Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

2 • IL SABOTAGGIO

Stella si sedette in disparte, massaggiandosi la lingua con un dito. Non se la sentiva più per quanto era asciutta e salata. Aveva bisogno di Acqua. Ma l'intransigente Fedex gliel'aveva negata, dicendole che doveva pazientare ancora un po'. Avrebbe potuto dissetarsi una volta superata la prima prova: erano queste le regole.

Nel frattempo, dall'altro lato della stanza, Lauro chiacchierava con l'energumeno, le due coreane tra di loro, e Jared ci provava con la bella modella colombiana, che già era caduta ai suoi piedi. Almeno Alma aveva avuto fortuna, pensò. Lei, invece, era capitata con quell'antipatico bestione, anziché con il dolce Lauro.

Le sembrava così lontano, in quel momento. Aveva ascoltato per anni le sue canzoni, da bim bum twerk, a sedici scalzo. Aveva seguito tante interviste e tutte le esibizioni a Saremo. Aveva la camera piena di suoi poster. Ma ora pareva un miraggio. Dopo quel fugace sorriso e quell'occhiolino non le aveva più rivolto nemmeno un sguardo.

Una punizione divina, pensò. Un duro castigo per aver rifiutato l'unico uomo che quando aveva vent'anni le avrebbe dato la luna. Ma lei, fuori di testa, era tornata a casa, gridandogli di starsene zitto e buono e lasciarla stare. Perché lei era diversa da loro. Lei era una nuova canzone, un'altra dimensione. E sì, era stata una notte da re, era stato bello essere la sua schiava. Ma era ora di tornarsene nella sua Puglia.

Mentre rimuginava su quel passato ormai lontano, Lauro si avvicinò a lei.

«Togliti energumeno, mi fai ombra.» Disse, sprezzante, sfilandosi con l'unghia un pezzetto di pesce pene incastrato tra gli incisivi.

Lauro si morse un labbro, trattenendo a stento una risata.

Quando lei, alzando lo sguardo, se lo ritrovò davanti, sobbalzò, arrossendo dall'alluce alla punta dei capelli.

«Oh, no, no scusa!» Scosse il capo imbarazzata, raddrizzando la schiena e lisciandosi la tunica come una scolaretta al suo primo giorno di scuola.

«Non riesci proprio a fartelo stare simpatico, eh?»

Lei scrollò le spalle, sospirando. «Perché dovrei? Lui non ci prova nemmeno.»

«Perché la sintonia col proprio partner è fondamentale in questo gioco.»

«Allora mi hanno messo col partner sbagliato.» Disse, incantata dalla sua figura che si stagliava sopra di lei. Maledetto crudele destino!

«Guarda che il tuo compagno lo puoi cambiare.»

«Lo so. E non vedo l'ora.»

«Devi solo essere furba e sopportarlo finché siete una coppia.» Le sorrise, sollevando appena il sopracciglio sinistro. «Devi far buon viso a cattivo gioco, se vuoi cambiare gioco.»

Con quella frase si allontanò da lei, avvicinandosi al tavolo per bere un altro po' di soju.

Di lì a poco arrivò il momento della prima prova: quella linguistica. E Stella, ora, ne era più che convinta: se voleva correre tra le braccia di Lauro doveva giocare sporco. E chi se ne frega della classifica!

Lauro fu proprio il primo a essere chiamato. Poi fu la volta del bestione, poi il suo.

E Fedex l'aveva specificato chiaramente: se i punteggi totalizzati dai due componenti della coppia erano molto diversi, si cambiava compagno.

Che il sabotaggio abbia inizio! Si disse, mentre veniva accompagnata in uno stanzino arredato a mo' di aula scolastica. Banchi, una lavagna nera e lucida e una cattedra occupata da un uomo robusto e calvo, con un paio di occhiali da vista neri, una barba blu e una sfavillante maglietta tempestata di paillettes, abbinata a una giacca scura ed elegante. Si trattava del professor Giovanni Ciccì.

Si salutarono, si presentarono con una stretta di mano, poi Stella si sedette all'ultimo banco nell'angolo.

L'uomo, foglio e penna in mano, iniziò subito le sue domande. La prima era la traduzione in coreano del buongiorno.

«Michyeoss-eoSei pazzo. Rispose secca lei.

Lui scosse la testa, aggrottando appena le sopracciglia. Occhi sul foglio, iniziò a giocare nervosamente con la penna.

«E la parola grazie? Come me la traduce?» Tornò a guardarla, severo.

Stella si stiracchiò le gambe, incrociando i polpacci sopra al banco. Le mani appoggiate dietro alla nuca.

«SaekkiBastardo. Un sorriso di scherno dipinse il suo volto.

Il professore la fulminò, sospirando rumorosamente.

Zero, zero, zero! Questa qui non si merita un solo punto in più! Pensò. Quella pazza gli stava facendo saltare i nervi, letteralmente. Ma si impose di mantenere la calma, doveva essere professionale.

«E la parola casa?» Proseguì.

«C-man aeFermati! Lo interruppe lei, allargando le braccia per enfatizzare l'esclamazione.

Il professor Ciccì rimase di stucco. Ma come ti permetti maleducata e ignorante ragazzina?

«E va bene, io mi fermo.» Concluse dopo un po', decidendo di lasciar perdere. «Ma ti comunico che il tuo voto è zero.»

Lei scrollò le spalle, iniziando a giocare pigramente con una ciocca dei suoi capelli.

«Se a te va bene così...» farfugliò lui, scrivendo il voto con una penna rossa.

«Mi dispiace professore, ho imparato solo le parole più orecchiabili: gli insulti.» Lo prese in giro, ridacchiando sotto i baffi.

L'uomo le consegnò il foglio con svogliatezza, senza nemmeno guardarla in faccia, sibilando un: «vada, per cortesia!»

Stella se la filò. Quando passò accanto a Lauro, intento a chiacchierare con Jared e Alma, gli mormorò un grazie. Poi raggiunse Fedex. Aveva assolutamente bisogno di bere un po' d'acqua.

*****

Quando uscirono da quel palazzone grigio, pioveva.

Stella, per la prima volta nella vita, si trovava nella Corea che da tanto tempo desiderava visitare. Quello era il viaggio dei suoi sogni, dannazione! Ma pioveva. Ed era ancora con quell'energumeno appiccicato addosso, fastidioso quanto un chewing gum incollato alla scarpa.

Si ritrovò a pensare che Seoul sarebbe stata una bellissima città, al sole. O magari di notte. Palazzi, colori, negozi, luci sfavillanti, strade affollate. Profumi di carne, riso e spezie asiatiche lungo i mercati. Ma in quel momento era una metropoli come tante: non riusciva a viversela.

Ma forse la colpa non era del grigiore. Nemmeno del freddo, delle pozzanghere, o degli schizzi che le bagnavano quella dannata tunica che non vedeva l'ora di togliersi. Al suo fianco, in quel momento, ci doveva essere Lauro, era quello il vero problema. E invece c'era quell'antipatico lottatore dei suoi stivali, che durante l'interrogazione aveva preso due e che ora continuava a romperle le scatole come un maestrino.

«Siamo indietro, cavolo. Di questo passo non riusciremo mai raggiungere Insa-Dong!» Protestò il bestione, rigirandosi tra le mani la mappa del luogo, ormai fradicia.

Stella provò ad accelerare il passo, ma i piedi le facevano male, l'ingombrante zaino pesava e lo sgangherato ombrello che le avevano dato non avrebbe retto a lungo. Poi c'erano i cameraman che li seguivano come ombre, e quel disgustoso odore di pioggia che le stava dando la nausea. Sembrava che tutto le remasse contro, non ne poteva più.

«Tutta colpa delle tue assurde scarpe.» Aggiunse lui.

«Tutta colpa della tua assurda faccia!» Gli rispose stizzita. «Per colpa tua non abbiamo ancora trovato un passaggio. Metti paura alla gente!»

«Ma non abbiamo bisogno di un passaggio. Myeongdong e Insa-Dong sono vicinissimi!»

Stella sbuffò, stanca di portare avanti quella discussione che durava da troppo tempo.

Doveva assolutamente cambiare compagno. Quando svoltarono a destra, superando un internet point, le venne una nuova idea.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro