V
La mattinata passa in fretta, giocando con Martin e scherzando con Benedict. Ora sono le 16:30 circa e io e Marco stiamo camminando per il centro. Io avvicino la mia mano alla sua, ma lui la rifiuta e mette la sua mano in tasca.
"Giada, ti devo parlare"
Ti devo parlare! La frase che ogni adolescente odia con tutto il cuore! Ti trasmette ansia, insicurezza, paura e ti fa tornare alla mente tutte le cose cattive che hai fatto durante il corso della vita. Rabbrividisco ogni volta che sento quelle tre parole.
"Dimmi tutto"
Gli faccio un mezzo sorriso e lo guardo, lui con gli occhi bassi si siede su una panchina e mi invita a sedermi affianco a lui.
"Non interrompermi, ok? É tutto un discorso lavorato, ho scelto con cura gni singola parola. Ecco, il fatto é che, non lo so, non mi sento degno del tuo amore. Non lo so che é successo tra noi, ma vedo un grande distacco di questi tempi. Lo sto facendo solo per te, non ti voglio far soffrire. Eh, beh, io ti sto lasciando..."
"Hai finito?"
"Si..."
Ho le lacrime agli occhi. Mi alzo e me ne vado senza dire una parola. Marco rimane lí su quella panchina di merda che resterà per sempre il luogo dove tutto é avvenuto. Dove mi ha lasciata. Dove é terminato un amore lungo piú di 5 mesi. Perché a me? Perché?! Allontanatami abbastanza da Marco inizio a correre verso la stazione piú vicina. Arrivata, mi asciugo le lacrime e chiamo mia madre.
"Pronto mà, sono io. Alessia mi ha invitata a casa sua, volevo solo avvertirti."
"Ok tesoro, divertiti!"
L'autobus arriva, salgo, timbro il biglietto, mi siedo in disparte e prendo le cuffie, annodate, come al solito. Provo a slegarle una, due, tre volte, ma oggi la pazienza é poca e lancio le cuffiette a terra. Inizio a piangere come una bambina, quando una mano mi tocca la spalla. Mi giro: é Ben.
"Che é successo?"
"Il mio ragazzo mi ha lasciato..."
"Ti vuoi sfogare?"
Non gli rispondo nemmeno. Crollo nelle sue braccia e lui mi da qualche pacca sulla spalla. Alla mia fermata, mi stacco da lui.
"Il conto della lavanderia lo paghi tu però!"
"Perché?"
"Beh, chi é che mi ha bagnato la giacca nuova di lacrime?"
Riesce a farmi sorridere un poco, fino a quando noto che l'autobus sta per ripartire.
"Ah Giada, tieni"
Mi porge le mie cuffiette ancora annodate, lo ringrazio gentilmente e scendo. Gli sorrido e mi fa un sorrisetto di rimando. Suono ad Ale che mi apre subito, senza chiedermi niente, mi fa accomodare in camera sua e le racconto tutto, da Marco a Ben.
"Dimentica Marco. É Benedict che ti devi tenere stretto"
"Lo so, ma ci sono due problemi:
1) Ben mi ricorda troppo Marco, é dolce, gentile, amabile...
2) Amo ancora Marco. Non riuscirò ami a dimenticarlo, é come se quel ragazzo mi abbia migliorato la vita solo con la sua presenza. O almeno, fino a oggi..."
"E perché, io non conto?"
"Sisi, certo che conti, ma tu sei diversa perché ti conosco da piú tempo e quindi ho avuto piú occasioni per conoscerti meglio. Inoltre, so che tu non mi abbandonerai mai e per questo mi fido cosí tanto da raccontarti tutto quello che mi succede sicura che tu non dirai niente a nessuno"
Abbasso gli occhi imbarazzata e mi abbraccia. Amo i suoi abbracci, sono la cosa piú dolce al mondo. Si stacca, prende il mio telefono e mette la mia canzone preferita: White flag, di Dido. A lei non piace molto, ma a quanto pare vuole farmi sentire meglio con quella canzone. Non capisce che peggiora la situazione, ma provo a sorriderle. Suona il mio cellulare: é Marco. No, non voglio rispondergli. Lancio il telefono contro la parete della camera, Ale lo prende, risponde e va in bagno. La sento gridare contro il cellulare. Non voglio che si arrabbi contro Marco per colpa mia. Mi affaccio alla finestra come se non stesse succedendo niente, anche se le urla di Ale si é ntono forte e chiaro. Dopo circa due minuti torna in stanza con il mio cellulare nella mano destra.
"Che stronzo"
"Che ha detto?"
"Che ti ama ancora ma non se la sente di stare con te ma che non ti vuole perdere"
"Sisi, mi fido proprio delle sue parole..."
Ringrazio Ale per l'ospitalità ed esco. L'autobus dovrebbe arrivare tra mezz'ora ma non ho voglia di aspettare, perciò mi avvio a piedi, mi dovrei sbrigare con un'oretta.
Camminare in genere mi aiuta a pensare, a riflettere, ma oggi proprio non riesco a pensare a niente. Mi fanno male i piedi, non ho voglia di srotolare le cuffie, voglio solo arrivare a casa sana e salva. A Marco ci penserò domani.
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