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4.

Il suono di un clacson nel parcheggio sotto casa mi ricorda che sono in ritardo, così scendo le scale a due a due, attenta a non ruzzolare sui tacchi.

La mamma é ai fornelli e non appena mi sente arrivare, mi consegna la borsa che avevo dimenticato sul bancone. Indossa il grembiule della nonna, quello celeste con le macchie di sugo sparse ovunque, e ha i capelli dorati raccolti in uno chignon.

"Samuele ti sta aspettando in macchina."-mugugna, carezzandomi il viso- "Sei davvero bella stasera. Mi piace quando non copri la pelle con tutto quel trucco."

Le sorrido, accoccolata contro le sue mani calde, mentre la voce di papá fa capolino dal salotto.

"Un'aspirante dottoressa, vero cara? Giusto un anno e sarà tempo di esami."

Ce l'hai sempre avuto sto fiuto, papá?
Pe' bbrutte notizie e i commenti fori luogo.

Samuele é poggiato contro la sua auto, le gambe leggermente accavallate e una sigaretta tra le labbra. Ha fatto crescere la barba, come piace a me, e ha sistemato i capelli con quel prodotto al muschio bianco di cui vado matta.

"Scusa il ritardo." gli dico, strappandogli un bacio.

"É il giusto prezzo da pagare per una bellezza del genere."

E te, amore mio?
Come mai c'hai sempre 'e parole giuste?

Il tempo di arrivare e la villa di Elena é già in fermento: alcuni ragazzi chiacchierano nel giardino con delle birre in mano, mentre il vociare di altri si propaga dall'interno. Una luce soffusa si riflette oltre le vetrate e si sparge a terra in un alone color candela, proprio di fronte alla porta di casa, che rimane spalancata.

Samuele mi prende per mano e mi accompagna dentro: il salone é un labirinto di gente senza soluzione di uscita.

"Stammi vicino." continua a ripetere, con la presa della mano più sicura.

Troviamo Elena nell'angolo a nord, girata di spalle, intenta a versare delle bevande in contenitori di vetro.

"Ragazzi! Credevo non arrivaste piú!"

"Colpa mia." ammetto.

"Per un attimo ho davvero creduto che avessi cambiato idea."

I suoi occhi cerulei si fanno più scuri, malinconici e Samuele le bacia la fronte. I baci di Sam hanno sempre avuto un non so che di lenitivo, calmante, soporifero: sanno di famiglia, del camino della vecchia casa del nonno.

"Non avrei mai potuto."

Elena mi sorride con gli occhi e passa una mano sulla mia gonna a palloncino.

"Sei uno schianto."

"Condivido." aggiunge Samuele, facendo passare un braccio attorno alle mie spalle.

I momenti conviviali, aiutati dai primi sorsi d'alcool, durano alcuni minuti, il tempo di lasciare che Sam sia trascinato via da uno dei suoi compagni di basket, Simone, quello con la barba arancio che sfiora il petto e gli occhi talmente azzurri da ricordare il mare della Groenlandia, e che Elena, da vera padrona di casa, venga risucchiata via dagli impegni organizzativi. Rimango io, un bicchiere di Coca e Rum in mano e il profumo di Sam tra le narici.

"Na pischella cosí bella tutta sola ar tavolo dell'alcolici. Qualcosa non va."

Vatte via.
Non tu e non adesso.
O forse popo tu e popo adesso..

"Non dovresti essere su un palco?"

Damiano versa una quantità abbondante di birra in un bicchiere extra large e si accomoda contro il tavolo, scagliandomi un'occhiata tagliente.

"L'amica tua m'ha detto che manca ancora quarche invitato, cosí só venuto a lubbrificá 'e corde. Non penserai che sto qui pe' te, ve'?"

Ha i capelli sciolti, leggermente ondulati, e la matita intorno agli occhi: la cosa dovrebbe stupirmi, eppure non riesco a non pensare a quanto sia bello il suo viso.

Ma che vai a dì, Beatrí?

Indossa una stravagante camicia tutta colori, che ricorda quei mercatini orientali che profumano di legno e incenso, due pendenti con piume e Rayban dalla montatura enorme, di quelli che vanno adesso tra le star oltreoceano.

"Non sono uno spettacolo per cui vale la pena pagare il biglietto."

"Forse.. Anche se stasera io e te stamo sullo stesso gradino der podio."

"Podio?"

"Tutta sta ggente non ce merita, Beatrì."

Perché, David, chi te merita veramente?
'N fruitore d'arte, 'na dama dell'arta società?
O 'na regazzina come me?

Prende un sorso di birra scura e pulisce i baffi con il dorso della mano. Ha gli occhi lucidi e il sorriso beffardo di chi é già avanti di qualche drink.

"Non ci merita?"

Damiano scuote la testa per le continue domande e asciuga una goccia di birra che corre veloce lungo la pelle abbronzata, tra la rada peluria sul petto che fuoriesce dalla camicia.

"Noi artisti semo 'n conto a parte."

"Oh, quindi adesso ti senti già un artista? Un po' presuntuoso, no?"

"Gli artisti só presuntuosi."

Rimane per un po' in silenzio ad osservare il viavai di gente, poi poggia il bicchiere sul tavolo e si fa più vicino, portando con sé una ventata di fumo e colonia.

Vatte via, Damià.

"Non te piacciono troppo le feste, ve'?"

"Non questo genere di divertimento. I concerti, le mostre, una stupida serata in discoteca sono il mio genere di divertimento. Basta che sia con le giuste persone."

"Beh, ce sto qua io."

"Io e te non siamo amici. Non siamo nemmeno conoscenti."

"C'emo tempo per rimedià."

Arrossisco come faccio sempre nelle situazioni che mi mettono a disagio, perché so che Damiano ha torto, ma ha anche maledettamente ragione.

Ce sta quarcosa dentro de te che va ortre l'antipatia e la rogna a pelle che diffondi.
'N demone vestito de bianco che se vole fá conosce: questo sei.

"E se io non volessi?"

Damiano esplode in una risata, poi si fa torvo e una riga profonda si stampa in mezzo alle sue sopracciglia.

"Dovresti essere più convincente quanno racconti 'e buggie."

Le mie labbra si dischiudono involontariamente, ma l'arrivo di Samuele zittisce qualsiasi battibecco.

"Amore, mi dispiace: i ragazzi mi hanno trattenuto con la scusa degli allenamenti."

Solo in un secondo momento, forse rallentato dall'alcool, si accorge di Damiano, facendo un salto sul posto nel ritrovarselo alle spalle.

"Vi conoscete?"

Guardo Damiano con il panico negli occhi, come se Sam abbia scoperto chissà quale tradimento, e prego che sia lui a parlare per me.

"Sono il cantante della band."

"Oh! Giá, giá.. La band. Elena va matta per voi. Comunque piacere, Samuele."

Damiano lo squadra per bene, poi sposta l'attenzione su di me e sorride: la sua voce è bassa, roca, calda, eppure riesco a distinguerla tra decine di altre.

"Samuele.. Avrei dovuto pensacce."

Molto divertente, Willy Wonka squattrinato.

"Come scusa?"

"Piacere, Damiano."

Si stringono la mano, come due amici di vecchia data, con il mento alto e i bicipiti tirati.

"Ora se me volete scusá, torno alle mie prove. È stato un piacere."

Alza i tacchi e scompare dal retro, verso il lato del giardino che dà sulla chiesa.
Samuele versa un bicchiere di vino rosso e me lo porge, insieme ad un bacio che sa di Vodka Tonic. Gli scompiglio la barba e lui affonda i polpastrelli sui miei fianchi, lasciando scie di saliva sul collo.

"Piano giovane.."

"Scusa, scusami."

Nell'aria vaga uno strano odore, un misto di alcool e fragranza maschile, quella di Samuele. D'improvviso vengo sopraffatta dalla voglia di fumare. Non che lo abbia mai fatto, ma non so: é come se mi manchi quell'aroma forte di tabacco.

Spalanco gli occhi, quando le idee si fanno più chiare. Il mio sguardo cerca la vetrata che dá a est, verso la chiesa.

Tutto buio.

[...]

La festa ha preso un indirizzo inaspettato e piacevole da quando i ragazzi hanno appeso le chitarre in spalla e sistemato i fili agli altoparlanti. Elena, consapevole della buona riuscita, scodinzola per casa con un sorriso da guancia a guancia, raccogliendo complimenti come briciole di pane sul sentiero.

Ch'hai fatto, Nena?
Te sei mess'i panni de Gretel?

È stanca, glielo si legge dal leggero tremolio delle palpebre, eppure sembra davvero felice.

"Non ci crederai mai."

Elena si tuffa sul sofá con la fronte sudata e il fiatone, rubandomi il bicchiere dalle mani e mandando giù il vino d'un sorso.

"Alice del quinto A, la catecumenale, ha detto cose indicibili sul nostro bel cantante."

"Non voglio neanche immaginare."

Ride sotto il mento e si ravviva i capelli, che profumano di perla d'India.

"Sono tutti impazziti per lui, Bea. Qualunque donna nel raggio di cinquanta metri fa tremendi commentini osé sui suoi pettorali e su quel culo al bacio."

Sorrido sorniona: l'effetto del vino si fa sentire all'altezza degli zigomi, dipingendoli di scarlatto.

"Culo al bacio. Divertente."

"Direi azzeccato. Dovresti uscire a goderti lo spettacolo, invece di startene rintanata qui ad ascoltare i racconti noiosi di Giovanni e Federica." -brontola, vedendoli passare mano nella mano- "Dov'é Sam?"

"Lo sai che non ci piace fare i fidanzatini appiccicosi quando siamo in compagnia. L'ultima volta che l'ho visto stava giocando a beer pong con Simo."

"Lui é a divertirsi e tu-"

Le parole seccate di Elena sono frenate dallo scoppio di un boato, una di quelle sollevazioni di massa in cui tutti alzano i bicchieri al cielo e fanno partire urla e fischi. La padrona di casa mi tira via per un braccio e si fa spazio tra la folla, spingendo avanti gli invitati.

"Permesso.. Fatemi passare, permesso, sí, permes-"

E per la seconda volta le sillabe scivolano dalla sua lingua fino al burrone del silenzio. Il suo viso é illuminato dalle modeste luminarie del palco e le sue labbra sono dischiuse in una O perfetta.

"Cosa sta succedendo?"

"Guarda lá.. Cazzo."

Da dò sei uscito, umile Dio?
Vergine Madre e Santo Peccatore.

Damiano é sul palco, davanti al gruppo, in ginocchio sui jeans, il busto piegato all'indietro e i capelli scompigliati. Ha la camicia aperta, che induce gli occhi a pattinare sulla sua carne nuda, e le vene del collo gonfie, ripiene.

"É.."

"É la cosa più bella che abbia visto stasera." mi scappa detto.

Che vai a dì, inglesina?

È bello come una canzone di Bowie cantata sotto la doccia, quando a casa non c'è nessuno, o come il burro che si scioglie sopra una fetta di pane tostato. È sincero, puro, nudo di tutto tranne che dei vestiti, audace e schifosamente menefreghista.

"Samuele non lo verrà a sapere, chiaro?"

"Chiaro."

Incrocio le braccia al petto e sistemo una ciocca dietro l'orecchio, mentre lo stomaco si chiude e si apre in una danza che porta alla nausea.

"Guarda, ti sta fissando."

Elena mi punzecchia il braccio e quando alzo lo sguardo, trovo gli occhi di Damiano, che gattona sul pavimento come un predatore, su di me.

"Il sogno erotico della serata ti sta spogliando con gli occhi. Devi per caso dirmi qualcosa?"

Che te devo dì, Lè?
Che sto bel rovo de probblemi m'ha punto co'e spine?

"Smettila di dire stupidaggini."

"Sará.. A me sembra che ti stia sbavando dietro. E fidati, la scelta non gli manca."

Sorrido nel momento in cui il pezzo si spegne e il silenzio investe tutto, facendo risaltare la mia voce fastidiosa nell'aria.

"Signori e signorine, credo sia giunto il momento di un po' d'intimità. Vi lascio in buone mani."

Damiano atterra sull'erba fresca con un balzo, si abbottona la camicia e scompare dietro il palco, con i propagarsi del civettare alle mie spalle. Nel frattempo, Thomas e Victoria, la prima al piano e il secondo alla chitarra acustica, fanno partire un pezzo meno movimentato, insieme al fuggi fuggi degli invitanti alla ricerca dei partner.

"Cosa facciamo?"

"Non so, a meno che tu voglia concedermi un ballo, tornerei dentro."

Elena annuisce con perplessità, finché la sagoma di Damiano che avanza nella penombra si fa nuda e cruda di fronte ai nostri occhi. Ha il passo dritto, la camminata decisa, la testa leggermente abbassata ma gli occhi rigidi, fermi, che puntano una sola direzione.

'A tua, cretina.

"Bea.. Bea.."-Elena mi strattona per il vestito- "Sta venendo verso di te."

"Lo vedo, Ellie. Cristo, lo vedo."

Prendo un ultimo respiro quando una cinquantina di metri ci separano, poi d'improvviso i miei polmoni tornano a gonfiarsi: é come essere sopravvissuti ad un nubifragio. Le mani di Samuele mi cingono i fianchi e il suo corpo si muove dietro di me, con me, al ritmo dei suoi baci sul mio collo.

"Scusa il ritardo."

"Non fa niente, sei arrivato lo stesso."

Ha l'alito pesante e le parole gli scorrono male sulla lingua, uscendo in suoni disarticolati, ma é pur sempre sincero.

"Credo di essere l'uomo più fortunato del mondo." -ammette in un attimo di luciditá, poggiando il mento sull'incavo del mio collo- "Ti amo, piccola rosa."

"Ti amo anche io, Sam."

È vero, Beatrì.
Sto ragazzo, lo ami popo tanto.
Ma poi ce sta lo sguardo de Damiano che legge le labbra tua.

I suoi piedi si fanno pesanti, rallenta. La sua fronte si fa liscia, gli occhi catatonici, il collo si gonfia. Il sangue mi si gela nelle vene quando accelera verso di noi, come un toro alla corrida, mani nelle tasche e spalle ricurve.

"Posso chiede un favore a voi signore?"

Samuele alza a fatica la testa con gli occhi rossi di chi non ha mai smesso di bere ed io mordo un'unghia, spingendo Elena a fare un passo avanti.

"Certo."

"Me concedi un ballo, da datore di lavoro a impiegato?"

Che fai, Romeo?
Provi a 'mpressionamme?
Giochi a toglieme attenzioni?
Ma chi te credi de esse all'occhi mia?

Porge una mano ad Elena, strizzandole un occhio, come ha fatto mille e più volte con me, e lei l'afferra senza farselo ripetere due volte, con le pupille dilatate e il petto in fermento.

Ora c'hai occhi solo pe lei?

"Non immagini neanche cosa ho sentito su quel ragazzo dentro quella casa." farfuglia Sam sopra il puzzo di rum bianco.

"Lo immagino, amore, lo immagino benissimo."

Le parole mi escono in un sospiro e lui mi fa fare una piroetta, in modo che i confini della nostre labbra si sfiorino.

"Come?"

"Fammi ballare, Sam."

Mi bacia la fronte, in mezzo agli occhi, e mi stringe a sé. La musica mi culla per un po' e il sapore dolce della pelle di Samuele lenisce una ferita che non sapevo di dover curare.

"Forse.." -mormora, inciampando sui miei piedi- "Forse ho un po' calcato la mano col bere."

"Non fa niente." -passo le dita tra i suoi capelli fini- "Ti farai riaccompagnare dai tuoi amici."

"E tu?"

Ha gli occhi lucidi e mille piccole righe in fronte, come quelle di un bambino che ha appena scoperto che Babbo Natale non esiste.

"Chiederó ad Elena."

Mi bacia l'angolo della bocca mancando la mira e qualcuno dietro di me scoppia a ridere.

Sei tu, Nena?

Damiano sta sussurrando qualcosa all'orecchio di Elena e lei si tiene la pancia per le risate: le sue mani venose stringono forte i fianchi da ragazzina cresciuta e sembra anche che i suoi capelli ricci le facciano solletico sul collo.

"Io, credo.. Credo di dover vomitare."

Come ce semo finiti qua, Sam?
Ste piastrelle der bagno fanno fiottá anche a me.

Riposo la fronte contro la porta di legno, fredda come un morto, immersa in un silenzio inframezzato dal suono dei conati.

"Tutto bene lí dentro?"

"Per quanto possa andare bene.."

"Vuoi che ti vada a prendere qualcosa? Un bicchiere d'acqua, non so.."

"Manda su Simone." -ordina senza scuse- "Digli che è importante."

Riconosco il ragazzo fra centinaia di altri - il fascino alla Van Gogh mi ha sempre affinato la vista- e quando ritorno ai piani alti, con un bicchiere di acqua e una tachipirina, il gigante gentile ha la schiena contro la porta e gli occhi chiusi.

"Come sta andando?"

La mia voce spaventa Simone e lui sbatte la nuca contro il legno freddo, spalancando quegli occhi di ghiaccio.

"Non molto bene."

Gli sorrido, massaggiandogli la testa che comincia ad arrossare, e lui stringe le labbra in una morsa ferrea.

"Mi ha chiesto di non farti entrare. Sai com'é fatto quando sta male."

"Volevo solo fargli bere questa." sorrido stanca.

Simone ghigna, torcendo i baffi in riccioli alla Dalí, e mi ruba il bicchiere di mano.

"Ci penso io a lui. Lo riporto a casa non appena sarà in grado di tenersi in piedi sulle sue gambe. Tu torna a divertirti."
"Ma-"

"Niente ma. Su, vai."-poggia le mani da gigante sulle mie spalle e mi fa fare un giro a metá, verso le scale- "Va', torna alla festa."

Le gambe stanche mi trascinano fuori, nel cortile con la piscina, proprio vicino alla grande quercia a cui é fissata l'altalena. Mi siedo sul vecchio giocattolo, notando come il sedere ci stia di giustezza, e mi dondolo un po' - il riflesso della mia sagoma volante che si specchia sulla superficie vellutata.

Riesci a volá, inglesina, te n'accorgi?

"Troppo casino pe' le orecchie?"

Questa volta la sua voce non mi spaventa, anche se proviene da dietro: lo stavo aspettando.

"Mi piace il silenzio."

Damiano siede sulla sdraio a fianco della piscina e soffia fumo dalle narici, che si riversa nell'aria in una nuvola bianca come la neve.

"A chi é che nun piace 'r silenzio?"

Ha gli occhi semiaperti, appesantiti dalla fatica, e il volto ombroso di un soggetto di Caravaggio. Finisce di fumare e accartoccia i pantaloni fino al ginocchio, per poi immergere i polpacci nell'acqua.

"Te fó così paura?" -batte sul marmo vicino a sé- "Vié qua, me sento solo."

Te n'sei mai stato solo, David.
T'ha sempre seguito 'a faccia da angelo e 'r core da diavolo.

Faccio come dice e Damiano mi sorride come un bambino, muovendo i piedi nell'acqua. Non so perché, ma mi sembra di avere davanti la persona che dirige quella controfigura grottesca del donnaiolo diciottenne, il tipico romano spaccone che cede di fronte all'immagine falsata di sè e preferisce nascondere le sue fragilità, i suoi sorrisi, i sentimenti più puri come si fa con la polvere sotto il tappeto. E con tutta sincerità, mi piace ciò che Damiano nasconde sotto il tappeto.

"A quanto pare, era meglio che 'r lento lo ballavamo io e te."

"Ho un fidanzato, Damiano."

"N fidanzato molto ubriaco che sa regge a malapena du bire."

"Non sarebbe male se gli portassi un minimo di rispetto."

"Quello se merita rispetto?" -esplode, agitando le braccia e spargendo ovunque quell'odore che mi immobilizza a terra- "E 'nnamo! Non t'ha filato per tutta la sera, s'é ubriacato a merda, e me vieni a parlà de rispetto?"

Devo aver avuto gli occhi da cerbiatto ferito e l'aria spaventata, perché Damiano rilassa i muscoli del volto e di punto in bianco scansa una ciocca di capelli che gli impedisce di vedere il mio profilo.

Te guardo e me sembra de non avè mai smesso de guardá l'occhi pieni d'amore de Sam.

"Adesso m'o concedi 'n ballo? Visto che quello de prima non é annato bene, forse.."

Incastro il labbro inferiore tra i denti e gli occhi di Damiano brillano d'un fuoco intenso. Forse è colpa del vino e del suo tono supplichevole, a tratti dolcemente insicuro, ma mi fido di quella scintilla come ci si affiderebbe ad un missionario.

Damiano esce dall'acqua e si alza in piedi: strano, ora mi ricorda Robinson Crusoue.

"Non abbiamo la musica, e poi.. E poi non.."

"Questo non é 'n probblema."

Tira fuori il cellulare dalla tasca e fa partire una vecchia canzone, di quelle che spopolavano nei locali di New Orleans negli anni '40. Mi offre la sua mano e non appena trovo appiglio, mi cattura a sé. Le sue mani bollenti restano alte sui fianchi, nonostante i corpi siano praticamente incollati, e a me basta per far tacere le voci dei rimorsi nella testa.

"Voglio ditte na cosa."

Zitto, Damiá.
Che famo se poi m'innamoro de na testa de cazzo come te?

Gli sfilo gli occhiali dal naso e li appendo al colletto della camicia, facendolo sorridere.

"Non riesco a parlare con qualcuno senza vederlo bene negli occhi."

"Fa niente, precisina apatica."

Gli rifilo un buffetto sul petto e lui scrolla la testa divertito.

"Questa é la canzone dei miei genitori."

Amleto o Faustus?
La resa o la lotta?
Che devo fá, Damiá?
Me devo arrende o devo combatte?

Mi fa fare una piroetta maldestra, ma non ci faccio troppo caso.

"É per le occasioni speciali."

"E questa sarebbe un'occasione speciale?"

"Na specie."

Alza le spalle, facendo strabordare il labbro inferiore, e la mia mano corre incontrollata lungo le sue braccia, in una mossa che tante volte ho ripetuto con Samuele.

"Da quando siamo passati dal darci degli stronzi a condividere occasioni speciali?"- gli domando con la voce rotta, sentendomi colpevole per la serenità che la sua presa mi trasmette- "Mh?"

Damiano spinge la mia testa contro il suo petto, come se sappia che l'unico modo per far annegare i demoni che mi tormentano è rilassare le guance sul suo profumo.

"Forse emo trovato 'n equilibrio tutto nostro."

E dici che non cascamo più, io e te?

Mi convinco che abbia ragione e per un po' decido di godermi l'unico momento di tranquillità della serata. Il nostro è un ballo gentile, silenzioso, umile, al chiaro di una luna che copre gli occhi e tappa le orecchie per non disturbare.

Socchiudo gli occhi e penso che potrei addormentarmi proprio lí, in quel momento, sul suo petto che fa da cuscino, ma la canzone finisce e Victoria spunta dalla porta finestra per richiamare Damiano ai festeggiamenti.

"Grazie der ballo, stronza perfezionista."

Mi bacia la fronte senza che io possa fermarlo, poi scompare con un sorriso tra le labbra.

"Bea? Sei tu lá fuori?"

Elena mi sta chiamando dal piano di sopra, poggiata sul davanzale della finestra del bagno.

"Sí, sono io."

"Cosa cazzo stai facendo laggiú al freddo? Sono andati via tutti! Forza, sali in camera. Stanotte dormi da me."

"E il casino quaggiù?"

"Un lavoro a cui penserò domani mattina."-esclama, ritirando la testa come una lumaca- "E per cui mi aiuterai senza lamentele."

Il rumore delle finestre che collidono mi fa capire che é tornata dentro e che ho poco tempo per rientrare. Passeggio sull'erba, facendo scorrere le mani sulle braccia per scaldarle un po': adesso che Damiano non c'é, ho freddo dappertutto.

Annuso l'orlo del vestito: ha il suo profumo.
Credo che stanotte riuscirò a dormire.

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