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33 • QUANDO L'AMORE DIVENTA DOLORE

Il parquet era caldo ma scomodo. Il cameraman nel suo bozzolo russava, pareva un trattore. E certi pensierini a luci rosse di certo non aiutavano.

E se invece provassi a dormire accanto a David? In fondo, cosa potrà mai succedere? Si chiese Stella, a un certo punto.

Si sollevò seduta. Lui dormiva già. Lo poté captare dai suoi respiri profondi e regolari.

Si decise. Si alzò in piedi, e nella penombra, senza fare rumore lo raggiunse, coricandosi accanto a lui, sul sottile materasso. Dandogli le spalle, si tirò su la coperta fino al collo, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi.

Ma di lì a poco il Damerino ruppe la quiete.

«Finalmente ti sei decisa.»

Il cuore le schizzò in gola. Sbarrò gli occhi, imprecando mentalmente.

«Ti stavo aspettando, Marlena

Lei sospirò, scocciata, serrando le palpebre e passandosi una mano sul volto.

«Senza te accanto è impossibile dormire.»

«Ci sei riuscito per tre anni...» roteò le pupille verso l'alto, sbattendo ripetutamente le ciglia, e storcendo la bocca in un'espressione infastidita.

«E chi ti dice che io ci sia riuscito? Con gli incubi non dormi. Con gli incubi ci lotti, cerchi di sopravvivere.»

«Ritenta e sarai più fortunato. 'Ste frasi del cavolo non mi fanno sciogliere, mi fanno pena.»

«Sei una donna senza cuore.» La voce incrinata, rotta come un vaso di ceramica che cade al suolo. «La stessa che tre anni fa ha spezzato il mio, di cuore.»

Quelle parole furono per lei una pugnalata nello stomaco. Una ferita che si riapriva. E lo sapeva benissimo che stava solo fingendo. Il dolore indubbiamente c'era, ma lui stava decisamente calcando la mano. Era solo un insidioso tranello per farla sentire in colpa e farle abbassare la guardia.

Un tranello in cui cadde con entrambe le scarpe.

La dura corazza che fino a quel momento aveva indossato iniziò a indebolirsi. I toni si addolcirono. «Mi dispiace per ciò che successe tre anni fa. Sono stata una stupida, un'ingenua.»

«Mi hai fatto del male.» Continuò lui.

Lei si sentì morire. Un nodo le intrappolava le parole in gola. «Sono stata più male io, credimi.» Riuscì a dire soltanto.

Lo sentì rigirarsi tra le coperte. «Ti prego guardami, Marlena

Stella si voltò verso di lui. Si trovò di fronte lo sguardo di un uomo ferito. In quegli occhi si agitava l'oscurità, l'inquietudine. Era tempesta e caos.

Fece un paio di respiri profondi, cercando dentro di sé la forza. Il coraggio di mettere fine, una volta per tutte, a quella storia che stava logorando entrambi.

«David ascoltami...»

«No, ti prego no.» La interruppe lui. «Non continuare a rifilarmi le solite bugie, perché tu...»

«David per favore fermati.» Questa volta fu lei a interromperlo. Lui si zittì, guardandola serio. «Io non ho mai provato niente per te. Mai. Nemmeno per un istante. E ti chiedo ancora scusa. Se ti ho illuso, se ti ho spezzato il cuore, se ti ho fatto perdere la testa. Se ti ho lasciato senza una vera spiegazione, senza farmi più trovare. Ma tra di noi, credimi, non sarebbe potuto esistere niente, fuori da un letto. È stata solo la sciocca bravata di una ragazzina, la mia. Ma ormai una ragazzina non lo sono più.»

David deglutì, cambiando per una seconda volta posizione. Si distese di schiena. Lo sguardo perso nel vuoto. Quella parola, fine, faceva male. Diamine, se faceva male!

«Quindi sono venuto qui per niente.» Sussurrò, ormai svuotato di ogni speranza, ma restio alla rassegnazione.

«Se sei qui per me, allora sì.»

«Quindi è finita. È finita qui.»

Lei si premette due dita sugli occhi per non piangere. «Scusa. Per quanto possa contare. Scusa.»

«Dammi almeno un bacio. Dammi un ultimo ricordo a cui aggrapparmi.»

Stella avvampò. «David non possiamo. Se ci scoprono ci squalificano.» Disse, seppur poco convinta.

Poi si sollevò seduta e lanciò uno sguardo al cameraman. Dormiva, avvolto nel suo sacco a pelo. In quel momento russava appena.

«Ti sto chiedendo solo un ultimo ricordo di te, Marlena.» Proseguì lui.

«E poi? Poi sparirai?»

«Te lo prometto.»

Lei sospirò. Si sentiva un fuoco. Per quanto lo odiasse, era dannatamente attratta da quell'uomo. Ma non poteva. Non voleva.

«Non posso.»

«Solo un bacio, Marlena. Per te non sarà niente. Per me sarà tutto.»

Lei deglutì, sopraffatta dai sensi di colpa, come spine premute sul cuore. Allora si tolse la maglietta. Rimase in reggiseno. Abbassò la spallina destra, voltandosi in sua direzione, mentre lui si sollevava seduto.

«Ricordati di questo.» Con quattro dita si scostò il sottile strato di pizzo che copriva il suo seno destro, scoprendosi quasi del tutto. «Ricordati che ti porterò sempre con me, David.»

Guarda l'ennesima cazzata adolescenziale.

Lui, di fronte a quel centosedici tatuato sul seno, rimase senza parole. «Ma allora...» non finì nemmeno la frase.

Le infilò una mano tra i capelli, traendola a sé.

La baciò con passione, disperazione, dolore, bramosia. La baciò come se quello fosse stato il suo ultimo respiro. Come l'ultima preghiera di un condannato a morte. E lei ricambiò, abbassando qualsiasi tipo di difesa e lasciandosi trasportare dal momento.

Finirono stesi sul materasso. Lei sotto di lui, lui a petto nudo sopra di lei, intrappolato tra le sue gambe, mentre i pensieri diventavano confusi, i desideri si accendevano pericolosamente. Gli istinti che dominavano su tutto il resto. Il piacere che annullava la razionalità, bruciava ogni freno inibitore.

Bruciarono in fretta, continuando a divorarsi, famelici, spogliandosi, toccandosi. Si trovarono completamente nudi, senza nemmeno rendersene conto.

Erano due mondi diversi che s'incontravano per sbaglio. Un errore. Un'anomalia. Un imprevisto.

Due corpi posseduti dal demone della lussuria. Peccatori. Nudi.

Fu così che Lauro li trovò quando entrò in quella stanza.

E per un attimo non batté ciglio. Come se lo schifo che si stava consumando sotto i suoi occhi non fosse davvero reale, ma solo un dannato incubo.

Ma poi arrivò. Una pugnalata in pieno petto, improvvisa. Dolore al cuore, male allo stomaco da togliere il fiato, una spaccatura al centro del torace.

Senza fare rumore richiuse la porta e corse via.

Con le lacrime agli occhi uscì in strada, ricominciando a correre, senza una meta, in preda a una furia cieca.

Ben presto si ritrovò in spiaggia, a spalancare la bocca in gridi muti soffocati dal pianto, a prendere a calci e pugni un tronco arenato sulla sabbia, le nocche macchiate di sangue.

L'oscurità l'avvolgeva. Solo.

Solo con il suo dolore, con quelle sporche immagini che continuavano a tormentarlo, a umiliarlo, a mangiargli il fegato.

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