cosa farai per il Ringraziamento? Mia mamma e Bob, il suo compagno, verranno qui, te l'ho detto?

–No, non ne abbiamo ancora parlato. Quindi rimani qui?

–Sì, la mamma ha insistito dato che Holden ha già speso parte dei suoi risparmi per Halloween. Non vogliono che spendiamo ancora altri soldi, per cui verranno qui, insieme ai parenti di Holden. Staremo in un albergo e vedrò di portarli in qualche posto figo in cui mangiare piatti tipici. Tu?

–Torno a Trenton, dai miei e da mio nonno. – non stacca gli occhi dal quaderno.

–Che bello! Li rivedrai dopo tanto tempo. Sei felice? – con la punta della scarpa passo la pallina a Sandy.

–Beh, sentirmi chiamare Junior non sarà il massimo, ma... mangio sempre cose buone per le feste, quindi direi che va bene così. – abbozza un sorriso. – A proposito, Seamus avrà ovviamente l'aspetto di Biagio.

Il suo amico a quattro zampe si catapulta al suo fianco in pochi secondi, non appena si sente preso in causa.

–Occhi neri e lucidi come bottoni e musetto con i baffi. – descrivo. – Sarai un ladruncolo dal cuore buono, amico della piccola... come potremmo chiamarla?

–Beatrice? – propone Andy, mentre Biagio prende a scodinzolare vicino a Sandy.

Li guardo sorridente, poi mi avvicino al bustone del loro cibo e lo carico in spalla. È alquanto pesante e perdo l'equilibrio per un momento.

–Beatrice? Che bel nome!

–Già. – lascia il quaderno e mi si avvicina, prendendomi il sacco e dandomi due bottiglie di acqua. Gli lancio un'occhiataccia da donna ferita nell'orgoglio, ma lui mi ignora. – Significa 'colei che dà beatitudine'.

–È perfetto, allora. Beatrice ridarà felicità a Seamus, e insieme vivranno un'avventura che li porterà a salvare altri cani.

–Bingo, Fosty. – mi punta l'indice contro, andando fuori.

Aiuto Sandy a camminare all'aperto, così che possa cenare insieme agli altri cani.

–Come fai a conoscere il significato del nome 'Beatrice'?

Una volta fuori, Cookie, Pearl e Baxter ci saltano addosso. Cookie mi saltella fino alle ginocchia, mentre io passo le dita tra i suoi riccioli color champagne. Riempiamo le ciotole con il cibo e con l'acqua, poi prendiamo i collari, avvicinandoci alle inferriate che fronteggiano le cucce. Ormai sono pratica con le mie mansioni ed è una bella sensazione.

–Conosci la Divina Commedia? – giochicchia con un collare, voltandosi nella mia direzione.

Oggi indossa una felpa nera degli Iron Maiden su dei jeans strappati sulle ginocchia. Sì, lui ha decisamente l'atteggiamento alla Dodger. Non me lo immagino a fare il ladruncolo o il manipolatore, per quello avrebbe bisogno di uno sguardo più algido e di un sorriso più tagliente, mentre lui è troppo riservato e discreto per interpretare il ruolo del monellaccio, ma ha lo stesso portamento disordinato, anticonformista e disinvolto del capo banda dei ragazzini di Fagin.

–È l'opera di quell'italiano... – mi fermo, in cerca di un suo aiuto.

–Di Dante Alighieri. – risponde. – Dante ci parla nella sua Commedia di quello che per lui è l'Aldilà. C'è l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso che sono le tre cantiche, ognuna divisa in dei capitoli chiamati canti. Fino al Purgatorio, sua guida è il poeta Virgilio. Giunti in Paradiso, c'è Beatrice, la donna angelicata di cui Dante era innamorato. Lei rappresenta la sua salvezza e non è un caso che faccia la sua apparizione proprio nell'ultima cantica, quando il poeta è ormai purificato da ogni peccato, libero dalla "selva oscura" di cui ci parla nei primi versi dell'Inferno.

Ci metto un po' ad assorbire ogni informazione. Non mi sono mai avvicinata alla letteratura italiana. Mi è sempre stata insegnata solo quella inglese e americana, ma dopo aver ascoltato di 'purificazione', 'selva oscura' e 'donna angelicata di cui un poeta era innamorato' mi sembra che mi manchi qualcosa. Che debba assolutamente recuperare quest'opera e, in generale, qualsiasi testo che mi possa scavare dentro e insegnarmi altre cose che non so.

–Wow! – è l'unica cosa che riesco a dirgli. – Sei davvero colto, Orso Andy. – constato che stargli vicino mi permetterà di vagliare il suo bagaglio culturale, di cui, ne sono sicura, sto avendo solo degli assaggi.

–È bene che tu ne prenda atto! – tira su gli angoli della sua bocca. – Ecco spiegato il motivo per cui sappia cosa significhi il nome della nostra protagonista umana.

– Mi sembri un esperto in materia. Sei un po' in fissa con quest'opera, o sbaglio? – piego la testa di lato.

Andy mi passa un paio di collari, facendomi notare con un gesto del capo che i nostri amici a quattro zampe abbiano già divorato il loro pasto. Diamo a Sandy la sua medicina, poi ripuliamo il cortile, e infine sistemiamo i cani per la passeggiata serale.

Quando siamo fuori dal canile per il consueto giro del quartiere, ricomincia a parlare.

–Sono parecchio in fissa con la Commedia. – mi conferma. – Alcuni miei tatuaggi si ispirano all'opera.

Mi volto a guardarlo, colta di sorpresa. Sandy cammina con lentezza e Andy regolarizza il ritmo della passeggiata a quello della sua andatura sbilenca.

–Davvero?

–Sì. Hai certamente notato che ho degli animali disegnati sulle dita.

–Potrei...– faccio la vaga, tornando a guardare di fronte a me.

Ridacchia. –Ecco perché mi sei simpatica, Fosty. Sei davvero buffa.

–Sono buffa perché fingo di non aver spiato i tuoi tatuaggi? – giriamo per una stradina.

–Già! Il più delle volte ti si legge tutto in faccia. Però non sei una ficcanaso ed è questo quello che più mi colpisce. Hai scritto persino sulle orecchie che vuoi farmi mille domande, ma le trattieni, le nascondi fino a quando non ti ci si punta un fascio di luce contro.

–È quello che mi rende una tua eletta, no? – gli ricordo.

–Per l'appunto. Non ci tengo ad avere sulla coscienza una bugia detta a Philippe, per cui ti andrebbe se ti raccontassi di tre dei miei tatuaggi?

–Potrebbe andarmi, sì. – insisto nel fare la finta tonta.

Lui scuote la testa, ridendo. – Dunque, – si schiarisce la voce. Per un momento il suo modo di fare mi ricorda quello del professor Morley. – nella Divina Commedia, nell'Inferno in particolare, Dante incontra tre belve: la lonza, la lupa e il leone. Rappresentano allegoricamente tre peccati che ostacolano la redenzione e il raggiungimento dell'ordine per la società cristiana medievale.

Ci fermiamo vicino a un lampione quando Pearl tira il collare di Andy.

–Quindi ti sei tatuato... dei peccati? – corruccio la fronte.

–Non proprio. Se Dante ha scelto tre fiere che rappresentassero degli ostacoli alla redenzione, io ne ho scelte tre che non mi impedissero di avere equilibrio, ma che, al contrario, mi aiutassero a raggiungerlo.

–Oh. E hai scelto il lupo e...

–Il serpente e la falena. – mi mostra la sua mano sinistra, allargando le dita per permettermi di osservarla meglio. Ha alcuni calli qua e là e le unghie sono cortissime. La pelle è lisca, e meno ricca della destra, ma i disegni spiccano in egual misura. Sull'indice sono tracciate altre scritte arabe dal significato per me inaccessibile. A strisciare attorno al suo dito medio vi è un lungo serpente dagli occhi chiusi che puntano verso la punta del suo dito. Lo attorciglia da sopra a sotto, percorrendo un immaginario percorso che cattura immediatamente la mia attenzione e che percorro a qualche centimetro di distanza con la punta del mio indice. Sull'anulare, infine, ci sono piccole falene. Alcune hanno le ali spiegate, altre le hanno chiuse, in una posizione di riposo.

Li avrà certamente disegnati lui. Riconosco subito il suo tratto e il modo in cui sfumi i colori scuri.

– Sono quindi degli animali guida? Dei totem?

– Possiamo metterla così, sì. Tu che interpretazione dai a questi tatuaggi? Ti sei fatta delle teorie?

– Mhm... può darsi. – li fisso, cercando di cogliere dettagli che magari mi sono sfuggiti. – Ho pensato che il lupo potesse far riferimento alla tua tendenza a circondarti di poche persone, a sceglierti con cura il tuo branco. Me lo hai detto anche tu, non sei uno che cerca la popolarità. – alzo lo sguardo su di lui.

Andy si limita ad annuire, senza permettere al suo viso di mostrare segni di consenso o di contrarietà.

– La falena, invece, è un animale principalmente notturno e se prima avrei detto che anche qui ci può essere un collegamento con la tendenza allo stare da soli, ora mi viene da pensare che tu veda questi insetti come 'figli di nessuno', per riprendere il discorso di poco fa.

– Figli di nessuno?

– Già. Sono delle farfalle dalle ali nere e squamate, ma quelle dalle ali colorate sono di certo più accettate e ben viste.

– E il serpente?

– Mi viene subito in mente la Bibbia, nella quale il serpente rappresenta l'animale tentatore, l'alter ego del diavolo se vogliamo, ma nel tuo caso potrebbe rappresentare un simbolo che, al contrario, esorcizza la tendenza a cedere alle tentazioni, che ti dimostra quanto tu abbia un temperamento ferreo?

Rimane in silenzio per qualche secondo, poi annuisce.

–Sì e no. Il serpente nella mia interpretazione rappresenta la costante tendenza di ognuno di noi alla metamorfosi. Ci sono eventi della vita che fanno sì che noi cambiamo la nostra pelle, un po' come i rettili cambiano la loro muta. Di solito sono però anche bravo a resistere alle tentazioni. – fa un piccolo sorriso, guardandomi negli occhi.

Ha ragione. Cambiamo la nostra pelle continuamente, lasciandoci alle spalle quelle vecchia, che non ci serve più, che in qualche modo ci sta stretta. Chissà lui quali storie dall'impatto così profondo da fargli cambiare muta ha vissuto.

–Forte! E per il resto? Ho indovinato?

–Hai indovinato. – si inginocchia per ripulire il ciglio della strada dai ricordini di Pearl.

Lo aiuto, poi lui fa qualche passo in avanti, riprendendo a farci camminare. Lo seguo, aiutando Sandy a rimettersi su tutte e quattro le zampe. Mugola per qualche secondo, poi mi concede di lasciarle un bacio sulla testolina e riprendiamo la passeggiata.

–Il lupo è un animale molto selettivo. Ha il suo branco, il suo territorio, le sue regole, un suo modo di comunicare. Con l'ululato riunisce i suoi compagni, con una data postura indica se ci sia pericolo e se quindi ci siano delle minacce. Io... credo di rivedermici. Sono poche le persone di cui senta mi possa fidare, e va bene così. La falena, d'altra parte, è un animale notturno, attirato dalla luce. Una farfalla più sgraziata e più cupa che però non fa del male a nessuno. L'ho scelta come mio animale guida perché anche a me piace più la notte del giorno e perché ho le mie personali luci da cui mi sento attratto. E... il serpente, lo sai già.

Incasso le spalle, rimuginando su quanto mi ha appena raccontato. Lo avevo detto che un tipo come lui doveva aver per forza scelto con cura cosa imprimere sulla sua pelle. Andrew è un ragazzo sfuggevole e schivo, ma è anche semplice e genuino. Di una semplicità bella. Sin dal primo giorno mi ha aiutata a rendere più veloci le mie lancette, e lo ha fatto a piccoli passi, dandomi fiducia. Far parte del suo branco deve essere qualcosa di cui essere fieri, secondo me.

–Mi piacciono molto. – gli confido. – Ti si addicono, insieme a tutti gli altri...

–Beh, per quelli non c'è fretta, no? Fa parte del...

–Pacchetto Slater: misteri e sotterfugi. – lo prendo in giro.

Si lascia andare a una risata. – E tu? Hai tatuaggi?

–Oh no, ce la vedi una principessina schizzinosa come me con dei tatuaggi?

–A una a cui piace il profumo della benzina, sì! Ti vedo con un bel teschio stampato sul petto e una rosa sul braccio. – mi mostra il bicipite. Chiaramente mi sta canzonando.

–In stile galeotta o motociclista disperata?

–Galeotta. – ride ancora.

Mentre torniamo al canile, rifletto su quanto sia stata fortunata anch'io a trovare un amico come lui. Non avrà alle spalle una famiglia importante come quella di Violet, ma anch'io ho trovato un amico a dir poco geniale.

Oh, eccoci! Ciao a tutti, girasoli! Come state? 💚

Il fondo del mio caffè, rigorosamente turco e amaro, mi ha rivelato che per questo capitolo riceverò commenti del tipo: "Violet, ma che vuoi? Fatti un po' più in là" e "Kat, non ti allargare troppo con tutti questi pensieri su Andy, va bene?" e "Holden e Kat ma che cavolo combinate? Sbaciucchiatevi platealmente come ha suggerito Roxy!". Chissà se avrò fatto cilecca nella lettura e se quindi mi direte che Violet e Andy vi stanno sempre più simpatici! 😇

Detto ciò, questo è stato un capitolo decisamente meno zuccheroso e più incentrato sulle new entry. Ve lo avevo anticipato però, no? Dopo il  miele degli ultimi capitoli, trovo che adesso sia arrivato il momento di mettere in campo i nuovi personaggi. Io, intanto, mi metto comoda (neanche più di tanto, visto che devo scrivere tutto io) e aspetto le vostre opinioni! Vi piace la trama del lavoro a cui hanno pensato Kat e Andy? E dei tatuaggi di quest'ultimo? E del lavoro sull'algebra e il gaming che faranno Violet, Holden e... Colin il fancazzista? E su Philippe? E su PJ e Roxy? E... Vabbè, ci siamo capite! Sono tutta orecchi!!!

Il capitolo 16 è in corso, per cui spero di non farvi attendere troppo per leggerlo ✨

Grazie mille, come sempre, per ogni singola stellina, ogni singolo commento e messaggio. Vi voglio bene! 🥺❤️

A prestissimo,

Rob

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