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Capitolo 11

Capitolo 11

Nilufar si trovava in Giappone da ormai un mese e mezzo, e contro ogni previsione, la sua permanenza stava assumendo sfumature inaspettate. Il fascino sottile di Tokyo, con i suoi contrasti tra tradizione e modernità, l'aveva conquistata. La frenesia della città era spesso mitigata da angoli di silenzio e calma, piccoli templi nascosti tra grattacieli scintillanti, o i giardini zen che incontrava nelle sue passeggiate quotidiane.

Ogni mattina, il profumo dei fiori di ciliegio che aleggiava nell'aria, anche se ormai la primavera era sfumata, la riempiva di una strana serenità. Era diventata un'abitudine per lei fermarsi in uno di quei caffè minuscoli gestiti da anziane signore giapponesi, dove il tempo sembrava rallentare.

«おはようございます (Buongiorno)», la salutava una di loro, con un sorriso gentile mentre le serviva il suo tè matcha, sempre accompagnato da un piccolo wagashi, un dolce tradizionale.

Nilufar rispondeva con un timido inchino e un accenno di sorriso, ancora incerta sul suo giapponese che stava studiando per conto proprio nel temo libero.

Nel frattempo, il legame con il suo gruppo di amici si stava consolidando giorno dopo giorno. La sua villetta, che inizialmente le sembrava solo una bizzarria con i suoi colori vivaci, era ormai diventata una sorta di rifugio per tutti loro. Era strano come quei quattro muri, che all'inizio le erano sembrati così distanti e impersonali, fossero ora intrisi di risate, chiacchiere notturne e anche di qualche momento di silenzio condiviso.

Soprattutto con Chishiya.

Lui c'era sempre, con quella sua aria imperturbabile e il solito sorriso gattaro, ma ormai Nilufar lo conosceva bene: dietro quella maschera di disinteresse si nascondeva qualcos'altro. Chishiya non era tipo da ammettere apertamente i suoi sentimenti, si nascondeva dietro scuse banali, come il fatto di trovarsi "casualmente" vicino casa sua.

«Oh, non ci posso credere, ti trovo qui anche oggi», scherzava lei ogni volta che lo vedeva comparire sulla porta, con quel suo fare sornione e i capelli biondi che gli ricadevano sul viso. «Hai mai pensato di diventare una guida turistica? Conoscerai ogni centimetro del quartiere a questo punto.»

Chishiya ridacchiava, infilando le mani nelle tasche della sua felpa estiva.

«È solo che mia nonna cucina meglio di mia madre», rispondeva con la solita risposta di circostanza, lasciandola sospesa tra realtà e scherzo.

Una sera, però, tra una battuta e l'altra, si era lasciato andare a una confidenza inaspettata. Era successo durante uno di quei temporali improvvisi che solo il Giappone sa regalare. Fuori, la pioggia batteva contro le finestre, creando una musica di sottofondo che riempiva la casa di una strana malinconia. Erano seduti vicini sul divano, una tazza di tè caldo tra le mani.

«Sai, a volte penso che stare qui con te mi faccia sentire meno perso», disse Chishiya, il suo tono improvvisamente più serio.

Nilufar rimase sorpresa. Non era da lui lasciarsi andare a commenti così personali. Lo guardò negli occhi, cercando di capire fino a che punto stesse dicendo la verità o se fosse solo un'altra delle sue provocazioni. Ma lo sguardo di Chishiya era sincero, forse per la prima volta da quando lo aveva conosciuto.

«Forse», rispose lei, cercando di mascherare l'emozione, «anche tu non sei così male. Ma non abituarti a stare qui.»

Lui le sorrise, quel sorriso che sembrò spezzare il suo solito muro di distacco.

Per un attimo, tra il rumore della pioggia e il calore delle mura della villetta, Nilufar si sentì davvero a casa. Fu in quel momento che capì che il Giappone, con le sue stranezze e le sue meraviglie, non era solo una tappa temporanea. Era un luogo dove stava costruendo nuovi legami, dove il passato sembrava lontano e il futuro più incerto, ma anche più affascinante.

Dopo tanto tempo, finalmente aveva trovato qualcuno che l'ascoltava senza il bisogno di riempire ogni silenzio con parole inutili. Al mattino, prima di andare al lavoro, spesso si ritrovava Chishiya ad aspettarla in cortile, pronto a darle un passaggio con la sua auto. Un gesto che, inizialmente, aveva trovato quasi invadente, ma che col tempo era diventato una dolce abitudine.

Un giorno le aveva persino presentato sua nonna, una signora anziana dal sorriso caloroso e dagli occhi saggi, che l'aveva accolta nella sua casa con un'incredibile empatia. Parlare con lei era stato come confrontarsi con una vecchia amica, e Nilufar si era sentita a suo agio immediatamente.

Nonostante continuassero a definirsi solo amici, Nilufar sapeva che tra loro stava nascendo qualcosa di più. Quando era successo? Non sapeva dirlo con precisione. Era accaduto senza preavviso, senza chiedere il permesso. E non poteva certo controllare i suoi sentimenti, né negarsi un nuovo amore solo perché quello precedente era fallito.

Chishiya, con la sua presenza discreta e costante, aveva riempito spazi che credeva ormai vuoti per sempre.

Quella sera di inizio Luglio, il gruppo si accampò, come spesso accadeva, nella tavernetta della villetta. Quel piccolo spazio rustico era diventato il loro rifugio. Ridevano, scherzavano e anche nei momenti di silenzio si percepiva un senso di appartenenza, come se quella casa li avesse adottati. Nilufar era il loro punto di riferimento, sempre pronta a offrire una spalla su cui piangere, un consiglio o semplicemente una presenza rassicurante. Non conoscevano tutti i dettagli della sua storia, ma visto solo i segni che portava incisi sulla pelle: l'avevano osservata ritirarsi in sé stessa, chiudersi come una conchiglia, per poi riemergere ogni volta più forte.

Quella sera, però, mancava qualcuno: Chishiya non era ancora arrivato.

«Il solito ritardatario», sbuffò Nilufar, lanciando un'occhiata all'orologio. «Sapete se verrà?»

Sakurada colse l'occasione per prenderla in giro.

«Vi siete visti questa mattina, già ti manca?», rise, prima di ricevere in pieno volto un cuscino lanciato con precisione da Nilufar.

«Cretino!»

«Sta' tranquilla, vedrai che verrà», intervenne Kuina, allungando la mano per rassicurarla. «E tu, vedi di darci un taglio con queste battutine!»

«Non posso più dire quello che penso?», si difese Sakurada, con un sorrisetto impertinente.

«Perché, un tipo come te pensa?», ribatté Nilufar, sollevando un sopracciglio.

Sakurada finse di offendersi, portandosi una mano al petto. «Principessa, ho anch'io dei sentimenti. Cosa credi?»

Ma proprio in quel momento furono interrotti dal suono del campanello. Sembrava quasi una scena ripetuta infinite volte: qualcuno che arrivava sempre al momento giusto.

Nilufar, con l'aiuto di Kuina, lanciò un altro cuscino contro Sakurada, che continuava a prenderla in giro con una smorfia e un'alzata di sopracciglia. Ma come poteva non ammiccare, se la sua amica si era alzata dal divano così in fretta che rischiava di inciampare tra la porta della tavernetta e le scale?

Senza nemmeno pensarci, Nilufar salì i gradini a due a due, desiderosa di aprire la porta d'ingresso a Chishiya. Quando finalmente lo vide sulla soglia, rimase colpita dal suo aspetto: la luce della luna si rifletteva nei suoi occhi, donandogli un'aria misteriosa e magnetica.

Quella sera era bellissimo. I suoi capelli biondi ricadevano morbidamente ai lati del viso e indossava una tuta nera, perfettamente abbinata a una t-shirt dello stesso colore. Sulle spalle aveva una sottile felpa bianca, che ondeggiava leggermente per via del vento che sembrava accarezzare anche l'imbarazzo di Nilufar. Il suo profumo si mescolava all'aria fresca della notte, mentre quel suo sorriso felino, quello che le faceva sempre battere il cuore, la disarmava completamente.

Per un attimo, nella mente di Nilufar si disegnò un'immagine quasi poetica: lei che correva controvento in un campo di dandelion, con i soffioni che si disperdevano nell'aria, seguendo la brezza leggera.

Chishiya teneva in mano una piccola scatola, che le porse con un'espressione divertita. Dentro c'erano degli Oreo fruttati, una versione che in Italia Nilufar non aveva mai visto, se non in quei negozi che vendevano prodotti esteri.

«Non dovevi disturbarti tanto», gli disse, accettando il regalo con un sorriso timido.

«L'ho fatto con piacere. Ho notato che ti piacciono parecchio», le sorrise lui.

«Non è vero, non ci provare!», si affrettò a rispondere Nilufar, anche se sapeva che mentiva.

«Ero con te quando hai fatto saltare nel carrello quattro scatole, ricordi?»

«Sappi che quell'idiota di sotto ha già spazzolato mezza scorta!»

Chishiya rise di una risata sincera, coinvolgendola.

«Accomodati, questa volta mi sono organizzata», aggiunse lei, cercando di cambiare argomento. «Ho fatto scorta di pantofole. Che numero porti?»

«Quarantacinque.»

«Ma come fai a portare una misura del genere? Sei un tappo di sughero! In confronto, le mie barchette trentacinque sembrano una deriva.»

Chishiya scoppiò di nuovo a ridere mentre si toglieva le scarpe e infilava le pantofole. Nilufar, però, sentì un'ondata di nervosismo salire dentro di lei quando si rese conto che lui l'aveva vista mordersi il labbro, un gesto che faceva sempre quando era nervosa o imbarazzata. L'aria tra di loro si fece improvvisamente più tesa, ma non in modo spiacevole. Anzi, Nilufar sentì un brivido attraversarle la schiena, una sensazione che si diffondeva lentamente, confondendo i suoi pensieri. Si chiese come mai quel ragazzo riuscisse sempre a farla sentire così, incapace di ignorare il caos che le scatenava dentro ogni volta che i loro sguardi si incrociavano.

Nilufar si perse per un momento nei suoi pensieri mentre scendeva le scale, ricordando con un sorriso tutte quelle ciabatte colorate che aveva acquistato per i suoi amici.

In Giappone c'era un'usanza ben precisa: non si potevano indossare scarpe dentro casa, ma solo ciabatte, un simbolo di rispetto per la pulizia e l'intimità degli ambienti domestici. Anche molti italiani adottavano questa abitudine, ma lei aveva sempre trovato le ciabatte un po' soffocanti, preferendo camminare a piedi nudi per sentire il fresco delle piastrelle in estate. In inverno, invece, infilava quei calzettoni di lana pesante che facevano tanto "montagna" e che, sebbene un po' ingombranti, erano il suo comfort invernale. Le sue ciabatte con la testa di Minnie sul davanti le amava, ma finivano puntualmente abbandonate in giro per casa dopo pochi minuti.

«Sakurada e Kuina sono giù», disse mentre scendeva i gradini con Chishiya al seguito.

Lui sollevò un sopracciglio, accennando un sorriso ironico. «Li hai lasciati soli per tutto questo tempo? Chissà cosa stanno facendo...»

Nilufar lo guardò con un sorrisetto complice. «Malizioso.»

Nel frattempo, giù in tavernetta, Kuina e Sakurada erano immersi in uno dei loro soliti battibecchi. E no, niente di malizioso, come forse sperava Chishiya: stavano discutendo su chi avesse mangiato più Oreo. Sakurada si era già divorato quasi tutto il bottino, mentre Kuina cercava di fargli capire quanto fosse ingordo.

«Niente porno questa sera, Chishiya», disse Nilufar sull'uscio, lanciando un'occhiata maliziosa al ragazzo. Ma subito dopo, si pentì di quella battuta. «Scusami, non lo faccio apposta. A volte dimentico che siete giapponesi!»

Chishiya, per nulla offeso, rise con quella sua aria di superiorità. Prima che potesse rispondere, Sakurada intervenne con la sua solita sfacciataggine: «Principessa, anche noi giapponesi facciamo sesso, lo sai?»

Nilufar si fermò, alzando un sopracciglio in segno di sfida. «Sì, talmente tanto che avete creato una foresta dedicata ai suicidi.»

Aokigahara, la famigerata foresta ai piedi del Monte Fuji, era un luogo avvolto nel mistero e nella tristezza. Si diceva che fosse infestata da anime tormentate, che attiravano le persone più fragili e disperate verso una fine tragica. Una volta, prima di essere etichettata come la "foresta dei suicidi", veniva chiamata semplicemente Jukai, il mare di alberi, per la sua incredibile vastità e il silenzio inquietante che regnava al suo interno.

Chishiya rimase in silenzio per un attimo, incrociando le braccia al petto mentre si appoggiava alla parete. «Aokigahara è un posto che nessuno di noi vuole nominare spesso», disse a bassa voce, quasi riflessivo. «Ma non è solo un luogo di morte. È anche un posto di grande bellezza, se lo guardi da un'altra prospettiva.»

Nilufar si morse il labbro, rendendosi conto di aver toccato un nervo scoperto. La sua battuta era stata infelice. «Scusa, non volevo sminuire nulla. Era solo una battuta stupida.»

Kuina, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, intervenne per alleggerire l'atmosfera. «Oh, non preoccuparti. Chishiya sta solo cercando di sembrare profondo. È sempre così quando il vento soffia e la luna è piena.»

Chishiya scosse la testa, sorridendo appena. «Non sto cercando di sembrare nulla. È solo che... ci sono cose sul quale preferisco non scherzare troppo, tutto qui.»

Nilufar annuì, capendo il suo punto di vista. Anche lei conosceva bene il peso di certe realtà e si maledisse internamente per aver scelto proprio quel momento per fare una battuta del genere. Tuttavia, la sua mente era già tornata al presente. Si ritrovò a guardare di nuovo Chishiya, notando il modo in cui i suoi capelli ondeggiavano leggermente con il vento che filtrava dalla finestra aperta.

«Comunque, se Sakurada ha divorato tutti gli Oreo, direi che siamo pronti per la prossima battaglia», disse Nilufar, cercando di tornare allo spirito leggero della serata.

«Be', stasera hai ricevuto una nuova scorta, no?», rispose Chishiya con un sorriso da gatto.

«Puntualizziamo una cosa: gli Oreo che mi hai donato questa sera sono la mia colazione di domani mattina. Non permetterò allo spazzacamino qui seduto di farli fuori in un sol boccone!», esclamò Nilufar.

«Tanto per dire, io sono presente», intervenne Sakurada, alzando la mano.

«Oh, ma davvero? Non ti avevo visto. Sai, credevo fossi in giro a fare sesso con qualcuna», ironizzò Nilufar, facendo ridere Chishiya e Kuina.

Nilufar era da sempre affascinata dalla cultura giapponese e da qualche parte aveva letto che i giapponesi dedicavano più ore al lavoro che alla vita sessuale. La sua battuta, ironica e pungente, non poteva che innescare l'intervento di Sakurada, che, per non tradire il suo personaggio irriverente, cercò subito di cambiare discorso.

«Lasciamo perdere queste statistiche deprimenti», disse con un ghigno. «Parliamo di cose serie: la cena. Il sushi box è in arrivo!»

Nilufar sospirò, lanciando uno sguardo malinconico verso la finestra.

«Quanto mi manca il panino con la mortazza...», mormorò, ancora incapace di abituarsi completamente ai sapori del Giappone. E per quanto tempo fosse stata lì, non aveva ancora imparato a usare correttamente le bacchette: ogni volta che tentava, finiva col riso sparso ovunque.

Kuina, seduta al suo fianco, la guardò perplessa.

«Un... che cosa?», chiese, con un'espressione di assoluta confusione.

Nilufar fece un gesto con la mano per liquidare l'argomento.

«Lascia perdere, Kuina. Non puoi capire. Piuttosto, se solo sapessi quanto mi manca la pizza!», sospirò ancora, ricordando nostalgicamente le serate italiane a base di margherita e mozzarella filante.

Chishiya, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, intervenne. «SeirinKan è noto per la sua pizza autentica napoletana. Potresti provarla.»

Nilufar lo guardò incredula. «Mi stai dicendo questo mentre sto per patire la fame con un sushi box? E solo ora me lo dici?», lo accusò scherzando. Poi, con un sorriso birichino, aggiunse: «Ringrazia che sei carino, sennò ti avrei già sfregiato!»

Chishiya rise, divertito dalla sua reazione.

«Domani siamo liberi dagli show, giusto per fare una pausa», disse con nonchalance. «Potremmo andare insieme alla fiera di cosplayer e, se ti comporti bene, ti porto a mangiare la pizza.»

«Mmm... ci metto il pensiero!»

«D'accordo, allora è deciso.»

Nel frattempo, Sakurada, non potendo fare a meno di osservare la scena con occhi maliziosi, si avvicinò all'orecchio di Kuina, sussurrando: «Ecco, ci danno dentro questi due.»

Kuina ridacchiò divertita, ma la sua risata non passò inosservata.

«Abbiamo sentito», li riprese Chishiya con tono fermo, ma non privo di una certa ironia. Anche Nilufar lo guardò scuotendo la testa, ma con un sorriso che non riusciva a nascondere.

Il resto della serata si svolse tra chiacchiere leggere e risate, ma nella mente di Nilufar il pensiero del giorno successivo continuava a vibrare con una certa eccitazione.

Quando infine tutti se ne andarono e la casa tornò tranquilla, si stese sul divano, lasciando che la stanchezza del giorno si mescolasse all'entusiasmo per ciò che l'aspettava l'indomani.

"Chissà che costume indosserà Chishiya?", pensava tra sé e sé, mentre fissava il soffitto.

Lo immaginava vestito da samurai, con quella sua espressione enigmatica e distaccata, ma al contempo terribilmente affascinante. Oppure avrebbe scelto qualcosa di più ironico? Un personaggio di un anime magari... "Sarebbe perfetto come Light Yagami di Death Note".

Mentre il pensiero di lui occupava ogni angolo della sua mente, ricevette un messaggio.

Era proprio Chishiya.

«Non prendere impegni domani sera, mi raccomando. Ho trovato il costume perfetto.»

Nilufar sorrise tra sé, il cuore che le batteva più forte. Non poté resistere alla tentazione di rispondere, anche se l'orologio segnava un'ora improbabile.

«Ah sì? Dai, dimmi che cosa hai scelto!»

Dall'altro lato dello schermo, immaginava Chishiya con quel suo solito sorriso sornione, mentre digitava una risposta che sapeva l'avrebbe fatta impazzire.

«È una sorpresa. Ma vedrai, non ti deluderò.»

Nilufar si morse il labbro, delusa e curiosa allo stesso tempo. "Come sempre!"

«Non è giusto! E io? Devo per forza sorprenderti, altrimenti mi faccio trovare con un costume da Pikachu!»

Un'emoji sorridente le apparve sullo schermo, seguita da una risposta che la fece ridere. «Se vieni vestita da Pikachu, giuro che ti porto a mangiare sushi e pizza nello stesso posto. Faresti colpo su tutti.»

Ridendo, Nilufar immaginò davvero quella scena assurda, con lei in un costume giallo e Chishiya che la prendeva in giro per tutta la fiera. Ma dietro a quegli scherzi si nascondeva una dolcezza che non poteva ignorare. Era questo che le piaceva di lui.

Quella notte, andò a dormire con il sorriso sulle labbra e con la curiosità che la consumava.

Il mattino seguente non riusciva a concentrarsi a fare niente. La sua mente vagava, disegnando nell'immaginazione scenari sempre più assurdi. "Chissà cosa avrà scelto davvero? Samurai? Un personaggio anime? E se si presenta in un costume classico, tipo Batman o qualcosa di altrettanto fuori contesto per una fiera di cosplayer?"

Non poteva fare a meno di ridacchiare a quell'idea, mentre la vecchietta della villetta accanto, che stava annaffiando le sue piantine, le chiese: «Cosa c'è di tanto divertente, Nil?»

Lei alzò lo sguardo, cercando di riprendere serietà.

«È solo...», e subito abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il rossore. «Niente, lasci stare.»

Ma i suoi pensieri continuarono a tornare a Chishiya e a quel costume misterioso che avrebbe rivelato solo più tardi.

Forse poteva giocare d'anticipo. Mandò un altro messaggio, decisa a stuzzicarlo ancora un po'.

«Ho cambiato idea. Pikachu non è abbastanza sorprendente. Cosa ne dici di un costume da Sailor Moon?»

La risposta arrivò quasi immediatamente, come se lui fosse stato lì, pronto a risponderle. «Ti starebbe benissimo, ma ti avviso: Sailor Moon dovrà battere il costume più incredibile della fiera.»

Nilufar si sentì elettrizzata. "Cosa avrà preparato?"

La sua mente era un turbinio di immagini: Chishiya con la katana in mano, o magari in una versione più casual, ma sempre perfetta, come lo era nel suo modo di essere. Ogni dettaglio si mescolava ai suoi pensieri, alimentando una sensazione di trepidante attesa che cresceva sempre più.

Il tempo sembrava rallentare e Nilufar non vedeva l'ora che arrivasse la sera per vivere finalmente quella giornata speciale con lui. Ogni volta che ci pensava, una corrente elettrizzante le attraversava il corpo.

Terminate le compere al mercato, Nilufar corse a casa con un impeto inarrestabile, ignorando del tutto l'orologio che sembrava essersi fermato. Non vedeva l'ora di prepararsi, con una trepidazione che le faceva battere forte il cuore.

Entrata in casa, si precipitò verso la cabina armadio e con cura estrasse il suo abito cosplayer di Cenerentola, versione 2015, infilato in una delle due valigie che si era trascinata dietro dalla sua vecchia vita, sigillato in delle buste sottovuoto per appiattirlo. Lo aveva cucito a mano in Italia, cercando di riprodurre ogni minimo dettaglio dell'originale: le balze leggere, le decorazioni scintillanti, il velo di tulle che sembrava quasi sfumare nell'aria. Era perfetto.

Intanto, dalle strade di Tokyo e Shibuya, già dalla mattina, giungevano le note allegre delle sigle degli anime, annunciando l'inizio della fiera. Nilufar sorrideva al pensiero di quella giornata speciale: sarebbe stata una serata indimenticabile, di questo era certa.

Si sedette davanti allo specchio, con il cuore che le batteva più forte del solito. Aveva sognato quel giorno da una vita e ora era arrivato il momento di trasformarsi nella Cenerentola che aveva sempre immaginato. Tirò fuori dalla borsa il ferro arricciacapelli e cominciò a lavorare su ogni ciocca con attenzione, prendendo una sezione di capelli alla volta e arrotolandola con cura. L'aroma leggero del calore e del prodotto per lo styling riempiva la stanza mentre i riccioli prendevano forma, onde morbide che incorniciavano il suo viso con delicatezza.

Una volta terminati i ricci, Nilufar prese due piccole ciocche ai lati della testa e le intrecciò con movimenti precisi, legandole sopra la testa a formare una sorta di corona. Sorrise compiaciuta del risultato, riflettendo sulla somiglianza con la pettinatura della Cenerentola nel film che tanto amava. Ma non era ancora finita: prese una piccola confezione di brillantini color argento, li distribuì sulle trecce e lungo la linea dei ricci.

Passò poi al trucco, volendo mantenere un look semplice ma luminoso. Applicò una base leggera che uniformava la pelle, poi un po' di blush rosato sulle guance per darle un tocco di colore naturale. Sulle palpebre stese un ombretto dorato leggero, appena un accenno di scintillio, e finì con una linea sottile di eyeliner e un mascara che allungava le ciglia, rendendo il suo sguardo più aperto e brillante. Infine, aggiunse un lucidalabbra trasparente con un riflesso perlato. Il suo viso risplendeva, semplice ma elegante, proprio come voleva.

Infine, arrivò il momento che temeva di più: indossare il vestito. "E se non mi stesse più bene?" Lo aveva cucito anni addietro, e da allora non aveva più avuto occasione di indossarlo.

Lo prese delicatamente dall'armadio, un mare di tulle azzurro e satin che sembrava espandersi come una nuvola intorno a lei. Fece un respiro profondo e cominciò a indossarlo, sollevando la gonna con attenzione mentre infilava il bustino.

Il vestito le calzò perfettamente, più di quanto si aspettasse. Si guardò allo specchio e vide come il corpetto le delineava con grazia il busto, stringendosi appena sotto il seno e aprendo in una gonna ampia, che cadeva fluente fino ai piedi. I metri di tessuto ondeggiavano intorno a lei con ogni piccolo movimento e le balze riflettevano una luce delicata.

Nilufar i girò su sé stessa, facendo girare la gonna in un vortice leggero. Non poté fare a meno di sorridere: si sentiva davvero una principessa, pronta per vivere la sua fiaba personale.

Prima che il buio calasse completamente sulla città, il campanello suonò. Il cuore di Nilufar sobbalzò. Inspirò profondamente, poi uscì di casa, cercando di mantenere la calma. Non sapeva esattamente cosa aspettarsi, ma ogni passo verso la porta sembrava riempirla di una strana e dolce tensione. Quando si trovò faccia a faccia con Chishiya, un'onda di emozioni la travolse, come uno tsunami improvviso.

Chishiya la fissava intensamente e lei si sentiva leggermente in imbarazzo, quasi colta di sorpresa dal modo in cui la guardava. Tuttavia, c'era anche una sorta di calore in quello sguardo, una dolcezza che la faceva sentire unica.

«Sei... bellissima», le disse lui, quasi sottovoce.

Lei arrossì leggermente, abbassando lo sguardo prima di rispondere: «Anche tu non sei niente male, principe azzurro.»

Il suo sguardo iniziò a vagare su di lui, studiandolo nei minimi dettagli. Indossava un elegante completo azzurro chiaro con dettagli dorati lungo la giacca e i polsini. L'abito era perfettamente tagliato, aderente al punto giusto, mettendo in risalto la sua figura snella. Sotto la giacca, una camicia bianca e immacolata, il colletto rigido e inamidato che si alzava con una grazia regale. Gli stivali neri in pelle gli arrivavano appena sotto il ginocchio, lucidi e impeccabili, perfetti per completare l'immagine di un principe uscito direttamente da una fiaba.

Infine, i suoi capelli. Chishiya li aveva legati dietro la nuca con un elastico sottile, mentre le ciocche davanti cadevano morbide ai lati del viso, incorniciando la sua espressione affilata ma incredibilmente affascinante.

«Non ho dimenticato la storia del Live Action di Cinderella... mi è sembrato giusto fare la mia parte.»

Nilufar scoppiò a ridere, il suo imbarazzo svanì per un attimo.

«Be', sei perfetto per la parte», disse, avanzando di un passo. «Pensavo che avresti scelto qualcosa di più... da Chishiya.»

«Forse il mio stile è più vicino a un altro tipo di personaggio, ma stasera ho deciso di essere il tuo principe.» Poi, con un gesto elegante, le porse la mano. «Pronta a vivere la tua fiaba, Cenerentola?»

Nilufar sorrise, accettando la sua mano. «Sei troppo perfetto in questa parte. Sei sicuro di non essere un principe per davvero?»

Chishiya scrollò le spalle, senza perdere il suo sorriso enigmatico. «Non mi dispiacerebbe esserlo nella vita vera, ma soltanto se tu starai al mio fianco.»

Mentre camminavano verso la fiera, il vento afoso del pomeriggio che si abbandonava alla sera carezzava i loro volti, portando con sé l'odore dolce delle bancarelle e il suono vivace della festa che li attendeva. Il cielo si tingeva di arancione e rosa, con il sole che scendeva all'orizzonte, dipingendo Tokyo di sfumature calde e avvolgenti.

«Ti aspettavi di vedermi così?», chiese Nilufar, rompendo il silenzio e cercando di nascondere l'emozione. «Cioè, sinceramente, credevi che avrei scelto qualcosa di più... particolare?»

Chishiya la guardò con un'espressione divertita. «Particolare? No, non ho mai creduto alla storia che ti saresti vestita da Pikachu o qualcosa del genere.» Nilufar scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «A volte, sorprendere significa essere semplici.»

«Questa è una delle tue perle di saggezza zen, vero?», lo prese in giro lei, mentre lui la osservava divertito.

Giunti alla fiera, si trovarono subito immersi nell'atmosfera vivace e colorata dell'evento. I costumi degli altri partecipanti spiccavano in ogni direzione, creando un mosaico di colori e stili che riempiva la piazza. Personaggi di anime, manga e videogiochi si mescolavano in un turbinio di creatività, accompagnati da risate e musica che risuonava ovunque. Sembrava di essere entrati in un altro mondo, un luogo dove la fantasia prendeva vita.

A pochi passi da loro, una ragazza vestita da Sailor Moon si esibiva in una danza giocosa, la sua gonna fluttuante e il cerchietto con le orecchie di gatto le conferivano un'aria sognante. I colori vivaci del suo costume attiravano l'attenzione di tutti, mentre i suoi amici, travestiti da guerrieri delle stelle, la seguivano con gli stessi dettagli scintillanti.

Più in là, un ragazzo con un costume di Cloud Strife da Final Fantasy VII si ergeva con orgoglio, la spada gigante in spalla e i capelli biondi spettinati che sembravano sfidare la gravità. I dettagli del suo abito, con le fibbie e le cuciture perfette, lasciavano intravedere quanto lavoro fosse stato fatto per ricreare l'iconica figura del videogioco.

In un angolo, un gruppo di amici si era riunito per ricreare la squadra di My Hero Academy, indossando costumi che variavano da All Might, con il suo costume supereroico blu e giallo, a Deku, con il suo verde distintivo e il costume di combattimento. Ogni partecipante portava il proprio stile personale, e le chiacchiere e le risate che si scambiavano erano contagiose.

Un'altra ragazza, vestita da Ciri di The Witcher, attirò l'attenzione di Nilufar. La sua tunica bianca e i pantaloni di pelle erano così ben fatti che sembrava che stesse per partire per un'avventura nel mondo di Geralt. Le cicatrici e i segni dipinti sul viso aggiungevano un ulteriore tocco di realismo al costume.

Nel frattempo, loro due si muovevano tra i gruppi, ammirando i costumi e scambiandosi commenti entusiasti. Ogni angolo della fiera era una sorpresa, una celebrazione dell'arte e dell'immaginazione, dove il mondo reale si mescolava con quello fantastico.

Nilufar si sentiva come una bambina in un negozio di caramelle, ogni costume che vedeva alimentava la sua meraviglia e il desiderio di immergersi ancora di più in quell'universo che tanto amava.

«Guarda quel costume di Matoi Ryuko da Kill la Kill! È impressionante!», esclamò, indicando una ragazza con una spada di stoffa che sembrava davvero affilata.

«E quella è la versione di Shrek», rispose Chishiya, ridendo mentre indicava un partecipante con un costume verde incredibilmente dettagliato.

«Guarda quello!», esclamò Nilufar, indicando un cosplayer vestito da Goku, con una parrucca enorme e un'aura dorata fatta di luci LED. «È fantastico!»

Chishiya annuì, ma i suoi occhi non si staccavano da Nilufar. «Sì, fantastico.»

«Smettila di guardarmi così», lo riprese lei, sorridendo nervosamente. «Mi fai sentire ancora più in imbarazzo.»

«Non posso farci nulla. Sei troppo bella per non guardarti.»

Il cuore di Nilufar batté più forte. Non sapeva come rispondere, quindi cambiò argomento. «D'accordo, d'accordo. Andiamo a divertirci. E tu, Principe, vediamo se sei bravo almeno in qualche gioco.»

Lui sorrise, accettando la sfida. «Ti avverto, sono imbattibile ai giochi. Preparati a perdere.»

Le ore trascorsero tra risate, foto con altri cosplayer e piccole sfide alle bancarelle. Il divertimento era palpabile nell'aria e ogni momento sembrava arricchito da quella leggera scia di magia che solo un amore nascente può portare.

Mentre il sole scendeva e le luci della fiera diventavano più intense, Nilufar si accorse che quella serata era già diventata speciale. E mentre camminavano fianco a fianco, sperava, con il cuore pieno di emozione, che fosse solo l'inizio di qualcosa di ancora più grande.

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