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16 • LA BELLA ADDORMENTATA

Visto l'imprevisto della notte precedente, Fedex aveva annunciato che la prova mattutina sarebbe saltata e che il gruppo formato da Stella, Lauro e Jared avrebbe subito una penalità di dieci punti, a causa dell'infrazione commessa da Stella.

Aveva poi comunicato che cosa sarebbe spettato ai cinque giocatori, durante le successive ventiquattr'ore.

Quando la giovane pugliese sentì le parole scambio di coppia, tremò, sentendosi svenire.

Quando poi le nuove coppie vennero rivelate, Stella svenne davvero.

Le riprese si fermarono e il primo a fiondarsi su di lei fu Lauro, che l'afferrò per le spalle, allarmato. Questa volta un po' troppo tardi, perché la compagna era già stesa a terra, sull'erba.

La troupe e gli altri concorrenti l'attorniavano preoccupati, chini su di lei. Tranne le coreane, che avevano assistito alla scena con indifferenza: a loro, di lei, non fregava proprio niente.

«Stella svegliati, ti prego.» Le sussurrò Lauro, accarezzandole una guancia.

E la giovane si svegliò, ma non aprì gli occhi, non subito.

Aveva percepito il dolce tocco di lui, e poi quel suo profumo che ogni volta le faceva girare la testa. Bvulgari Black.

Il suo cuore era sbocciato come un fiore in primavera, mentre la sua mente era partita a bordo di una lussuosa Ferrari bianca.

Questa volta era finita nel mondo della Disney.

Lei era la bella addormentata nel bosco, stesa in una teca di vetro, circondata da viole, margherite e tulipani. Mani giunte sul grembo. Tra le dita, una rosa rossa.

Poi era arrivato lui, il principe azzurro che l'avrebbe svegliata.

Avvolto da un mantello nero dai ricami dorati, si era chinato su di lei, e dolcemente aveva posato le sue labbra su quelle della giovane pulzella, in un bacio puro e casto.

I sogni della principessa Disney avevano ripreso colore, e tante piccole farfalle si erano svegliate da un lungo letargo, iniziando ad agitarsi nel suo stomaco. Ma le sue palpebre erano rimaste abbassate.

Eh no bello! Non te la cavi con così poco!

Ah non te svegli? Si era detto lui. 'Mo te faccio arzare io da 'sto letto!

Le aveva afferrato il vestitino in prossimità della scollatura, strappandoglielo letteralmente di dosso. Lo sbranco arrivava al basso ventre, lasciandole scoperti i seni. Lui aveva preso ad accarezzarli. Prima dolcemente, poi con passione, lussuria, desiderio.

Lei aveva inarcato leggermente la schiena, sopraffatta dalle sensazioni che il suo tocco le lasciava. Si era lasciata sfuggire sospiri di piacere, nel percepire le sue mani calde, morbide, sfacciate. Così audaci e malandrine... ma soprattutto fredde come il ghiaccio.

Fredde come il ghiaccio?

Stella spalancò gli occhi quando uno scroscio gelido le colpì il petto. Fu come se tutti i ghiacciai del mondo si fossero sciolti sui suoi seni. Imprecò.

«Ragazza, ma cosa tu fai?» La rimproverò Jared. «Tu fare morire lei congelata!»

La coreana, con in mano la bacinella vuota, lo fulminò con lo sguardo, gridandogli contro qualcosa nella propria lingua.

Lauro trattenne a stento una risata, portandosi una mano davanti alla bocca, mentre tutti gli altri, attorno a lei, continuavano a fissarla come pesci lessi.

A quel punto lei si sollevò seduta, soffiandogli contro come una gatta inferocita. «E tu che cavolo hai da ridere?»

Il giovane romano divenne serio, imbarazzato, schiarendosi la gola e distogliendo l'attenzione da lei, che in realtà non era arrabbiata. Era divertita. E tremendamente accaldata nonostante il ghiaccio le si fosse infilato persino nel reggiseno.

«Stella vai a cambiarti, Lauro aiutala.» Ordinò Fedex, facendo l'occhiolino al bel cantante romano.

Lui la aiutò ad alzarsi, porgendole una mano, e insieme si avviarono verso la loro tenda, ancora mano nella mano come due piccioncini.

Una volta entrati, un ulteriore velo di imbarazzo calò su di loro.

«Faccio da sola okay?» Farfugliò lei, dandogli le spalle. «Tu passami una coperta per asciugarmi.»

«No, ti aiuto.»

Poi si avvicinò a lei, afferrando delicatamente l'orlo della felpa. Le sue calde e morbide dita sfiorarono la pelle dei suoi fianchi, gelida. Un tocco leggero e delicato che le fece accelerare i battiti in pochi istanti. Il suo muscolo cardiaco era appena salito a bordo di una Maserati, sfrecciando per le colorate e luminose strade di Las Vegas. Un'altra partita a poker tra ragione e istinto.

«Solleva le braccia.» Proseguì Lauro. E lei le sollevò.

E le mani di lui salirono con una lentezza esasperante. Le tolse la felpa.

«Da qui in poi faccio da sola.» Sussurrò lei, col petto che si alzava e si abbassava al ritmo accelerato del suo respiro.

«Non ti guardo, te lo giuro.»

Raggiunse la chiusura del suo reggiseno color carne, poi chiuse gli occhi, slacciandoglielo con uno schiocco di dita.

«Vuoi davvero che me ne vada?»

«No.»

Allora le posò le mani sul collo. Scivolò sulle spalle, sulle braccia, abbassandole le sottili spalline, spogliandola e al contempo vestendola di brividi e di fiamme.

Non appena riacquisì un minimo di lucidità, Stella si voltò verso il compagno, coprendosi le nudità con le mani.

Lui, come promesso, aveva gli occhi chiusi.

«Avrai un milione di difetti Lauro. Ma perlomeno sei un uomo onesto.»

«Un milione mi sembra un po' eccessivo.»

«Non lo è affatto.»

«Un giorno pretenderò che tu me li elenchi uno a uno, allora.»

«Ora lasciami la mia privacy, Lauro, o là fuori inizieranno a pensar male.» Aveva bisbigliato lei, sorridente.

Lentamente stavano ritrovando l'armonia persa, ed entrambi non potevano che esserne felici. Anche se prima o poi un chiarimento sarebbe stato necessario.

Dopo quella breve chiacchierata il giovane uscì dalla tenda, Stella si vestì con degli abiti asciutti e raggiunse i compagni, pronta per affrontare una nuova sfida.

*****

La prossima meta sarebbe stata la città di Gwangju. Due ragazzi si erano offerti di dar loro un passaggio fin lì, a bordo della loro auto nuova e pulita.

Ma Stella non si sentiva affatto pronta come credeva. Era stata messa in coppia con quell'antipatica coreana che le aveva tirato addosso dell'acqua ghiacciata: Ha-Joon. Aveva provato a parlarci, più volte. Le aveva chiesto come le stesse sembrando quell'avventura a Un espresso a Pechino. Poi quanto tempo, secondo la sua esperienza, avrebbero impiegato per raggiungere Gwangju. Infine per quale assurdo motivo stesse continuando a ignorarla, non sforzandosi nemmeno a capirla. E ci aveva provato in italiano, in dialetto pugliese, poi in un pessimo inglese. Ma niente. La coreana pareva una mummia egizia.

Arrivarono a destinazione nelle prime ore del pomeriggio. Prima che l'auto dei due ragazzi partisse, Ha-Joon li ringraziò cortesemente. Una gentile principessina coi compaesani, una strega di Biancaneve con i compagni di viaggio, insomma. Fantastico.

Quando la macchina riprese la sua corsa, la giovane dagli occhi a mandorla non perse tempo. Partì come un razzo, mescolandosi tra la folla, in quella via piena di negozi, colori, profumi dalle note dolci e floreali.

«Dove stiamo andando?» Stella allungò il passo, sforzandosi di non perderla di vista. «Ehi, aspettami, rallenta!»

Nella corsa urtò diversi passanti, scusandosi con dei timidi mianhae, mianhada, mianhaeyo, joesonghamnida, urlati a destra e a manca senza alcuna distinzione.

Ma a un certo punto Ha-Joon sparì.

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