Bonus Track. Eternity on repeat.
B e a t r i c e.
C'è un istante d'incoscienza fra il sonno e la veglia, in cui ogni percezione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo fatto della nostra vita, semplicemente, s'annienta, ed è nella beatitudine di questo vuoto che mi crogiolo prima di aprire definitivamente gli occhi e con estrema lentezza mettere a fuoco i dettagli di un mattino che odora di bacon e di una primavera ai fiori di tiglio.
Le lenzuola, del colore della lavanda, sotto le quali mi rigiro per sfuggire alla luce di maggio, che si riversa limpida come un ruscello d'acqua dolce nella stanza, sono rimaste in ordine nell'altra metà del letto, su cui noto, aldilà di una vista ancora appannata da un sogno di cui sto già scordando i contorni, una rosa dai petali bianchi. E prima ancora di ricordarmi come mi chiamo, un altro nome affiora sulla superficie ancora intorpidita della coscienza, e lì rimane a galleggiare varipinto come una ninfea sul lago.
Damiano. I suoi capelli intinti nel miele, la sua bocca grondante sciroppo di fragola, il retrogusto alla nicotina, gli occhi color muschio, lo sguardo regale ed impavido di chi avanza verso l'obiettivo senza scendere mai a compromessi.
"Non hai capito che sono disposto, man, a stare sotto, man
forse nemmeno quando fotto, ye man .."
La sua voce durante un live di X factor che mi ha fatto pensare a quando pur di non farsi mettere i piedi in testa da mio padre, è stato disposto a rinunciare a tutta quella parte di sè che con molte remore aveva ceduto ad innamorarsi.
Sento un ti amo irrompere in mezzo al caos brulicante di mille pensieri, che frammentari si rincorrono dentro la testa, mentre la coscienza riprende man mano possesso di me e va a ricollocarli ognuno al proprio posto, rendendo più nitido il ritratto di una vita che, per l'ennesima volta da quando l'ho incontrato, sta per cambiare.
Dal piano di sotto del nostro nuovo appartamento in via della Luce n. 8, sento un vecchio 45 giri ruotare sulla sua piattaforma ed il ritornello di Can't help falling in love di Elvis, cullarmi in una melodia, che s' accompagna all'aroma del burro spalmato sul pane tostato ed è d'un tratto davvero facile sorridere la domenica mattina se capisci che lui è rientrato dal tour in anticipo.
Con una mano scendo a stringere la maglietta spruzzata di tempere, nel punto in cui lo stomaco inizia a gorgogliare affamato ed in cui han finito per condensarsi tutte le emozioni più forti degli ultimi anni, mentre con l'altra mi allungo verso il gambo della rosa, attenta a non ferirmi con una delle spine, ed avvicinandola al viso, ne inalo la fragranza riempiendomene i polmoni come fossero due palloncini all'elio, tanto che potrei quasi volar fuori dalla finestra, oltre le tende ricamate da sua nonna Graziella.
Son due mesi che non ti tocco, amore. Mi sento quasi intimidita allo scendere di sotto e sentirmi di nuovo i tuoi occhi addosso. E' di nuovo come il primo giorno, ed in un certo senso lo è davvero il primo giorno.
Mi convinco a mettere i piedi fuori dal letto e nella camera ritrovo tutto il casino che ho lasciato in giro la notte scorsa, dopo l'ondata di nausea che mi ha pervasa costringendomi in ginocchio abbracciata alla tazza del water: i tubetti mezzi aperti abbandonati sul telo di plastica, i grumi di colore vivo che scintillano sotto il sole ormai alto nel cielo, l'ipad dimenticato acceso sulla sedia a dondolo ed a cui avanza soltanto il 2% di batteria e la tazza sporca di un'impronta di rossetto color malva, ancora mezza piena di un infuso alla cannella, ai piedi del comodino.
Scendo giù per le scale a piedi nudi sorridendo al ricordo della nostra vacanza a Tangeri che tintinna in un concerto di campanellini d'argento agganciati alla mia caviglia destra e ripenso alle sue dita smaltate di nero mentre tende una manciata di monete di bronzo all'uomo dietro la bancarella. Con i capelli ancora umidi legati in un cipollotto dietro la nuca, da cui colano gocce d'acqua salata che rotolano oltre il bordo della canottiera dai profili lisi e slabbrati, il pomo d'adamo incastrato come una gemma al centro della gola, il colorito ambrato acquisito dalla sua carnagione e la collana di legno che gli orna le clavicole, Damiano salutava il commerciante marocchino snocciolando un francese dall'accento sgangherato, che trasuda sesso ancora adesso, nonostante i mesi trascorsi da allora.
Eccoti qua, sex symbol, mentre mi prepari una colazione extralusso di quelle a cui ti hanno abituato negli hotel 5 stelle nei quali alloggi con la band e che mi ricordano tanto quelle inglesi che papà mi preparava la mattina prima di una verifica importante.
Hai 25 anni e tutte le donne d'Italia ai tuoi piedi, come ti senti amore?
Sono così belle le tue spalle foderate sotto la stoffa di quella maglietta da ragazzino delle superiori, mentre ti muovi nella nostra cucina leccandoti il pollice zuppo di tuorlo d'uovo e ancora non ti sei accorto che sono qui e che ti guardo come tu fossi un'icona sacra del cristianesimo.
Le assi del pavimento scricchiolano sotto di me e Damiano si volta, porta un vago accenno di barba attorno alle labbra e lo stomaco mi brontola più forte, la fame si fa più acuta, quasi accecante, ma ciò che più mi destabilizza è come la sua bellezza mi faccia improvvisamente venire voglia di piangere, tanto che non faccio in tempo a realizzare l'idea che già lo sto facendo, con le mani che sono corse alla labbra, per bloccarne il tremolio. Damiano sbatte le palpebre come un bambino con l'influenza, prima di far cadere a terra la padella che stava utilizzando per saltare l'omelette ed incamminarsi verso di me come se vivessimo dentro l'episodio di un telefilm, in cui ad un certo punto non ci si muove più ad una velocità normale, e tutto si dilata nell'eternità di un respiro che non si può fare a meno di trattenere.
Tutto si dilata, amore, come le tue pupille di un gatto nel buio, che sa lo stesso dove deve andare. Tutto si dilata, amore, come il battito del mio cuore che sale alla gola in un gemito sordo che non so frenare, mentre le tue mani mi scostano i capelli pieni di nodi dalle gote e le lacrime copiose schivano le lentiggini che rade si son già formate col primo sole preso in veranda, mentre dipingo ascoltando le canzoni che mi hai inciso su un nastro che i tuoi fans forse non avranno mai il piacere d'ascoltare.
Tutto si dilata, in questa vita che non è più solo mia e tua, ma che sta per diventare nostra.
Sei pronto, amore?
Questa canzone non finisce mai o siamo davvero stati catapultati dentro l'eternità?
"Bea.. c'hai fatto Beatrì? Dimme checc'hai dorcè.."
Il suo tentativo di scansare tutte le mie lacrime, muovendo i pollici come tergicristalli sui miei zigomi, è del tutto vano e la sua voce è satura d'angoscia. I suoi occhi cercano i miei, irrequieti come passeri nel vento autunnale che precede la stagione dell'esodo ed intravedo sul fondo di quelle iridi, l'adolescente in affanno che mi infradiciava il vestito e le coscie di lacrime in diretta dall'inferno, dopo quella rissa in discoteca, con le nocche sbucciate per quel pugno sul grugno del malcapitato che aveva osato molestare l'unica bionda intoccabile dell'intero locale, dell'intera capitale.
La tua Victoria, amore. La tua rinuncia più grande, la dimostrazione più assoluta che potessi darmi, che mi dai ogni giorno. Dirti che ti amo, non basterebbe mai.
Mi appiccico alle sue labbra come una ventosa e le sento schiudersi lentissime ed inesorabili, finchè non trovo la sua lingua e il desiderio unito alla commozione mi spinge a bramare i suoi capelli sciolti fra le dita. Lo sento gemere nella mia bocca quando, senza volere, gli mordo il labbro inferiore con troppa foga, ancora scossa dal pianto.
"Scusa.. scusami. Mi sei mancato. Mi manca il fiato."
Schiude le labbra come volesse farsi entrare dentro le parole tremule che gli soffio addosso e vedo i suoi occhi farsi lucidi come cristalli.
"Me devi dì come fai Beatrì.. che ancora io nun l'ho capito. Come fai ad avè st'occhi? Come fai a famme pensà che potrei uccidè, se 'n giorno servisse per restarte accanto?Qual è 'l segreto tuo, eh Beatrì?"
No, te me devi dì come fai Damià. Me fai tremà come 'na foglia.
"Credevo tornassi fra 'na settimana. M'hai preso alla sprovvista e guarda qual è il risultato."
Piega le labbra in un sorriso, ma le sopracciglia s'irrigidiscono prese da una strana ansia.
"C'avevi 'na voce diversa dar solito ieri sera, precisì. Ho detto a Marta che stavo 'n pensiero e così eccome a casa."
Mi sento le ginocchia mollicce come quelle di una tredicenne alla sua prima cotta e sento l'esigenza d'inginocchiarmi, invitandolo ad abbassarsi sul pavimento insieme a me.
"Devo dirti una cosa Rockstar."
Gli accarezzo una guancia, mentre con gli occhi puliti indugia nei miei, attento come non lo è stato durante nessuna delle nostre sedute di ripasso prima degli esami di maturità.
Sette camicie m'hai fatto sudà, Damiano.
Non fiata, non si muove nemmeno, mentre con le dita intrecciate alle mie serra la mascella in una morsa ferrea: il leone intimorito davanti al cerbiatto. Non l'ho mai visto delicato come in questo istante, in ginocchio nel soggiorno con il cuore che batte all'impazzata nella vena del collo.
Hai paura, amore? Tu non devi tremare, ti prego.
Per un attimo mi assento e fissando il suo orecchino sinistro a forma di croce gotica, mi sembra di rivedere il crocifisso appeso nell'aula di storia bizantina, proprio dietro la cattedra.
La professoressa Gardini sta finendo d'esporre quanto contenuto nel testo aperto a pagina 281, ma ho male alla pancia e mentre batto il piede contro la gamba del banco in penultima fila, Angelica mi guarda impensierita.
"L'hai comprato Bea, vero?"
La fisso con aria da pesce lesso, fingendo di non capire.
"Comprato cosa, Angie?"
Con la penna indica la mia borsa di Chloe appesa alla sedia mediante la tracolla che ho un po' allentato, per renderla più pratica ad un utilizzo accademico.
"Il test, Beatrice. Lo so che l'hai comprato, te lo leggo in faccia."
Non le si può nascondere nulla, porca misè.
Stiro le labbra in una striscia sottile, confermando la sua tesi.
"Che cosa stai aspettando allora?"
Conosco Angelica Verdi dal primo anno d'iscrizione qui all'Accademia di Belle Arti di Roma e ormai ho rinunciato da un pezzo a mettere a tacere quel suo becco a punta, perciò rilasso le spalle e sospiro.
"Che mi scappi la pipì, l'ho comprato prima di entrare a lezione Angie, damme tregua."
Mi fissa truce come se mi volesse inchiodà ar crocifisso.
"E' 'n quarto d'ora che stai a sbatte er piede, me stai a fà partì 'r neurone. 'Namo ar cesso, subito."
Mi strattona per il braccio ed anche se mi vorrei lamentare e far valere i miei diritti di decidere in autonomia quando è il momento di fare cose, mi limito a seguirla sapendo che infondo ha ragione e che il mio bisogno di urinare si è fatto impellente.
In bagno due ragazze del secondo anno si guardano allo specchio sistemandosi il trucco e scambiandosi aneddoti sul nuovo prof. di antropologia culturale, un figo da panico, a quanto pare, e su un paio d'eventi organizzati dal ToyRoof e dal Rasputin in occasione della festa della donna, indecise su quale dei due possa essere il più cool.
Entro in uno dei tre gabinetti, mentre Angelica mi regge la borsa. In meno di dieci secondi sgancio le clip che chiudono il body che indosso e calando le mutandine mi ritrovo con una bacchetta di plastica bianca tra le dita in preda al parkinson. Schiudo l'uscio e le passo la bacchetta alla svelta.
"Guardaci te, Angelica, te prego."
I secondi scorrono interminabili e tutto ciò a cui riesco a pensare sò l'occhi dorci der fidanzato mio, dalla parte opposta del bel paese.
Che stai affà mio re? T'immagino mentre durante il soundcheck fai finta de sapè sonà 'a chitarra der Cobbra. T'immagino mentre te tirano i reggiseni sur palco, que 'e ragazzette sgallettate nella mischia e te che sei costretto ad ammiccare. T'immagino alla fine der concerto mentre me stai pe' chiamà ed io che te dirò?
Te dirò che le vorrei azzannà a tutte quante, ma tanto ce sta già Victoria che lo fa ar posto mio e comunque tengo 'na cosa più importante de questa da dì..
"Sò due Beatrì, due stanghette."
La piccola sagoma dell'orecchino di Damiano riacquista forma e così ogni dettaglio del suo volto stupendo e del nostro appartamento a Trastevere, arredato come quello di due attori rifugiati a Notting Hill, e nei suoi occhi ritrovo tutto il mio stesso stordimento.
Come brilli, amore. Lo sai?
"Sono incinta."
Tutta la tensione nel suo sguardo proteso verso il mio si solidifica in un blocco di pietra che in un attimo si sbriciola, non appena gli accarezzo la bocca col pollice. Mi guarda passando in rassegna ogni centimetro quadro della mia pelle, come se fossi fatta di un materiale extraterrestre da osservare al microscopio e come se qualunque dannatissimo microbo potesse essermi d'improvviso fatale.
Mi accarezzi il viso amore, mi sento una bambola.
"Annullo tutto, Beatrice."
Che cosa dici, amore?
Piego la testa senza produrre suoni, pregandoti col silenzio di essere più chiaro. L'omelette sfrigola sul pavimento.
"Sta cosa de 'a Rockstar, annullo tutto quanto. Le date, le interviste, i firmacopie. Stop, Beatrì. Vojo sta co te, ogni minuto precisina."
Sento il naso pungere, come quando faccio le capriole sott'acqua e mi ci entra il cloro dentro.
Sai sempre cosa dire per famme venì i brividi, eh Damià? Sta cosa non cambierà mai, vè?
Stendo le braccia sulle sue spalle, sporgendomi verso le sue labbra e facendo aderire il seno al suo torace, così da rimanere inebetita davanti allo spettacolo dei suoi occhi che si accendono di un bagliore languido.
"Non devi amore.. non devi deciderlo adesso."
Passo i polpastrelli sulle sue sopracciglia, osservando la sua fronte rischiararsi, mentre un sorriso di una dolcezza disarmante gli si dipinge nel mezzo di quelle fossette mozzafiato, che gli son valse migliaia di copertine.
"Come sei bella, quanno me dici amore. Ce ne farei 'n treno de marmocchi mò, 'o sai dorcè?"
Gli salgo a cavalcioni sulle coscie, lasciando che anche i nostri bacini combacino e gli lecco le labbra, nella più totale incapacità di resistergli ancora.
Come sei buono, amore.
"Il solito esagerato." lo bacchetto con fare scherzoso e lui inarca un sopracciglio da ammaliatore.
"La solita gatta morta."
Mi morde un labbro in uno scatto felino e quasi temo ruggisca, mentre finisco di spettinargli la chioma indomabile e le sue mani mi arpionano i fianchi.
Non m'interrogo neanche per un secondo, su quali saranno i timori che inevitabilmente ci sorprenderanno nelle ore più improbabili delle giornate a venire, perchè sarà questo, tutto questo fottutissimo amore, per il quale ho messo sottosopra ogni certezza, ogni progetto, ogni vano disperato tentativo d'essere felice senza di lui, a salvarci sempre.
"Ah, Beatrì, speramo solo che 'n sia n'altra precisina come a te." ride sui miei denti squarciando i confini del tempo e vedo il cielo sopra di noi, come se non avessimo più un soffitto.
Il disco di Elvis suona ancora la stessa canzone, mentre siamo noi due, amore, tutto ciò che c'è da conoscere sull'eternità.
"Ti amo, Rockstar."
A\N: stavolta tutti i complimenti riservateli a 'sta ragazza che m'ha fatto un gran favore, a me e a voi con 'sta bellezza di capitolo.
Un regalo di Pasqua in ritardo, dai :)
Ci tengo molto che lo leggiate bene, magari più volte, per apprezzarlo come deve.
E se non vi basta, passate a leggere qualcosa di suo, che non vi deluderá manco pe' niente.
Whitevelyn, tanta, tanta roba.
Chapeau e silenzio di rispetto.
Adesso non resta che mettermi comoda e vedere come va a finire la tua, di storia.
Che il mio l'ho dato, ma a legger qualcosa di bello non ci si stanca mai.
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