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Capitolo 4

Un bebè... sotto l'albero

Era incredibile la piega che stava prendendo la mia vita da qualche giorno a questa parte e da quando il mio vecchio capo lavorava fuori città mi stava andando tutto di gran lusso.

Quando arrivai in ufficio, mi recai verso una porta, su cui vi era attaccata la targhetta dorata col mio nome e un sorriso mi curvò le labbra. Era il mio ufficio personale d'ora in poi. Afferrai la maniglie ed entrai. Era tutto perfettamente in ordine, alte finestre decorate, una grande scrivania proprio al centro e per finire, niente rompiscatoli fra i piedi. Ah, bello godersi la vita...

Poggiai la borsa sulla scrivania e accomodai sulla poltroncina, la trovai morbida.

Niente male...

Arthur, passando per il corridoio, ne approfittò per entrare, mentre prendevo confidenza col posto.


«Visto che mobili?»

«Sì.»

«Allora, che ne pensi?»

«Di cosa?» domandai, poggiando le mani sulle gambe.

«Del libro di Susan.»

Peccato che per colpa di Richard la mia lettura si fosse interrotta... ma non potevo deludere le aspettative del mio capo.

«Sì, è... fantastico. Tu che ne pensi? Ti piace?»

«Quanto ne hai letto veramente?»

Beccata...

«Solo i primi due capitoli. Finirò il resto oggi, sono stata un po' occupata.»

«Capisco.» Fece una faccia delusa e se ne andò.

«Ti prego, lascia che ti spieghi!»

«Grazie per il contributo.»

Piegai lo sguardo, dispiaciuta. Marien apparve sulla soglia.

«Oh! Hai anche degli scaffali e una porta tutta tua!»

Stava per chiuderla, ma il ragazzo occhialuto si stagliò alla soglia. «Congratulazioni.» Si sforzò di sorridermi, ma si notava lontano un miglio che era invidioso della mia promozione.

«Ti ringrazio, Micheal.»

Piantò i palmi sulla scrivania e sporse in avanti. «Pensi di poter arrivare in cima facendo questi insulsi giochetti? So che stai combinando. Credo che sia uno schifo, un super schifo.»

Lanciai un'occhiata alla mia amica. Sapevo che non era venuto qui per congratularsi. «Pensi che sia uno schifo che voglia assumere te come mio assistente?»

Si bloccò e drizzò la schiena.
«Davvero?»

«Sì, cominci martedì... appena avrò consegnato le scartoffie.»

«Caspita!» Rise, perdendo la sua aria truce. «Callie, ti ringrazio! Potrei baciarti in questo momento.»

«Non è necessario.»

Manco morta, avrei dovuto dire.


Mi salutò con un euforico "ci vediamo dopo, capo".

«Che carattere, la signorina dirigente.»

«Che carattere? Non so nemmeno cosa diamine ci faccio qui. Devo ancora finire quel manoscritto. Arthur ha chiesto la mia opinione e non ho saputo rispondere.»

«Forse devi fartela, perché questo è il tuo biglietto d'uscita dalla squadra delle segreterie e dog sitter, che fanno la toeletta ai cani dei loro datori di lavoro.»

Marien aveva ragione: John mi aveva delegato sempre compiti stupidi, lavare il suo cane o redigere dei rapporti elementari e invece Arthur mi stava fornendo la possibilità di scalare questa piramide e di mostrare il mio vero valore. Tirai subito fuori il manoscritto e mi misi a leggerlo tutto con costanza. Attraversai tutti i corridoi con gli occhi incollati a quelle scritte, ignorando i colleghi che stavano chiaccherando e mi feci un caffè. Dopodiché, ripresi il fascicolo.

«Carl ha una nuova fidanzata.» m'informò Marien mentre uscivo dal bagno e mi porse la sigaretta. «L'ha presa in fasce, ha circa 95 anni...» Feci un tiro, le restituii la sigaretta non badando a risponderle, facendomi sfuggire una risatina. «Mi hai sentito?»

Arthur era voltato di spalle quando entrai nel suo ufficio. «Mi è piaciuto. É divertente, perspicace e non devi essere incinta per godertelo.» Portai le mani sui fianchi. Quella lettura era stata interessante, per niente soporifera. «Tiro ad indovinare, perché... io sono incinta.»

«A me è piaciuto e non sono incinta.» Rispose, togliendosi gli occhiali da lettura e passandosi la mano fra i riccioli.

«Pensavo di organizzare i capitoli come una gravidanza. Raggruppare le storie di ogni donna per trimestre.»

«Il libro comincerebbe con le storie sui momenti imbarazzanti dei primi mesi quando tutti pensano che hai mangiato troppi dolci.»

«Esatto!» Arthur annuì ancora. «Poi vengono le storie del secondo trimestre. Come la storia di Samantha, quando ha vomitato nella borsa alla recita del figlio.. perché non poteva alzarsi per andare in bagno.» Mi sedetti. «Mi dispiace tanto di non aver finito il libro ieri sera. Non succederà più.»

«L'importante è che ti sia piaciuto. Ora dobbiamo organizzarci per l'uscita. Sarà in libreria in sole sei settimane. Darò un'occhiata anche ai tuoi appunti, ma la lezione di preparazione al parto di Susan è tra venti minuti. Dovresti andare.»

«L'avevo dimenticato! Il fatto è che Richard non può venire e...»

«Che peccato.»

«Pensi che potrei rimandare ad un altro giorno?»

Arthur ci pensò, poi scosse il capo in segno di diniego. Susan voleva assolutamente che prendessi parte a quella lezione e non potevo deluderla. Si offrì di sopperire alla mancanza del mio "compagno". L'insegnante cominciò a spiegare delle tecniche per il rilassamento, ma i miei muscoli erano tesi.

«Amici, voglio che vi spostiate dietro la vostra "maratoneta" con le gambe aperte in una grande V...» Arthur assunse quella posizione e un nodo mi si formò alla gola tanto che non riuscii a muovermi. Avvertii una leggera nausea. «Ora cogliete questa occasione per accarezzare le vostre mogli o fidanzate.» Il moro cercò di allungare la mano e mi picchettò il ginocchio. «Accarezzatele con amore e bisbigliatele qualcosa di speciale, d'accordo? Qualcosa che solo voi due potreste condividere in questo momento intimo...» Le altre coppie sembravano a loro agio e si guardavano con occhi pieni di amori, alcuni con una certa lussuria e Arthur mi stava accarezzando la testa. «Lasciate che il rilassamento vi inondi...»

«Mi dispiace tanto per questo.»

«Sai, Arthur. Non devi accarezzarmi i capelli.»

«Oh, scusami, d'accordo.»

«No, tranquillo.»

Ingoiai a vuoto, era imbarazzante trovarsi ad una lezione del genere con il capo dell'azienda in cui lavori.

«Ti puoi appoggiare se vuoi. Sento che ti stai sforzando.»

«Sì... vero.»

Schiarii la voce.

«Bene, ora che ci siamo rilassati... Proviamo delle posizioni utili per il parto. Va bene?»

Chiese ad una se potesse usare il suo partner per mostrare l'esercizio. Ci disse di metterci a quattro zampe con i palmi poggiati a terra. Poi, dovevamo dondolarci all'indietro. Osservai la scena paralizzata dalla vergogna. «Sentite il vostro grembo aprirsi? É una sensazione familiare, vero? Così ci siamo cacciate nei guai.» La situazione stava sfuggendo di mano. Agguantò le mani del suo partner, se lo schiacciò sulla schiena e avvolse le mani attorno alla sua pancia. Cercai di seguire le istruzioni, Arthur si adagiò sulla mia schiena e tentò di incastrare le mani al di sotto del mio pancino. «Metti le mani sulla pancia, tu laggiù. Mani sulla pancia e spingete.» Provò ad intrecciare le mani, ma scivolai per terra e mi precipitò addosso. «Uomo a terra! Tranquillo!»
Arthur chiese scusa e si spostò dal mio corpo. L'insegnante lo esortò a riprendere. Ci guardammo brevemente negli occhi e si grattò la nuca. In quel momento, decidemmo di tornare ad assumere le posizioni originali, uno affianco all'altra. L'insegnante dopo aver quasi inscenato un film a luci rosse con tanto di gemiti forti, si staccò dal povero accompagnatore e sancì terminata la lezione.

Salutammo Susan e il marito che dovevano andarsene per gli ultimi acquisti natalizi per il bebè e ci allontammo nella direzione opposta. Arthur mi confessò che era stata la cosa più imbarazzante della sua vita.

«Permittimi di offrirti qualcosa... per scusarmi.»

«No...»

«Ma è il minimo che posso fare per averti messo al tappeto.» scherzò, ridacchiando. Quelle fossette affiorarono sulle sue guance. Peccato che non potevo bere nulla di alcolico nello stato in cui ero, mi sarei dovuta accontentare di una cioccolata. Prendemmo posto ad un tavolo e aspettammo l'arrivo del cameriere di turno, avvolti nell'atmosfera natalizia di questi giorni.

«Hai sempre desiderato lavorare nell'azienda di famiglia?» chiesi, curiosa di conoscerlo.

«In verità, volevo fare lo scrittore, ma avevo paura di essere un fiasco totale, così mi sono laureato in Economia. Pensavo di guadagnarmi da vivere lavorando mentre finivo il mio libro ma sono rimasto bloccato a metà per qualche anno. Tu che cosa vuoi fare da grande?»

«Al college suonavo... in un complesso rock metal.»

«Sul serio?»

«Mhmm.»

«Sei una tipa aggressiva?»

«Un pochino, ogni tanto...»

«É affascinante. Un po' terrificante, certo, ma affascinante. Quello che facevi al college era suonare il rock metallaro.»

«Non ho finito il college.»

«Perchè no? Troppo noioso? Non lo ritenevi abbastanza intenso per te?»

«No, adoravo il college. I miei genitori però... hanno sconvolto i piani. Sono morti in un incidente, così... Ho smesso per occuparmi di mia sorella.» Si soffermò a guardarmi. «Mi dispiace... non dovevo dirtelo.»

«Oh no...» Scosse il capo. Il cameriere giunse a portare il ginseng per lui e cioccolata per me. «S-Sono... sono felice che tu me lo abbia detto. Mi dispiace che ti sia successo. È orribile perdere qualcuno a cui vuoi bene.»

«Grazie...»

Ci fissammo, poi iniziò a mescolare con il cucchiaio. Bevvi qualche sorso anche io.

«Tua sorella è aggressiva come te?»

«No, lei è più una saputella!»

Gli strappai una risata.
«Oh... Susan vuole organizzare una piccola festa. Dovresti venirci. E porta anche Richard.»

«Una festa?»

«Sì, una festa prima di Natale. Io non voglio mettere alcun vestito ridicolo.» Dichiarò, facendomi ridere di gusto, mentre bevevo. «Ehi... hai...» Si indicò un punto all'angolo delle sue labbra.

«Sono sporca?»

Prese un fazzoletto e si sporse per pulire il delizioso baffetto di cioccolata che si era formato. Scrutai da vicino le pupille verdi del giovane e il battito aumentò a dismisura.

«Ecco, fatto...» Allontanò il fazzoletto e mi sfiorai le labbra con il dito per dissimulare. Improvvisamente mi era venuta voglia di sventolarmi la faccia.

Il vestito che avevo deciso di mettere per l'occasione era orribile con quel pancino, nello specchio sembravo grossa come una mongolfiera e feci una smorfia di disappunto. La serratura della porta scattò, mia sorella era rincasata e corsi ad avvolgermi un asciugamano.

«Wow... che look! Abbiamo una sauna segreta che io non conosco?»

«No, figuriamoci, ho appena finito di farmi la doccia. Mi hanno invitato ad una festa.»

«Oh, è un bene che tu abbia quell'asciugamano addosso, e io non lo toglierei nemmeno lì.»

«Smettila di fare l'impertinente, saputella. Cosa ci fai qui?»

«Ho finito presto l'allenamento.»

«Che hai nella borsa?»

Tirò fuori la testa dal frigo. «Ma niente.» Minimizzò.

Aggrottai la fronte. Non me la raccontava giusta.

«Puoi vestirti meglio, lo sai?»

«Ho la tuta, se ti fa stare tranquilla.»

«Qualcosa di più elegante?»

«Non mi piace.»

Schioccai la lingua e mi voltai per far ritorno nella stanza, chiedendo alla mia sorellina di non disturbarmi.

Dopo circa un'ora, sgattaiolai fuori, approfittando del fatto che si fosse infilata nella doccia. Io e Richard arrivammo con la sua auto, o dovrei dire, con il rottame. «Devi comportati come se fossi il padre, d'accordo?»

«Sì... Del cucciolo. Lo so.»

Alzai gli occhi al cielo.

«La smettila di chiamarlo così? Anche tu avrai questo bambino come me, ricordatelo.»

«Callie, mamma mia, rilassati!»

«Devi apparire responsabile e un bravo genitore.»

«Mi stai prendendo in giro? Sono assolutamente consapevole. Tutti penseranno che sono uno stallone per aver messo incinta una pollastrella come te.»

«Questo è un esempio di quello che non dovresti dire.»

«Callie, non penserai che io sia stupido fino a questo punto?»

La musica a tema natalizio risuonava da dentro e pigiai il campanello, aspettando che venissero ad aprirci, mentre Richard stava divorando i biscotti di pan di zenzero. Gli pestai un piede e si lamentò. Ad aprirci fu la padrona di casa, mi accolse con un bacio e strinse la mano del mio ragazzo. Ci invitò a passare. Ci trasferimmo nel salone e mi diressi da Arthur, che stava provando quello che sembrava un punch. Lo salutai con carineria.

«Questo è il mio fidanzato Richard. Lui è Arthur.»

«Congratulazioni, devi essere molto contento.»

«Oh, non vedo l'ora che il nostro cuccioletto...» Si accostò a me per posarmi una mano sulla spalla e schioccò le dita. «Scappi fuori!»

«Oh, avrete un maschietto? Avete già saputo il sesso?»

«Già.» Asserì.

«L'abbiamo appena scoperto.» Mentii.

«Quindi, organizzerai anche tu un baby shower?» chiese. «Che nome avete deciso?»

«Ecco, pensavo a...»

«Non è deciso!» Risposi, dando una gomitata a Richard.

«Non ci abbiamo pensato...» Ritrattò e intanto l'editore si avvicinò e feci le presentazioni.

«Quindi tu sei il fortunato...»

«Sì, lo sono. E sono al settimo cielo. Ma se mi permette, anche lei è fortunato.» Indicò la fotomodella con il seno prosperoso che gli stava affianco.

«Vado da Susan.» Tagliai corto.

«Aspetta, amore mio. Puoi posarmi tu la giacca?»

Me la passò e mi allontanai, conscia che avrebbe combinato dei casini. Raggiunsi la festeggiata che stava sistemando la torta a forma di alberello su un'alzatina, in cucina. «Ho due amiche che ti voglio presentare. Sono delle scrittrici. Stanno cercando un nuovo editore e penso siano adatte a voi.»

Mi sfilò accanto con quel pancione ingombrante.

«Oh, veramente?»

«Tu e Arthur fate una bella squadra.» Sinceramente non l'avevo mai vista da questa prospettiva, e la ringraziai per il complimento, aiutandola a portare gli altri vassoi.

Mentre Richard si intratteneva con i bambini, Susan si avvicinò a me e Arthur presentandoci due persone che avevano scritto dei libri: uno sui bambini, considerato quasi una bibbia... e l'altra con l'argomento genitori single, e che sicuramente avrebbe riscosso successo.

«Ci piacerebbe incontrarvi e fare due chiacchiere.»

«Mi sembra fantastico.»

Nel frattempo, lanciai un'occhiata inquisitoria a Richard, che aveva rubato un palloncino ad un bambino.

«Arthur e Callie hanno promosso un settore educativo.»

«Oh, tu hai una fortuna veramente unica. Se non ti dispiace che te lo chieda, non l'hai l'utero dilatato, vero?»

Mi portai le mani sul mio pancione, scuotendo la testa. «No... non credo. Nascerà i primi di maggio e manca ancora molto. Sono di quattro mesi.»

«E chi è il tuo ginecologo?»

«Il... Dottor Draken... Sabes.»

«Vuoi dire... Hans?» Feci un cenno d'assenso. Non sapevo nemmeno chi fosse, ma era meglio non indagare sulla faccenda. «Credevo fosse andato già in pensione da un pezzo!»

Guardai Arthur, mi fissava in un modo inspiegabile e venni sballottata in avanti dal mio fidanzato. «Errore mio! Volevo spaventare solo lei!»

«Ah, molto spiritoso. Cretino.»

«Ehi, dovresti venire a giocare! Mi sto divertendo un casino.»

«No, grazie. Non posso correre, mi verrebbe la nausea.»

Mi spostai leggermente. «Oh, che palle! Voglio giocare ad acchiapparella con te... come fra le lenzuola. Non importa che tu sia incinta. Fregatene, avanti!»

Arthur gli posò la mano sulla spalla. «Scusa, ma Callie ha detto che non può farlo. É già difficile per lei portare quel peso e tu le chiedi addirittura di giocare?»

«Amico, che problemi hai, eh? Callie è la mia ragazza. Sto parlando con lei. Fatti da parte.»

«Davvero non ne ho voglia.»

«Oh, maddai! A te piace molto.»

«Amico, non vuole. Non vedi? Non insistere.» Intervenne Arthur con i soliti modi garbati. Richard lo incenerì e gli si piantò ad un palmo dal naso.

«Ehi, ma te cosa importa cosa vuole o meno Callie?! Non deve rendere conto a te di questo.»

«Ehi, smettetela!» Mi misi in mezzo. «Richard, basta.»

«Ha cominciato lui!»

«Sei stato tu a infastidire la signorina.»

«La signorina è la mia fidanzata!» Strinse gli occhi in fessure. Arthur lo afferrò per il colletto della giacca e iniziarono a picchiarsi nel bel mezzo del salone senza che potessi fare nulla per impedire quella zuffa. Si colpirono a vicenda, finché la lotta non degenerò così tanto e finirono per cascare nella torta di Susan, distruggendo tutto...

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