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[due: my person]

+capitolo modificato

Ancora turbata dal fascino dei suoi occhi e dalle sue labbra, su cui mi ero soffermata fin troppo, mi riscossi e azzuffai l'astuccio grigio dell'eastpack e il quaderno dal mio banco e li lanciai con grazia ed eleganza nello zaino.

Arianna mi aspettava già sulla porta con le braccia incrociate, così mi affrettai e la raggiunsi in corridoio, incamminandoci poi verso l'uscita affollata da tutta la scuola, professori compresi.

Appena misi fuori il piede sui gradini dell'ingresso, mi sentii libera di urlare un grande vaffanculo nella mia testa, rivolto a Ken-stronzo posizionato a pochi metri di distanza.

«Ali, ci sei?» la voce di Arianna mi tolse dai miei pensieri con istinti omicidi verso quel bullo.

«Ti sei incantata?» sorrise, sventolando una mano davanti al mio viso.
Che figura da rimbambita.

Scossi la testa per evitare di commettere qualcosa che mi avrebbe portata diretta dietro le sbarre «scusa stavo pensando»

«Mh, a Rizzo?» azzardò mentre io sbarrai gli occhi incredula e sconvolta.
«Ma che dici, non sono ancora matta» annaspai in cerca di un altro argomento di cui parlare e guardandomi intorno evitando come la morte quell'essere divino e arrogante.

«Lo stavi fissando intensamente» continuò imperterrita nel suo interrogatorio.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo scocciata «va bene, lo ammetto, stavo pensando a come farlo fuori per sempre»

Lei ridacchiò e mi trascinò per un braccio «ti verrà in mente qualcosa, ma ora andiamo a sgranocchiare qualcosa, ho una fame da lupi» si volse verso di me sbattendo le ciglia per farmi capitolare, che amica scema.

Mi arresi e annuii con la testa, proseguendo al suo fianco verso il bar dall'altra parte della strada, il Central Park.

Varcammo la soglia e ci sedemmo su un tavolino, ordinando un aperitivo con due spritz e osservai quel locale: era abbastanza piccolo composto solo da una decina di tavolini rotondi, con un piedistallo a forma di radice terminante con un arricciamento dorato, ed erano coperti da una sottile tovaglietta blu ricamata finemente sul bordo.

Il pavimento era di legno dipinto di rosso scuro, alle pareti erano affissi dei quadri di artisti locali e al centro c'era un bancone nero lungo e rettangolare con un'esposizione di ogni tipo di dolci, crostate, ciambelle, qualche sandwich e molte bibite.

Il cameriere vestito di tutto punto mi si parò davanti con il nostro vassoio di patatine e aperitivi.

«Allora» iniziò lei «prima che mi metta a pensare quante schifezze sto mangiando, pensa a come vendicarti» mugugnò tra una patatina e l'altra.

Presi una pizzetta tra le mani e la guardai come se volessi incenerirla «si ho già in mente come, devo solo avere l'occasione giusta» sorrisi maligna al pensiero.

Ci fu qualche momento di silenzio rotto solo dal nostro ingozzarci come se non ci fosse un domani.

«Certo che è un vero spreco però» sospirò e si guardò intorno con sguardo perso.
Smisi di mangiare e la guardai interrogativa «ma cosa?»

Lei sospirò e tornò alle sue patatine «dico, sarebbe perfetto se non fosse così..» ci pensò su e poi riprese «stupido» sputò fuori, come se stesse facendo uno sforzo enorme.

La guardai contrariata e scossi la testa «stupido? Io ci aggiungerei cretino, idiota, bastardo, arrogante, menefreghista..» elencai tenendo il conto con le dita, aggiungendo nella mia mente anche affascinante, sexy e magnetico.

Sentii la porta del locale aprirsi e dei ragazzi ridere e scherzare, ma non ci badai, ero tutta presa dai miei insulti verso Ken-stronzo.

«Simpatico no eh?»
Mi bloccai a quella voce sussurrata appena dietro di noi.
Lui si avvicinò e dietro di loro comparverò i suoi accompagnatori e guardie del corpo.

«Torna da dove sei venuto grazie» urlò Arianna, fulminandolo con lo sguardo.
Rimasi un po' interdetta per la sua reazione, ma mi aveva tolto le parole di bocca.

Lui si avvicinò a lei mostrando il suo sorriso sghembo mentre i suoi amici sogghignavano «stai calma, non ce l'ho con te tesoro ma con la tua amichetta» e si voltò verso di me, mordendosi un labbro.

«Non chiamarmi tesoro cazzo!» sbottò lei, tanto da attirare l'attenzione di qualche signore seduto al tavolo.

Il «bad boy» per eccellenza si girò verso di lei con sguardo malizioso mentre appoggiava le mani al tavolino, avvicinandosi e provocando il rossore sulle guance di lei «non dirai sul serio vero?» e avvicinò una mano per accarezzarle i capelli mentre lei si irrigidiva e impallidiva di colpo «l'altra sera, alla festa, ti piaceva così tanto» disse in tono allusivo.

Sbarrai gli occhi e mi immobilizzai.
Le mie orecchie avevano qualche problema o avevo sentito proprio quelle parole rivolte alla mia amica?

I suoi amici si zittirono e presero a fissarmi sorridendo divertiti.
«Bucci, che faccia, ti è morto il gatto?» mi prese in giro Luca, il deficiente amico dell'altro deficiente, ma non potei negare che avesse ragione.

Ero rimasta con il bicchiere a metà strada sorpresa e confusa per quella notizia lanciata a brucia pelo.
«Andiamo, non hai detto alla tua amica quanto ci siamo divertiti?» continuò ancora più divertito Ken-stronzo che avrei strozzato tra poco.

«Non ha avuto nessuno importanza» specificò lei e abbassò lo sguardo per non guardare in faccia nessuno, nemmeno me, che le stavo davanti ed ero sua amica.

«Certo che no, ma la verità è che nessuno può resistermi» disse e mi lanciò un'occhiata maliziosa.

Alzai gli occhi al cielo «sei patetico»
«Patetico? E perché mai?»
«Non hai un briciolo di sensibilità e mi hai rotto i coglioni da stamattina, quindi ora me ne vado a casa»

«Acida sei acida, vieni a casa con me e ti farò vedere come essere più rilassata» ammiccò e cercò di allungare un braccio verso di me.

Balzai dalla sedia e gli diedi uno spintone, che lo mosse di poco, nonostante l'avessi preso alla sprovvista «vai a farti fottere»
«Sicuro» rispose lui tranquillo.

Mi voltai verso Arianna che aveva le mani sugli occhi, la fissai per qualche secondo e me ne andai, uscendo da quel bar che negli ultimi minuti era diventato troppo opprimente e irrespirabile.

Dovevo assimilare, riflettere e ancora assimilare.
Era una cosa così assurda e irreale, forse era lui il motivo per cui Arianna stamattina era strana, silenziosa, pensierosa.

Allora perché non parlarmene, io che ero la sua migliore amica, le avrei offerto una spalla su cui piangere, sfogarsi, affondare, invece niente, mi aveva snobbata ed ero cascata dalle montagne russe.

Percorsi in fretta il tragitto verso casa, trafficai cercando nello zaino le chiavi disperse del portone e quando le girai nella serratura, feci una scatto felino per salire le scale ed andare a buttarmi sul letto a peso morto.

Certo, quel Ken-stronzo era un dio greco ma era assillato da un'inguaribile malattia compulsiva in stadio avanzato.

A quasi diciotto anni si comportava ancora come un ragazzino, senza paletti da non superare, senza mettere dei freni.

Sbuffai e feci partire la musica dal telefono per calmarmi e non rompere la mia sveglia di Barbie.
«Maybe i know, somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we've got to find other ways
To make it alone
Or keep a straight face
And i've always lived like this
Keeping it comfortable,
distance, and up until now
I'd sworn to myself that I'm content
With loneliness
Because none of it
was ever worth the risk, but..»

Non sapevo che pensare, insomma, pensavo che lei lo odiasse quante me, invece mi sbagliavo.
Magari a lei piaceva, lo odiava, ma le piaceva.

Mi passai la mano fra i capelli e presi il telefono appoggiato sul comodino, ed esitante le mandai un messaggio.
"Lui ti piace vero?"
Presi un grosso respiro e inviai, con le dita tremanti e la musica che sovrastava i miei pensieri.

[ARIANNA]

Alice se ne era andata dal bar e io ero ancora seduta al quel tavolino, da sola.
Mi sentivo una stupida per non averle raccontato dell'altra sera, ma poi, cosa c'era da dire?

Ero andata a una festa a casa di qualcuno, avevo bevuto come mai nella mia vita, me l'ero visto davanti con il suo sorriso irresistibile, mi stava dicendo qualcosa ma non ci avevo fatto caso al momento e senza accorgermene mi ero ritrovata stesa su di lui in un letto nella stanza di sopra, neanche mi ricordavo come ci eravamo arrivati.
Quanto ero stata cretina?

Eppure lo sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma mai in quel modo orrendo, senza davvero rendermene conto e spinta dall'alcool che avevo in circolo.

Io che mi ero sempre impegnata a farmi vedere forte e indistruttibile, tutto quello che avevo costruito su me stessa, la mia maschera, tutto a puttane in una sola sera.

Come se non bastasse lui si era seduto al mio fianco, spedendo i suoi amichetti divertiti da un'altra parte, abbastanza lontani da non sentirci.

Mi osservava senza fiatare, con quel suo sorrisino da perfetto stronzo.
Dio, quanto vorrei prenderlo a pugni.

Stavo per mandarlo a fanculo quando sentii il telefono vibrare sul tavolo: per poco non mi andò di traverso il drink che stavo bevendo per interrompere quel contatto di sguardi.

Nicolò sembrò ritornare fra i vivi con quel rumore, aggrottò la fronte e notando che fissavo inebetita lo schermo, decise di vedere lui stesso.
Cazzo.
Cercai di strapparglielo di mano ma inutilmente.

Lui rimase impassibile, il ragazzo dalla monoesprressione lo chiamerei.
Poi, a un tratto, alzò gli occhi incontrando i miei, ancora rossi per le lacrime che non ero riuscita a frenare.

Si fece sfuggire un sorrisino «ti piaccio?»
Mi presi qualche secondo per rispondere «non nel modo che intendi tu»

Lui alzò un sopracciglio e ritornò a guardare lo schermo «definisci piacere allora»

«Ti piace ogni tipo di ragazza, ti basta che siano carine, con un bel fisico, ma di loro non te ne frega nulla»
«E quindi, me ne fai una colpa?»
«Non ti affezioni a nessuna, non ti piace veramente nessuna, e te ne faccio una colpa si perché dovresti impegnarti in qualcosa e non lasciare che ogni persona ti sfugga dalle mani, che io ti lasci»
«Che vuoi dire?»

Esitai un attimo prima di rispondere «a me piaci, tanto, ma non è solo quello, è qualcosa di più..profondo» tremai.

«Aspetta» mise le mani davanti a sè sul tavolo «frena, frena, stai dicendo quello che penso?»
«Cosa pensi tu?»

Si passò una mano fra i capelli neri distogliendo lo sguardo «tu vorresti dire che..sei..che mi ami?» buttò fuori tutto di colpo, in fretta, come se volesse liberarsi di quelle parole, come se ne avesse paura.
Non risposi ma rimasi in silenzio.
Chi tace acconsente.

«Dimmi di no» pregò.
«E se invece ti dicessi si, cosa cambierebbe? Resterai sempre un coglione senza cuore» sputai acida e gesticolando come una pazza.
«Appunto, allora per quale motivo mi..ami?»
«Non è una cosa che si sceglie, succede e basta»
«Succede e basta, che senso ha?»

Lo guardai, come si guarda un alieno «l'amore arriva e tu non puoi far altro che accettarlo, punto, non c'è un ma, un avviso, niente di niente, ti colpisce e tu affondi perché non puoi fare altro quando non riesci a stare a galla»

Amavo lui e la sua parte nascosta.
Amavo lui perché se cadevo mi prendeva braccio.
Amavo lui e non avrei mai smesso, anche se era cambiato, cresciuto e diventato un altra persona.

Si portò le mano sul viso per coprirsi e forse riflettere sulla risposta «te lo proibisco» disse infine, serissimo.
Risi nervosa e mi morsi un labbro «non puoi farlo, non è così che funziona»

Sospirò esasperato e si guardò intorno, fissandosi su un punto alle mie spalle «e allora dimmi, come funziona?»
«Non lo so, nessuno lo sa, è così e basta»
«Allora dimmi un modo per cui tu ti possa disinnamorare di me»

Lo guardai boccheggiando e ridacchiai in preda a istinti suicidi.
«Che cazzo ridi?» ringhiò serio.
«Non capisci un cazzo, qualsiasi cosa tu faccia il mio amore per te resterà invariato»
«Spegnilo»
«Non posso, te l'ho già detto»
«Uccidi quelle fottute farfalle del cazzo»

Non rideva, era serio, la fronte corrugata in cerca di qualche soluzione misteriosa affinché io smettessi di amarlo.

Eppure, mi veniva da sorridere, era così concentrato da non accorgersi che quello che stava dicendo non aveva un minimo senso «le farfalle mi stanno svolazzando dentro anche ora che stai cercando di allontanarmi da te»
«Perfetto» rispose pungente e seccato «senti» iniziò sistemandosi meglio sulla sedia «io non..ti amo e non lo farò mai con nessuna, questo ti può bastare per smettere?»

Rimasi immobile a fissarlo, perché quelle parole mi avevano colpito peggio di una lama «perché non puoi amarmi?»
«Non credo nell'amore e in tutte quelle stronzate sdolcinate, non esistono, solo solo illusioni che quei film del cazzo fanno credere» sbuffò e riprese «e non voglio che nessuno si aspetti qualcosa da me perché conoscendomi fallirei e non voglio essere legato a nessuno, voglio essere libero di fare quello che mi pare»
«Libero di passare una vita a scoparti ragazze sconosciute?» ribattei acida e disgustata.

Non poteva pensare davvero ciò che aveva appena detto, tutti sognavano una famiglia, una vita vera, una compagna con cui invecchiare e amare.

«Perché no, io voglio vivere»
«Puoi vivere anche con una donna fissa» sottolineai.
«Non lo metto in dubbio, ma quello non sono io»
«E chi allora?»
«Qualcuno che troverai là fuori, che ti farà felice, che ti darà una famiglia, cercalo e lo avrai» fece per alzarsi ma lo bloccai per un braccio, riportandolo seduto «allora noi cosa siamo?»

«Niente» buttò fuori dopo qualche secondo.
«Niente?» balbettai in preda a forti tremori.
«Che ti aspetti, amici come prima?»
«Beh..»
«Cristo, abbiamo..va bene, amici ti va bene?» si sporse verso di me posando i suoi occhi cielo nei miei «ti voglio bene ma tu provi di più, non posso venire a dirti di rimanere semplicemente amici perché io per te non lo sono, ma come ho già detto non voglio nessuna relazione, nessun legame, non voglio usarti perché mi fa comodo, voglio farlo con ragazze che non provano niente, che vogliono divertirsi e basta, capisci?»

E forse non lo saprà mai che lo amavo così tanto che mi sarei fatta usare da lui.
E quelle farfalle non sarebbero mai morte, volavano per lui, per ciò che era, per i suoi modi di fare, per il suo sorriso, per i suoi occhi, per il suo cuore capace di amare, anche se lui non l'avrebbe mai ammesso.


[NICOLO']

Alle mie parole lei annuì soltanto, lo sguardo basso e gli occhi spenti.
Non potevo darle ciò che voleva, non potevo darle l'amore che probabilmente meritava, perché non ero capace.

Un ragazzo come me, che si divertiva, che se ne fregava di tutto, non poteva amare.
Il cuore c'era, ma era di ghiaccio, impossibile da sciogliere, duro come la pietra e inossidabile.

Non potevo prenderla in giro, usarla per i miei bisogni perché un giorno mi sarei stufato e me ne sarei pentito.
Le volevo bene ma oltre quello, il nulla.

Meglio stare lontani dalle relazioni, dalle donne complicate, che pretendevano troppo, diceva mio padre, perché erano quelle che ti rinchiudevano in una gabbia senza più libertà di scelta.

E io volevo essere libero, libero di divertirmi, di fare cazzate, di ubriacarmi, di fumarmi le canne, tutto ciò che un ragazzo della mia età poteva combinare, senza essere ammanettato a una donna.
Forse, legato a un letto, ci avrei pensato due volte.

Scossi la testa e tornai con gli occhi su di lei, che si agitava sulla sedia nervosa.
Mi schiarii la voce «Arianna davvero, lasciami stare, io voglio solo divertirmi» ripetei per convincerla.

Lei sbuffò e alzò i suoi occhi sul mio viso «come vuoi, ma non ti posso promettere che uscirai dal mio cuore in un secondo, ci vorrà del tempo» chiuse gli occhi e abbassò lo sguardo «o forse non succederà mai»

Deglutii alle sue ultime parole sussurrate, trovandomi spiazzato e inerme.
«Me ne vado ora» affermò titubante e si alzò, mi sorrise timidamente e uscì dal bar.

Feci un lungo respiro e strizzai gli occhi prima di dirigermi verso il tavolo dei miei amici.
«Pensavo fossi stato risucchiato» scherzò Chris, il mio migliore amico, dandomi una pacca sulla spalla.
Sorrisi forzatamente e tossii a disagio.
«Giù per il tubo due» rincarò Luca, il più stupido del gruppo, sempre a sparare cose senza senso.

«Che voleva Arianna da te?» chiese invece Guglielmo, più simile a me.
Sospirai e alzai le spalle «affari di cuore»
«Uh-uh» rispose Chris, e io annuii.
«Vuole il tuo cuoricino eh?» disse il Gugi,
e contemporaneamente qualcun'altro sparò «vuole il tuo cazzo?» e aggiunse retorico «rossa di capelli..»

Rimanemmo in silenzio qualche secondo guardandolo con rimprovero e poi scoppiammo a ridere «entrambi, ma più il primo» affermai serio, aggrottando la fronte.
«Sei fregato bro»
«Fottuto»
«Fino al midollo»

Alzai gli occhi al cielo e accennai un sorriso «voi si che siete degli amici, mi state consolando davvero bene»
«È il minimo» ribattè il biondo alzando le spalle.

«No, seriamente» iniziò il riccio serio e gesticolando in modo sfrenato «le ragazze si fanno un sacco di paranoie, pippe mentali che fanno paura, chissà che film si starà facendo adesso»
«Non credo, le ho detto di lasciarmi perdere, di cercare altrove»

«Vuole il tuo cazzo non quello di un altro» tipica frase di Luca il cretino.
«Che finezza boss» lo canzonò Chris.
«Ha ragione però, le donne quando si impuntano su un ragazzo è la fine» mormorò Gugi, mi facevano sempre più paura i suoi discorsi filosofici «ci metterà secoli a dimenticarti» concluse guardandomi negli occhi.




[ALICE]

Ero ancora stesa sul letto persa nei miei pensieri quando sentii suonare alla porta.
Saltai giù e corsi ad aprire, per poi ritrovarmi di fronte la mia amica: Arianna, ancora con gli occhi rossi per le lacrime.

Non sapevo cosa dire, le parole mi si erano bloccate a metà, senza voler uscire.

Tossì e iniziò a torturarsi le mani nervosa «ascoltami Ali, lo sai che ti voglio bene vero? Perché da come mi sono comportata non sembra molto» sospirò e riprese «insomma, ti ho nascosto della festa e di tutto il resto»

Si appoggiò allo stipite della porta e spostò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio «avevo paura che mi avresti giudicata, anche se sei la mia migliore amica, perché sapevo di aver fatto una stronzata ma..era quello che volevo e che desideravo perché lui mi piace, mi piace davvero e ho colto l'occasione, è brutto da dire ma è così»

Sospirai, cercando di mettere in ordine i pensieri nella mia testa «non ti avrei giudicata, dovresti saperlo che non ne sono capace»

«Lo so ma..» ricominciò «lui va con tutte, nessuna ha importanza, invece per me è stato importante, perché lo volevo davvero..e lui non mi vuole, perché dice che non sa amare, che non vuole legarsi» si asciugò una lacrima con il dorso della mano «accetta tutte quelle che non provano niente e rifiuta me che lo amo così tanto»

«Arianna» respirai e la abbracciai con forza e la strinsi a me, massaggiando le la schiena «è uno stronzo lo sappiamo tutti, non merita il tuo cuore»

E lo pensavo davvero, un ragazzo normale non avrebbe rifiutato l'amore di una ragazza solo perché voleva divertirsi, non aveva un senso logico.

Tutto vogliamo una persona fissa al nostro fianco, una persona che ci sia sempre, che ci porti in alto, fino a toccare la luna.

La trascinai dentro e chiusi la porta alle spalle «che ne dici di Mc, popcorn e Gossip Girl?» proposi, cercando di strapparle un sorriso.

«Dico che ti amo» rispose baciandomi una guancia e abbozzando un sorriso.

Se non ci fossero le amiche a consolare dove andrebbero tutte le persone col cuore spezzato?

[spero vi piaccia questo altro capitolo modificato kidz]

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