30
Pov. Joshua
L'avevo lasciata rientrare in stanza, per prepararsi. Sembrava tutto troppo perfetto, etereo, indistruttibile, impenetrabile. È proprio quando pensi che quella volta una stella luminosa vi avvolga e vi protegga, si trasforma in una cometa. Che passa, non la vedi bene per esprimere quel desiderio, e perdi tutte le speranze.
Ero tornato in camera, per farmi una doccia calda, ed aspettare il suo arrivo. Un rintocco di nocche sul legno della porta mi portò a pensare che potesse essere lei. Mi affrettai ad andare ad aprire, ma chi mi apparve davanti non fu Carlotta ma una Madison con aria distrutta.
"Ciao Joshua" mi salutò sommessa, mentre la guardai stranito, sul perché fosse lì. La lasciai passare, controllando se nel mentre stesse arrivando Carlotta. Avrebbe pensato male.
"Ciao Madison. Come mai sei qui?" Le chiesi, girandomi verso di lei, che si mise a sedere sul letto ed appoggiò svogliatamente la borsa su di esso, tornando su i miei occhi.
"Mio zio mi ha chiesto se volevo fare parte del tuo video, ed ho accettato" proclamò fievole, facendo spallucce e giocando con il ciondolo del braccialetto.
Annuii, grattandomi la nuca e girovagando lo sguardo verso i quadri astratti affissi sulle pareti perlate.
"Vuoi una..." non terminai la frase, mentre ero piegato per prendere una lattina dal mini frigo, che prese parola lei.
"Ethan...mi vuole fare causa" sbottò ispida, ridendo amaramente, mentre si alzò, prendendomi la lattina che tenevo in mano ma la lasciai fare. Forse aveva bisogno di sfogarsi. Sentii il rumore della linguetta Metallica, stapparsi secca, ed il liquido emettere uno sbuffo raggelato.
"La cosa brutta, è che...non ha diritto di stare con mia figlia. Drogato di merda" aggiunse più a lei per ricordarselo, che a me. Si portò la lattina alle labbra, prendendone un lungo sorso e pulirsi le labbra umide, con il dorso della mano, continuando.
"Lui mi ha tradita. Beve senza sosta, tira cocaina, ed è un giocatore d'azzardo. Dimmi se potrei mai lasciare mia figlia con un soggetto del genere, anche solo una giornata? Pago una cazzo di tata apposta. Il problema è che i soldi vengono a mancare. Il pezzo di merda, mi ha prosciugato il conto in banca. Ed io mi ritrovo a fare lavoretti part-time. Qualsiasi cosa, perché i contratti non li rinnovano mai. Certo gli conviene a quegli stronzi" sbatacchiò con veemenza ed irruenza, la lattina sul comodino nero, sentendo il liquido oscillare, mentre la restai ad ascoltare, lasciando che si togliesse quei sassolini troppi fastidiosi, dalla scarpa.
"Non mi da neanche un euro. Mai una volta che mi avesse aiutato a compare qualcosa. E mi vuole fare causa. Coglione del cazzo...anche se fosse la vinco io." Terminò, portandosi entrambe le mani tra i capelli, in maniera esasperata, tirandoseli indietro ed emettendo un singulto, che spezzò con il dorso premuto sotto le narici.
Mi alzai, andandole in contro. Era pur sempre stata parte del mio passato. Ed il fatto che mi rivelasse sempre tutto, mi faceva sentire partecipe e dispiaciuto immensamente per lei. Forse si sentiva più sola di ciò che voleva far credere. Forse il sapermi suo ex, la lasciava libera di parlare ed essere compresa in una piccola parte. Forse non aveva altri a cui riversare i suoi dolori, e magari con suo zio non parlava senza freni come con me.
Mi piegai su i ginocchi, ai piedi del letto, vedendola con la testa china, ed i respiri pesanti. Le poggiai una mano sul ginocchio destro, fasciato in un pantalone beige.
"Mi dispiace Madison. Sentirò lo zio di Carlotta. È un avvocato, vedrai che saprà cosa dirti. Nessuno ti toglierà tua figlia, lui non può tenerla se è come dici te. Ed avrai i soldi che ti spettano" la rassicurai, accarezzandole il ginocchio, mentre tirò su dal naso, ed alzò appena lo sguardo, dove una lacrima era sospesa sotto la rima cigliare contornata dalla matita nera.
"Dici sul serio?" Chiese speranzosa, vedendo un piccolo sorriso, formarsi sul suo volto chiaro.
Le prostrai la mano, per farla alzare ed accettò, tirandola a me.
"Dico sul serio" le confermai, abbracciandola dolcemente e cullandole i capelli. Finché non si scostò appena, avvicinandosi alle mia labbra. Ma prontamente sgranai gli occhi, voltando un po' il viso, ed il bacio finì sull'angolo delle mie labbra.
"Grazie" sussurrò più pacata, e con i battiti più rilassati. Finché non guardai lei e subito dopo la porta, che produsse un cigolio dolce.
Il suo viso attraverso lo spiraglio che lasciava vedere il muro del corridoio Beige, e il suo sdegno. Scosse la testa disgustata dalla situazione, rimanendo un attimo pietrificata.
Scostai Madison che non capì, guardando la porta ed imprecando debolmente, tanto che forse avevo sentito male. Iniziai a vorticare con la mente, perso in pensieri troppo dolorosi per ascoltarli. La paura che quella corda si spezzasse, ed io non avessi avuto la forza di tenerla salda tra le mie mani, ora troppo scivolose per reggere la presa.
Non mi aveva dato il tempo di parlare, di spiegarle che non era come sembrava, che doveva far parte del mio video. Non mi credeva, ed anche se si sarebbe sforzata, sapevo che il motivo reale era Madison. Il nostro punto da sempre. Ogni litigio.
Era scesa di fretta le scale, lasciandomi imprecare. Inutile inseguirla oggi. Testarda, non avrebbe capito. E mi fasciavo ancor di più la testa al pensiero che potesse chiamare Mitch e fare la sua voce dolce e sensuale.
Tornai indietro, vedendo una Madison dispiaciuta, portarsi i capelli biondi dietro l'orecchio e riprendere la borsa lasciata adagiata sul lenzuolo rosso.
"Mi dispiace Joshua. Non volevo...non sapevo che..." si fermò vedendo il mio dissentire con la testa, e rivolgerle un sorriso tirato.
"È colpa mia. Ci vediamo domani per il video" la informai gentilmente, mentre annuì con una mano poggiata sullo stipite e lasciarmi un sorriso. Facendomi così richiudere la porta con un tonfo secco, e restare con i miei pensieri.
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Il mattino dopo non fu meglio. Il sole mi aveva accecato gli occhi, come ogni mattina. Ma era diverso. Non avevo chiuso occhio. Ero rimasto con le braccia intrecciate, dietro la nuca, a fissare il soffitto spoglio. Avrei voluto vedere le mie stelle luminescenti, come quando avevo diciotto anni, e trovare una risposta su una di esse. Mentre ora non avevo risposte, non avevo domande. Neanche soluzioni.
Mi aveva fatto l'intervista come era di consuetudine dopo il concerto. Si stava inventando le domande, lo sapevo. Non guardava mai la scaletta che aveva preparato, perché notai il foglio bianco. Il modo scomodo di stare sulla sedia, ed accavallare di più le gambe. Non voleva trovarsi lì, non voleva parlare con me. Era solo una finta per il programma, tanto quanto i suoi sorrisi schizzati dove limpidezza non vi era. Non aveva mai accennato a dirmi qualcosa del mio passato, perché in quello c'era anche lei. Non voleva ripercorrere certi avvenimenti. Yuri aveva il volto più rilassato, potevo ben capire perché. Era riuscito nel suo intento, io e Carlotta di nuovo divisi.
Tornai in camera frustrato, per prepararmi al video che avremmo girato a Plaza de España .
Dove in mezzo vi era una fontana con un gioco di trenta colori differenti, ricordata per i cinque colori sulle note di famosi pezzi di musica classica.
Sentii un bussare fiero alla porta, ed andai ad aprire, sapendo già che era Yuri.
La porta emise un cigolio, fino a farlo comparire con il suo volto sorridente.
"Un'ottima intervista quella di oggi Joshua" proruppe cristallino, spazzandosi via, un rivolo di polvere immaginario, dato solo dalla luce forte e calda, che penetrava nella stanza e riverberandosi sulle pareti perlate.
Mi passai una mano tra i capelli agitato dentro.
"Sei contento noto" gli lanciai quella frecciatina che sembrava non averlo trafitto minimamente, come il mio tono ispido e tagliente.
"Non dovrei?" Domandò derisorio, sapendo bene a cosa mi stessi riferendo, ed il suo sorrisetto laterale mi faceva venire voglia di tirargli un cazzotto sulla mandibola. La mano prudeva e lo esigeva, il mio buon senso mi diceva di non fare cazzate tipiche del vecchio Joshua.
"Sai benissimo a cosa mi riferisco. Ti avevo detto di non immischiarti. Hai chiamato Madison apposta. Voglio che tu sappia che quello che c'è tra me e Carlotta non verrà spazzato via da questo" sbottai risoluto e pungente, vedendolo ridere amaramente per tornare su i miei occhi, con un suo luccichio vittorioso.
"Ho visto quanto amore c'è tra voi, specialmente oggi. Dopo l'intervista è corsa a chiamare il suo ragazzo...Mitch se non erro. Con tanto di -mi manchi e vorrei averti qui con me-. Forse ti stai solo facendo un film mentale Joshua. Quello che eravate non lo potete più essere" ammise sicuro di se, con voce pacata ma che sembrava una coltellata in pieno petto, dove il cuore mi batteva forte ed ora sembrava essersi arrestato.
Strinsi la mano in un pugno dolente, tanto da sentire le nocche scricchiolare, e presi un profondo respiro per reprimere quell'insensata voglia.
"Hai ragione sai. Credo che stasera mi darò da fare. Con tua nipote ti andrebbe bene?" Domandai beffardo, mentendo spudoratamente ma solo per dargli fastidio, sapendo che sua nipote era il suo tallone d'achille.
Lo guardai serrare la mascella e divenire rigido.
"Non userai mia nipote per i tuoi stupidi giochetti." Rivelò assertivo mentre repressi un risolino, mordendomi il labbro inferiore.
"Non gioco mai. Non tutti usano trucchetti strategici. Scusa ma devo prepararmi per il video con tua nipote" aggiunsi freddo, sbattendo la porta con un tonfo assordante.
Vaffanculo!
Mi vestii con una maglia a mezze maniche bucherellata, un pantalone nero a cavallo basso ed una giacca di pelle, quando vennero anche i truccatori per aggiustarmi.
Scesi giù nella Hall vedendo Samuel e Toby, chiudere le aste delle telecamere per trasportarle in macchina.
"Samuel" lo richiamai, arrestando la sua camminata verso la macchina, facendolo girare.
"Dimmi" affermò pacato, mentre Toby era già uscito.
"Non viene Carlotta con voi?" Gli domandai, lasciando anche trasparire il mio interesse completo, vedendolo dissentire con la testa.
"Ha detto che potevamo sbrigarcela noi, e che doveva mandare dei pezzi a Greg. La trovi in camera amico" aggiunse, quasi a volermi confidare quella cosa e ad invitarmi di andare in camera sua.
Gli battei una mano sulla spalla, con un sorriso sincero.
"Grazie" lo ringraziai vedendolo fare spallucce per uscire dall'hotel.
Mi apprestai a pigiare il bottone freddo dell'ascensore, muovendo le spalle, sembrando che avessi dolori per tutto il corpo. Era solo l'ansia che mi accresceva dentro a rendermi così. Guardai le porte metalliche spalancarsi, ed accogliermi dentro, chiudendosi. Contavo i secondi e la speranza che mi aprisse.
Arrivai davanti alla sua porta. Quella dice solo dove ieri sera, si appoggiava e m'istigava con i suoi sguardi pieni di lussuria ed il suo azzurro ammaliante e dolce.
Alzai una mano stretta in un pugno docile, battendo piano sul legno. Finché non sentii le molle del letto rilassarsi con un gracchio, ed i suoi passi lenti avanzare, fino ad aprire.
Guardai i suoi occhi, finché non li sgranò e provò a richiudere la porta con veemenza, ma riuscii a frenare la chiusura, portando un palmo a spingere indietro la porta, fino ad entrare e richiuderla con un tonfo netto.
"Che cazzo vuoi?" Domandò ispida e con la sua solita finezza, dandomi le spalle. Si passò una mano sulla sua cascata di seta, in maniera spazientita.
Sorrisi, poiché almeno mi stava parlando.
"Dirti che non era come pensavi. L'ho solo abbracciata perché il suo ex vuole farle causa. Carlotta almeno su questo credimi" feci un passo vicino a lei, che arretrò d'istinto come spaventata. Come se io fossi stato un leone pronta a sbranarla. In realtà aveva paura dell'emozioni che correvano come una corrente elettrica tra di noi e smuovevano i battiti cardiaci in modo prepotente.
Esalò un respiro pesante nella piccola stanza, accarezzandosi il braccio, forse come se avesse avuto freddo o fossi io a causarle spossamenti.
"Questa discussione era terminata ieri. Dobbiamo ancora parlare. Hai sempre rimandato. E comunque ho il mio ragazzo a cui pensa..." non la lasciai finire che le andai più vicino, senza permetterle di arretrare. Le appoggiai velocemente le mani su i suoi fianchi, portandola a toccare con la schiena il muro freddo, dove sussultò per entrambe le cose, socchiudendo un attimo le palpebre e le labbra rosse che si morse.
"Jos..." anche stavolta non la feci replicare. Avrei voluto baciarla ma ciò che volevo era dirle ben altro.
"Carlotta non prendermi per il culo. In questi giorni che siamo stati insieme non hai pensato al tuo ragazzo. Quando godevi con me, non hai pensato a lui. Perché mi vuoi allontanare di nuovo, cazzo! Non ti capisco" sbottai irruente ed in conflitto. Volevo ancora il nostro Noi. Le nostre lettere.
Prese un respiro importante, cercando di allontanarmi invano.
"Perché mi sono accorta che è stato un terribile disastro. Tu hai il tuo mondo, io ho il mio. Fine della storia. Ho da fare ora. E tu hai da girare un video, ti pregherei di non intralciarmi" rivelò quasi in un sussurro arreso e cupo, ma talmente duro da non traballare o cedere. Potevo notare i suoi occhi arrossati e le sue guance ancor di più.
Le andai vicino, portando le mie labbra fameliche verso le sua, dove aprì di più il suo azzurro e girò il volto impaurita, facendomi finire le labbra sulla sua mandibola, che al mio contatto s'irrigidii divenendo cemento.
"Ti voglio ancora" le rivelai cristallino e più sincero che fossi mai stato, sentendo il cuore strapparsi e donarglielo in ogni sua sfaccettatura perfetta ed imperfetta.
Finché non staccai le mani dal suo corpo dolce, farla rimanere immobile con la testa china e gli occhi persi, e richiudere la porta con un cigolio debole.
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