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Capitolo 10

Capitolo 10

Quella domenica mattina Nilufar si svegliò presto, il sole era appena sorto e la luce dorata filtrava tra le tende del salotto. Con un leggero sbadiglio si tirò su dal divano, pronta a mettere in ordine la casa e a preparare il pranzo. Le aspettative di cucinare per i suoi amici le mettevano una leggera agitazione, ma allo stesso tempo sapeva che l'avrebbe rilassata.

Scalza e ancora mezza assonnata, cominciò a sistemare il soggiorno. Le sue ciocche ribelli ondeggiavano mentre raccoglieva cuscini sparsi, piegava coperte e risistemava i soprammobili. A un certo punto, nell'angolo del salotto, Nilufar, senza accorgersene, sbatté il mignolo del piede contro una gamba del divano.

«Ahia! Maledetto divano!», sbottò tra i denti, saltellando su una gamba.

Ma non c'era tempo per piangersi addosso. Avrebbe sistemato la casa e, accidenti, tutto sarebbe stato perfetto.

La cucina la chiamava. Posò i piedi nudi sul pavimento fresco e prese una boccata d'aria, cercando di concentrarsi. Quella era la sua comfort zone, ma sapeva che le sfide non sarebbero mancate. «Bene, cominciamo», disse a sé stessa con determinazione.

Come antipasto aveva deciso di preparare una caprese, ma mentre affettava i pomodori freschi, un bel getto di succo schizzò dritto sulla sua maglia bianca.

«Ma porca...!», imprecò, strofinandosi velocemente con uno straccio. Fece spallucce, ridacchiando tra sé. «Niente panico, Nilufar. Non è un pranzo se non ti sporchi un po'. E tutto perché detesti il grembiule!»

Mentre sistemava i pomodori su un piatto e li alternava con fettine di mozzarella di bufala fresca, iniziava a prendere forma quel senso di pace che tanto amava quando cucinava. Il basilico fresco riempiva l'aria di un profumo meraviglioso, mentre versava un filo d'olio extravergine d'oliva sopra la caprese, che già faceva venire l'acquolina in bocca.

«Okay, primo piatto... gli spaghetti», disse con voce decisa, afferrando il pacco di pasta.

Riempì una pentola d'acqua e la mise a bollire. Nel frattempo, preparava il sugo. Le mani si muovevano veloci, mescolando la salsa di pomodoro e cercando di non farla attaccare. Ma proprio mentre mescolava, una piccola esplosione di sugo colpì le mattonelle.

«Oh no! Ma che cavolo, uffa!», esclamò, guardando quel pomodoro che scivolava lungo le piastrelle come una macchia di disastro. «Rimediamo dopo, niente panico.»

Mentre la pasta cuoceva, si dedicò alla salsiccia, facendola abbrustolire sulla bistecchiera. Il profumo della carne rosolata si diffuse rapidamente nella cucina, e per un attimo Nilufar chiuse gli occhi, inspirando profondamente, soddisfatta. Ma c'era ancora il tiramisù da preparare.

Con il mascarpone, le uova e i savoiardi già pronti, si mise all'opera. Cominciò a inzuppare i biscotti nel caffè, ma il liquido sembrava non bastare mai.

«Sul serio?», borbottò, versando l'ennesimo caffè caldo. «Tra un po' mi ci butto anch'io in questo caffè!»

Nonostante le piccole disavventure, il tiramisù prese forma: strati morbidi di savoiardi e crema al mascarpone si alternavano uno sopra l'altro, coronati da una generosa spolverata di cacao amaro.

«Ecco fatto, perfetto», disse con un sorriso soddisfatto, sentendosi finalmente un po' più calma.

Poi, si occupò della tavola sul terrazzo. La tovaglia rosa con piccoli fiori bianchi che aveva scelto faceva brillare tutto sotto la luce del sole. Si assicurò che ogni tovagliolo, bicchiere e posata fosse perfettamente allineato. Non assegnò i posti a sedere, voleva che i suoi ospiti si sentissero liberi di scegliere il proprio angolo, come se fossero a casa loro.

Mentre controllava tutto un'ultima volta, realizzò che non aveva avuto il tempo di comprare dei fiori per il centrotavola. Alzò le spalle, sorridendo.

"Chi ha bisogno dei fiori quando c'è una tavola imbandita così?", pensò. Dopotutto, la musica dolce in sottofondo e i piccoli gingilli decorativi sparsi qua e là creavano comunque un'atmosfera accogliente.

Nilufar si guardò allo specchio, sentendo un piccolo brivido di eccitazione. Aveva già sistemato la casa e preparato il pranzo, ora era il momento di prendersi cura di sé. Dal suo armadio tirò fuori un grazioso abito celeste svolazzante, lungo fino alle ginocchia. Il tessuto leggero si muoveva come un soffio d'aria mentre lo infilava, e non poté fare a meno di sorridere nel vedere come le stesse bene. Era perfetto per una giornata estiva come quella.

Abbinò l'abito con dei semplici sandali ornati di perline iridescenti, che scintillavano a ogni movimento. Il contrasto tra la delicatezza del vestito e il tocco brillante delle perline la fece sentire incredibilmente a suo agio, femminile ma non troppo formale.

Dopo essersi sistemata i capelli in uno chignon perfetto -un classico senza tempo che le scopriva la nuca- si mise davanti allo specchio per il trucco. Non voleva nulla di eccessivo, solo un po' di ombretto azzurro per richiamare il colore del vestito, una passata di mascara per allungare le ciglia e un leggero tocco di rossetto rosa sulle labbra. Il risultato era semplice, fresco, ma incredibilmente elegante.

Si osservò un'ultima volta. Il riflesso le restituì l'immagine di una ragazza pronta a godersi una bella giornata con gli amici, senza troppi fronzoli, ma con il giusto tocco di grazia.

Verso mezzogiorno e mezzo arrivarono Kuina e Sakurada.

Sakurada era decisamente diverso dal solito. I tatuaggi che decoravano il suo collo erano assenti, mentre i capelli, lisci e sciolti, cadevano liberi sulle spalle, profumando di un'essenza delicata che si diffondeva nell'aria. Indossava una camicia leopardata, che riusciva a essere vistosa senza risultare eccessiva, abbinata a un paio di pantaloni neri attillati che ne esaltavano la figura.

Kuina, al contrario, sembrava quasi eterea. Indossava un abito bianco leggero, decorato con piccoli fiori rossi che si muovevano dolcemente a ogni suo passo. Il profumo di zucchero che la avvolgeva, dolce e leggero, arrivava fino a Nilufar, facendo pensare a un pomeriggio in una pasticceria. Il suo trucco era sobrio, appena un accenno di colore per far risaltare i suoi occhi luminosi, in perfetta armonia con i lunghi capelli rosa che le cadevano in morbide onde sulla schiena. Portava dei tacchi non troppo alti, che le permettevano di camminare con grazia, mentre alcuni gioielli discreti -piccoli orecchini e un braccialetto sottile- la impreziosivano, donandole un'eleganza naturale.

Quando Nilufar li vide, sorrise. Erano entrambi così diversi da come li aveva visti fino ad allora, quasi irriconoscibili, ma al tempo stesso, erano esattamente come li aveva immaginati in un contesto più rilassato.

«Wow, siete bellissimi», disse, invitandoli a sedersi.

«Che accoglienza!», esclamò Kuina, ammirando il terrazzo decorato con semplicità e buon gusto.

«Ti abbiamo portato dei dolcetti giapponesi, per non perdere del tutto le nostre origini», disse Sakurada, porgendo a Nilufar una confezione di wagashi, tipici dolcetti fatti di pasta di riso e ripieni di anko.

Nilufar sorrise, accettando il dono. «Grazie mille, ragazzi! Accomodatevi, fate come se foste a casa vostra.»

Dopo qualche chiacchiera e risata, Nilufar si rese conto che mancava ancora qualcuno. «Manca solo Chishiya...»

«Tranquilla», disse Sakurada con una risata ammiccante, «non mancherebbe per nulla al mondo.»

Nilufar, alzando un sopracciglio, decise di punzecchiarlo un po'. «Invece di prendere in giro Chishiya, perché non confessi che tra te e Kuina c'è qualcosa?»

Kuina arrossì, mentre Sakurada scrollava le spalle con nonchalance. «Può darsi di sì, come può darsi di no.»

«Ehi, guarda che io sono qui!», esclamò Kuina, lanciando un'occhiataccia al ragazzo.

La loro conversazione fu interrotta dal suono del campanello.

Nilufar sorrise. «Scommetto che è Chishiya.»

Corse alla porta con un misto di agitazione ed entusiasmo. Non sapeva bene perché il cuore le battesse così forte. Forse per l'idea di passare una giornata diversa, o perché era in compagnia di persone che sembravano portare una ventata di leggerezza nella sua vita. Si impose di calmarsi, sorrise ampiamente e aprì la porta.

Chishiya era lì, con il suo solito sguardo enigmatico e distaccato, ma tra le mani teneva un mazzo di ortensie azzurre e viola che sembrava in contrasto con la sua immagine. I capelli erano legati in una coda bassa, con i ciuffi ai lati lasciati sciolti a incorniciare il viso, conferendogli un'aria disinvolta. Un odore pungente e fresco lo accompagnava, aggiungendo una nota inaspettata al suo look decisamente sportivo. Indossava un pantalone nero di tuta, largo e comodo, abbinato a una semplice t-shirt dello stesso colore, priva di qualsiasi disegno o logo.

Nonostante fosse noto per le sue amate felpe, quel giorno aveva deciso di optare per un gilet che teneva sbottonato, un dettaglio che dava al suo outfit un tocco casual ma curato. E poi c'era il suo sorriso, una smorfia che somigliava a quella di un gatto sornione, qualcosa che Nilufar trovava affascinante ma al tempo stesso impossibile da interpretare.

«Mi scuso per il ritardo», disse, porgendole il mazzo di fiori, «sono stato trattenuto da un'intervista all'ultimo minuto.»

Nilufar arrossì leggermente, sorpresa dal gesto. «Non importa, grazie per le ortensie, sono bellissime.»

Poi notò un dettaglio e rise, accennando al nastro che avvolgeva i fiori.

«Le ha raccolte mia nonna.»

«Bugiardo, hai lasciato l'etichetta del negozio sul nastro.»

«L'ho trovato nella spazzatura, era carino e ho pensato a te.»

«Oh, certo, certo, e io dovrei crederci?»

«Ti ho già detto che anche io posso essere un casino», replicò Chishiya con un mezzo sorriso, facendola ridere ancora di più. «In verità, mia nonna faceva la fioraia in passato e ha conservato le etichette avanzate del suo negozio.»

Quella leggerezza tra loro era piacevole, come se per un attimo tutto il mondo esterno non esistesse.

Lo invitò dentro con un gesto della mano e lo accompagnò sul terrazzo, dove Kuina e Sakurada erano già comodamente seduti. Il tavolo era perfettamente apparecchiato e l'aria era intrisa di una dolce musica di sottofondo che rendeva l'atmosfera ancor più rilassante.

Non appena Nilufar servì l'antipasto, la semplice caprese, i ragazzi iniziarono a commentare e ad assaporare ogni boccone.

«Davvero buono!», esclamò Kuina, mordendo un pezzetto di mozzarella con un'espressione di sorpresa. Sakurada, sempre più rilassato, annuì con la bocca piena.

Poi arrivarono gli spaghetti al sugo.

Chishiya, abituato ai noodles, iniziò a mangiare gli spaghetti con un'abilità sorprendente, risucchiandoli rumorosamente. Sakurada non fu da meno, e presto i due ragazzi si sfidarono in una sorta di gara non ufficiale di "risucchio" che sovrastava la musica di sottofondo.

Nilufar li guardava divertita.

«Ragazzi, lasciate spazio per il secondo, sì?», chiese con un tono affettuoso.

«E anche per il dolce», aggiunse Sakurada, con un sorriso soddisfatto dopo aver finito il piatto.

«A te niente!», gli puntò il dito contro Nilufar, fingendo di essere offesa, ma con un sorriso che tradiva la sua complicità.

Quel pranzo si stava rivelando uno dei momenti più belli e spensierati che Nilufar avesse mai vissuto da tempo. La cucina, i sorrisi e le risate creavano un'atmosfera calorosa e familiare, qualcosa che le mancava terribilmente da quando aveva lasciato l'Italia.

Il pranzo non era solo un'occasione per assaporare del buon cibo, ma anche per conoscersi meglio, per scoprire di più l'uno dell'altro oltre il lavoro e le maschere quotidiane.

Fu proprio durante la seconda portata che Sakurada iniziò a parlare del suo lato più personale.

«Sotto quest'aria da ragazzaccio», disse con un tono scherzoso, «sono un tenerone. Mi piace prendermi cura della mia famiglia, in ogni circostanza.»

«Ma va!», rise Nilufar, ironizzando: «Non l'avrei mai detto.»

Sakurada arrossì leggermente, poi cambiò discorso. «Nel tempo libero faccio il modello. Niente di serio, solo qualche cosa qua e là.»

«Già, proprio "niente di serio"», ironizzò Nilufar. «Che modestia!»

Kuina, che fino a quel momento era rimasta in disparte, iniziò a raccontare di sé, rivelando un lato più timido e dolce.

«Amo lo shopping e i prodotti di bellezza», ammise con un sorriso timido. «Ma nel tempo libero mi piace fare yoga e occuparmi dei miei due cani, Kushina e Chichi.»

Nilufar, curiosa, chiese: «Che razza sono?»

«Sono Shiba Inu. Adorabili, davvero.»

«E tu, Chishiya? Hai qualche hobby nascosto che vuoi rivelare?», gli chiese Nilufar.

Lui la guardò con un mezzo sorriso. «Be', non molto. Mi piace la musica e... ogni tanto faccio cosplayer.»

«Cosplayer?» Nilufar lo guardò sorpresa, non immaginando quel lato di lui. «Chi interpreti di solito?»

«Un po' di tutto», rispose lui con disinvoltura. «Mi piace sperimentare. Ma niente di troppo appariscente, non fa per me.»

Nilufar lo fissò, curiosa di scoprire di più su quel ragazzo misterioso, ma si rese conto che anche lei doveva aprirsi un po'. Non poteva restare sempre a osservare dall'esterno, senza mai rivelare nulla di sé.

Dopo qualche esitazione, confessò: «Io adoro leggere e scrivere. È il mio modo di evadere dalla realtà, di allontanarmi da tutto quello che a volte mi pesa. È una sorta di terapia per me, per liberarmi dallo stress e dalla confusione.»

I ragazzi la ascoltarono attentamente, sorpresi da quella rivelazione sincera. Nilufar, però, si trattenne dal raccontare delle cicatrici sulle braccia o di quell'amore che l'aveva svuotata. Quelle erano ferite troppo profonde, che non era ancora pronta a condividere.

«A volte viaggiare lontano con la mente è l'unico modo per restare sani», concluse lei con un sorriso velato di tristezza.

Nel frattempo, Kuina e Sakurada, notando la leggera malinconia nell'aria, decisero di alleggerire la situazione condividendo alcune delle loro usanze giapponesi.

Kuina mostrò a Nilufar come piegare i tovaglioli con l'arte dell'origami, creando piccoli uccelli di carta che lasciò sul tavolo. Sakurada, invece, si alzò e dimostrò un breve ma divertente saluto formale giapponese, inchinandosi con grande serietà, solo per poi scoppiare a ridere.

Nilufar si alzò con un'espressione giocosa.

«Adesso basta, stiamo tergiversando abbastanza», disse, iniziando a sparecchiare la tavola. «Prendo il dolce?»

«E lo chiedi?», rispose Sakurada, con quel suo solito tono di finta impazienza.

Sorridendo, Nilufar gli lanciò un tovagliolo addosso. Mentre liberava la tavola, notò che le ortensie azzurre che Chishiya le aveva portato facevano da perfetto centrotavola. Nonostante tutto, quell'idea di fiori, così spontanea e non calcolata, aggiungeva un tocco di eleganza.

«Aspetta, ti aiuto», si offrì Kuina. alzandosi.

«No, lasciala a me», intervenne Chishiya, alzandosi senza fretta.

Insieme portarono i piatti in cucina, e mentre Nilufar li adagiava nella lavastoviglie, chiese a Chishiya di prendere il tiramisù dal frigorifero. Lui eseguì senza dire una parola, ma osservava con interesse ogni suo movimento, notando la precisione con cui tagliava le fette, perfettamente uguali tra loro.

«Ha un aspetto invitante», commentò, guardando il dolce con attenzione.

«Si chiama tiramisù. E credimi: tra cacao e caffè, questo dolce ti tira veramente su! Ma, al contempo, non ti tira su dal bagno», rispose Nilufar, scoppiando a ridere.

Chishiya rise insieme a lei.

«A proposito di sfide...», disse con un mezzo sorriso malizioso. «Ce l'hai fatta a sopravvivere senza cucinare il salmone.»

«Puntualizziamo che il salmone è più buono crudo, ma stando al gioco direi che non è stata una passeggiata. Pensavo di avere una crisi d'astinenza. Ma sì, direi che è stata una vittoria.»

«Lo ammetto, non pensavo ce l'avresti fatta senza cedere. Un vero miracolo culinario!»

«Smettila di prendermi in giro! E comunque, la prossima volta, salmone a parte, devi provare a cucinare qualcosa anche tu. Magari vediamo come te la cavi in cucina senza pesce crudo.»

«Sfida accettata», replicò Chishiya, il sorriso che si allargava sul suo volto. «Ma non garantisco di non infilare il salmone da qualche parte.»

Nilufar lo fissò per un attimo, scuotendo la testa divertita. «Tu non la vuoi finire di torturarmi.»

«No, per niente.»

Nilufar lo guardò intensamente negli occhi, sorridendo appena mentre distribuiva le fette di tiramisù nei piatti.

«E così, ti piace il cosplayer», disse all'improvviso.

«Sì, esatto», confermò lui, osservandola.

«Non so se da voi fu mandato in onda, ma in Italia, nel 2015, fu trasmesso il Live Action di Cinderella. Ricordo che impazzì a lungo per l'abito che indossava la protagonista, tant'è vero che decisi di cucirlo passo per passo sulle mie misure. Peccato non averlo mai indossato: dalle mie parti le fiere per il cosplayer non sono frequenti, e il più delle volte sono troppo lontane. Il carnevale? Sempre impegnata a lavorare.»

«A Tokyo ci sono fiere del cosplayer tutto l'anno. Se ti va, possiamo andarci insieme qualche volta.»

Nilufar si bloccò per un secondo, sentendo un leggero calore salirle alle guance. «Mi stai invitando a una fiera, o è una sorta di appuntamento camuffato?»

«E chi lo sa? Forse è un po' di entrambe le cose. Ti conviene scoprirlo.»

Nilufar sentì un'ondata di emozione travolgerla, mentre si mordeva il labbro inferiore, cercando di nascondere un sorriso imbarazzato. Era incredibile come quel ragazzo potesse farle provare sensazioni così contrastanti: curiosità, fascino e un sottile brivido.

La loro vicinanza cominciava a farsi sentire. Gli sguardi si incrociarono, e per un attimo il mondo attorno sembrò rallentare. Nilufar sentiva i cuori battere all'unisono, quasi potesse avvertire la connessione che si stava creando in quel grande spazio a tema Barbie.

Il profumo di cacao e caffè riempiva l'aria, ma Chishiya sembrava percepire solo l'odore di lei, dolce e inebriante come il tiramisù che aveva fatto.

Il silenzio tra di loro fu spezzato dall'urlo di Sakurada, che risuonò dal terrazzo. «Ehi! Invece di flirtare lì dentro, portate il dolce, no?»

Kuina gli diede un colpetto sul braccio. «Non essere maleducato, Saku!»

«STIAMO ARRIVANDO, RAZZA DI ROMPISCATOLE!», rispose Nilufar, ridendo e tornando in sé, mentre Chishiya non riusciva a trattenere una risata sincera.

Le risate e i borbottii furono spazzati via dal vento che soffiava leggero sul giardino, scompigliando l'erba e i fiori.

Nilufar, mentre serviva il dolce ai suoi amici, si sentì come se fosse sospesa in aria, leggera e libera come un palloncino che fluttua nel cielo. Sentiva una nuova luce dentro di sé, una sensazione che non provava da molto, molto tempo. Era un'emozione dolce, come il tiramisù che aveva preparato con tanta cura, ma era anche una sensazione che la faceva sentire viva e piena di speranza. E quella luce, capì, proveniva dal suo nuovo legame con Chishiya, una connessione che non avrebbe mai immaginato possibile.

Forse, pensò, il futuro poteva essere un po' meno buio di quanto avesse temuto.

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