27. Lui mi sta mentendo
In the middle of the night,
Just call my name, I’m yours to tame.
-Elley Duhé
Sasha
Due sono le cose che amo al mattino: quando la gente non mi parla e quando ho un vero motivo per sorridere.
«Ehi, amico!», grida Manuel, correndo verso di me. Mi afferra per la spalla e si ferma per riprendere il fiato. Alza un sopracciglio non appena nota la mia espressione scocciata.
Dietro di lui c’è una figura minuta girata di spalle, sorrido non appena noto i capelli lunghi e ondulati scivolarle morbidi sulla schiena. Ma qualcosa non quadra. Lei non si porta mai le borse appresso.
«Non sorridere come un idiota, non è lei», il mio migliore amico ridacchia e io smetto subito di sorridere. Non è lei. «Quindi quella frase che dicono gli innamorati “La riconoscerei anche in mezzo a migliaia di persone” è una cazzata?», chiede con aria sarcastica.
«Piantala», lo rimbrotto, poi mi schiarisco la gola e lancio un’ultima occhiata intorno a me. In disparte vedo le sue due amiche, parlano animatamente. La bionda sta ridendo a crepapelle, l’altra ragazza la guarda leggermente impaurita. In effetti, la sua risata fa paura anche a me.
«Aspetta un secondo», dico al mio amico, il quale sbuffa dietro di me non appena mi allontano.
«Ciao, ragazze», le saluto, guardandole con un cipiglio. Una vocina dentro la mia testa mi suggerisce di sorridere. Di essere gentile. Ma il mio disgusto per il mondo non è ancora passato.
«Baker», mi saluta la mora, sbarrando gli occhi.
«Ehilà», la bionda sventola una mano davanti al mio viso e si avvicina, guardandomi con aria allusiva. «Cerchi qualcuno?»
«Non amo i giri di parole. Dov’è Chandra?», chiedo.
La mora inarca un sopracciglio. «Probabilmente starà ancora russando. Non ha risposto ai nostri messaggi.»
Beh, nemmeno ai miei, vorrei dirle.
La bionda mi guarda con occhi colmi di allegria, sembra sul punto di urlare.
Si avvicina a me come se avesse paura di superare un certo limite e bisbiglia, in modo che la senta soltanto io: «Vi cercate con lo sguardo come se non poteste fare a meno l’uno dell’altro.»
Non so come rispondere.
«Grazie per l’informazione», mormoro e raggiungo di nuovo il mio amico. In lontananza sento la voce acuta della bionda. Sta strattonando per un braccio la sua amica mentre le parla con un entusiasmo fuori dal comune. Chi diavolo è così allegro di prima mattina?
«Posso darti un consiglio?», Manuel appoggia il braccio sulle mie spalle e lo ascolto senza fiatare mentre attraversiamo il cortile della scuola a passo lento. «So come ti senti. So come ti sei sentito e so come ti sentirai se non metterai un freno a questa cosa.»
Sento una morsa alla bocca dello stomaco. Stringo i pugni e i denti e mi scrollo il suo braccio di dosso.
Di colpo la frase di Chandra taglia via gli altri pensieri, lasciando una voragine dentro di me. Era arrabbiata. Era ferita. E io non so nemmeno cosa le stia passando per la mente. Forse lo avrebbe detto allo sconosciuto che le scrive le lettere. Ma se solo sapesse chi è…
«Sto correndo?», gli chiedo, guardandolo con la coda dell’occhio.
«Sasha, lei non sa nemmeno chi le scrive quelle dannate lettere. Non le hai nemmeno detto cosa provi davvero. Non trattarla come se fosse un uccellino dalle ali spezzate. A nessuno piace sentirsi un maledetto vaso rotto e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»
«Non risponde ai miei messaggi. Non è venuta a scuola. E cazzo, non sto cercando di proteggerla, io sto solo cercando di-», mi fermo bruscamente e chiudo gli occhi.
«Amico, stai cercando di proteggerla perfino da se stessa. Smettila prima che lei ti mandi a fanculo», mi dà una pacca sulla schiena e faccio una smorfia con la bocca.
«Lo sai perché lo sto facendo», affondo i denti nel labbro inferiore e ripenso a quella notte, sul tetto della scuola. Dio, e se non fossi stato lì?
«Lo so, ma hai già fatto abbastanza. Le farà male quando lo scoprirà, Sasha. E dovrai prepararti a tutto, anche a perderla.»
E ha ragione. Merda, ha ragione! Ma non c’è stata una via di mezzo.
«L’ho sempre ignorata, ma quando ho visto quella cazzo di lettera non sono riuscito a strapparla in mille pezzi e ad andare avanti. Non sono riuscito ad essere indifferente. Capisci? Sapevo che non avrebbe mai parlato con uno come me. Non lo faceva prima, perché mai avrebbe dovuto farlo adesso?», il cuore scalpita dentro il mio petto, la gola brucia come se fosse stretta in una morsa di fuoco.
«Per lei eri nessuno. Sii paziente, non penso sia abituata ad averti intorno. Certe volte dimentico perfino io quanto tu sia fastidioso», mi tira un ceffone e sorrido.
Non voglio entrare nella sua vita con la forza. Non voglio diventare qualcuno per lei. Ma il mio desiderio di saperla al sicuro mi spinge a comportarmi come un idiota. E mi fa male ammetterlo, ma sono terrorizzato dall’idea che lei possa fare qualcosa.
Prendo il cellulare dalla tasca e controllo le notifiche.
Avanti, Chandra…
Sospiro e incontro lo sguardo ammonitore del mio amico.
«Non stavo aspettando un suo messaggio», mi difendo.
«Se lo dici tu», alza gli occhi al cielo.
Dopo scuola mi fermo davanti a casa sua. La sorella sta annaffiando le piante. Indossa una buffa salopette di jeans e i capelli sono raccolti in uno chignon disordinato.
Posa l’annaffiatoio a terra e si terge la fronte sudata con il dorso della mano.
«Ehi, come va?», alzo il mento a mo’ di saluto. Lei sbarra gli occhi e dopo un paio di secondi sorride civettuola e inizia ad avanzare verso di me, muovendo le anche come se volesse in qualche modo attirare la mia attenzione.
«Ti ho venduto il giradischi», si ricorda. «Tu vivi qui vicino», guarda alla sua destra, una macchina gialla sfreccia sulla strada.
«La scoperta del secolo», rispondo pungente. «Tua sorella è in casa? Sta bene?», le chiedo e lei si porta la mano davanti alla bocca, nascondendo la sua timida risata.
«Non saprei. Sai, ultimamente non parla molto», si avvicina ancora di più e posa una mano sul mio petto. «Sarò sincera con te», sospira con aria affranta. «Chandra non sta bene mentalmente. A volte ha bisogno di staccare un po’ da tutto, ma non ti devi preoccupare. Io e mamma ce ne stiamo occupando.»
«Che intendi dire?», sento la rabbia scavare dentro di me. Vorrei farle sparire dalla faccia quell’espressione contenta del cazzo.
«Mia sorella non sta bene e sono certa che in questo momento la tua presenza la farebbe stare peggio. Adesso vattene», mi fissa dritto negli occhi, una scintilla d’odio le taglia la pupilla in due. L’afferro per il polso e avvicino il viso al suo, poi le sussurro ad un soffio dalla sua bocca: «Dev'essere difficile vivere senza attenzioni, vero?», le sorrido un’ultima volta e mi dirigo verso casa.
E se stesse dicendo la verità?
Mi fermo davanti alla porta, la mano ferma sul pomello. Le urla dei miei si schiantano contro le pareti, risvegliando ogni singolo nervo dentro di me.
Rimango con la schiena appoggiata alla porta, il fiato intrappolato nei polmoni.
«Non provare mai più a controllare la mia cazzo di vita! Mi hai sentito?», grida mio padre, i singhiozzi di mia madre mi entrano con forza nelle orecchie. Stringo di più gli occhi come se le immagini potessero sparire dalla mia mente. Entro e mi chiudo la porta alle spalle.
«Oh, no. Dovrei lasciare questo onore alle puttane che ti scopi, giusto? Sei pazzo se pensi che io starò qui con le mani in mano a godermi le briciole che mi dai», ribatte mia madre. Un bicchiere si schianta a terra, lo stesso suono che ha marchiato decine di notti passate in bianco.
Apro e chiudo di nuovo la porta. «Sono a casa», grido attraversando il corridoio a grandi falcate.
«Sasha», il tono supplichevole di mia madre mi trafigge il petto come una lama.
Mi giro lentamente verso di lei. So già cosa troverò davanti agli occhi. Ho visto troppo spesso lo stesso film ultimamente.
Ha i capelli spettinati, gli occhi gonfi e una macchia rossa all’angolo della bocca.
Lascio cadere lo zaino a terra, la rabbia mi obnubila la mente. «L’hai toccata di nuovo, pezzo di merda!», ringhio, colpendo mio padre dritto in faccia.
Lui ride e si asciuga i rivoli vermigli che escono dal naso, macchiando le sue labbra. «Sei stupido come tua madre, Sasha. Ma dopo l’ultima volta pensavo avessi imparato la lezione.»
«Fanculo, se non chiama lei la polizia, lo farò io. E questa volta non mi fermerai», dico puntando il dito sulla figura tremolante di mia madre. Lei strabuzza gli occhi, il colorito del suo viso inizia a cambiare.
Afferro il cellulare e compongo il numero, ma quando sono sul punto di chiamare, un colpo secco dietro la nuca mi stordisce, il cellulare cade a terra e io crollo sulle ginocchia. La mano grande di mio padre si infila tra i miei capelli, tira la mia testa all’indietro. «Fai il bravo e tieni a bada tua madre», sibila al mio orecchio. «Un’altra mossa sbagliata da parte sua e vi butto fuori da questa casa, lasciandovi senza un centesimo.»
«Tanto tra qualche settimana sarò fuori da questo inferno», dico ridendo, ma un altro colpo secco per poco non mi tramortisce.
«No, non farlo!», grida mia madre correndo verso di lui. Ho la vista sfocata, un dolore lancinante si diffonde intorno alla testa come un’areola. «Figlio di puttana», biascico, poi crollo definitivamente a terra.
«Figliolo, pensavo fossi meglio di così», mi scompiglia i capelli. «Pulisci questa merda e prenditi cura di tuo figlio», dice a mia madre. Lei si inginocchia accanto a me, le sue dita gelide mi sfiorano lo zigomo.
Non toccarmi, vorrei gridare.
«Mi dispiace, è colpa mia», continua a dire tra le lacrime.
Sì, lo è. Sei una stronza come papà.
Mio padre esce di casa, lei mi aiuta ad alzarmi. Piano piano raggiungo le scale.
«Non toccarmi più. Non sfiorarmi. Non starmi vicino. Non guardarmi», la minaccio con voce asfittica. Salgo un paio di gradini, poi la vista si oscura definitivamente e sento il corpo afflosciarsi sulle scale.
Una mano mi scuote per la spalla lentamente. «Sasha, svegliati tesoro», continua a scuotermi energicamente.
Apro lentamente gli occhi, il viso spaventato di mia madre mi appare davanti.
«Sei vivo!», esclama, portandosi la mano davanti alla bocca.
«Volevi fossi morto?», le chiedo, portandomi la mano sulla nuca.
Lei non riesce nemmeno a guardarmi negli occhi. «Mi dispiace… non pensavo che avrebbe colpito anche te. Avrei dovuto chiamare l’ambulanza, ma chissà cosa avresti detto ai dottori…»
«Lo fa ogni fottuta volta che io difendo te, cosa ti ha fatto pensare che questa volta sarebbe stato diverso? Illuminami, cazzo!», urlo, aggrappandomi al corrimano e mi alzo. «Fanculo voi, il vostro matrimonio del cazzo e quella specie di amore che pensi di provare per lui», rido nervosamente e lentamente mi dirigo verso la mia stanza. «Andrò dalla polizia.»
Mia madre scatta in piedi come una molletta e mi raggiunge rapidamente, stringendomi per il braccio. «No, non lo farai. Non rovinare tutto per uno stupido capriccio.»
«Ti prego vattene o chiedi aiuto. Merda, vattene!»
Lei diventa seria in viso e deglutisce, poi stringe i pugni. «Lo sai già. Sai già che non puoi farci niente, Sasha. Non costringermi a mettermi contro di te.»
«Al diavolo!», le dico un’ultima volta, dopodiché mi chiudo nella mia stanza.
Guardo i fiori ormai secchi sulla mia scrivania e poi la maschera di Spiderman.
«Non posso trascinarti in questo casino», sussurro e poi metto la modalità non disturbare sul cellulare e infilo le cuffiette nelle orecchie, sdraiandomi sul letto e lasciando il mondo fuori dalla mia stanza.
Chandra
Più rileggo gli ultimi messaggi di Sasha, più mi sento una stronza. Ancora una volta sono sparita senza dargli nemmeno una misera spiegazione. Non mi ha scritto più.
E adesso non risponde ai miei messaggi.
«Va bene», brontolo mentre guardo la sua finestra. La luce non è accesa. Decido di scavalcare la staccionata e arrampicarmi sul traliccio in legno, per raggiungere il tetto.
Gattono lentamente verso la sua finestra, fortunatamente è per metà aperta, e sposto lentamente le tende scure. La luce del cellulare gli illumina il volto mentre è disteso sul letto senza maglietta.
«Psst!», dico, ma da parte sua non ricevo alcuna risposta. «Sasha!», sussurro, ma rimane ancora in silenzio. È arrabbiato con me? Decido di intrufolarmi nella sua stanza, rischiando di fare cadere la lampada.
Mi avvicino a lui e poso piano la mano sulla sua spalla nuda, lui sussulta talmente forte che scatta in piedi e io barcollo all’indietro, cadendo col sedere a terra.
Accende la lampada, una luce soffusa riempie la stanza. Il suo sguardo è una maschera di dolore e rabbia. I suoi occhi sono due pezzi di ghiaccio che scivolano sulla mia pelle, facendomi rabbrividire. Il suo petto si alza e si abbassa velocemente, le spalle tese e i pugni stretti come se fosse pronto a colpire qualcuno.
«M-mi dispiace! Sono io», dico, portandomi le mani davanti al petto per proteggermi.
«Chandra», sussurra, calmandosi immediatamente. Mi guarda senza battere ciglio, poi si siede sul bordo del letto e si prende la testa tra le mani. Gli scappa un lamento di dolore e mi acciglio.
Mi avvicino a lui strisciando sulle ginocchia e cerco di guardarlo negli occhi, ma sembra totalmente perso.
«Mi dispiace di non aver risposto ai tuoi messaggi… Ultimamente stanno accadendo delle cose nella mia vita e a volte diventa difficile far finta di niente», cerco di spiegargli senza entrare nei dettagli, ma da parte sua non ricevo nulla a parte un silenzio che mi soffoca.
«Sasha, mi dispiace davvero. Non vorrei comportarmi in questo modo, ma io sono così, tendo a sparire quando-», cade in ginocchio accanto a me e circonda le mie spalle con entrambe le braccia, attirandomi in un abbraccio forte.
Affonda il viso nell’incavo del mio collo e con la mano preme sulla mia nuca, stringendomi sempre di più, come se volesse assorbirmi al suo interno.
E soltanto in questo momento capisco…
«Sasha», gli accarezzo piano la schiena e gli sfioro dolcemente la nuca, ma il suo corpo ha un fremito. «Va tutto bene», gli dico e lui sposta la mia mano e si allontana da me.
«Vai via, per favore», mi dà le spalle e stringe i pugni sulle ginocchia. Ha la schiena curva e la testa bassa.
«Non posso e non voglio andare via», gli lascio un bacio sulla spalla. Con un piccolo movimento si gira per guardarmi con la coda dell’occhio.
«Mi dispiace, non voglio che tu mi veda così. Non voglio che tu-», gli poso un dito sulle labbra e gli prendo il viso tra le mie mani.
«Non me ne vado», il suo sguardo sofferente è un artiglio che graffia furiosamente le pareti del mio stomaco.
Si rimette seduto sul letto e io vedo i suoi occhi gonfi, l’espressione stordita. «Ti fa male?», gli indico la testa. Lui annuisce.
E mi vengono in mente tutti i suoi lividi. Tutte le sue cicatrici.
Non gli pongo altre domande. Non sarebbe in grado di rispondermi.
Poso il palmo caldo sulla sua guancia e piano piano le mie dita scendono verso il suo collo. Lui accenna un sorriso. Assume un’espressione angelica, come se stesse sognando.
Mi avvicino di più e mi posiziono tra le sue gambe, l’altra mano rimane ferma sulla sua vita.
Lui chiude gli occhi, la mia bocca gli sfiora dolcemente il petto. Il suo respiro diventa più pesante, le mie dita scivolano sulle sue costole e la mia bocca gli lascia una scia di baci lungo l’addome.
«Chandra», schiude di poco gli occhi e da sotto le ciglia scure mi osserva con un sorriso malinconico, dicendo: «Possono due lati oscuri formare una luna piena?», gli prendo una mano, sfrego il pollice in un movimento circolare sul suo palmo.
«Non lo so», ammetto con voce spezzata. «Ma stasera lascia che io ti porti sul mio lato sicuro della luna», lui guarda le mie labbra arcuate. E mentre il mio dolore si fonde al suo, le nostre mani si stringono e i nostri cuori fanno a gara a chi batte più forte, finalmente io capisco. Nella mia testa non c’è più Ruth, non c’è più mia madre, non c’è più nemmeno papà. La mia mente è infestata unicamente dalla sua presenza, i miei occhi si sono riempiti di lui, di un dolore simile al mio che nessuno ha mai manifestato in mia presenza. E io non penso più a me, adesso. Perché a volte rinunciamo al nostro dolore per prenderci cura di quello di un’altra persona. È ciò che ha fatto lo sconosciuto con me. Ed è ciò che sto facendo io con Sasha.
«Mi piaci tanto, Sasha Baker», appena lo pronuncio il suo sguardo si illumina. Non gli do nemmeno il tempo di ribattere perché premo le labbra contro le sue e lui le schiude ancora di più. Un bacio lento come una ninna nanna, rovente come l’inferno, forte come un tornado. Con un semplice bacio lui è in grado di farmi viaggiare tra emozioni mai provate prima, riportando a galla desideri che ho sempre tenuto nascosti.
Mi alzo e le sue mani stringono i miei fianchi. Mi spinge verso di lui, costringendomi a sedermi sulle sue gambe.
I suoi palmi scivolano delicatamente sul mio sedere, io premo il bacino contro il suo. Il mio sospiro profondo solletica il suo sorriso malizioso.
«Sdraiati», ordina con una delicatezza disarmante, e quando la mia testa affonda tra i suoi cuscini, lui afferra una ciocca dei miei capelli e se l'attorciglia intorno alle dita. Si piega su di me, facendo un po’ di fatica. Ogni tanto gli sfugge una smorfia di dolore e arriccia il naso. La sua bocca cerca quasi disperatamente il mio collo. Morde lievemente la mia pelle, la bacia ancora mentre la sua mano scivola su e giù sulla mia vita. Inarco la schiena e lui si posiziona tra le mie gambe. Un po’ impacciata, inizio a sollevarmi lentamente la maglietta.
Lui mi aiuta a toglierla e poi la getto a terra insieme al reggiseno. Si immobilizza per un attimo, restando con lo sguardo inchiodato al mio fisico.
«Dammi di più, Sasha», gli dico, sentendo già fremere ogni fibra del mio corpo.
«Adesso potrei farlo, sono certo che non mi arresterà nessuno», risponde e si abbassa per baciarmi il seno. I suoi occhi mi guardano come se volessero divorarmi.
Risucchio un respiro mozzato quando la sua bocca scende sempre di più e con una mano sbottona i miei pantaloncini e io sollevo il bacino, dandogli il permesso di togliermeli.
Mi perdo nel suo sorriso, ogni centimetro del mio corpo lo desidera e lui lo ha capito. Appoggia la bocca calda sotto l’ombelico e mi scappa una risata. «Soffro il solletico», gli dico, leggermente imbarazzata.
«Buono a sapersi, Casper», e continua a lasciarmi una scia di baci su quella striscia di pelle delicata mentre il suo dito si infila sotto l’elastico delle mie mutande.
Deglutisco, ho le labbra secche e il mio cuore sembra sul punto di divorare ogni mia paura, lasciando spazio soltanto al piacere.
La sua bocca scende ancora di più, le sue dita scavano nella mia carne, e mi lascia un bacio proprio lì, dove vorrei sentire le sue mani, la sua bocca, lui.
Mi abbassa del tutto le mutande fino alle caviglie e poi sorride per una frazione di secondo, mostrandomi le sue meravigliose fossette.
«Sei bellissima», sussurra, il suo respiro caldo solletica la mia coscia, le sue dita scivolano in mezzo alle mie gambe, dove un continuo e doloroso pulsare mi fa desiderare di abbandonarmi al suo tocco, ancora e ancora. «E sei nuda sotto di me. Non potrei essere più felice di così», con il polpastrello sfiora il mio clitoride e chiudo gli occhi, affondando i denti nel labbro inferiore fino a sentirlo bruciare.
Con entrambe le mani mi divarica le gambe. I suoi capelli mi solleticano il ventre, poi la sua bocca si posa sul mio punto più sensibile e la mia mano si insinua tra i suoi capelli. Ne stringo le punte come se volessi supplicarlo di esplorare ogni centimetro del mio corpo con le sue mani e la sua bocca fino a farmi vibrare la pelle, ma al contempo vorrei che questa lenta tortura non avesse mai fine.
Le sue dita afferrano i miei fianchi, si aggrappa a me come se volesse assicurarsi che sia reale.
Mi estorce dalla bocca suoni che mai avrei pensato di emettere e stringo le cosce non appena il suo dito si introduce dentro di me. La sua lingua mi annebbia la mente, i pensieri non sono diventati altro che una nuvola di fumo dispersa nel nulla. Inizio a tremare come una piccola foglia mossa dal vento, lui si solleva e puntella i gomiti ai lati dei miei fianchi, poi la sua bocca segue il sentiero che lui ha tracciato prima con la bocca, raggiungendo di nuovo il mio seno.
«Passerei il resto della serata tra le tue gambe se potessi», sussurra contro la mia pelle, le sue labbra bagnate mi fanno venire la pelle d’oca. «Ma adesso voglio-», la bocca si contorce in una breve smorfia di dolore. «Voglio entrare dentro di te e ubriacarmi sentendo ogni singolo suono di piacere che emetterai», mi lascia un bacio dietro l’orecchio e sento un formicolio piacevole sulla nuca.
«Fallo», ansimo sotto di lui.
Sasha si alza dal letto, si toglie i pantaloni e i boxer e prende un preservativo dal cassetto. Si posiziona nuovamente tra le mie gambe e se lo infila, e mentre lo fa mi guarda negli occhi, stuzzicandomi con quel suo sorriso peccaminoso.
«Dopo ti voglio sopra di me», bisbiglia al mio orecchio e me lo mordicchia nello stesso istante in cui il suo membro entra lentamente dentro di me.
Conficcò le dita nel lenzuolo, mi si mozza il respiro e il cuore sta per fermarsi.
«Guardami», dice sulle mie labbra. «Guardami, Casper», e io apro gli occhi, specchiandomi immediatamente nei suoi. La sua lingua scivola tra le mie labbra, scontrandosi con i miei denti, e io lascio che lui mi baci come se fosse passata un’eternità dall’ultima volta che l’ha fatto. Sollevo i fianchi, lui emette un verso di approvazione che mi fa contorcere ancora di più le budella.
«Baker, tu mi hai fatto perdere la testa», dico tra un gemito e l’altro.
«E tu a me, Casper. Da un bel po’», non do molto peso alle sue ultime parole, perché vengo avvolta da uno strano calore mai provato prima, intenso e meraviglioso; un piacere paradisiaco mi si attorciglia intorno al corpo come una spirale. Quando la sua mano si infila tra le mie cosce e ad ogni sua spinta strofina il polpastrello contro il mio punto più sensibile io mi sento come se fluttuassi.
Arriccio le dita dei piedi, un verso di piacere si introduce nelle sue orecchie, facendogli perdere la testa ancora di più. E poi lui viene, e io dopo di lui. Un’esplosione di stelle davanti agli occhi. Un tocco ardente che preme sulla pelle. Un bacio intenso che fa danzare il mio cuore.
Sono il cielo scuro che stanotte lui ha riempito di stelle.
Sasha gira lo sguardo verso di me. Un mezzo sorriso affiora sulle labbra.
«È stato bellissimo», dico pensando alla zona dolorante tra le mie gambe. Sorrido guardando il soffitto, sfinita e completamente sudata.
Sasha ride a bassa voce. «Spero ti sia piaciuto davvero, Casper, perché penso di avere una commozione cerebrale», il suo tono è serio e trasuda preoccupazione.
«Baker, non scherzare», lo ammonisco e affondo il gomito nel materasso per sorreggermi la testa.
«Tranquilla, sto bene», allunga un braccio sul cuscino e poi aggiunge: «Vieni qui.»
Prima di abbandonarmi tra le sue braccia, il mio sguardo si ferma per pochi secondi sull’anta aperta del suo armadio. Appesa ad un piccolo chiodo c’è la maschera di Jason, di venerdì 13. La stessa che io ho buttato via dopo la festa a tema horror che si è tenuta a scuola.
«È tua, quella?», gli chiedo, mostrandoglieli con un cenno del mento.
Lui solleva di poco la testa per guardare, ma per poco non impallidisce. Nonostante la luce non mi permetta di vedere bene il suo volto, percepisco un cambiamento in lui.
«Sì. È un regalo. Da piccolo amavo i film horror. Insomma, tutti hanno comprato quella maschera almeno una volta nella vita», ride nervosamente.
«Ne ho una uguale», gli dico e rotolo sul fianco, guardandolo dritto negli occhi.
«Come ho già detto, tutti ne hanno una in casa», sorride in modo forzato.
«È tutto okay? Ho riportato a galla qualche brutto ricordo?»
Lui si stropiccia un occhio e scuote la testa. «No, è solo che…», sospira profondamente. «Mi sta per esplodere la testa.»
«Che cosa hai fatto?», gli accarezzo il petto e lui giocherella con i miei capelli.
«Sono caduto», si morde il labbro e distoglie lo sguardo. «Sono stanco. Cerchiamo di dormire», mi lascia un bacio sulla fronte, ma io capisco che qualcosa non va.
Chiude gli occhi, stringendoli quasi con forza.
Lui mi sta mentendo.
Eheh ecco il nuovo capitolo, sono stata veloce questa volta 😏❤️
Spero vi sia piaciuto. Si avvicina sempre di più il momento in cui Chandra scoprirà la verità.
Secondo voi questa storia finirà bene o male? 🥰
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