Capitolo 12
Capitolo 12
Il sole, ormai basso sull'orizzonte, dipingeva il cielo con sfumature accese di rosso e arancione, quasi a fondersi con il caleidoscopio di colori che dominava la fiera dei cosplayer. L'aria era pregna di risate e grida di esultanza, mentre i ragazzi, vestiti nei costumi più eccentrici e dettagliati, si muovevano come onde in un mare di creatività.
Nilufar, con indosso il suo elaborato costume, si aggirava per gli spazi affollati, rapita dall'energia elettrizzante che vibrava tutt'intorno. I suoi occhi si spalancarono di meraviglia mentre riconosceva le note familiari di sigle di anime che, come un filo invisibile, la riportavano all'infanzia.
«Ascolta, è la canzone di Naruto»,disse con un sorriso radioso a Chishiya, che camminava accanto a lei, anch'egli immerso nel caos festoso. Il ragazzo alzò le spalle con noncuranza, ma i suoi occhi brillavano di complicità.
Non potevano camminare due passi senza che qualcuno li fermasse per una foto. Un gruppo di cosplayer vestiti come personaggi di Demon Slayer si avvicinò con grande entusiasmo.
«Possiamo fare una foto insieme? Il vostro costume è incredibile!», chiese una ragazza che impersonava Nezuko, il suo kimono rosa decorato con estrema cura.
Nilufar sorrise, afferrando Chishiya per il braccio e portandolo con sé nel mezzo del gruppo.
«Certo, sarebbe fantastico!», rispose, mentre posava insieme a loro.
Le fotocamere e i telefoni si alzarono, lampeggiando con luci abbaglianti. Si formò una piccola folla intorno a loro, gli obiettivi puntati su di lei e Chishiya. Il sorriso di Nilufar si allargava sempre più, trasformando il momento in una sensazione di pura gioia.
Dopo aver scattato le foto, Nilufar si fermò un attimo a osservare gli altri cosplayer. Notò una ragazza poco distante, seduta su una panca, intenta a farsi sistemare il trucco da una truccatrice professionista. Il suo costume elaborato richiedeva un trucco altrettanto meticoloso: il viso era delicatamente dipinto con tratti di eyeliner che le conferivano uno sguardo intenso e misterioso. I capelli, raccolti in un'acconciatura elaborata, erano ritoccati con precisione.
Nilufar sorrise tra sé, toccandosi i capelli per assicurarsi che anche i suoi fossero a posto.
«Forse dovrei farmi ritoccare anch'io», scherzò, rivolgendosi a Chishiya, che osservava la scena con un angolo delle labbra leggermente sollevato.
«Sei perfetta così», replicò lui, «Anzi, fai invidia a molti di loro.»
Mentre continuavano a girare tra le bancarelle, Nilufar notò un gruppo di cosplayer impegnati in un combattimento coreografato, simulando una battaglia epica tra samurai e ninja. Ogni movimento era studiato nei minimi dettagli, i costumi tradizionali giapponesi con le katane scintillanti rendevano lo spettacolo quasi ipnotico.
«Wow, guarda quella spada, sembra vera!», esclamò, avvicinandosi per osservare meglio.
Chishiya la seguì a distanza, lasciandosi trascinare dalla sua energia contagiosa. Ogni tanto si fermavano a guardare le altre esibizioni: un gruppo stava eseguendo una danza ispirata a Sailor Moon, con ventagli che si aprivano e chiudevano in perfetta sincronia; un altro gruppo era in posa, quasi immobile, per far risaltare i dettagli intricati dei loro costumi da samurai. Tutto intorno a loro c'era un trionfo di colori, suoni e risate, che riempiva l'aria di una vibrante energia.
«Scusa, posso farti una foto anche io?» Una giovane ragazza, timida e con le guance leggermente arrossate, si avvicinò a Nilufar, stringendo nervosamente la sua macchina fotografica.
Nilufar annuì entusiasta, posizionandosi con grazia mentre la ragazza scattava la foto. «Grazie mille, sei fantastica!»
«Figurati! Anche tu sei carinissima», rispose Nilufar, lanciandole un occhiolino.
Chishiya, che fino a quel momento si era limitato a osservarla in silenzio, accennò un sorriso di approvazione.
La sera avanzava e con essa l'atmosfera diventava sempre più magica. Luci colorate iniziarono ad accendersi, illuminando il palco dove i DJ suonavano remix delle colonne sonore di famosi anime. Nilufar e Chishiya si unirono alla folla che ballava al ritmo di quella musica travolgente. Tra una canzone e l'altra, si ritrovavano a ridere, muovendosi con spontaneità, completamente immersi nel momento.
Era come se tutto il mondo esterno fosse svanito, lasciando solo loro due, circondati da un mare di sconosciuti che condividevano la stessa passione. La fiera non era più solo un evento, era un rifugio sicuro, un posto dove Nilufar poteva sentirsi davvero libera di essere chi voleva, dove le ombre del passato venivano soffiate via dal vento della sera.
«Mi sto divertendo tanto», disse Nilufar con un sospiro felice, guardando Chishiya mentre il cielo iniziava a tingersi di blu notte. «Non avrei mai pensato di poter dimenticare tutto, almeno per un po'.»
«È questo il bello di perdere sé stessi, anche solo per un momento», rispose Chishiya, il volto parzialmente nascosto dalle ombre della sera, con gli occhi che riflettevano le luci colorate della fiera.
In quel momento, lontana da casa, Nilufar si sentiva più viva che mai. La frenesia della fiera era scomparsa, come se il mondo intero avesse rallentato il suo ritmo, e finalmente, per la prima volta da tanto tempo, le sembrava di aver trovato il suo posto. Il cuore le batteva forte nel petto, in sintonia con la musica che riempiva l'aria, ma tutto improvvisamente svanì quando il suono si fermò. Il brusio della folla divenne distante, quasi ovattato, come se fosse stata trasportata in una bolla fuori dal tempo e dallo spazio.
Nilufar e Chishiya, avvolti dal loro balletto imperfetto, rimasero lì, corpo contro corpo. La distanza si era completamente dissolta, come se ogni respiro, ogni battito del cuore si fondesse l'uno nell'altro. Gli occhi si incontrarono in silenzio, e Nilufar sentì un brivido scorrere lungo la schiena. Il corpo era immobile, i piedi sembravano essersi incollati all'asfalto, incapace di muoversi, mentre un turbine di emozioni le travolgeva la mente.
Il respiro caldo di Chishiya, con un lieve aroma di menta, le sfiorò il viso, e il profumo pungente del suo dopobarba riempì l'aria intorno a loro, avvolgendola in una fragranza che le inebriava i sensi. La sua presenza era magnetica, impossibile da ignorare, e ogni fibra del suo essere sembrava attratta da lui.
Le mani di Chishiya rimasero posate sui suoi fianchi, proprio lì dove il corsetto stretto dell'abito delineava la sua figura. Era un tocco fermo ma delicato, come se non volesse lasciarla andare, ma ancorarla lì, a quell'istante perfetto.
Nilufar lo guardava con una combinazione di desiderio e incertezza. I suoi occhi si posavano sulle sue labbra da gatto, morbide, appena socchiuse, mentre anche lui la osservava, con una fiamma intensa che gli ardeva nello sguardo: sembrava desiderare un bacio, uno di quelli brevi che promettono tanto senza chiedere nulla. Ma c'era un'esitazione, un timore nascosto: non voleva essere frettoloso né fare un passo sbagliato. Rimase quindi immobile, incapace di rompere quel momento magico, contemplandola come se fosse l'essenza stessa della bellezza.
Lentamente, si avvicinò un po' di più, respirando il profumo floreale di Nilufar, un mix sottile e dolce di orchidee della Cina, che fluttuava nell'aria come un segreto sussurrato. Ogni istante sembrava perfetto, ogni dettaglio intatto e incantevole, come se nulla potesse disturbare la creazione incipiente di qualcosa di straordinario.
Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, la voce di qualcuno squarciò quella bolla di perfezione.
«Nilufar.»
Il suono del suo nome sembrò provenire da lontano, un'eco che rimbalzava tra i ricordi, ma bastò a riportarla alla realtà. Nilufar sentì il corpo irrigidirsi e i suoi occhi si spalancarono. Il cuore, che prima danzava con allegria, ora si fermò per un istante, poi accelerò di colpo. Si staccò rapidamente da Chishiya, come se l'aria tra di loro fosse diventata improvvisamente pesante e difficile da respirare.
«Fabio!», esclamò, il nome uscì dalle sue labbra quasi come un sussurro strozzato, ma il peso che portava con sé era devastante.
Si sentì sprofondare, come se il terreno sotto di lei stesse cedendo. Il suo passato, che credeva di aver lasciato dietro, era tornato per tormentarla. Ogni fibra del suo corpo sembrava tirata da due direzioni opposte: una verso il futuro che aveva immaginato, l'altra verso un passato che non riusciva a dimenticare. Le onde emotive la travolgevano, spingendola a fondo, mentre cercava disperatamente di restare a galla.
Fabio non era più l'uomo che ricordava. Era cambiato, quasi irriconoscibile. I suoi capelli ricci, che una volta le piaceva accarezzare, erano cresciuti a dismisura, selvaggi e disordinati. La barba folta incorniciava il suo viso scarno, rendendolo quasi spettrale. Le occhiaie profonde, scure come ombre, lo facevano sembrare stanco, consumato, come se la vita avesse prosciugato la sua energia. Indossava abiti trasandati, del tutto fuori posto tra il mondo colorato e vibrante dei cosplayer. La sua agitazione era palpabile, ogni suo movimento nervoso e inquieto.
Nilufar sentì le lacrime riempirle gli occhi, ma si sforzò di trattenerle. I ricordi, che aveva cercato di seppellire, riaffiorarono con una violenza inaspettata, come se l'acqua di un fiume in piena avesse rotto una diga. Fabio era lì, davanti a lei, e tutto il dolore che credeva di aver lasciato dietro minacciava di travolgerla di nuovo.
Sentì la gola serrarsi, incapace di ingoiare il solito nodo nostalgico che le si formava ogni volta che pensava a lui. Non riusciva nemmeno a parlare, eppure voleva urlare, voleva scappare, voleva disperatamente allontanarsi da quel passato che la teneva in catene.
Chishiya, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, osservava la scena con uno sguardo freddo e attento. Non disse nulla, ma il suo corpo teso tradiva una preoccupazione sottile. Anche lui aveva percepito la gravità del momento e, pur non conoscendo i dettagli, sapeva che qualcosa dentro Nilufar stava andando in frantumi.
«Cosa ci fai qui?», chiese lei, la sua voce tremante, appena udibile, come se avesse perso tutta la sua forza.
Fabio si passò una mano tra i capelli, nervoso, il suo sguardo vagava, incapace di fissarla negli occhi. «Dovevo parlarti... Non sapevo come...»
Nilufar rimase pietrificata, bloccata in un vortice di ricordi che la trascinavano nel passato con una violenza disarmante. La mente corse subito a quei giorni bui, quando la sofferenza era diventata una compagna silenziosa e implacabile. Rivedeva chiaramente il momento in cui, in un atto disperato, aveva affondato la lametta nella pelle, quasi a cercare una via d'uscita da quel dolore insopportabile che Fabio le aveva inflitto, inconsapevole o indifferente. Lo aveva fatto per lui, per tenere in vita un amore che ormai era solo un guscio vuoto, un'illusione sbiadita. Aveva lottato con tutte le sue forze contro il desiderio di lasciarlo andare, contro la tentazione di liberarsi da quel peso che sentiva crescere nel petto ogni volta che lui non la comprendeva.
Aveva sopportato troppo, aveva sopportato lui.
Ogni discussione con Fabio sembrava una battaglia senza fine, una lotta estenuante contro l'intransigenza di chi non ascolta ma vuole solo avere l'ultima parola. Il suo modo di fare, quel continuo voler chiarire le questioni con una fretta impaziente, le aveva tolto la voce, la capacità di esprimersi. E ogni volta che si sentiva ignorata, ogni volta che lui sembrava non accorgersi di quanto la facesse sentire inadeguata, Nilufar si era ritrovata a chiedersi se il problema fosse lei. Ma ora capiva quanto si fosse persa in quella relazione, quanto avesse rinunciato a sé stessa pur di non buttare via quegli anni.
Tutt'intorno, il mondo colorato della fiera cosplayer cominciò a sbiadire. I costumi scintillanti si dissolsero in un grigiore che avvolgeva tutto. Non importava più niente. Persino il cosplayer di Goku Super Sayan che ballava con il cosplayer di Cappello di Paglia, un'immagine che in un altro momento l'avrebbe fatta sorridere, era solo un'ombra senza significato.
Le risate, la musica, tutto era stato spazzato via dalla tempesta emotiva che infuriava dentro di lei.
Fabio non le rese le cose facili. In mezzo a quella piazza affollata, le si inginocchiò davanti, con le lacrime che gli rigavano il volto. Tremante, con la voce spezzata dall'emozione, tirò fuori un anello, come un'ultima carta giocata in una partita ormai persa.
«Sono stato un idiota», piagnucolò, la voce rotta dal rimorso. «Perdonami. Ti amo, Nilufar.»
Le parole caddero come un macigno nel silenzio improvviso che Nilufar sentiva attorno a sé. Il suo cuore, che poco prima batteva freneticamente, ora sembrava essere diventato pesante, impietrito nel petto. L'anello luccicava nella mano del suo ex, ma per lei non aveva più alcun valore: quel gesto tardivo non riusciva a cancellare tutto ciò che era stato distrutto nel passato.
Chishiya rimase in silenzio, ma il suo sguardo parlava chiaro. Aveva capito cosa stava succedendo e, forse, per un momento, aveva sperato in un finale diverso. Ma non c'era spazio per lui in quella scena carica di storia e di rimpianti. Con un sorriso lieve e malinconico, che celava a fatica il dispiacere, si avvicinò a Nilufar e le sfiorò la guancia, asciugando una lacrima solitaria che le era scivolata sul viso. Non disse nulla per un istante, lasciando che il suo tocco parlasse per lui.
Poi, con voce calma, mascherando la frustrazione con il solito sorriso enigmatico, sussurrò: «Vai tranquilla.»
Si allontanò piano, girandosi per voltarle le spalle. Nilufar lo guardò mentre si faceva strada tra la folla sfumando nella notte, pronto a uscire dalla sua vita come un ricordo destinato a svanire.
Chishiya era stato così dall'inizio: misterioso, sfuggente, capace di andarsene senza fare rumore. Ma Nilufar sapeva, in quel preciso istante, che non poteva lasciarlo andare.
«Chishiya», lo chiamò, con voce tremante ma decisa.
Lui si fermò, anche se non si voltò subito perché temeva di vedere nei suoi occhi qualcosa che non voleva affrontare. Ma quando si girò, i loro sguardi si incrociarono di nuovo.
Nilufar era lì, a un palmo dal suo naso, così vicina che poteva sentire il suo respiro. Un sorriso debole, quasi impercettibile, increspò le sue labbra. Per un ultimo istante, si voltò a guardare Fabio. Lui era ancora lì, inginocchiato, con gli occhi pieni di lacrime e speranza, ma lei capì che quella non era più la sua vita, non era più il suo futuro.
Chishiya le prese il viso tra le mani con dolcezza. La guardò negli occhi, cercando di capire se quella era davvero la sua decisione.
«Va' da lui, se è quello che vuoi», mormorò, la voce calda e protettiva.
Nilufar scosse lentamente la testa, i suoi occhi pieni di fermezza e determinazione. Guardò Fabio un'ultima volta, poi si voltò verso Chishiya, la voce finalmente sicura.
«Ma io non voglio.» Le sue parole risuonarono nell'aria con una chiarezza definitiva. «Scusami, Fabio, ma è troppo tardi: ho smesso di amarti nell'istante esatto in cui mi hai spezzata per la terza volta. Solo che non l'ho capito prima.»
Con un gesto deciso, prese Chishiya per mano, intrecciando le dita tra le sue. Sollevò l'orlo del suo vestito, pronto a seguirlo ovunque la portasse, pronta a lasciarsi tutto alle spalle. E mentre lui la trascinava via tra la folla, Nilufar scoppiò in una risata luminosa che tornò a risplendere sul suo volto, cancellando definitivamente le ombre del passato.
Chishiya la guardò, il suo ghigno felino si illuminò di nuovo, come se tutto fosse tornato al suo posto.
*
Nilufar gli camminava accanto immersa nei suoi pensieri. Anche se una parte di lei provava dispiacere per Fabio, l'altra metà si era ormai stancata di permettere che il passato la consumasse. Aveva fatto la sua scelta e questa volta non avrebbe più permesso a nessuno di distruggerla.
«Sei sicura della scelta che hai fatto?», le chiese Chishiya, rompendo il silenzio mentre i loro passi risuonavano sul selciato della strada che conduceva al loro rifugio per la notte.
Nilufar non esitò. «Assolutamente!», disse con una risata leggera che sembrava sciogliere un po' della tensione nell'aria. «Gli ho sempre detto che, se mai mi avesse fatto la proposta di matrimonio, doveva farlo a Disneyland Paris, vicino al castello delle principesse, con Topolino sullo sfondo!»
Chishiya alzò un sopracciglio, accennando un sorriso divertito, ma lasciò che lei continuasse.
«No, sul serio...», aggiunse Nilufar con un sospiro, il tono diventando più pensieroso. «Fabio è un bravo ragazzo, davvero, ma non siamo fatti per stare insieme. O forse sono io a non essere quella giusta per lui. Sai, alla fine mi sono stancata di vivere costantemente nell'incertezza. Ogni giorno mi chiedevo: "Cosa farà domani? Resterà o se ne andrà di nuovo?" Perché lui lo ha fatto altre volte. Se n'è andato, lasciandomi sola a raccogliere i pezzi, e ogni volta ha frantumato le poche certezze che mi restavano.»
Il suono delle loro scarpe sul marciapiede si mescolava con i rumori lontani della festa che pian piano andava spegnendosi, ma per Nilufar il mondo si era ridotto a quel momento, a quella conversazione che la faceva sentire così esposta e vulnerabile.
«Non avevamo quasi niente in comune», continuò, guardando davanti a sé, come se stesse cercando risposte nelle ombre proiettate dalla luce fioca dei lampioni. «Navigavamo in due mari diversi. Lui dava valore a cose che per me erano insignificanti, e non mi ascoltava mai davvero quando provavo a spiegargli cosa fosse importante per me. E pensa, fino a oggi, il matrimonio lo spaventava!»
Chishiya la osservava attentamente, ascoltando in silenzio, senza interrompere. La sua presenza era calma, stabile, quasi terapeutica.
«Tra l'altro», aggiunse Nilufar con una smorfia sorpresa, «non riesco a capire come abbia fatto a trovarmi...»
Chishiya sorrise leggermente, un sorriso che era più un segno di comprensione che di sorpresa. «Si sta spargendo la voce, Nilufar», disse con tono tranquillo. «La ragazza italiana, molto capace nel suo lavoro, sta collaborando con un gruppo di artisti di strada... Non è facile mantenere un segreto nel nostro mondo.»
«Ma come diavolo fanno gli altri a scovare ogni minima informazione?», si lamentò Nilufar, un po' infastidita.
Chishiya si fermò all'improvviso, bloccandola dolcemente con una mano sul braccio. Le sue dita erano delicate, ma la sua presa ferma.
«Ehi», disse con voce pacata, «puoi parlarmene, se vuoi. Ti puoi fidare di me.»
«Mi ha scombussolata...»
«Che tipo di rapporto avevate?»
«Un rapporto strano», iniziò Nilufar, la voce carica di malinconia. «Lui era sempre chiuso nel suo mondo fatto di videogiochi, mentre io sognavo una casa, una famiglia... qualcosa che sapevo non sarebbe mai arrivato stando con lui. Eppure, continuavo a dirmi che forse ero io a essere sbagliata, troppo immatura, come lui stesso mi disse una volta.
«E pensa, gli sono sempre stata accanto. Anche quando gestirlo era un disastro, perché c'era sempre qualcosa che non andava. Ma sai qual è la cosa più imbarazzante? Lui è stato il mio primo.» La sua voce si abbassò, quasi un sussurro, come se stesse condividendo un segreto. «Avevo ventiquattro anni. Capitò per caso, quando finalmente smisi di avere paura che ci fosse qualcosa di sbagliato in me. A pensarci mi viene da ridere: pensavo di avere il vaginismo. In realtà avevo solo un blocco mentale come sempre.
«La nostra prima volta è stata... strana, ma anche piacevole, all'inizio. Peccato che quel piacere svanì presto. Stare a letto con lui era diventato difficile, non c'era più desiderio da parte mia. Niente più trasporto, solo routine.» Fece una pausa, guardando Chishiya con una leggera tristezza negli occhi, come se aspettasse che lui la giudicasse. «Avanti», disse, con una nota di sfida nella voce. «Dimmi anche tu che sono strana e immatura!»
Ma Chishiya non lo fece. Al contrario, il suo volto si distese in un sorriso caldo e rassicurante. Le prese il braccio con delicatezza e, con un tono che trasmetteva sicurezza, le rispose: «Non sei strana, e nemmeno immatura. L'immaturo è chi si permette di dare dell'immaturo agli altri. Tu hai attraversato un cammino difficile, ma ora devi smetterla di tormentarti. Non c'è niente che non va in te, Nilufar. Sei perfetta nella tua imperfezione. E per favore, non farti più del male per un amore sbagliato. Non ne vale la pena. Là fuori c'è qualcuno che ti merita davvero, qualcuno che ti accetterà per quello che sei, con i tuoi pregi e i tuoi difetti.»
Le parole di Chishiya penetrarono nel cuore di Nilufar come un balsamo per le sue ferite ancora aperte: era proprio quello che aveva bisogno di sentirsi dire.
Si lasciò andare, abbandonandosi tra le sue braccia accoglienti. Sentì il suo calore avvolgerla, tutto il resto scomparve: il passato, il dolore, persino il rimpianto.
In quell'abbraccio, si sentì finalmente al sicuro.
Rimasero così per un po', in silenzio, mentre i suoni della festa ormai lontana si spegnevano come un'eco svanente di una giornata carica di emozioni. Insieme raggiunsero la villetta, il loro rifugio. Si sedettero sugli scalini del patio, fianco a fianco, senza bisogno di dire altro. Il cielo sopra di loro si stava trapuntando di stelle, un manto scintillante che si estendeva all'infinito, come la promessa di un nuovo inizio.
Nilufar guardò le stelle, scoprendo di sentirsi leggera dal peso che aveva sullo stomaco.
Si avvicinò a Chishiya, chinando la testa sulla sua spalla, cercando quel senso di conforto che la sua presenza le dava. Le luci soffuse di Tokyo si riflettevano sui loro volti, e il vento leggero portava con sé l'eco lontana del traffico e il canto dei grilli notturni. La notte era calma, ma carica di una tensione sottile che solo le loro parole avrebbero potuto sciogliere.
«E tu?», gli chiese, rompendo il silenzio con voce morbida. «Cosa ti è successo? Alle volte sembri trattenuto, come se avessi paura di mostrarti per quello che sei.»
Chishiya abbassò leggermente lo sguardo, il volto nascosto nell'ombra della notte.
«Ho costantemente paura di sbagliare», ammise, il tono appena percettibile. «Anch'io ho avuto un amore sbagliato, sai? Un amore che non volevo accettare per quello che era. Amavo Usagi, o almeno così credevo. Era bellissima ai miei occhi, la rosa più bella. Ho fatto l'impossibile per renderla felice, ma non bastava mai. Per lei... non ero mai abbastanza.»
«Cosa è successo tra voi?», domandò Nilufar, piano, quasi temendo di ferirlo con la sua domanda.
Chishiya esitò, ogni parola era una pietra pesante che doveva sollevare. «Non le piaceva quello che ero», confessò con un mezzo sorriso amaro. «Diceva che, prima o poi, avrei smesso di recitare la parte dell'innamorato perfetto, che avrei mostrato il mio vero io. Non si fidava di me. E poi c'era il sesso...» La sua voce si abbassò, quasi a voler nascondere l'imbarazzo che provava nel confessare quel dettaglio. «Quando mi dici che facciamo poco sesso, hai ragione, Nilufar. Con lei era quasi nullo. Non mi sentivo coinvolto, non mi piaceva. Ti faccio schifo se ti confesso questo?»
Nilufar rimase in silenzio per un attimo, osservandolo con intensità. Poi scosse la testa, respingendo l'idea.
«Perché dovrebbe?», chiese. «Ho le braccia tagliate, ti faccio schifo per questo? E non venirmi a dire che non è la stessa cosa. Lo schifo lo si può provare per tutto, ma dipende sempre da chi sei, da come vedi l'altra persona.»
Le sue parole rimasero sospese nell'aria, mentre il vento aumentava e le luci dei lampioni gettavano lunghe ombre sul marciapiede, circondandoli come se il mondo intero si fosse ridotto a quell'istante. Il silenzio tra loro non era scomodo. Anzi, dopo qualche istante, Chishiya ruppe lo ruppe.
«Non mi fai schifo, Nilufar», disse con voce ferma, lo sguardo serio che la fissava.
«Neanche tu, anche se fai poco sesso», rispose scherzosamente lei.
E fu allora che entrambi esplosero in una risata spontanea, completa, pura. Era una risata liberatoria, la risata di due persone che si erano finalmente liberate dei pesi del passato. Sembrava quasi un arcobaleno che si riuniva con il pentolone d'oro alla fine del suo viaggio. E in quel pentolone si nascondeva un sentimento genuino che da quel momento in poi non li avrebbe più lasciati soli.
Quando la risata si spense, Nilufar alzò lo sguardo al cielo stellato sopra di loro, perdendosi nell'immensità dell'universo.
«Ti sei mai chiesto se tutto quello che ci accade ha uno scopo, o se è soltanto la mano di un folle scrittore che si diverte a portare scompiglio nelle nostre vite?» Chishiya la guardò incuriosito. «Pensaci. Siamo due puntini persi nell'universo, con relazioni fallimentari alle spalle e un pessimo rapporto sessuale, che si ritrovano qui, sotto un cielo stellato.»
Chishiya fece una smorfia divertita. «Possiamo chiudere la faccenda del sesso?»
Nilufar sorrise, divertita dalla sua reazione, e si strinse di più a lui. Il vento soffiava leggero tra i loro capelli, ma c'era una dolcezza in quell'istante che li rendeva entrambi sereni, come se finalmente avessero trovato un equilibrio.
«Sai, da quando sono qui, sogno una cosa un po' folle: voglio essere come un dandelion capace di volare via col vento, libero di andare dove vuole.»
Chishiya le sorrise. «Se vuoi, sarò lo stelo che ti sorreggerà durante il volo.»
«D'accordo, ma sei in debito di una pizza.»
«Hai ragione, andiamo», si alzò Chishiya, allungandole la mano.
Si presero per mano e imboccarono la strada dinanzi a loro, lasciandosi alle spalle le ombre della notte e delle loro vecchie paure. Camminarono verso un futuro incerto, abbracciati, come se stessero scrivendo un nuovo capitolo della loro storia. Forse sotto la guida di un folle scrittore, o forse una scrittrice fuori dagli schemi, chissà! Ma qualunque fosse la verità, per la prima volta sentivano che, qualunque cosa li aspettasse, l'avrebbero affrontata insieme.
Tokyo brillava come un mare di luci scintillanti e, sopra di loro, il cielo stellato sembrava pieno di promesse nascoste tra le costellazioni.
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