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11 • ARTE, VENDETTA E GELATO VEGANO

Il Gyeonghoeru, chiamato anche il padiglione delle riunioni felici, era un palazzo dal tetto scuro e non molto ricurvo, e dalle colonne colorate. Bianche per il piano terra, rosse per quello superiore. Un parapetto del medesimo colore delimitava il primo piano, accerchiando tutta la struttura, riflessa nel piccolo lago che la circondava su tre lati, come fosse una penisola.

I tre compagni, una volta scelta l'angolazione migliore, si piazzarono con i loro cavalletti e le loro tele, e si misero all'opera.

Stella, sorreggendo goffamente la tavolozza, immerse l'indice destro nel colore blu, partendo col tracciare il profilo del lago.

In quella prova c'era purtroppo un'unica regola: vietato usare i pennelli, si doveva dipingere con le dita.

I primi minuti furono scanditi da osservazione, concentrazione e silenzio. Ogni tanto qualche turista si fermava a guardarli, ma i tre non si fecero distrarre.

Ma a circa metà tempo fu Jared a interrompere la quiete, sbirciando il lavoro della giovane pugliese, e facendole i complimenti per le sue doti artistiche.

Quando gli elogi diventarono troppi, Lauro iniziò a infastidirsi, col sospetto che Jared avesse dei secondi fini. Così iniziò a provocare Stella, bagnando le dita nelle tempere e pulendosele sul volto di lei, che ogni volta rideva divertita, cercando di schivarlo.

Quando il tempo scadde, gli abiti di Stella erano un disastro, il suo volto simile a quello di un dalmata finito dentro un colorificio. Non appena Fedex la vide non riuscì a trattenere una risata. Il cantante romano, invece, se l'era cavata con due macchie rosse sulle guance, in stile sposa coreana.

La prova fu vinta da Stella, che esultò, buttandosi tra le braccia del suo Lauro.

Festeggiarono soddisfatti, sotto lo sguardo invidioso delle due coreane.

*****

Jared spingeva lentamente il carrello della spesa, esaminando ogni singolo prodotto che sfilava sugli scaffali. «Non compriamo niente qui. Tutto costa troppo.»

Lauro, leggermente più indietro rispetto a lui, rise. «Non capisco perché tu abbia preso il carrello. Riusciremo, tra sì e no, a prenderci un pacco di caramelle.»

«Io speravo di comprare. Io fame da morire.»

«Non dirlo a me!» Commentò Stella, che iniziava a sentir nostalgia della sua amata burrata pugliese. Ma ciò che in quel supermercato ci si avvicinava di più, era una sottospecie di mozzarella coreana che costava ben sette euro.

Dopo aver girato l'intero stabile per tre o quattro volte (e approfittato di tutti gli assaggi che venivano offerti), optarono per un gelato dietetico e rigorosamente vegano (esigenze di Jared), il cui prezzo corrispondeva esattamente alla loro disponibilità economica. Il programma in quell'occasione era stato davvero crudele, il budget era ridicolo.

«Come mangiamo questo? Non abbiamo cucchiai.» Osservò il cantante e attore statunitense, una volta arrivati alla cassa.

«Lo mangiamo con le mani. Abbiamo finito i soldi, Jared.» Gli rispose la compagna.

«Aspetta, forse io riesco a trovare soluzione.»

Dopo quelle parole, al momento di pagare, provò a chiedere un piccolo sconto alla cassiera, utilizzando la sua lingua madre: l'inglese. Ma lei lo ignorò completamente, non capendo una singola parola.

«Ci provo io.»

«Lascia stare Lauro. 'Sta ragazzina non la smuovi neanche con una gru.»

Lei la fulminò con lo sguardo, come se avesse compreso perfettamente le sue ultime parole. Sul volto di Stella comparve un sorriso più finto dei soldi del monopoli.

«Eddai, è l'unica frase che so in coreano, fatemela dire ragazzi.»

«Prego, allora.» Acconsentì la compagna, scettica.

Ma la frase di Lauro si rivelò un'autentica zozzeria, che fece scattare in automatico la mano di Stella, in un sonoro schiaffo sulla nuca. «Maialone, ma che caspita dici?!»

«Che cosa ho fatto?» Chiese lui, con finta innocenza, abbassando il capo come un cagnolino ingiustamente punito, e massaggiandosi la zona dolorante.

La cassiera scoppiò in una fragorosa risata, sbattendo una mano sul piano della cassa. «Me fate morì da rida regà!»

Tre sguardi sconcertati fissarono l'insospettabile romana dagli occhi a mandorla e dal volto delicato.

«So de Roma! E ciò sessantadue anni regà!» Annunciò a gran voce, con una mano accostata alla bocca, come quando si tira un urlo.

«E non ce lo poteva dire prima?» Commentò Stella, ironica. Poi si rivolse a Lauro. «E tu scusati per quella sconceria che hai detto. Ci hai fatto fare una figura pessima.»

«No, no, il tuo amico non si deve scusare.» Disse la signora. «Non ha detto nessuna sconceria, ma mi ha effettivamente chiesto di fargli uno sconto. Il fatto è che certe espressioni coreane assomigliano ad altre, italiane, ma con un significato completamente diverso. Cosa che accade per ogni lingua presente sul globo.»

«Ora mi chiedi scusa per lo schiaffo!» Lauro si finse imbronciato.

«E comunque, regà, lo sconto non lo posso fare.»

«Ma come tu fai ad avere sessantadue anni?» Chiese Jared, continuando a fissarla incredulo. Quella donna sembrava una ragazzina!

«Chirurgia plastica, bello. Qui fa miracoli.» Gli fece l'occhiolino, poi guardò il bel fusto accanto a lui. «Per quanto riguarda lo sconto... se il bel moro mi lasciasse il suo numero...» proseguì.

Lauro non ci pensò due volte. Doveva vendicarsi per tutte quelle confessioni intime e piccanti che si era dovuto subire. «Certo bambolina. Prendi pure nota.» Iniziò a dettarle il numero, che lei si appuntò su un post-it.

Stella sbiancò. Nel suo petto un Booster si scontrò contro una BMW M3. Non ci furono decessi, per fortuna, ma ben tre feriti: il suo cuore, il suo orgoglio, la sua anima.

«Grazie bello. Comunque lo sconto non te lo faccio lo stesso.»

*****

Pranzarono in auto con un gelato mezzo sciolto, bevendolo come un sorbetto. Sporcarono tutti i sedili posteriori, ma fortunatamente l'uomo alla guida non se ne accorse. Quando finirono notarono che sotto il barattolo erano stati incastrati tre cucchiai.

Dopo quel disastro raggiunsero la riva settentrionale del fiume Han, in perfetto orario. Stesso luogo d'incontro della sera prima. Fedex assegnò loro un nuovo compito: quello di raggiungere la contea di Buan, nel nord della provincia di Jeolla, nel minor tempo possibile.

Quando Stella apprese che Buan distava ben duecentocinque chilometri da Seoul, le venne quasi un coccolone.

Poi, quando Fedex li informò che quella notte avrebbero dovuto dormire in tenda, in un bosco, il coccolone le venne davvero.

Sentì le gambe cedere, le forze venire a meno. Per fortuna Lauro riuscì a prenderla: lei lo riconobbe immediatamente, dal suo tocco e dall'inconfondibile bvulgari black, e rinvenne non appena si ricordò del torto subito. No, non poteva finire così. Non senza una degna vendetta. La morte avrebbe aspettato.

Poco dopo quell'episodio si partì. I tre compagni riuscirono a strappare un passaggio a un'anziana signora diretta a Hwaseong.

Sarebbe stato un viaggio lunghissimo ed estenuante.

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