Capitolo 7
Capitolo 7
Con il passare dei giorni, Nilufar si sentì sempre più in sintonia con l'ambiente lavorativo. Il suo imbarazzo iniziale scompariva a poco a poco. Shiin era un ottimo assistente e un bravissimo disegnatore, che l'aiutava a ricreare i tatuaggi di eyeliner sul collo di Sakurada. Gli scherzi di quest'ultimo erano ormai parte della routine quotidiana, e non mancava mai di coinvolgerla in qualche conversazione, facendola sentire sempre più a suo agio.
«Sai, ho sempre creduto che i giapponesi fossero persone serie», commentò Nilufar, mentre sistemava l'ultimo pennello nell'astuccio. La luce soffusa della stanza si rifletteva sui volti di Sakurada e Shiin, ormai rilassati dopo l'intensa giornata di lavoro.
Sakurada, appoggiato alla parete con le braccia incrociate, le lanciò un sorriso di strafottenza. «Lo siamo, ma a me piace essere fuori dagli schemi.»
C'era una scintilla di malizia nei suoi occhi, come se l'idea di essere etichettato come "serio" non gli andasse proprio giù.
Nilufar rise, scuotendo la testa. «Ma sai, io credo che tu voglia soltanto risultare così all'apparenza, perché in fondo sei un tenerone.»
«Ti assicuro che non è così.»
«Guarda che lo faccio anch'io, solo che mi riesce più difficile perché non so recitare.»
Sakurada si fermò di fronte a lei, chinandosi leggermente verso il suo viso. «Se vuoi ti insegno, principessa.»
Nilufar scosse la testa, ridendo di nuovo, stavolta più apertamente. «No, grazie. Ho già abbastanza casini per la testa.»
Sakurada sollevò un sopracciglio, fingendo un'espressione offesa. «Faccio parte anch'io dei tuoi casini?»
«Oh, no, saresti di troppo!», replicò lei con prontezza, ridacchiando.
La stanza si riempì delle loro risate, un'eco leggera che rimbalzava tra le pareti. Era un momento di rilassamento dopo una giornata frenetica, dove le formalità tipiche giapponesi sembravano allentarsi, lasciando spazio a una complicità più informale e spontanea.
Dopo aver ripreso fiato, Sakurada fece un cenno di saluto.
«Be', direi che è ora di andare. Ci vediamo domani», si sistemò la giacca di pelle e, con un ultimo sorriso, uscì dalla stanza.
Rimasta sola con Shiin, Nilufar si guardò intorno, notando le cose ancora in disordine. «Dai, ti do una mano a sistemare.»
Mentre riordinavano, Nilufar si sentì a suo agio nel parlare con Shiin. Il giovane assistente era sempre stato discreto, ma ora che l'atmosfera era più distesa, cominciò a raccontarle di sé.
«Sai, sto studiando per diventare il miglior tecnico del suono», disse mentre ripiegava dei cavi. «Ho una ragazza che mi sostiene molto, anche lei è nel mio stesso corso.»
Nilufar lo ascoltava con interesse, rendendosi conto di quanto il giovane fosse determinato e ambizioso, ma anche dolce nel parlare della sua fidanzata.
«È bello che vi supportiate a vicenda», commentò, mentre sistemava alcuni cosmetici nel loro posto.
Shiin annuì, continuando il suo racconto: «Sai, ho sempre pensato che il lavoro qui fosse tutto, ma in realtà c'è molto di più. Certo, prendiamo le cose molto sul serio, ma sappiamo anche quando rallentare. E poi, se per caso ti addormenti durante il turno, nessuno ti dice niente. Qui significa che stai lavorando sodo e che meriti un po' di riposo.»
Nilufar sorrise, sorpresa da quella rivelazione. «Davvero? In Italia credo che mi licenzierebbero in tronco se mi addormentassi sul lavoro.»
Shiin si lasciò sfuggire un piccolo sorriso. «Sì, siamo un po' diversi su questo. Ma se hai bisogno di una pausa, non esitare a concedertela.»
«Grazie, Shiin», rispose Nilufar, apprezzando la sua gentilezza. «Vai pure, finisco io qui.»
Shiin si inchinò leggermente, in segno di rispetto e gratitudine, prima di uscire dalla stanza. Il rumore della porta che si chiudeva lasciò Nilufar immersa nel silenzio della sera. Sistemò le ultime cose con calma, gustandosi il momento di quiete. L'orologio sulla parete segnava le otto passate e il suo lavoro era finalmente concluso. Indossò la sua giacca di jeans e afferrò la borsa, pronta per tornare a casa.
Mentre si dirigeva verso l'uscita, un lieve bussare alla porta la fermò.
«Chi sarà mai?», mormorò tra sé, prima di vedere la porta aprirsi lentamente.
Chishiya fece capolino, la sua espressione impenetrabile ma con un accenno di sorriso.
«Ho dimenticato di salutarti», disse con la solita voce calma. «E... volevo anche pagarti per il lavoro di oggi.»
Le porse una busta con dentro la paga della giornata. Nilufar la prese, guardandola con titubanza.
«Ma ogni giorno mi date il doppio!»
Chishiya sollevò appena un angolo delle labbra, divertito dalla sua reazione. «Da come reagisci ogni volta, direi quasi che in Italia siete sottopagati.»
Nilufar arrossì, stringendo la busta tra le mani. «Purtroppo è così.»
«Comunque scusami, non volevo disturbarti», disse Chishiya con un tono pacato.
Nilufar alzò lo sguardo, cogliendo l'ombra di un sorriso sul suo volto enigmatico.
«Nessun disturbo. Posso fare qualcosa per te?»
«Non importa, stavi andando via.»
Chishiya fece un passo verso la porta, le mani infilate nelle tasche della sua felpa nera, ma Nilufar sentì un impulso improvviso, un fremito inaspettato che le percorse il petto. Qualcosa dentro di lei si ribellò all'idea di restare sola. Il suo cuore ebbe un'accelerazione, senza un motivo razionale. Era come se il silenzio che si sarebbe creato dopo la sua uscita fosse troppo pesante da sopportare.
«Ormai sei qui», mormorò, quasi a se stessa, giustificandosi. «Dimmi pure.»
Chishiya si voltò leggermente, un lampo di sorpresa passò attraverso i suoi occhi, ma non disse nulla. Si limitò a raddrizzarsi con quell'aria sorniona che sembrava essere la sua firma.
«Ho un'intervista questa sera... Ogni tanto capita. Potresti aiutarmi?»
«Quanto tempo ho a disposizione?»
«Un'ora.»
Nilufar sgranò gli occhi. «Cavolo, dobbiamo darci una mossa!»
Lo invitò ad accomodarsi. Chishiya si lasciò guidare verso il lavatesta. Nilufar aprì l'acqua, la fece scorrere tra le dita, controllando che fosse alla temperatura giusta. Mentre prendeva a lavargli i capelli, le sue mani si muovevano sicure, ma a tratti sembravano soffermarsi troppo a lungo su alcuni punti. Forse era per via di quel contatto, della sensazione quasi intima di toccare qualcuno con cui non aveva mai condiviso momenti così ravvicinati.
Le dita, leggere, cominciarono a massaggiare la cute con un ritmo lento, e mentre lo faceva, notò che Chishiya sembrava allentare la tensione nelle spalle, il respiro più profondo, come se si stesse lasciando andare.
«Non starò mica facendo troppo forte?», gli chiese, ma poi lo vide chiudere gli occhi e con un respiro calmo si accorse che si stava addormentando.
Non poté evitare un sorriso mentre lo osservava. C'era qualcosa di strano ma affascinante in quel ragazzo così enigmatico, eppure ora, tra le sue mani, sembrava solo vulnerabile.
Il tempo passava inesorabile, ma lei non lo svegliò subito. Si accorse che il silenzio nella stanza, interrotto solo dal rumore dell'acqua, era piacevole, avvolgente. Si godette per qualche minuto quella calma, sentendo una connessione silenziosa che non richiedeva parole.
Alla fine, con delicatezza, lo svegliò, sfiorandogli leggermente la spalla. Lui si stiracchiò appena, passandosi una mano tra i capelli umidi.
«Scusa», mormorò Chishiya, con un sorriso accennato, come se fosse sorpreso di essersi addormentato.
Nilufar sorrise di rimando, divertita. «Nessun problema. Ma ora dobbiamo davvero fare in fretta.»
Gli asciugò i capelli con precisione, utilizzando la spazzola e il phon, mentre Chishiya la osservava attraverso lo specchio, il volto ancora rilassato ma attento.
Passarono una decina di minuti tra spuntature veloci e ritocchi. Nilufar cercava di concentrarsi sul lavoro, anche se la sua mente vagava altrove.
«Io li legherei in una semplice coda bassa, lasciando i ciuffi davanti sciolti», propose, gli occhi fissi sul suo riflesso nello specchio. «Tranquillo, non sembrerai una checca.»
«Una... cosa?», Chishiya alzò lo sguardo verso di lei, confuso ma divertito.
«Non ci pensare», rispose Nilufar sbrigativa, mentre cercava un elastico.
Il primo le sfuggì di mano, volando via chissà dove. Si fermò per un attimo, sospirando. Ne prese un attimo, facendo attenzione a non perderlo.
Finalmente, raccolse i capelli del ragazzo in una coda bassa, lasciando liberi i ciuffi ai lati del volto come aveva immaginato. C'era una semplicità in quell'acconciatura che esaltava la forma del suo viso, ma allo stesso tempo lasciava trasparire una certa delicatezza.
«Perfetto», mormorò, mentre si concentrava sul trucco.
Sistemò le sopracciglia, tagliando i peli in eccesso con precisione, poi prese la cipria, sfiorando il viso del ragazzo con movimenti leggeri. Era un gesto quasi intimo e per un attimo sentì l'imbarazzo crescere, ma quando lo sguardo di lui scivolò sui tagli che lei aveva sulle braccia, Nilufar rallentò: fino a quel momento nessuno li aveva notati.
Attraverso lo specchio, Chishiya la guardò intensamente.
«Non giudicarmi, sono un casino!», disse Nilufar, le guance che si coloravano di rosso mentre abbassava lo sguardo, quasi vergognandosi di averlo detto a voce alta.
Chishiya la osservò per un momento, poi fece un piccolo sorriso, uno di quelli che sembrano nascere senza che ci pensi troppo.
«Lo sono anch'io», mormorò, mentre sollevava leggermente il mento e, con un gesto discreto, le mostrò una cicatrice quasi invisibile nascosta sotto la linea della mascella, che lei aveva notato il primo giorno.
«Come te la sei fatta?»
«Ero nervoso. Mi sono tagliato mentre facevo la barba.»
Non era la stessa cosa, lo sapevano entrambi, ma Nilufar apprezzò quel gesto. Quella piccola confessione, seppur insignificante, era stata fatta per farla sentire meno sola. Lo ringraziò con un sorriso timido.
«Grazie per avermi aiutato», continuò Chishiya, il tono leggero ma sincero. «Quanto ti devo?»
«In verità... non so come funziona. Con i vostri soldi sono ancora una frana», ammise, ridendo. «Facciamo che per oggi è gratis.»
«Ne sei sicura?»
«Sì, tranquillo», lo rassicurò con un sorriso, sentendosi improvvisamente più sicura di sé. «Poi mi farai sapere com'è andata l'intervista.»
Chishiya le restituì il sorriso.
C'era qualcosa di caldo e profondo in quel gesto, che colpì Nilufar dritta al cuore. Sentì un brivido percorrere il corpo mentre il sorriso del ragazzo le si insinuava sotto pelle, scatenando il cuore che batteva inarrestabile. Ma non era quello a farle provare quella strana sensazione: era come se un peso si fosse accumulato nello stomaco, una massa pesante che lei non riusciva a ignorare. E al diavolo, si era fatto di nuovo tardi!
La consapevolezza la colpì all'improvviso. Non aveva idea di dove fosse un market aperto nelle vicinanze e non aveva la minima voglia di cercare in rete. Così si fermò al primo posto che conosceva: Ichiran. Mangiò un ramen veloce, il sapore piccante che le riscaldava lo stomaco, mentre i pensieri tornavano involontariamente a Chishiya.
«Sarà già in diretta?», si domandò, prima di scappare di corsa a casa, esausta.
Quando entrò nella sua villetta, il silenzio l'avvolse. La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo leggero, quasi un sussurro. Nilufar sospirò, lasciando che l'aria della sera le rinfrescasse il volto. Si diresse immediatamente verso il bagno per farsi una doccia. L'acqua calda che le scorreva sulla pelle sembrava lavare via non solo la fatica, ma anche quella strana agitazione che si era accumulata nel petto.
Dopo essersi asciugata, indossò un paio di leggins comodi e una canottiera, scendendo poi nel salotto. Non aveva voglia di stare in camera da letto, troppo grande, troppo fredda.
Il lato del salotto illuminato dalle luci esterne del giardino, dove il canto dei grilli si mescolava al leggero fruscio delle foglie, le sembrava un rifugio perfetto. Lì si sentiva più al sicuro, come se la compagnia silenziosa della natura la cullasse.
Si rannicchiò sul divano. Come al solito, prima di addormentarsi, prese il telefono e iniziò a scorrere il suo Instagram. Tra i vari post, si perse in un video di un ragazzo orientale che smascherava le bugie dietro i reel virali di trucchi casalinghi. Un sorriso le sfiorò le labbra, ma poi, senza preavviso, i suoi pensieri tornarono a Chishiya. Si ricordò del suo profumo pungente, del calore del suo respiro che le aveva sfiorato la pelle quando si era chinata vicino al suo viso per sistemargli le sopracciglia. Le guance le si scaldarono, ma stavolta non per imbarazzo.
«E l'intervista?», si chiese, con il cuore che batteva più veloce.
Iniziò a cercarla online, ma presto si accorse che non sarebbe stato facile: il motore di ricerca era ancora impostato sull'Italia e per quanto cercasse titoli tradotti, non riusciva a trovare nulla quella sera.
Stava quasi per rinunciare, quando il telefono vibrò con una raffica di notifiche. Con un leggero fastidio, aprì WhatsApp e si accorse di essere stata aggiunta a un nuovo gruppo.
Lesse il nome con un sopracciglio sollevato: "Street Artists".
«Che originalità», pensò, ridacchiando mentre sfogliava i membri.
Alcuni erano persone che conosceva, altri meno, ma una sensazione di curiosità iniziò a farsi strada in lei.
«Oggi è toccato a Chishiya, la prossima volta a me. Stiamo proprio spaccando!», esclamò Sakurada, la voce carica di entusiasmo, mentre il suo tono giocoso, attraverso i vocali, si diffondeva nel gruppo di chat.
«Sì, Sakurada, guarderemo anche la tua intervista», rispose Kuina con un sorriso nella voce, consapevole che i suoi amici avrebbero fatto di tutto per supportarlo.
Nilufar, seduta sul divano con le gambe incrociate, scosse la testa, divertita. «Ragazzi... come ci sono finita qui?»
Chishiya, dall'altro lato della chat, si strinse nelle spalle. «Colpa mia.»
«Chishiya che fa lo stalker... bella questa!», commentò Sakurada, con una nota di scherno nella voce.
La sua risata era contagiosa, e un bel momento di complicità si creò nel gruppo.
Kuina, non volendo che la conversazione si trasformasse in un terreno di burle, intervenne.
«Sakurada, smettila! Non vorrai farti conoscere completamente?»
Nilufar non poté fare a meno di sorridere all'innocente conflitto tra i due. «Intanto ditemi come sono finita qui. Ci sono anch'io!»
Chishiya, con un tono più serio, le spiegò: «Ho chiesto il tuo numero al direttore del trucco, quello che ti ha fatto il colloquio, un mio carissimo amico. Pensavo che potremmo diventare tutti buon amici.»
Le sue parole, dirette e sincere, la fecero sentire calda dentro, un piccolo brivido che le scorreva lungo la schiena.
Sakurada fece un'espressione curiosa. «Sì, certo. Solo per questo», commentò, sghignazzando.
«Ma dai, poverino», aggiunse Kuina, abbozzando un sorriso complice.
«Siete tremendi, non me lo aspettavo», rispose Nilufar, divertita.
Kuina non si lasciò sfuggire l'opportunità.
«Intanto fissa un appuntamento per Sakurada: ha un'intervista tra una settimana, ed è anche lui senza parrucchiera.»
«Strano che tu non abbia accennato il suo appuntamento...», fece notare Chishiya.
«Tanto lo so che vuoi vendicarti di essere stato smascherato», replicò Sakurada, ridendo.
Nilufar scosse la testa, divertita dal loro scambio vivace. «Ragazzi, siete uno spasso, ma io vado a letto. Buonanotte!»
Dopo aver pronunciato quelle parole, Nilufar silenziò la chat di gruppo e abbandonò il cellulare sul tavolino del caffè. Si girò dall'altra parte, lasciandosi avvolgere dal divano, mentre il canto dei grilli filtrava dalle finestre aperte grazie alla ribalta, creando un sottofondo rilassante. Il suo cuore pulsava lentamente, come un metronomo che la accompagnava verso il sonno.
Stava quasi per scivolare nel mondo dei sogni quando, all'improvviso, una notifica squillò nel silenzio della stanza. Il suo istinto la spingeva a ignorarla, ma la curiosità prevalse. Aprì il messaggio, scoprendo che proveniva da un numero sconosciuto.
«Ehi!», diceva il messaggio.
«Chi sei?», rispose Nilufar.
«Chishiya», si presentò il ragazzo.
Ecco, si sentì colta da una raffica di vento che le portò scompiglio dentro. Era quella sensazione che ti fa balzare dal letto, che ti risucchia in un vortice di emozioni e ti fa perdere il senso del tempo e dello spazio.
«Ehi, ciao», rispose, cercando di mascherare l'entusiasmo.
«Scusami se ti disturbo, volevo ringraziarti ancora per oggi.»
«Figurati, è stato un piacere. Com'è andata l'intervista?»
«Bene, grazie, ma non voglio trattenerti.»
«Ti prego, raccontami.»
Non riuscì a spiegarsi perché, ma il sonno le era svanito completamente. L'attrazione che provava verso di lui era così intensa che non riusciva a evitarne l'effetto. E quando Chishiya iniziò a raccontarle della sua intervista, parlando delle domande sia sul lavoro che sulla vita privata, sentì una connessione profonda, come se entrambi stessero navigando nel mare agitato delle loro esperienze.
Non scesero in dettagli privati né si raccontarono dei loro casini del passato, ma la conversazione fluiva naturale, leggera e piacevole.
«Hanno fatto un paio di domande inaspettate, ma mi sono sentito preparato», le disse Chishiya attraverso i vocali.
«Oh, davvero? I giornalisti vanno sempre fuori copione, ma sono contenta che tu te la sia cavata. Dimmi, sei soddisfatto?», rispose Nilufar, contenta per lui.
«Sì, e... be', ho parlato di te, sai? Ho accennato a quanto sei stata brava a prepararmi questa sera»
«Non dovevi, ma grazie... non me l'aspettavo. Non pensavo di meritarmi una menzione!»
«Te la meriti eccome. Non so come avrei fatto se non fosse stato per te. Sei un asso in queste cose.»
«Non farmi montare la testa, adesso!», Nilufar ridacchiò.
«Mi hai salvato, davvero!», ridacchiò anche Chishiya.
«Va bene, va bene, accetto il complimento. Sei stato molto carino. Mi fa piacere.»
Si salutarono intorno a mezzanotte e mezzo. Chishiya, con una scusa leggera, preferì dirle che aveva sonno piuttosto che ammettere che avrebbe continuato quella conversazione fino all'alba. Ma si accontentò della sua buonanotte, mentre Nilufar si sentiva avvolta da una strana sensazione di leggerezza.
Dopo la conversazione, Chishiya lasciò la propria stanza, chiudendo delicatamente la porta per non fare rumore. Nel corridoio, si scontrò con sua madre, di ritorno da poco da un concerto in cui ella era la vocalist di una band giapponese. Era una donna energica, la sua presenza irradiava una luce calda e accogliente.
«Tesoro, sei ancora sveglio?», gli sorrise la donna, il volto illuminato da un sorriso affettuoso. «Com'è andata la giornata?»
«Molto bene a dire il vero», le rispose Chishiya, il tono leggero e sincero, mentre gli occhi brillavano di una vivacità che sua madre notò subito.
«Sembri diverso... Hai conosciuto qualche ragazza, per caso?»
«Può darsi. Ha un qualcosa che mi affascina, forse perché viene dall'Italia, ed è anche molto brava nel suo lavoro», ammise lui, sentendo un piacevole rossore affiorare sulle guance.
«Parli della stessa ragazza che ti ha reso così bello, questa sera?»
«Può darsi.»
«Magari me la farai conoscere, un giorno. Potresti invitarla a cena.»
«Dai, mamma, adesso non esagerare. Nemmeno la conosco così bene!»
La madre di Chishiya esplose in una risata che riempì il corridoio, come una melodia che si espandeva in ogni angolo della casa, mentre il ragazzo si rifugiava in bagno, cercando di allontanare quel calore imbarazzante che si era impossessato di lui.
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