08. Odio quando qualcuno tocca ciò che è mio
E se le tue lacrime disegnassero opere d'arte sul tuo volto, dimmi, le nasconderesti ancora?
Mi mancherebbe tutto questo? La scuola, gli amici, sentire le persone parlare del più e del meno alle otto del mattino, farmi involontariamente gli affari degli altri, ignorare le lezioni e fingere che il cibo in mensa sia in realtà squisito?
Io sono certa di no, tutto questo a me non mancherebbe per niente.
È tutto così monotono. Ogni giorno vedo gruppi di studenti di cui non ne farò mai parte, che se ne stanno in disparte a spettegolare, a fare scommesse idiote e ad organizzare feste ogni weekend, i giocatori di football che fanno a gara a chi mostra di più i muscoli.
Cazzo, no! Questa scuola è una discarica di merda.
«Avete sentito?», grida Bonnie da lontano mentre corre verso di noi, come se avesse alle calcagna una mandria di bisonti. Sventola energicamente un volantino blu in aria, cercando di catturare la nostra attenzione. Beh, per fortuna ha interrotto le mie elucubrazioni mentali.
«Cosa? Ultimamente sento parecchie cose. Dicono che Ashton Cox sia andato a letto Hayley, ma lei nega tutto. Mi fa quasi pena Bennie, magari si sono lasciati per questo», mormora pensierosa Riley. Infila la mano la mano nella busta e si schiaffa in bocca una manciata di patatine piccanti.
«Da Burger King c'è uno sconto studenti del venti per cento!», muove il pezzo di foglio davanti ai nostri occhi con una certa euforia.
Riley glielo strappa dalle mani e legge attentamente il contenuto. «Ma è magnifico!», grida. Si alza in piedi e si pulisce i jeans.
«Che ne dici, Chandra?», domanda Bonnie, inclinando leggermente il capo per scrutarmi meglio.
Appoggio il braccio all'altezza degli occhi per schermare il viso dalla luce del sole. «Per me è uguale», pronuncio monocorde.
Riley mi dà un colpetto sulla gamba sinistra. «Non dire mai più una cosa simile! Il cibo è sacro e gli sconti non vanno mai ignorati!», la sua affermazione mi fa sorridere, una piccola incurvatura quasi impercettibile.
Non sono una patita di shopping, dunque non ho mai preso troppo sul serio gli sconti di qualsiasi tipo. Non potrei dire la stessa cosa su Ruth. Qualche anno fa durante il Black Friday si mise davanti all'entrata del negozio alle tre del mattino per poter entrare per prima e acquistare una borsa che aveva adocchiato addirittura un mese prima.
Ecco, non sono ancora a questi livelli di pazzia.
Mia madre invece ha un debole per gli sconti alimentari. Qualsiasi cosa lei trovi in offerta, lo acquista. Non importa se poi il prodotto rimane nella dispensa per mesi.
«Chiedo scusa, sua maestà», la punzecchio. Mi metto a sedere, accarezzo con il palmo della mano l'erba e chiudo gli occhi per un attimo. Percepisco uno schiamazzo in lontananza e giro lo sguardo verso le persone che si incamminano spedite nella stessa direzione.
«È morto qualcuno?», chiede Bonnie alzandosi sulle punte per guardare meglio.
«Quello a terra è lo zaino di Bennie», Riley incrocia le braccia sotto il seno e guarda la scena con curiosità. «Forse qualcuno sta litigando con lui.»
Mi alzo in piedi e continuo ad osservare la gente che si è asserragliata intorno a Bennie. Essere il figlio del preside ti permette di passarla liscia un sacco di volte, e lui ne è la dimostrazione. Penso che perfino suo padre abbia perso il conto delle insulse scuse che gli ha rifilato. Al preside Diaz non frega nulla delle lamentele degli altri studenti. Non fa altro che attribuire al figlio stupidi epiteti laudativi, talvolta imbarazzanti.
«Non mi sorprende... Ogni scuola ha il suo gruppo di imbecilli», Bonnie scuote la testa con un'espressione disgustata. «Quel ragazzo al posto del cervello ha un criceto in prognosi riservata.»
Riley sorride alla sua battuta poco originale. «Dio, quel ragazzo è antipatico da morire», commenta, sul suo naso si formano delle piccole pieghe.
Non so cosa sia stato ad avermi dato la carica e ad avermi spinta verso di loro, ma so per certo che sto per fare una cazzata.
Io non c'entro niente. I pettegolezzi non mi toccano minimamente. Voglio dire, chi diavolo ha mai calcolato Bennie?
Eppure... le mie gambe non si fermano, nonostante Riley cerchi di afferrarmi per il braccio e impedirmi di avanzare ulteriormente.
«Senti Chandra, non so cosa ti stia passando per la mente ora, ma credimi, è meglio che tu stia lontana da quel branco di nerboruti scervellati. Si mettono sempre nei guai e noi non abbiamo qualcuno pronto a pararci il culo, lo sai!», cerca di farmi ragionare. Nel mentre continua a seguirmi a passo spedito.
«Sto semplicemente guardando», rispondo come se fossi entrata in uno stato di trance.
Riconosco lui nonostante sia girato di spalle. Riconosco quello zaino scarabocchiato, riempito di versi di alcune canzoni mai sentite. Riconosco il suo skateboard, il suo modo di vestirsi. Non passo il tempo ad analizzare le persone, soprattutto uno come Sasha, ma è impossibile non notare qualcuno che una volta faceva parte di quel gruppo e che adesso invece vuole essere... invisibile.
«Colpiscimi, cazzo! Fallo», lo istiga Bennie, aprendo la braccia e facendosi avanti con fare intimidatorio.
Tony Lee, la sua fidata spalla, fischia, dandogli una pacca sulla schiena come se volesse dirgli "Sono con te, amico". Ashton Cox è l'unico a sbellicarsi dalle risate.
«Perché non raccogli la tua merda e te ne vai, Diaz? Oppure hai carenze affettive e sei alla ricerca di attenzioni?», risponde Sasha con un tono alquanto neutro. Sembra che le parole di Bennie non lo tocchino minimamente.
«Avete sentito? Questo qui è sempre stato un codardo», indica Sasha con disprezzo, aizzando gli altri contro di lui. Alcuni alzano gli smartphone all'altezza del viso e scattano foto, altri fanno il video.
Sasha non si scompone di un millimetro. Rimane immobile con le braccia rilassate lungo i fianchi. La tensione non accarezza minimamente i suoi muscoli. Le mani non sono strette a pugno. Si limita a sfiorare continuamente l'anello che ha sull'indice.
È un gesto nervoso?
Si passa la lingua tra le labbra, infila una mano nella tasca dei jeans neri e una piega quasi maliziosa anima d'un tratto il suo volto.
Lui non è arrabbiato.
Sasha è... Divertito.
«Perché quel cazzone vuole ricevere sempre attenzioni? Forse ha ragione Sasha», commenta Riley a bassa voce, posando il mento sulla mia spalla.
«Sei un bastardo, Baker. E tutti meritano di saperlo. Sei un codardo del cazzo», le parole di Bennie sono pregne di odio. Ma perché? Erano ottimi amici prima.
Sasha abbassa per un attimo lo sguardo e picchietta la punta della scarpa per terra con aria pensierosa. Il ciuffo vellica dolcemente la sua fronte, i capelli si impigliano fastidiosamente tra le sue ciglia scure. Solleva di scatto il capo e si passa la mano tra i capelli. Guarda Bennie e dice: «Ti consiglio di chiudere la bocca. Anche la mia pazienza ha un limite.»
«Sei un inutile e fottuto poppante che ha preferito scegliere di-», Bennie non riesce a finire la frase. Sasha è a pochi centimetri dal suo viso, la mano serrata sul suo collo.
Ma che diavolo...?
«Ehi!», grido, attirando l'attenzione di tutti. Ma perché diavolo l'ho fatto? Adesso tutti gli occhi sono puntati su di me.
Sasha si gira verso di me con gli occhi sbarrati. Scioglie lentamente la presa e dà un ultimo sguardo a Bennie.
«Stewart, hai anche tu bisogno di attenzioni come me?», chiede ironicamente Bennie.
«Io... Io», boccheggio come un pesce, ciondolando da un piede all'altro. «Volevo dirti che hai una bella maglietta.»
Una bella maglietta? Potevi impegnarti di più, Chandra.
«Ti piace davvero?», chiede incredulo. Afferra due lembi della maglietta e la stende meglio per farmela vedere. «L'ho presa da Abercrombie. Era l'ultima. Ho avuto fortuna. Ma, d'altronde, la fortuna porta quasi sempre il mio nome», pronuncia con aria fiera, guardando le persone che assistono a questa squallida sceneggiata.
«È una semplice maglietta nera con un logo di merda, ormai noto a mezzo mondo», proferisce Riley, roteando gli occhi all'insù.
«Non è una semplice maglietta nera», ribatte Bennie, contraendo la mascella.
«È una maglietta che aderisce perfettamente al tuo petto ampio, mettendo in risalto i tuoi pettorali. Hai ragione», dico chiaramente con tono ironico. Bennie, però, fraintende e mi guarda dall'alto verso il basso con l'aria di uno che sta per filtrare con ogni cosa dotata di un orifizio.
Sasha sbuffa una risata, scuotendo la testa. «Sta dicendo un mucchio di stronzate. E per quanto mi riguarda...», avvicina pericolosamente il viso a quello di Bennie con fare minatorio. «Non. Rivolgermi. Più. La parola.», sibila, poi mi lancia un'occhiata tagliente e se ne va, portandosi dietro la miriade di insulti indirizzati a Bennie.
«Te ne pentirai, Baker! Bennie Diaz ha sempre ragione, avresti dovuto ascoltarmi!», grida alle sue spalle, ma Sasha non intende girarsi.
Bennie, colto da un improvviso attacco d'ira, inizia a calciare lo skateboard che Sasha ha dimenticato a terra.
«Ti ucciderà», afferma con tono cantilenante il suo amico Tony.
Mi abbasso per prendere lo skate, ma Bennie è più rapido di me. Se lo rigira tra le mani con un sorriso stentato. Ne accarezza la superficie, poi fa girare le ruote, fissandomi nel frattempo negli occhi.
«Dammelo», pronuncio con i pugni stretti e avanzo di un passo, gonfiando il petto. Bennie mi lancia un'occhiata dall'alto verso il basso, sobillandomi a spaccargli la faccia.
«Sai cosa?», sussurra, abbassandosi sulle ginocchia per essere alla mia altezza. «Perché non torni ad essere la povera sfigata che si porta addosso un trauma come una seconda pelle, così la smetti di ficcare il naso negli affari degli altri?», mi dà un colpetto sulla punta del naso e sento un groppo formarsi nella mia gola.
Gli strappo lo skateboard dalle mani e stringo i denti. «Forse dovresti abbassare la testa, stronzo! Spero non ti si alzi più il cazzo, visto che è il tuo tasto dolente!», gli do una spinta violenta, poi gli volto le spalle. Bennie e Riley mi fissano a bocca aperta.
L'adrenalina scorre nel mio corpo, ma si placa in fretta. Gli occhi degli altri puntati su di me e i loro borbottii incresciosi mi ricordano quel giorno. Sembra tutto dannatamente uguale.
Cammino a grandi falcate, svoltando il versante della scuola e raggiungendo il retro. Prima di sedermi a terra, leggo una tra le centinaia scritte sul muro scrostato. "Se la vita ti offre i limoni, tu scappa. A chi cazzo piacciono i limoni?"
«A te sicuramente no», borbotto, sedendomi per terra e stringendo lo skate al petto come se potesse darmi conforto.
«È tutta colpa tua», sussurro, serrando gli occhi e impedendo alle lacrime di scorrere sulle mie guance.
Alcune cose non passano mai. Né con la terapia né con il tempo. È rimasto tutto uguale: i pensieri, le sensazioni, i sensi di colpa, il senso di vuoto.
Pensavo che sarei stata in grado di sopportare i loro sguardi, ma ancora una volta mi sono sentita come una tigre intrappolata in una gabbia al circo. Tutti mi guardano incuriositi, tutti parlano di me.
«Quando smetterò di provare questa paura?», chiedo alla psicologa, continuando a rigirarmi tra le dita il fazzoletto imbevuto nelle mie lacrime.
«Oh, tesoro... Devi lasciare che le persone si avvicinino a te. Non parlo di abbracci o altro, ma una carezza, un semplice sfioramento, potrebbe aiutarti. Quello che è successo, non succederà più. Quante volte è accaduta la stessa identica cosa nella tua vita?», mi chiede, cercando di rassicurarmi con il suo sorriso dolce.
«Nessuna...», rispondo, mandando giù l'amaro che ho in bocca.
«Vedi?», mi afferra la mano, stringendola tra le sue. «Soltanto il tempo e la tua buona volontà ti aiuteranno davvero.»
«E se non sarà così?», chiedo con la vista offuscata dalle lacrime.
«Oh, Chandra... Un abbraccio rifiutato non donerà a tua madre un giorno di vita in più. Non sta scritto da nessuna parte che le tue braccia siano letali. Cerca di razionalizzare, va bene?»
Sono riuscita a lasciare che mia madre mi abbracciasse qualche volta, che le persone si avvicinassero a me più del dovuto, che mi sfiorassero... L'ho fatto perché non volevo sembrare pazza. Non volevo essere io quella schizzata della famiglia. Ma non è servito a nulla.
Vorrei poterle dire che un lungo abbraccio mi fa sentire in trappola.
Che uno sguardo puntato su di me non fa altro che aumentare la mia voglia di scappare.
Che stare in mezzo agli altri ed essere all'improvviso osservata mi fa sentire in pericolo.
E ci ho provato. Ci ho provato ogni dannato giorno a stare meglio. Ma i sensi di colpa a volte diventano così forti, così violenti, da non permettermi nemmeno di indugiare sulle mie azioni. La mia mente è irrimediabilmente obnubilata dai miei pensieri negativi. Ci sono degli attimi in cui mi sembra di essere tornata alla mia vecchia vita, la mia voglia di sparire si annulla per pochi minuti, ma poi riemerge più forte di prima.
Cazzo, sono ridicola! Sto per mettermi a piangere dietro la scuola mentre abbraccio una stupida tavola d'acero con le ruote.
«Quello appartiene a Sasha, non è così?», chiede Aretha poco più lontana da me.
E lei da dove diamine è apparsa?
Sta dando una ripassata al suo gloss. Lo sguardo è puntato sullo specchietto viola che tiene tra le dita.
Non posso mentire. Lo sa tutta la scuola. Inoltre, quell'insopportabile essere umano ha perfino inciso il suo nome.
«Sì», dico, schiarendomi la gola e cercando di mandare via la sensazione di debolezza che mi attanaglia lo stomaco.
Chiude lo specchietto, lo rimette nella borsa appoggiata al braccio e poi fissa il vuoto davanti a sé. «Dammelo», ordina, allungando il braccio verso di me.
Tentenno, non sapendo come agire. Nessun commento sul mio abbigliamento oggi. Nemmeno uno sguardo nella mia direzione.
Muove le dita, incitandomi a non perdere tempo.
Se non avessi interagito negli ultimi giorni con Sasha e non mi fossi immischiata nella rissa di prima, forse gliel'avrei dato volentieri. Ma adesso sento che questo pezzo di legno deve stare soltanto tra le mani di Sasha.
«No.»
Batto velocemente le palpebre, sorpresa dal mio tono freddo. Sono stata davvero io a parlare?
Aretha si gira verso di me quasi a rallentatore. Fa un respiro profondo, poi batte lentamente le ciglia voluminose impregnate di mascara e punta lo sguardo su di me.
Mi sta squadrando come se stesse decidendo quale parte del mio corpo tagliare per prima.
«Io...», provo a dire, completamente in preda all'ansia.
All'angolo dell'edificio intravedo Sasha, con aria smarrita. Sta cercando qualcuno con lo sguardo. Appena ci nota, si incammina a grandi falcate verso di noi.
Aretha mi strappa lo skateboard dalle mani e apre la bocca per dire qualcosa, ma Sasha la precede.
«Dove diavolo è?», il suo tono aggressivo fa voltare di scatto Aretha.
«Sasha!», esclama cambiando totalmente tono di voce. «Eccolo qui! Sono venuta a cercarlo. È incredibile come gli altri ti rubino le cose da sotto il naso, al giorno d'oggi. Voglio dire, dove avrebbe potuto nasconderlo? Non è mica minuscolo!»
Sasha corruga leggermente la fronte, come se nella sua testa al momento ci fosse solo un'unica domanda: Cosa diamine sta dicendo questa?
Sorrido per pochi secondi, divertita dalla mia stessa immaginazione, ma il sorriso viene spazzato via non appena lo sento dire: «Questa tua premura mi fa sentire a disagio, Aretha. Grazie».
Forza un sorriso, lei si avvicina cingendogli il collo e facendogli premere il mento contro la sua spalla.
Mi sento osservata.
Molto osservata.
«Sei importante per me, lo sai», gli accarezza la testa dolcemente. Lui si stacca con poca delicatezza e rivolge il suo sguardo sfrontato e oltraggioso su di me. Non riesco mai a sostenerlo a lungo, quindi guardo altrove e mi alzo da terra. Vorrei dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
Abbasso la testa e stringo con forza entrambe le cinghie dello zaino, allontanandomi.
Poco dopo, mentre sono intenta a prendere i libri di cui ho bisogno dall'armadietto, l'anta viene chiusa con un colpo secco e accanto a me trovo Sasha.
«Cosa vuoi?», chiedo mentre continuo ad infilare i libri nello zaino.
«Perché hai preso tu il mio skateboard?», chiede, inclinando il capo per cercare di avere un contatto visivo con me.
«Pensavo fosse la cosa giusta da fare in quel momento», scrollo le spalle con indifferenza.
«Anche fermare un litigio tra due persone?», domanda, agguantando l'ultimo libro rimasto tra le mie mani. Dio, ma perché li sto infilando uno ad uno?
«Sì, Baker. Ti serve altro?», mi giro finalmente verso di lui esibendo un'espressione annoiata.
«Sì, un'ultima cosa», si avvicina ancora di più, ci separano soltanto pochi centimetri. «Odio quando qualcuno tocca ciò che è mio.»
Deglutisco, intimorita dal suo sguardo truce.
«Beh, a quanto pare però non ti ha dato per niente fastidio quando Aretha stringeva il tuo skateboard tra le mani.»
Le due fossette sono appena visibili sulle sue guance. Ha sorriso?
Non era una battuta.
Mi passa il libro, facendolo aderire contro il mio petto. «È invidia quella che sento, Stewart?»
«Senti, te lo stavo riportando! Poi è arrivata lei e ha incominciato a toccarti e-», spiego, gesticolando nervosamente e cercando di prendere le distanze da lui.
Sasha si avvicina fino a toccare le mie scarpe. «E cosa?»
Premo il piede sull'estremità della tavola e appoggio le mani sul suo petto per dargli una spinta e farlo allontanare di nuovo da me, ma perdo l'equilibrio e lui mi afferra prontamente per le braccia, tenendomi ferma. L'inaspettato contatto tra di noi è sconvolgente e a tratti elettrizzante per entrambi.
Oddio.
No, accidenti, no!
Siamo entrambi sul suo skateboard. Ci separano... Quanto? Due centimetri?
«Imbranata», calca la parola, inchiodando in seguito il suo sguardo al mio.
I miei occhi percorrono lentamente le sue braccia, fermandosi sulle sue dita affondate nella mia pelle. La mia mano è sulla sua vita, con l'altra invece stringo ancora il libro. Il respiro inizia ad accelerare insieme al battito cardiaco, quindi mi libero dalla sua presa e mi metto a correre verso l'aula, cercando di cancellare dalla mia mente i suoi occhi azzurri, nei quali sono rimasti inglobati tutti i suoi dubbi.
Secondo voi cosa vuole Bennie? 💩
Comunque so che magari tutti questi nomi vi fanno confondere, ma vi semplifico le cose.
Riley e Bonnie sono le amiche di Chandra.
Hayley, Aretha e Corinne sono quelle "popolari".
Bennie, Tony e Ashton sono amici.
Manuel Bailey è amico di Sasha.
Sicuramente più in là ve li ricorderete, perché appariranno spesso! 💆
Spero vi piaccia 🥺❤️ alla prossima! (Sicuramente sarà la lettera in risposta a quella di Chandra.)
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