36
Pov. Joshua
Quando andò via dalla camera, trovai un biglietto a terra. Probabile che l'avesse perso dalla borsa. Ero ancora frustrato dentro di me. Così tangibile quello che c'era tra di noi, impossibile da non vedere. Molti sentimenti si notavano anche ad occhio nudo.
Lo raccattai, rigirandolo tra le dita. Mi misi a sedere sul letto, spiegazzandolo per notare cosa vi fosse scritto. La sua calligrafia impeccabile era a contornare quelle righe orizzontali. Ricordavo ancora la sua precisione, nello stare attenta alla scrittura. Il suo modo di fare la A in corsivo, finendo con un ghirigoro sullo sgambetto finale. Diceva che la rendeva più elegante.
Inizia a leggere, e capii quello che si poteva comprendere. Erano parole parafrasate in rima. Una canzone probabilmente. Forse per me. Non era possibile. Se fosse stata per me, me l'avrebbe data. Forse voleva tenerla segreta quanto le sue emozioni. Ero una lacrima per lei. Una di quelle che scivolano lente e ti dilaniano il cuore. Una di quelle che scorrono senza un valido motivo. Una di quelle delicate che profumano di gioia. In ogni lacrima c'era un pezzo di me, che rimaneva addosso alla sua pelle delicata.
Lo ripiegai. Avevo trovato una canzone da cantare. Era sua ma l'avrei fatta conoscere al mondo. Una dedica per noi due. Un simbolo profondo.
Estrassi dalla tasca della giacca in pelle, il pacchetto di sigarette un po' schiacciato.
Accendendone una, fuori dal balcone. Vedere Londra illuminata era uno spettacolo luminescente. Il refolo di vento fresco che trasportava via il fumo.
E quando mi girai la vidi. Perfetta, confusa. Stufa di quelle muraglie che si era costruita. Stufa di dover combattere contro sensazioni invincibili. Calava le armi, si spogliava della sua armatura. Si lasciava mostrare indifesa. Non più immune da quel sentimento tanto conservato, quanto tal volta calpestato. Mi mostrava il suo cuore, un po' ammaccato, un po' catastrofico. Disastrato da uno sbaglio come il nostro. Di un'amore che se senti dentro le ossa, non può mai essere sbagliato.
La baciai con dolcezza, con ardore. La sua lingua morbida che cercava la mia, inebriandomi del suo sapore.
Scivolai con le mani, per stringere i suoi fianchi morbidi, sentendola ansimare, attaccata di più al mio corpo. Sorrisi sfacciato sulle sue labbra, sapendo che aveva sentito la mia erezione.
Portò le mani sul mio petto, scivolandole dolcemente con le unghia, percorrendo le linee dei miei addominali. Gemetti sotto il suo tocco dolce e estenuante.
L'afferrai per le natiche, portandola a sussultare, quando si staccò.
"Non vu..." portò l'indice sulle mie labbra, per zittirmi. Bruciava il suo tocco, come una fiamma troppo vicina.
"Lasciami fare" affermò con voce calda ed intensa, guardandola piegarsi sulle ginocchia. Il vestito le salii appena sopra, e si spostò i capelli all'indietro. Mi morsi il labbro vedendola così, ed in un attimo i suoi occhi guizzarono su i miei.
Non staccò mai il contatto visivo, calandomi il pantalone della tuta, ed insieme anche i boxer, tastando dolcemente i miei testicoli.
"Cazzo Carlotta" digrignai i denti, cercando di chiudere gli occhi, e lasciarmi andare verso la sua lingua che si appoggiò sul mio glande che pulsava di desiderio, e voglia di essere avvolto dalle sue labbra rosse e piene.
"Guardami...ti prego" un'imposizione detta così sensualmente da farmi venire voglia di tirarla su e scoparla senza altri intoppi. Voleva prendere in mano la situazione, dopo tanto tempo. Riaprii le palpebre, scivolando lentamente su i suoi occhi dove vedevo lussuria straripare.
Si leccò le labbra, per inumidirle, lasciando scivolare la sua lingua vellutata, lungo il mio membro. Mi guardava per capire se ciò che mi faceva, mi piaceva. Cazzo! Sarei venuto in meno di tre secondi a vederla così.
Non ebbi il tempo di pensare, che la sentii scivolare, prendendolo tutto in bocca, roteando con la lingua.
"Dio" esclamai in pieno delirio, vedendo la sua bocca pompare sempre più affondo, mentre la sua mano stringeva il mio membro, cercando di creare armonia con le movenze.
Le presi i capelli, attorcigliandoli debolmente nella mia mano, spingendola contro di me. La sua mano libera, finii dietro le mie natiche, spingendomi ancora di più contro la sua bocca, riempiendosi del tutto.
Finché non la scostai con dolcezza. Non volevo venire così. Volevo riappacificarmi con lei.
La presi per la mano, sorridendoci con amore. Si alzò, venendo attirata da me, baciandola e sentendo il mio sapore sulla sua lingua.
"Non ho finito" sussurrò sulle mie labbra, accarezzandomi la barba ispida.
"Voglio fare l'amore" le rivelai intenso e rauco, guardandola cingermi il collo con le braccia esili, strusciando la punta del suo naso con il mio.
Percorsi il suo corpo con le mani, alzandola di peso per le natiche, adagiandola delicatamente sul letto.
La guardai mordersi il labbro inferiore, delicatamente, arretrando fino a toccare con la testa il cuscino morbido. Le lenzuola si spiegazzarono sotto di noi, convinte che dopo sarebbero state del tutto sgualcite.
"Ha intenzioni cattive Mr Wilson?" Mi chiese melensa e beffarda, guardandomi sganciarle i bottoncini perlati del vestito.
"Solo di...scoparla" affermai vigoroso, scendendo sul suo petto, liberando i suoi seni perfetti da quelle coppe. Leccai dolcemente la spaccatura dei suoi seni, in quel sapore salato e dolciastro, scivolando verso il capezzolo roseo che mordicchiai, vedendolo divenire turgido.
La sentii ansimare sotto di me, alzando le braccia distese sopra la testa, per afferrare la testata in ferro battuto del letto. Inarcò dolcemente la schiena, mentre con la mano le sfiorai l'interno coscia, disegnando piccoli cerchi. Lentamente, giocando con il suo inguine.
"Joshua" si lamentò eccitata, sentendo un sorriso vittorioso nascermi sul volto, accostandomi al suo orecchio senza frenare la sua attesa per esasperarla.
"Ti vedo su di giri...vuoi qualcosa?" Le domandai rauco, mordendole il lobo per farle sfuggire un ansimo arreso, ed annuire.
"Che cosa?" Ricalcai, seguendo con la lingua, il profilo della sua mascella, passando la punta tra le sue labbra dischiuse.
"Riempimi...ti...pre..." non finii la frase, che la penetrai con due dita, scostandole l'elastico delle mutandine con irruenza. Gemiti si elevavano dalle nostre labbra, sentendo il suo calore invadermi le dita, ed i suoi umori inumidirmi.
Uscii da lei, vedendola guardarmi, mentre mi leccai le dita, sfilandole le mutandine.
Ingoiai il magone, vedendo la sua pelle diafana, e aiutandola a togliersi il rimanente. Guardai i suoi capezzoli rosei, ed ancora più turgidi, il suo corpo mi fotteva completamente la vista. La linea delle sue natiche.
"Perché mi guardi?" Mi riprese dal mio stato ammaliato da lei, ritornando su i suoi occhi ed il suo rossore sparso sulle guance.
Non risposi. Le lasciai teneri baci sul corpo, notandola chiudere le palpebre per assorbire le nostre emozioni, ed i miei gesti.
Ci guardammo un attimo intensamente, quel poco o tanto, per entrare dentro di lei, portandola a spalancare le labbra come me e farci elevare ansimi, spingendo più in profondità e più forte. Intrecciai le mia dita con le sua, sul cuscino, sentendo i nostri corpi tremare dal piacere e da quei brividi che ancora provavamo. Una sensazione inspiegabile, rientrare dentro la sua intimità dopo tanto tempo. Spingevo sempre di più, ammirandola completamente in stato delirante quanto il mio. Un potente stupefacente, capace di rasentare la logica. Le sue gambe intorno al mio bacino, e tutto il resto non importava. Neanche quel refolo di vento che ancora entrava nella stanza, quella luna che riusciva a penetrare il suo bagliore dentro, per darci ancora più atmosfera di quanto già non vi fosse. Le molle del letto scricchiolavano ma erano suoni lontani dal nostro spazio.
Finché non la sentii tremare più forte, stringendo di più le sue dita affusolate, venendo insieme. Uscii da lei, sorridendole, vedendola distogliere lo sguardo imbarazzata.
"La mia spocchiosa" mi feci dolcemente beffa, rigirandole il viso verso di me con il pollice e l'indice sul suo mento.
"Non pensare che sia cambiato tutto. Aspetto ancora le tue spiegazioni" sussurrò fievole, facendomi tornare al presente ed a tutti i problemi che ancora aleggiavano intorno a noi.
"Domani. Domani pomeriggio usciremo insieme. Potresti farmi da guida visto che hai girato già Londra senza di me" proclamai dolce ma risoluto. Saperla li fuori senza di me, mi aveva fatto stare in ansia.
Indugiò sul mio sguardo, nel suo modo incerto, per poi annuire.
Scivolò dal letto, guardandola camminare nuda e mi passai la lingua sul labbro.
"Se mi guardi così m'imbarazzo" si girò a metà volto verso di me, mentre mi aggiustai i capelli.
"Hmm...così come?" Replicai, sapendo che avrebbe alzato gli occhi al cielo. E così fece sbuffando.
"Devo rispondere ad un messaggio...di mia...madre" mi comunicò titubante. Sentii una scossa pervadermi, vedendola afferrare il telefono. Scattai con un balzo dal letto, prendendo il mio, ricordandomi il messaggio che le avevo mandato. Cazzo! Proprio ora doveva rispondere al mio pseudonimo?! Coglione! Coglione! Mi ripetei mentalmente, convincendomi del mio mantra e della mia vocina che m'infamava.
Tolsi la suoneria, guardando un secondo dopo il suo messaggio apparire, ed il suo modo di chiamarmi straniero.
Stupido! Non chiama te straniero! Crede di parlare con un'altra persona. Devi confessarglielo!
Aveva ragione la mia vocina. Ma non mi sentivo pronto. Con tutto ciò che avevo da dirle sarebbe stato ancora peggio. Forse era meglio lasciare per ora quella cosa per me.
Si girò lentamente, buttando il cellulare sul comodino.
"Talmente tanti soldi...che se ti si rompe il telefono, non ci fai nemmeno caso" innalzò il sopracciglio, indicando il telefono che era caduto a terra con un tonfo sordo.
"Cazzo!" Borbottai a bassa voce, raccattandolo da terra, per posarlo.
La vidi gattonare sul letto, invitandomi ad andare verso di lei.
"Lo sai che sei ancora nudo?" Mi sussurrò vogliosa, mordendosi il labbro mentre annuii.
"Lo sai che sei ancora nuda?" La ripresi guardandola ridere di cuore, attirandola con la mano sul fianco, verso di me.
"Sarà meglio dormire. Ti sei dimenticata Mr Wilson" aggiunsi, spostandole alcune ciocche di capelli, dalle guance. Annuì debolmente, lasciandosi coccolare.
"Non ne ho bisogno. Ho quello originale, proprio dove vorrei" riaprì i suoi occhi pacifici verso di me, mescolando ancora i nostri occhi mare, dove le onde arrivavano sempre per trasportarci lontano, in un mondo nostro. In quelle sue case, in quell'albero che ci divideva. In quello che saremmo sempre stati.
La guardai chiudere gli occhi, mentre la coccolavo ancora. Così dolce e pura. Quanto forte e pungente, se voleva.
"Ti amo" sussurrai sommesso ed appena udibile. Ed infatti non lo percepì, era nel mondo dei sogni, dove speravo di rientrarci io. Anche se adesso era tra le mie braccia.
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