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27


Pov. Joshua

Stava diventando una dipendenza. Ma lo era diventata gia, perciò non potevo preoccuparmi più di tanto. Il suo corpo era qualcosa d'indefinito. Ogni volta scoprivo qualcosa di lei. Era come un pacco regali che non finivi mai di scartare, uno di quelli che scatolina dopo scatolina, non vedevi mai la fine. Ma i pacchi regali avevano una fine, Carlotta no. Lei era sempre qualcosa di nuovo. Un'emozione sempre nuova. Si rinnovava, non andava persa.

Yuri aveva interrotto il nostro inizio. Si doveva sempre mettere in mezzo, e non riuscivo più a reggere le sue cazzo di raccomandazioni. Si poteva fottere. Ero stato chiaro la sera prima, cristallino per di più. Gli avevo chiaramente, ed esplicitamente detto, che ciò che facevo nel mio privato non era una cosa che lo riguardava. Facevo tutto ciò che mi diceva, e forse anche qualcosa in più. Se a quei tempi avessi usato di più il mio cervello che inscatolarlo e lasciarmi soggiogare da altre menti, Carlotta da me non sarebbe mai sfuggita.

Avevo bisogno di sentire sulla mia lingua la sua intimità calda. Era ancora più buona di quanto ricordassi. Ed i suoi occhi lucidi mi aprivano un varco verso un altro mondo, dove nessuno poteva entrare, ma solo noi. Avevamo quella chiave misteriosa, e quando vi entravamo, potevamo uscire quando lo decidevamo noi.

Ci lavammo ed io mi vestii, mentre lei si strinse il trench beige in vita, con le guance arrossate, ed in completo imbarazzo.
"Ti accompagno" proclamai, aggiustandomi la maglia, mentre scosse la testa, prendendo Mr Wilson con se.

"Vado da sola, farò in fretta. Ci sarà lui a proteggermi" mi mostrò il pupazzo con fierezza e portamento saccente, per fare una risata di cuore.

"Ti proteggerà proprio come farò io" le rivelai, andandole vicino ed alzandole il mento con l'indice, per scoccarle un dolce bacio su quelle labbra che sapevano di susina.

"Lo so. Ma sai anche che do..." Non finì poiché mi vide annuire. Sapevo dove voleva andare a parare. Dovevamo risistemare tutti i dissapori che avevamo avuto nel tempo, ed accaparrarci quello perso.

"Dobbiamo parlare. Lo faremo dopo il concerto. Spero che dormirai anche stanotte da me" le confessai intenso e rauco, mentre si avviò verso la porta, alzando le spalle.

"Beh...vedremo. Decide Mr Wilson, come già sai" si fece beffa di me, con quel modo dolce ed innocuo che mi fece sorridere in maniera maliziosa, e portarla a sbruffare ed alzare gli occhi luminescenti verso l'alto.

"A stasera" ricalcai seducente, vedendola afferrare la maniglia fredda, ed aprire appena la porta.

"Vedremo" ribatté senza demordere, richiudendola con un tonfo debole.

Mi diedi un'ultima sistemata e scesi giù, dove Samuel, Toby e Yuri già mi aspettavano. Durante il tragitto in macchina Yuri non accennò più nulla, e gliene fui grato per una volta nella vita. I cameraman di Carlotta, sembravano ignari di tutto, oppure facevano finta di non sapere. Almeno loro non si mettevano in mezzo a cose di cui non interessavano loro ma prettamente a me e Carlotta.

Mi aggiustai le lenti a specchio scure e potevo vedere da quelle ancor più scure, quasi nere di Yuri che mi fissava. Che cazzo di problemi avesse, lo sapeva solo lui.

Scendemmo di macchina, e mi ritrovai di fronte alla magnificenza di Camp Nou. Ovvero lo stadio di Barcellona. Era grandissimo. E sapere che quella sera sarebbe stato quasi tutto pieno mi metteva in agitazione. Domande sul fatto, se sarei piaciuto o meno. Se fosse andato tutto bene. Era la prima volta che tenevo il concerto ad uno stadio.

Samuel e Toby, iniziarono a montare le telecamere, per riprendermi anche durante le prove, e stasera al concerto. Mentre Carlotta l'indomani mi avrebbe intervistato come a Vancouver su domande inerenti al tour. Anche se molto spesso le domande che uscivano o almeno le mie risposte, scavalcavano quelle del tour, per parlare di noi. Mi sarei attenuto secondo la sua scaletta. Voleva dei chiarimenti che le avrei dato al più presto.

Notai arrivare i ragazzi della Band, salutandoli con una stretta di mano ed una pacca sulle spalle. Sistemarono le strumentazioni, accordarono le chitarra e le attaccarono agli impianti, per vedere l'estensione, che la sera sarebbe servita per far sì che tutti sentissero perfettamente, anche dagli appalti in fondo.

"Allora, Joshua, prova la canzone a cui ho dato lo spartito ai ragazzi. È quella nuova che uscirà nel CD. Un'inedita. È un misto, con il ritornello in spagnolo." M'intimò Yuri, venendomi accanto per farmi vedere la canzone che sapevo.
S'intitolava -Quiero Tú- ed ovviamente, la mia musa ispiratrice era sempre la mia piccola spocchiosa princesa.

I ragazzi annuirono, e con loro anche io, facendo le prove sul microfono.
Yuri andò vicino ai cameraman per controllare il lavoro. E come sempre appena sentii il sound partire e la batteria azionarsi come il rumore della chitarra, partii a cantare.
Il cuore pompava forte, fino allo stremo. Chiudevo le palpebre, per immaginarmi la folla di gente che avrebbe accalcato quegli spalti ora solo contornati dai colori e dagli sponsor, sulle varie panche. Mi aiutava a concentrarmi e a non farmi prendere dall'ansia da palcoscenico per la sera.

-• In questa notte brilla più forte, non lasciarti sopraffare sono io che corro sulle note. Acciuffare l'occasione, so che sei una su un milione. Per non farti scappare ho dovuto barattare un cuore di vetro, si rischia di frantumare.

Vente pa' 'ca
Quiero tú cuerpo
Vente pa' 'ca
Tú besos es mi reanimación
Otro pierdes el valor

Hai chiuso porte, aprile stanotte. Non mi puoi mentire oltre, se mi desideri non hai da chiedere altrove.
Per non perdere quest'occasione ho dovuto rinunciare al tuo amore.
Se tornassi indietro ti terrei con un laccio forte, ti legherei a me su queste note.

Vente pa' 'ca
Quiero tú cuerpo
Vente pa' 'ca
Tú besos es mi reanimación
Otro pierdes el valor

Porque no quiero otro
Porque no piensas otra cosa
Sólo me importa amarte
Hasta tarde.

Vente pa' 'ca
Quiero tú cuerpo
Vente pa' 'ca
Tú besos es mi reanimación
Otro pierdes el valor. •-

Riaprii gli occhi, finita la canzone, guizzando lo sguardo verso Yuri che annuì.
"Questa è venuta benissimo. Sopratutto la parte in spagnolo è una figata" rivelò cristallino Julian, scostandosi i capelli dalla fronte, con un gesto della testa. Mentre sorrisi.

Ogni tanto mi fermavo per prendere un sorso d'acqua, e continuare a provare le altre canzoni più conosciute. Come ogni concerto. Portavo un'inedita, una uscita da un mese o poco più, e le altre. Dalle più vecchie alle più recenti. Un mix per accontentare tutti.

Ci fermammo dopo due ore, per andare a mangiare qualcosa, in un ristorante lì vicino.
Ordinammo una Paella di mare, e la salsa alioli.
Presi un po' di quella salsa mondiale, spalmandola su una fetta di pane, mentre mi sentii arrivare un messaggio.
Controllai il cellulare e non vidi nulla, ricordandomi che ne avevo un secondo, ovvero quello meno importante, dove mi cercavano tutti.

Da Spocchiosa Mia

-Ti stai perdendo un Tour con il mio zietto preferito. Paul è meglio di un cicerone. Lo sai che è un assetato di Gossip. Ha detto che stasera verrà a vederti con Gavin.

Sorrisi a quel messaggio, vedendo un audio vocale subito dopo. Lo azionai, spostandomi un po' dal tavolo con il gesto della mano, come a scusarmi. Mi appoggiai alla colonna gialla, sotto al gazebo dal tendone rosso, fuori dal ristorante. Sentii la voce euforica di Paul chiamarmi -Bel manzone- e scoppiai a ridere, mentre delle persone, a sedere sulle sedie in ferro battuto ed a fumare, mi guardavano stranite.
Paul metteva sempre il buon'umore a tutti. Non mi veniva difficile pensare che fosse il migliore amico delle nostre madri.

Spocchiosa Mia.

-Ti sei persa la mia canzone spagnola. Comunque la sentirai stasera. Ricorda "Quiero tú cuerpo".

Guardai le spunte blu, segno che aveva visualizzato, e mi morsi il labbro, quando mi rispose con una faccina dalle guance arrossate. Lei e l'imbarazzo. E se non l'avesse avuto non sarebbe più stata la mia spocchiosa. Ed invece era sempre la stessa e non l'avrei cambiata neanche di una singola virgola.

Tornai dentro, finendo di mangiare. Anche se Yuri ogni tanto mi guardava stranito.

Tornammo verso lo stadio, entrando dalla parte opposta, poiché notai dai vetri oscurati, la gente che già accalcava fuori.
Baracchini di panini, disposti quasi tutti in fila.
Le luci dello stadio si accesero, al quasi calar del sole. Il cielo era sereno, ma stava prendendo il suo color indaco. Sembrava tutto soffuso, e mano mano sempre più luminoso, quasi a far sembrare ancora pieno giorno. Il palco era già illuminato dai led azzurri e Rossi, come avevamo deciso, e dai faretti con lucine ad intermittenza, disposti sull'orlo del palco a curva. Un mega display dietro, per inscenare dei video con luci stroboscopiche, pezzi dei miei video. Ed altri laterali per far sì che chi fosse in lontananza potesse vedermi meglio dagli schermi.

Sentivo gli schiamazzi della gente, ed ero euforico, adrenalinico. Sentivo mille esplosioni dentro. Una sudorina lieve si formò sull'attaccatura dei capelli. Piccole goccia imperlavano la mia fronte, e mi sentivo accaldato e scalpitavo.

"Bene. Sistemati, fatti una doccia nel camerino. Tra un'ora e un quarto, iniziamo. Tra quaranta minuti ti mando i truccatori" mi richiamò Yuri, avviandosi al suo camerino, dopo avermi tirato una pacca sulla spalla.

Mi sfilai la maglia dalla testa, appallottolandola e lanciandola sul divanetto bianco. Aprii la porta del bagno e la richiusi con un tonfo debole.
Mi ricordavo la mattina, passata con Carlotta. Il suo corpo bagnato, dall'acqua e dai suoi umori. Gli ansimi che le fuoriuscivano dalle labbra rosse ed a cuore. Soffiavano dolci melodie che si propagavano dentro di me come scosse sinfoniche. Non riuscivo a staccarmi dal suo corpo. Dal suo sapore prelibato. Le suppliche che mi dicevano solo i suoi occhi, troppo presa a godere, ed a vedere il suo collo, buttato all'indietro, mentre le gocce picchiavano sul suo viso, e scendevano lente sul suo corpo che si muoveva sulla mia lingua.

Richiusi il getto d'acqua, sentendomi eccitato, ed al solo pensiero mi era tornato duro, e la voglia di spingermi dentro il suo corpo, si faceva sentire prepotente. Bussava con veemenza, chiedeva la sua intimità calda e peccaminosa. I suoi occhi azzurri, lucenti di un desiderio mai troppo appagato. Pretenziosa, nel suo chiedere sempre di più. Nei suoi movimenti lenti. Le sue natiche sode e rotonde, bagnate, dove affondavo le mie mani per sorreggerla e non lasciarla scivolare giù.

Mi avvolsi un telo, intorno alla vita. E mi passai una mano frustrato tra i capelli biondo cenere. Era come il miele Carlotta, ed io ero un'ape.
Sentii un rintocco di nocche alla porta, e mi avviai.
Poteva essere Yuri. Per i truccatori era ancora presto. Avevo impiegato solo dieci minuti. O forse se pensavo a lei il tempo scorreva sulle lancette e mai sulla mia pelle e nei miei pensieri nitidi.

Appena aprii la porta, me la trovai davanti. Guardò a destra ed a sinistra, per entrare dentro e richiudere la porta alle sue spalle, con un cigolio appena percettibile ed un giro di mandata, dandomi le spalle.
Le afferrai i fianchi da dietro, sentendola sospirare e vedere il suo collo deglutire fortemente.

"Non sai stare senza vedermi" le sussurrai all'orecchio, guardandola piegare la testa di lato, ed i suoi capelli di seta solleticarono la mia spalla.

"Uhm...sono venuta per scioglierti la tensione" proclamò con voce impastata e ricca di desiderio, poggiando i palmi contro la porta del camerino.

"E come vorresti fare?" La stuzzicai a parlare, con voce intrigante e più bassa, dandole dolci morsi sull'incavo del collo, portandola a fare i suoi piccoli ansimi, ed a piegarsi in avanti, con le natiche premute contro il mio membro duro, oscurato solo dall'asciugamano azzurro.

"Non lo so...più." Rivelò tattile e vellutata, sospirando di nuovo. Si mosse con le natiche contro il mio membro, per farmi capire cosa voleva, ma non riusciva a dire.

"Lo vuoi?" Le domandai, vedendola annuire con veemenza. Le strinsi di più i fianchi facendola sussultare e premere ancor di più contro il mio membro. Le alzai appena il vestito bianco, scostando l'elastico delle culotte di pizzo, accarezzandole la natica destra.

"E dove lo vuoi? Qui?" Ricalcai più vibrante, spingendo con un colpo secco verso di lei, che si chinò ancora di più, vedendo la sua cascata di seta, scivolare al suo lato destro.

Non potevo vederla, ma ero sicuro che si stesse mordendo quelle succose labbra rosse.
Lasciai scivolare l'asciugamano, abbassandole le culotte, facendole sentire il mio membro duro. Pelle contro pelle.
Fece un movimento rotatorio con il bacino, spingendo le sue natiche contro di me, mugolando dalla voglia di essere riempita.
"Carlotta sei sicura? Non voglio che..." non mi lasciò finire, che si voltò con metà viso verso di me. I capelli le sfioravano la guancia, gli occhi azzurri lussuriosi ed il rossore sulle gote, per il desiderio. I palmi aperti ancora appoggiati alla porta, e le sue natiche sode verso di me. Una visione che mi fotteva completamente.

"Ti voglio, sono sicura" affermò risoluta ed intrigante.

A quelle parole non resistetti più, feci una leggera pressione verso la spaccatura delle sue natiche, per scivolare dentro di lei. Sussultò, portandosi una mano sulle labbra, per attutire le urla di godimento.
Mentre l'altra era ancora premuta contro la parete, quasi a volerla graffiare con le unghia, smaltate di rosa cipria.

Spingevo dentro il suo corpo, e mi beavo di lei, di quelle sensazioni. Di quelle scariche potenti che arrivavano dritte a martellare nella gabbia toracica. Dove il mondo esterno era annebbiato, consumato. Frutto di una fantasia perché solo quella era la realtà.

"Dio Carlotta" digrignai i denti con voce roca.
Rispettava i miei movimenti e si adeguava, e le urla, divennero ansimi dolci. Gemevo fortemente, trattenendomi a stento per non essere più rude, e sentivo la voglia di esplodere montarmi sempre, sempre di più. Salii con le mani, arrivando a toccare i suoi seni, ed inserire la mano sotto al vestito, per prendere un suo capezzolo turgido e caldo tra il pollice e l'indice, stuzzicandolo. Le portai le dita in bocca, sentendola leccare avidamente e riportarle sul suo seno, mentre la sua testa roteava e spingeva con me, in un ballo, lento e sensuale.
Finché non sentii la voglia crescere, e riverberarsi dentro di lei, donandogli tutto di me. Dopo tanto tempo. Sentendo anche le sue gambe molli cedere, e toccai le sue labbra morbide, sentendole umide, per la venuta.

La presi per i fianchi, facendola drizzare lentamente e portarla con la schiena verso il mio petto, e rigirarla per vedere i suoi occhi lucidi. Lanterne fluttuavano dentro quell'azzurro illuminato.
Poggiai la fronte contro la sua, e scoppiammo a ridere, sentendo i battiti tornare a poco a poco regolari.
"Direi un bel modo per sciogliermi la tensione" esclamai beffardo, poggiandole una mano sul viso accaldato, e schiuse le palpebre, annuendo.

"Ti aspetto dopo, starò a guardarti dietro le quinte. Spacca tutto Mr Wilson" proclamò cristallina e carezzevole, dandomi un tenero bacio sulle labbra, sentendo la sua morbidezza e quel sapore inconfondibile di susina, ad inebriarmi.

"Canterò per la mia musa...princesa" le rivelai, vedendola guardarmi intensamente, mordendosi le labbra lentamente e rilasciarle.

Prima di aprire la porta, controllando che non ci fosse nessuno e richiuderla con un tonfo debole, mentre sorrisi.

Aspettai i truccatori, vestendomi con un jeans ed una maglia nera, metà pelle e metà tessuto, con una camicia a quadri rossa, e le all star del medesimo colore.
Come sempre, quella poltiglia, veniva spalmata sul mio viso, come l'illuminante per darmi più luce, al volto.

"Ci siamo Joshua" sentii la porta spalancarsi e la voce di Yuri, arrivarmi all'udito, mentre aprii un occhio, guardandolo attraverso lo specchio quadrato affisso al muro, con tanto di lucine.

Uscii di lì, sentendomi più leggero ma con il cuore in gola. Gli applausi e l'euforia del pubblico arrivarono dritte al mio udito, mandandomi in escandescenze. Era il momento. Come sempre una pacca sulla spalla da parte di Yuri mi incitò. Ma mai quando guizzai gli occhi, trovando la mia perdizione, la mia droga potente, sorridermi e strizzarmi l'occhio. La mia musa, da tutta una vita. La spocchiosa di sempre. Ed entrai in scena.

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