La storia dalla finestra
Berlino, Marzo 1815
"Federico, che piacere averti a colazione, già in piedi questa mattina?" lo salutò la madre con un grande sorriso, mentre faceva il suo ingresso nel salottino elegante del loro appartamento.
"Ha ragione non è il momento di dormire sugli allori" intervenne Ernesto Augusto servito da un valletto a capo tavola.
"Entro un'ora devo presentarmi al comando" ricordò il ragazzo sedendosi a sua volta.
"Stanno disponendo le truppe sul Reno dopo il congresso di Vienna per la battaglia decisiva, bisogna parlare di numeri" decretò il patrigno.
"Ma lui non lo faranno partire, vero?" giunse le mani la madre, preoccupata, guardando il padre adottivo con occhi imploranti. Le forme morbide ormai non nascondevano la linea dolce della pancia. Pochi mesi dopo aver perso la sorella, nata morta, vedere sua madre ancora così gli procurava moti contrastanti, preoccupazione e timore, soprattutto. Forse era troppo in là con gli anni per procreare, ma al patrigno non importava, faticava a stare lontano dalle sue gonne e dal suo letto. Era quello l'amore? Voleva un erede, questo lo capiva, la regina non spingeva i suoi figli ad altro, ma si vociferava che anche la nuova moglie del terzogenito fosse incinta di una bambina. Il primo erede che fosse nato avrebbe potuto vantare pretese al trono di Inghilterra e non solo a quello.
"Lui per ora è dispensato, ordini della regina Carlotta, in persona, ma ho ottenuto con mio fratello che passi di grado e si occupi delle truppe di cavalleria, questione di mesi ormai."
"Cosa c'entra la regina?" domandò stupito Federico.
"Oh, è arrivata la lettera di conferma da palazzo l'altro giorno, non te ne aveva parlato tua madre? Il diamante della scorsa stagione sta giungendo in Germania solo per conoscerti. Ti è andata davvero bene, almeno sarà bellissima, i miei fratelli non hanno avuto alcuna scelta."
"Credo che i diamanti della regina rifulgano solo a Londra" commentò sospirando Federico. La madre lo guardò torva per un attimo, ma poi prese le sue difese, come sempre.
"Federico conoscerà volentieri quella ragazza, ma ha anche altre opzioni, non è vero, tesoro."
"La cugina Luisa, ancora?" sbuffò il ragazzo. A fatica era riuscito a intavolare con lei una conversazione l'ultima volta che era venuta in Prussia.
"Perché sei tanto contrario? È sbocciata squisitamente, in più è lontanamente imparentata con la corona britannica" ricordò la madre massaggiandosi la pancia.
"Molto lontanamente, Frederich non ha più bisogno di un contatto con la corona britannica, non ora che io ti ho sposata" le ricordò Ernesto. "Mi fido molto del gusto di mia madre, ha speso parole davvero lusinghiere per la ragazza."
"Se era il diamante della stagione perché non è ancora sposata?" domandò Frederica spaccando malamente l'uovo davanti a lei.
Ernesto sospirò e alzò gli occhi su Federico. "Non conta cosa sia successo, Frederich porterà quella ragazza a un ballo questa sera, sarà molto cortese con lei e poi l'accompagnerà in Prussia e le farà vedere le nostre terre o preferisci che vada sul Reno?"
"Non ho mai detto questo" appuntò la donna abbassando gli occhi. Vedere la madre piegata dall'autorità di quell'uomo ambizioso lo rendeva triste, certo era più gentile del precedente patrigno; sperava davvero che questa volta andasse tutto bene, che fosse un maschio e che archiviassero la questione erede senza che lui rischiasse di rimanere del tutto orfano.
"Farò il mio dovere, come sempre, non temete, sono nato per questo." Non lo disse con rabbia o rassegnazione: era solo una semplice constatazione e le persone a quel tavolo lo capivano bene. Un ballo alla Dance hall non era la fine del mondo, anche se una parte di lui avrebbe voluto essere chiamato sul Reno. Erano arrivati ordini diretti dalla regina, non sarebbe mai avvenuto. Non avrebbe combattuto Napoleone, nemmeno questa volta. Sarebbe rimasto come sempre alla finestra a guardare la storia giocarsi sulla pelle di altri uomini. Eppure, Ernesto c'era stato davvero in guerra, più di una volta, non faceva che lamentarsi del suo occhio offeso, ma amava troppo sua madre e sapeva che se lui fosse morto in guerra inviato per conto della corona britannica, lei ne sarebbe rimasta devastata. Sperava davvero che quella ragazza fosse stupenda.
La residenza reale inglese a Berlino era una villa elegante dai delicati finimenti, ornata da statue e capitelli, sorgeva al centro di un grande parco. Una scalinata sorvegliata da due leoni di pietra accoglieva i visitatori in una terrazza elegante che dava su diversi giardini all'inglese. Non era equiparabile a Buckingham House come dimensioni, ma aveva una linea delicata che strappò a Edwina il primo sorriso della giornata. Era letteralmente sfinita per il lungo viaggio e la madre Mary non era da meno anche se tentava di nasconderlo dietro un sorriso come suo solito. Il tragitto per attraversare la Francia era stato complicato, Erano stati scortati da uno esercito poco lontano dalla costa, c'era molto nervosismo per il ritorno in patria di Napoleone. Edwina si era chiesta se la regina non l'avesse inviata in Europa troppo in fretta, non che fremesse dalla voglia di affrontare una nuova stagione a Londra o di sposarsi per la verità, ma almeno qui aveva l'illusione di non avere tutti gli occhi addosso per quella maledetta storia che non riusciva più a scrollarsi di dosso. In patria lo chiamavano il "mancato sposalizio". La sposa che scappa dall'altare aveva fatto sparlare l'intera Inghilterra, probabilmente, dall'alta società fino all'ultimo dei serventi. Gran bella soddisfazione! Almeno Kate ora aveva la sua vita, la sua famiglia, ma a lei era rimasto un pugno di mosche in mano. Sospirò aggiustandosi nervosamente la pettinatura. Una bella donna con un elegante veste di broccato rosso e il ventre gonfio le attendeva in cima alla scala con un grande sorriso contornata da schiere di servitori. L'elegante cascata di boccoli ai lati del viso inquadrava il volto dolce e pieno e due vividi occhi azzurri. Il principe Federico le assomigliava, forse? In tal caso doveva essere decisamente attraente.
"Benvenute, mio figlio si scusa per l'assenza, era impegnato in un vertice militare."
"Oh, certamente, siamo onorate dell'invito." Sua madre Mary si genuflesse davanti alla donna. La donna rispose appena con un cenno del viso e squadrò Edwina che teneva gli occhi bassi come le era stato insegnato attendendo che quella donna la valutasse. "Sono lieta di presentarvi mia figlia, vostra altezza, la signorina Edwina Sharma."
"Sharma? Non avete origini inglesi?" chiese la donna stupita.
"Mio padre è inglese, lord Sheffield e mia madre invece indiana, mio marito altrettanto. Edwina è il risultato di un amore che ha attraversato l'oceano più volte" replicò Mary colta sul vivo.
"Capisco" la donna pareva imbarazzata.
Edwina si morse il labbro cercando di rimanere immobile.
"La regina non ne aveva fatto menzione nella corrispondenza, in ogni caso siamo onorati di avervi come nostri ospiti" si riavvenne la nobildonna facendo loro strada nell'elegante dimora. "Abbiamo predisposto per voi due camere nell'ala est e mi sono presa la libertà di far venire nel pomeriggio la mia sarta, ha splendidi tessuti parigini."
"Siete stata troppo gentile, Edwina ha viaggiato col suo corredo, davvero non è necessario."
Edwina procedeva muta lungo le scale cercando di non mostrare che internamente stava tremando. Si sentiva una stupida: come aveva fatto a pensare di essere davvero adatta per un principe, se perfino un visconte l'aveva rifiutata?
"Qui a Berlino abbiamo dettami di moda un po' diversi da Londra, ma sarei davvero felice di regalare a vostra figlia un abito per questa sera, sarà meglio però anticipare le misure alla modista, l'altezza delle ragazze tedesche è di norma molto differente."
Questa volta Edwina non riuscì a non rimanere a bocca aperta. Perfino la sua altezza non era propria? Forse quel viaggio era stato un enorme spreco di tempo! Se le ragazze tedesche erano tanto perfette perché il principe Federico era arrivato fino a Londra per cercarsi una moglie? Probabilmente la madre era contraria all'idea che sposasse una straniera, perciò, per quanto potesse accettare il suo bellissimo vestito ricavato da stoffa parigina, in realtà non aveva alcuna chance di rapire le attenzioni del principe. Avrebbe voluto trascinare sua madre in un angolo e implorarla di fuggire la mattina successiva, giusto dopo essersi riposate un attimo, ma c'era servitù ovunque e aveva come il dubbio che in quel palazzo tanto elegante anche i muri avessero orecchie. In quale diavolo di situazione si era cacciata!
"Signorina Edwina, voi conoscete il tedesco?" domandò la donna traendola dai suoi pensieri.
"Mia figlia conosce quattro lingue" riportò orgogliosa Mary.
Serviva una dimostrazione, qualsiasi frase di sua madre sarebbe risultata troppo di circostanza. Fece un bel respiro sperando che i suoi studi servissero a qualcosa.
"Vi ringrazio infinitamente per l'ospitalità, la vostra dimora è semplicemente un incanto" sillabò Edwina in tedesco.
"Non è casa mia questa, ovviamente, sua altezza Ernesto Augusto ed io soggiorniamo in una dimora in centro col principe Federico, che conoscerete questa sera."
La madre la prese per il braccio costringendola a non smettere di sorridere, stava facendo un passo falso dietro l'altro: perché era tanto difficile? Forse aveva perso l'allenamento o si trattava della lingua differente. Non aveva mai avuto troppe occasioni di parlare tedesco al di fuori degli studi. Col visconte era stato molto più facile, almeno all'inizio. Contando com'era finita allora questa volta sarebbe stata una vera catastrofe!
"Ospiterete qui il ballo?" si sforzò allora di proseguire Edwina.
"Esattamente, vi mostreremo quanto elegante può essere una festa danzante sul continente."
"Quale meraviglia!" replicò Edwina con un sorriso che però non le giunse alle guance. Fortunatamente la donna non colse la sua ironia. Pareva che venisse da una giungla e non da Londra. Era ben istruita, era stata il diamante della stagione.
"È adatta ad avere figli? Con questa struttura minuta..." la pungolò Frederica girandole attorno.
"Certamente, vi assicuro che per me non è mai stato un problema ed ero identica a Edwina da giovane" confermò la madre. La donna mugugnò senza darle soddisfazione.
"Desidero infinitamente dei bambini..." sospirò Edwina.
"Suonate per caso uno strumento musicale?"
"Sì, vostra altezza, suono da diversi anni il pianoforte e il sitar."
"Esotico, senza dubbio, penso di non avere la più pallida idea di cosa sia!" sbottò la donna con un mezzo sorriso.
"Uno strumento a corde, vostra altezza" spiegò Mary con un inchino.
"Amo molto leggere" aggiunse Edwina orgogliosa.
"Sul serio? Abbiamo diversi poeti a corte, chiederò loro di declamare qualcosa in una delle nostre prossime serate, ovviamente tutti i componimenti sono in lingua tedesca."
"Sarà un piacere partecipare, vostra altezza." Edwina sorrise alla donna senza nemmeno abbassare gli occhi. Se c'era qualcosa capace di aizzarla in quel momento era una sfida. Probabilmente il principe non l'avrebbe degnata di uno sguardo, poteva andarle bene, anzi l'idea era quasi allettante, avrebbe potuto convincere sua madre ad allungare il viaggio e tornare in Inghilterra senza fretta. Di certo non ne aveva di trovarsi di nuovo davanti a un altare. Quella nobildonna pensava di intimorirla con le sue domande, invece le faceva solo desiderare maggiormente di contraddirla. Non le avrebbe dato occasione di essere dispiaciuta.
"Quantomeno sarà una serata ... interessante" annuì compiaciuta la donna. Si inchinarono entrambe prima di vederla sparire nel lungo corridoio coperto di specchi.
"Respira, Edwina e ricordati che il principe è un uomo, se c'è una donna che può influenzarlo nella sua scelta è la regina, non la madre. E la regina gli ha già scritto cosa pensa di te."
"Non so davvero cosa sperare, madre" confessò Edwina prendendo un profondo respiro. Solo la vista del giardino era in grado di darle un minimo di sollievo. "Credo che andrò a sdraiarmi nella mia stanza, se non vi dispiace."
"Ma certo, vai pure, cara. Sarà una serata molto importante" le ricordò Mary. Non aveva bisogno di suggerimenti in tal senso. In realtà poco contava un ballo per quanto fosse a Londra o a Berlino. Tutta l'esaltazione con cui l'anno prima era giunta sulle coste inglesi ora le pareva un'assurda emozione infantile. Dentro il suo cuore era come se avesse vissuto non due primavere, ma duecento. Il tempo attenua molti dolori, ma forse non tutti.
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