Capitolo 3
Un bebè... sotto l'albero
Sì, insomma dire che ero incinta era un conto, ma comportarmi come una che lo fosse... era totalmente diverso. Fissai la mia figura allo specchio, con le mani sui fianchi e osservai il mio addome piatto come una tavola da surf. Marien aveva ragione: non era il corpo di una donna incinta. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi e presi la pancia finta per allacciarmela.
Dopo aver bussato, qualcuno aprì la porta, ma la bloccai afferrando saldamente la maniglia.
«Posso avere un po' di privacy?!»
«Cosa fai lì dentro? Diserzioni un cadavere? Posso entrare un secondo? Vorrei parlare con te.»
«Sì, il tuo, se te ne vai entro cinque minuti. Non importa cosa sto facendo, sono molto occupata. Sciò!» Tagliai corto e richiusi la porta.
Feci i salti mortali per uscire di casa senza incontrare mia sorella. Sfoggiavo ormai la mia pancia di quattro mesi e cercavo di assumere il comportamento e atteggiamento di una donna tipicamente incinta. Il padrone di casa mi chiese dell'assegno, poi puntò gli occhi sulla pancia. Ebbene sì, ero lievitata molto.
«Caspita, che ti è successo? Hai...»
«Niente di strano, non è quello che...»
«Sì, me ne rendo conto. Ovviamente hai molti pensieri per la testa. Ecco, mi dispiace per l'altro giorno. Non ti preoccupare per l'assegno, prenditi un'altra settimana. Abbi cura di te.»
Una nostra vicina di casa mi abbracciò. Mi disse che mi avrebbe dato tante cose da neonato e anche il suo vecchio tiralatte. L'aveva usato col primo figlio e doveva solamente lavarlo. Presi come sempre l'abituale bus, aggrappandomi agli anelli per trascorrere il viaggio all'impiedi, ma un ragazzo si alzò e mi cedette il suo posto. Mi accomodai e accarezzai il pancino. Quando entrai in ufficio, la segretaria mi fermò per darmi un vassoio di dolcetti natalizi, utili per farmi "ingrassare". «Oh, ma è esplosa!» esclamò, notando la sporgenza.
«Sì, è esplosa, e non si può più fermare.» Dissi, accarezzandola.
«Ed è anche bassa, avrai decisamente un maschietto!»
«Qualunque cosa sia... hai iniziato quella travolgente discesa verso l'obesità...» Mi comunicò il collega. Mi aveva fatto il filo fino a pochi giorni fa.
Marien, vedendomi arrivare, si alzò dalla postazione. Si affiancò a me. «Te la sei messa, bene. Credo di averlo sentito scalciare.»
«Oh... me lo annoti sul diario del bambino, le dispiace?»
La presi in giro, prendendo posto alla scrivania appoggiando lì il piatto con i deliziosi dolcetti.
«Lo farò. La gente ci casca?»
«Completamente! Pensa che Annet mi ha fatto dei dolcetti natalizi, mi hanno ceduto il posto in autobus e John non mi infastidisce. La miglior mattina che abbia avuto da anni.»
«Ora ti darò una notizia incredibile. Per caso hai letto il nuovo manoscritto di Abbotts?»
«Io fotocopio, ma non leggo.»
«Ok, preparati ad andare fuori di testa.»
Mi lesse una frase decisamente sconcia, Abbots non era uno che andava per il sottile e il mio capo ci navigava in certi orrori. Menomale che non mi perdevo a leggere certe cose. Marien portò via i dolcetti dalla scrivania. «Ehi, quelli sono miei!»
Le donne incinte avevano molte voglie, seguivo i consigli del libro alla lettera ormai.
Entrai nella sala riunioni con le tazze vuote da distribuire.
«Come sei diversa, Callie.»
«Scusi tanto, la sposto tra un momento.»
Quello non era effettivamente il posto del signor Carl...
«Non importa. Vedo che hai molto da fare.» Anche gli altri commentarono la mia pancia dicendo che era "esplosa".
Il capo entrò, poi si sedette. «Bene, signori. Sono sicuro che sarete tutti sollevati nel sapere che Jennifer tra pochi giorni dovrebbe guarire del tutto. Le ho trovato un posto al centro riabilitazione a Bethesda. É il migliore. Mi dicono che dovrebbe tornare al 90% di capacità di scodinzolo...» Io e Marien ci lanciammo un'occhiata. «Quindi starò via per un po'. Lavorerò in smart working, ho preso una stanza in affitto per stare accanto a Jennifer. Finché non tornerò alla base, Arthur terrà a bada il forte. Darò istruzioni ben precise e non ammetterò alcuna iniziativa temeraria.» Si rialzò e poggiò la spalla su quella del moro. «Sul serio, Arthur. Non mandare tutto all'aria.»
Alla fine della riunione, io e Marien stavamo riordinando o meglio io, lei stava spiando quell'uomo nell'ufficio. Secondo lei, discuteva e pianificava il nostro futuro mentre scuoteva una palla di neve natalizia.
«Almeno con lui al comando sono libera.»
«Quindi le cose si mettono bene.»
«Devo tirarmi fuori da questo pasticcio al più presto!» Posai il fascicolo sul mobile e l'affanciai per uscire. «Cercherò su Google quali tipi di incidenti possono capitare a chi è incinta e fingerò di aver perso...»
Svoltammo e ci trovammo davanti proprio il ragazzo.
«Salve, ragazze. Scusate il disturbo.»
«Ora sei tu il capo, Arthur. Puoi disturbarci quando vuoi. Siamo a tua disposizione.» Cantilenò Marien.
«Giusto.» La mia amica si allontanò, stavo per andare con lei, ma la voce calda di Arthur mi bloccò. «Callie, ehm... avrei bisogno di un piacere. Puoi venire con me?» Feci un cenno d'assenso, in qualità di sua segretaria, lo seguii fino all'auto e partimmo. Mi spiegò che avremmo incontrato la scrittrice di cui aveva accennato nella scorsa riunione. «Devi sapere che Susan ha scritto un libro esilarante sulla gravidanza.»
«Che coincidenza...»
«Che hai detto?»
«No, volevo dire, che bello.»
«Sì! Sono storie vere di donne incinte che hanno a che fare con questo periodo particolare, che rimangono incastrate nella vasca da bagno, al lavoro vomitano sotto la scrivania e alle riunioni scorreggiano per sbaglio! Sono cose che tu saprai meglio di me. Lo stai vivendo anche tu.»
«Oh, sì, assolutamente, sì. In questo momento mi sto davvero sforzando di non scorreggiare o di vomitare, sporcandoti la tappezzeria.»
Fingiamo che non abbia detto nessuna delle due cose, meglio.
Arthur non ci fece caso infatti, era troppo impegnato a pensare all'incontro e di voler pubblicare quel libro, andando contro il parere del fratello che lo aveva bocciato.
«Sai che significa "carpe diem"?»
«Sì, ho capito. Vuoi cogliere l'attimo. Sinceramente anch'io mi comportavo come un tipo da "carpe diem" ma ora non più... perché sono incinta. Diventerò mamma, e queste cavolate sono da adolescenti immaturi.»
«Vedi, è proprio questo.» continuò, facendo spallucce. «Susan non è convinta che il libro sia adatto alla nostra casa editrice. Tu potresti aiutarmi a convincerla del contrario.»
«Sì, ovvio. Le parlerò di tutta la faccenda delle scorregge.»
Almeno sarei servita a qualcosa. Entrammo nel ristorante dove aveva appuntamento e, prima di continuare, mi confessò di averle mentito, dicendo che ero editrice. Lo aveva sottinteso nel discorso. Non riuscii a dirgli altro.
«Susan!» Salutò amichevolmente una donna. Anche lei, incinta.
Forse una qualche magia natalizia rendeva gravide tutte le persone che incontravo?
«Ciao. Felice di vederti.»
«Anch'io, molto.»
Ci sedemmo al tavolo e iniziò a raccontare di quanto si sentisse inadeguata ad aver scritto un libro sulla gravidanza. Bevvi un sorso d'acqua, anche se avrei preferito scolarmi della vodka. «Che sei destinata a fallire come genitore. Nessuno scrive quello che è veramente la gravidanza, di come ci si sente grasse, goffe e stupide. Il peggiore in assoluto che ho trovato è Cosa aspettarsi quando si aspetta. Lo hai letto?» Arthur mi guardò, di rimando.
«No, sapevo che era brutto e non mi ci sono avvicinata.»
«E ora cosa leggi?»
«Oh, be, i soliti prevedibili.»
«Tipo?» mi incalzò.
«Hai mai sentito parlare di Gravidanza per tonte? Adoro moltissimo quella serie... sì.»
«Interessante...» Con un sorriso da ebete, continuai a guardare la scrittrice. «Scusa, Arthur. Come pensi di vendere il mio libro se non conoscete la concorrenza?»
«Vedi, Callie ha un grosso carico di lavoro ultimamente.»
«Non so se questo è il matrimonio giusto.» La donna scosse il capo in segno di diniego. «Ragioniamo. State per lanciare un libro sulla guerra... Poi arriva una parodia comica sulle gravidanze. La casa giusta è fondamentale.»
Arthur contava su di me. Lui perorava tantissimo la causa e ci teneva a quel libro.
Stava facendo del suo meglio per non mollare l'osso.
«Sai...»
«Senti, se riusciamo a fare un best seller sulla sconfitta di Dario III significa che siamo bravi. Voglio dire, non può essere facile spaziare tra argomenti diversi.»
«Assolutamente no.» Concordò Arthur.
«La faccenda della gravidanza è incredibilmente incasinata. Gli altri libri ti insegnano ad evitare questo casino... mentre tu lo accetti a pieno. Hai avuto l'incredibile abilità di scrivere un manifesto incredibilmente ispirato, esilarante e controverso. E dacci solo la possibilità di dimostrare che siamo la casa giusta. Ti promettiamo che non resterai affatto delusa.»
Arthur guardò la scrittrice.
«Lo hai letto?»
«Lo vivo, lo adoro. Ogni giorno.»
«Lasciatemi pensare. Domani comincia un corso di preparazione al parto. Callie potrebbe venire con me.»
«Assolutamente, ci sarà.» Accettò Arthur, guardandomi.
«Porta il tuo compagno.»
«Ah, sì, il padre del bambino è il tuo fidanzato. Richard, giusto?»
«Sì...»
Chiesi scusa ad entrambi. Ero in crisi di astinenza. Raggiunsi in fretta il bancone del bar e chiesi al barman una vodka liscia. Mi fregò degli sguardi al mio pancino e bevvi lo shottino d'un fiato. Poi tornai di là, dai due ignari di quanto successo.
Appena tornammo in ufficio, andai in bagno e tamponai il collo con un fazzoletto bagnato.
«Stai bene?» domandò Marien.
«Ho stabilito il record mondiale delle stronzate. Merito sicuramente io il carbone.»
«Che è successo?»
«Niente, lunga storia. Per il momento, non ne vedo la fine. Sono intrappolata in un tunnel di menzogne.» Poggiai i palmi sul lavabo e tirai un sospiro. Arthur mi convocò nel suo ufficio e di solito accadeva per farmi la ramanzina, almeno per John.
«Una promozione?»
«Sei la nuova editrice associata del nostro settore famiglia.»
«Settore famiglia?»
Scosse il capo e dovetti sedermi. «Susan ha appena chiamato. Vuole darci un'opportunità grazie a te. Il libro di Susan lancerà un nuovo settore e ci permetterà di allargare gli orizzonti. Sarà un'occasione perfetta per catturare un nuovo pubblico e di crescere.»
Non potevo mentire anche a lui. Era più gentile di John, credeva in me e nelle mie capacità.
«Arthur.» Lo interruppi e alzai. «Devo dirti una cosa. Tutta questa faccenda è una grossa frottola. Io non sono veramente...»
«Un'editrice? Lo so.» Si alzò anche lui sorridendo e mostrando le fossette. «Sono stato io a costringerti e di regola non è bello, non ne vado fiero... Ma non è una bugia che oggi sei stata davvero molto brava.»
«Ci sono tante e tante persone più qualificate in quest'ufficio. Neanche lo immagini.»
«Callie, per essere un buon editore non serve altro che un ragguardevole fiuto. É quello che aveva mio padre quando ha fatto questa casa editrice ed è quello che hai tu. Tu stai vivendo gli entusiasmi e le sfide di chi tra breve metterà su famiglia e avrà un bambino.»
«E allora, Ingrid? Lei è incinta. Ovviamente anch'io... ma lei è veramente incinta.»
«Prima di tutto, Ingrid è un avvocato senza un briciolo di creatività o empatia. Poi c'è il fatto indiscutibile che lei è completamente sciroccata.»
«Senti, Arthur, capisco il tuo punto di vista. Davvero e voglio aiutarti. Ma io...» Scossi il capo. «Non ci riesco...»
«Non sono il tuo commercialista. Ma l'altra cosa che dovresti sapere... gli editori associati guadagnano molto di più delle segretarie.»
«Sul serio?» chiesi, con un cipiglio alzato.
«Diciamo solo che avrai la tua segretaria e il tuo ufficio. Sarai la mia nuova editrice associata?»
Sorrisi. Sembrava un sogno. Troppo bello, per essere vero. Senza troppi sensi di colpa, accettai la proposta del nuovo capo. Si alzò e lo feci anch'io, e mi consegnò il libro di Susan. Il suo modo di parlare era magico, ti trasportava in un altro mondo.
Ci sapeva fare.
E così, dopo essermi messa a letto, iniziai con quella lettura. Era pazzesco che proprio io mi fossi messa a leggere un libro...
Richard mi soffiò sul collo e risalì con la mano lungo la spalla.
«Non ora, Richard.»
«Dai! Non ne sai già abbastanza dell'essere incinta e avere un bambino? E poi le donne incinte hanno gli ormoni in subbuglio!»
«Ma io non sono veramente incinta e quindi spiacente.»
«Come fai a stare incollata a questa roba?» Cercò di strapparmi via il manoscritto e poi mi accarezzò il viso. «Voglio dire, si fanno le porcherie a letto e resti fregata. Ti gonfi come un pallone otto mesi, nove mesi dopo sputi via quel cucciolo... Come possono esserci otto milioni di libri su questo?»
«Promettimi che non mi chiederai uno di quei cosi, perché io non mi gonfierò mai come una mongolfiera per farti quel cucciolo.»
«Se tu prometti di prendere la pillola.»
«Te lo prometto.»
Ad occhi chiusi, anche. Sicuramente la gravidanza non era facile da affrontare e con tutti i fastidi che portava.
Si spinse su di me e iniziò a torturarmi la spalla con i baci.
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