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Pov. Carlotta

Non avrei saputo descriverla in nessuna maniera, la sensazione che mi scoppiava nel petto, mi contorceva le viscere, mi soffocava. Non avrei potuto dare altro nome a questo immenso disastro d'amore. Sentirmi riempire da lui di nuovo, dopo tanto tempo. Dio! Mi sentivo viva, viva davvero. Fuochi d'artificio mistici. Uno spettacolo naturale. Respiravo aria pura, perché lui era questo per me.

Mi voltai nel letto, aggiustandomi le coperte che avevano ancora l'odore dei nostri sessi mischiati. Lo guardai dormire, beato. Il suo modo di tenere il braccio dietro la testa, girato sul fianco. Mi morsi il labbro, scostando appena le lenzuola per vedere il suo membro, il suo corpo perfetto e delineato. Quasi scolpito da qualche scultore. Il ciuffo biondo ribelle che si era adagiato sul suo occhio destro, chiuso.

Scesi più giù, portandomi le coperte a coprire la mia intera figura. Mossa da un istinto primordiale. Mi sentivo elettrizzata. Accaldata. Mi ero svegliata troppo eccitata. O forse era solo la sua presenza ad eccitarmi in maniera vulcanica.

Lasciai un piccolo bacio sul fianco. Il suo corpo emanava calore, che mi scaldava dentro. Fino a leccargli dolcemente la cappella, ancora assopita dal sonno. Lo sentii emettere un grugnito dolce, ed il suo membro farsi eretto.
Si girò nel letto, dandomi la possibilità di accoglierlo meglio. Mi portai i capelli all'indietro, tenuti con la mano che tremava, ed iniziai a riempirmi di nuovo, leccando ogni centimetro del suo membro. Mugugnavo di piacere, lo stesso che stavo dando.
Finché un braccio, non mi tirò su, finendo a cavalcioni su di lui, e la mia intimità gonfia e pulsante, strusciarsi con il suo membro.
Mi leccai le labbra, tirando con i denti l'interno guancia.
"Che cazzo Carlotta. Ho voglia di scoparti" sussurrò ancora con voce impastata dal sonno, rendendola più bassa ed eccitante.
Mi fissò con i suoi occhi cristallini, scendendo con lo sguardo sul mio seno. Fino a premere il palmo aperto, sul mio fondoschiena, attirandomi contro di lui. Si avventò sul mio capezzolo sinistro, mordicchiandolo dolcemente, fino a leccarlo con avidità. Come se fosse stata una piccola ciliegia rossa. Lo sentii succhiare, ed ansimai di piacere, affondando le dita tra i suoi capelli morbidi, per attirarlo di più sul mio seno. Inarcai la schiena, buttando all'indietro la testa. I capelli lunghi, mi solleticavano dolcemente, sentendomi in paradiso.
Finché non mi lasciò il seno, e con le mani mi prese dalle natiche, posizionandomi sul suo membro pronto, affondando con un colpo preciso dentro di me. Sussultai, ansimando fortemente, con le labbra spalancate ed aride, mentre i suoi gemiti rochi mi causavano ancora più spasmi.

"Cazzo, ho voglia di sborrarti" ammise vibrante, mentre sgranai gli occhi che erano lucidi per l'eccitamento. Non era mai stato così...rude. Dio! Mi piaceva anche quando diceva così. Se non di più. Mi mossi su di lui, mentre le sue mani, continuavano a spingermi dalle natiche ed i miei palmi aperti e tremolanti, erano pressati sul suo petto.

Quando lo sentii buttarmi giù, senza staccarci dai nostri corpi. Come se fossimo stati una cosa sola, due pezzi indivisibili. Quelli che anche se li butti a terra non si vogliono dividere. Li puoi sbattere, ma restano lì.
Gli ansimi si facevano sempre più prepotenti, sulle nostre labbra fameliche. Finché non uscì fuori dalla mia intimità, prendendosi il membro in mano. Lo guardai farmi il suo sorrisetto, increspato lateralmente ed i suoi capelli più scomposti, lo rendevano selvaggiamente sexy. Assuefatta dal suo cristallino, e dal suo corpo. Schiusi un attimo le palpebre, cercando di alzarmi per prenderlo in bocca, ma la sua mano mi riportò giù, sentendo le molle del letto abbassarsi e lamentarsi.
Quando qualcosa di caldo, invase la spaccatura dei miei seni, colando dolcemente giù, lungo il pendio del mio corpo.

"La colazione è servita" si fece beffa di me, con il sopracciglio innalzato e la sua virgola, fare la sua comparsa sfacciata. Protesi il collo in avanti, guardando il suo liquido. Ridussi gli occhi a due fessure, sotto il suo sguardo divertito, finché non scoppiai a ridere, vedendolo allungarmi i fazzoletti per pulirmi.

Mi alzai dal letto, con i suoi occhi che mi trapassavano, fissandomi intensamente.
"Ho qualcosa che non va?" Mi girai a metà volto verso di lui, sbattendo le ciglia con fare innocente ma provocatorio.

Si leccò il labbro, incurvando le labbra in un sorriso e scuoter la testa.
"Mi sta provocando signorina Ferretti. Le conviene andare a farsi una doccia..." lasciò la frase in sospeso, vedendolo alzarsi dal letto e le molle cigolare, avviandosi verso di me, con solo i boxer addosso.
Deglutii fortemente, quando si accostò al mio orecchio, poggiando le labbra sul mio lobo che scottava.
"Se non vuole essere presa da dietro" rivelò, sentendo la sua mano calda e virile, scendere tra la spaccatura delle mie natiche, stringendo possessivamente. Tanto da portarmi ad ansimare di nuovo e piegare la testa di lato, con i suoi baci che mi costellavano.

"Vado...si" balbettai gracile, portando un braccio intorno al suo collo, per tenerlo ancorato a me.

"Vai allora" continuò a leccare e mordere la mia pelle, portandomi a stringere di nuovo le gambe.

"Ora" ribattei, cercando la sua bocca, che si scontrò subito trovandomi. La sua lingua, passionale si avvolgeva con la mia.

"Dovresti davvero" sussurrò sulle mie labbra, rauco, spingendomi all'interno del bagno con le mani su i miei fianchi.

"Lo so" rintuzzai divertita. Fino ad entrare nel box doccia con lui, che si calò i boxer, scalciandoli con le caviglie. Ed il soffione azionarsi, venendo picchiati dal getto d'acqua, che scrosciava ritmicamente su i nostri corpi febbricitanti.

Ci vestimmo di fretta, notandolo guardarmi più serio. Sapeva cosa dovevamo fare, e non piaceva neanche a me. Speravo solo...non lo so. In una spiegazione plausibile, che non si arrampicasse sugli specchi, frantumandoli al suolo dove schegge mi avrebbero trafitto, insanguinandomi.

Mi allacciai la cavigliera delle ballerine, afferrando la borsa sulla sedia di pelle.
"Possiamo andare" proclamai titubante, notandolo aprire la porta con un cigolio debole, facendomi passare.

"Pronti per il London Tour" alleggerì la tensione palpabile, con il suo entusiasmo. Lo ringraziavo per ciò. Pigiai il tasto dell'ascensore, aspettando che arrivasse. Almeno questo non suonava il campanellino fastidioso, ad ogni numero.
Finché il suo braccio, non cinse la mia vita, attirandomi contro il suo petto, dove mi scontrai con la mano, che finì dove batteva incontrollato il suo cuore, quanto il mio. Galoppavano per posti e lande sconosciute.

La sua bocca, s'impossessò nuovamente della mia, come a sigillare una promessa, che anche stavolta non sarebbe andato perso niente. Ci speravamo sinceramente, vividamente.
Quando le porte metalliche, si aprirono, portando a staccarci. Fino a notare il volto di Yuri, guardarci.

"Buongiorno" parlò per primo, mentre mi sentii tingere le guance di rosso. Tra rabbia ed imbarazzo totale.

"Dove andate di bello?" Continuò tentando un sorriso, e tenendo le mani giunte, davanti a lui. Come se stesse pregando.

"Non credo che ti riguardi. Ci vediamo nel pomeriggio per le ultime prove" ribatté assertivo e pungente Joshua. In un modo che non avevo mai sentito. Guizzai lo sguardo verso di lui, che lo teneva fermo ed appuntito con spilli, verso quelli nocciola di Yuri. Finché non abbassò lo sguardo, e sorrise compiaciuto, dal comportamento di Joshua.

"A dopo" gli batté una mano sulla spalla, come ad intimargli che dopo non sarebbe andato lontano. Sentendo le suole delle sue scarpe di vernice italiane, riecheggiare fiere, nel corridoio.

"Io..." tentai di parlare, ma il suo indice sulle mie labbra, frenò la corsa delle mie parole che sarebbero volute volare nel vento, e volteggiare libere.

"Oggi è la nostra giornata. Nel bene e nel male" mi fissò amorevolmente negli occhi. Quegli occhi in cui mi perdevo. Dove vedevo stelle ad illuminare le mie notti tristi. Vedevo onde che mi trascinavano via. Vedevo noi. Il nostro passato, il nostro presente. Dove vedevo un futuro. Perché Joshua era come quelle pellicole di film vecchi, che non perdono mai il loro sapore. Li rivedi anche cento volte, ma resti affascinato. Ogni volta hanno un gusto diverso. Le vedi anche se sei triste, se sei troppo felice. Se ti senti solo, se sei in compagnia. Joshua era la mia pellicola, riavvolgeva la mia vita, dandole ogni volta un sapore diverso.

Così annuii e mi lasciai condurre nell'ascensore.
"Al nostro London Tour" canzonai eccitata, portandoci a ridere, ed intrecciare le nostre mani, come i nostri sguardi.

Ragazze non voletemi male. Lo lascio così perché ho la febbre. Sembro una zombie. E non riesco a scrivere oltre, vorrei, ma se venisse di merda non mi perdonerei. Siccome voglio scriverlo almeno un minimo decente xD
Lo lascio così questo. Mi dispiace 😔 non me ne vogliate. Prometto che se domani sto meglio, invece di farvi aspettare un giorno, lo scrivo e lo pubblico. ❤❤❤❤❤

Rifatevi con questa immagine va. Che malata nel letto lo invoco come se fosse Dio! 😂😂❤

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