3.
La notte scorsa ho fatto uno strano sogno, di quelli che ti tengono sveglia per un po'. Eppure non riesco a ricordare nient'altro che qualche ora insonne. La stanchezza si sente sotto gli occhi e intorno al collo, proprio sulle spalle, mentre le gambe strusciano lente lungo il giardino umido della scuola.
Samuele siede sui gradoni di marmo con un libro aperto sulle ginocchia e la solita cuffia nera calata sulla fronte.
'Nto sei bello, angelo mio..
"Ultimo studio disperato?"
Solleva la testa e mi sorride con gli occhi, mentre io prendo posto al suo fianco stringendomi a lui dal freddo.
"Cos'è?"
"Fisica."
"Mh.. Interessante."
Samuele fruga un attimo nella tasca del cappotto, poi incastra una sigaretta tra le labbra.
"Non capisco niente, io.." - tentenna, come se non lo conoscessi abbastanza e avesse paura ad aprirsi- "Non so dove mettere le mani, Bea."
Sfoglia il libro, poi lo richiude con un colpo della mano. Io gli bacio la tempia per calmarlo e poggio la testa sulla sua spalla, sentendolo rilassare i muscoli al contatto.
"Non ci pensare, siamo solo a inizio anno."
Nuvolette di fumo tingono l'aria intorno a noi isolandoci dal resto, dal rumore, dai colori, dalle preoccupazioni. Siamo solo io e lui, il suo mozzicone e i suoi jeans un po' stropicciati, i suoi baci e i miei sguardi stanchi.
Ma quarcuno che ferma 'r tempo, non ce sta, amore mio?
Chiama l'angeli amici tua, diglie de fá 'r miracolo.
"Cosa farei senza di te.." sussurra labbra contro labbra, ad occhi chiusi.
"Sono le sette di mattina, Sam. Non pensare troppo."
Mi bacia come se fosse l'unica cosa che gli permette di respirare, finché la suoneria di un cellulare lo allontana quel tanto che basta per farmi ingerire aria.
"Scusa.. È sconosciuto. Forse é importante." mi giustifico.
Lui riapre il libro e mi lascia un po' di libertà.
"Pronto?"
"Beatrice?"
"Mh, sí."-mordo la guancia- "Chi parla?"
Samuele alza il capo guardandomi indeciso e preoccupato: i muscoli delle gambe sono in tensione come se fosse pronto a scattare.
"Lo stronzo de du' giorni fa."
N'po' esse.
Il cuore salta al battito successivo e le ginocchia cedono di scatto, cominciando a tremare. Fingo di avere la situazione sotto controllo e quando Samuele curva la schiena sui libri, mi allontano di qualche metro.
"Come fai ad avere.."-sussurro per paura che Samuele possa origliare-"E poi cosa vuoi?"
"Na domanda pe' volta." replica scocciato con la voce roca e graffiante.
Te sei svegliato adè, principe de noartri?
N'ce vai a lavoro te?
"Primo, é stata l'amichetta tua a obbligamme. Secondo, m'ha detto lei de chiamatte."
"Elena?"
"Non só n'aquila, ma 'nsomma.. Me sembra che se chiama cosí. M'ha detto de fá sto numero per metteme d'accordo pe'e prove."
Maledico Elena sottovoce e Damiano scoppia a ridere dall'altro capo del telefono.
"Ti diverte molto?"
"Che 'na precisina apatica come te c'abbia qualche rogna? Famo de sí."
Un suono gutturale, simile ad un ruggito, mi sale spontaneo lungo la gola: lo sento raschiare contro la carne nuda e impedire alla saliva di scendere.
"Ma come cazzo ti permetti?"
Il suono é un sibilo, giusto un soffio di vento, ma basta per ammutolire Damiano. Do un'occhiata intorno, sollevata dal fatto che Samuele sia ancora chino sulle ginocchia.
"Era 'na battuta, Miss Acido Cloridrico."
"Non me ne faccio niente delle battute."-prendo un respiro e una pausa che mi sotterra l'orgoglio- "Venite domani. Alle 16."
"Non dovresti sentí l'amica tua?"
"A domani." ribadisco dura.
Il telefono mi resta fra le mani fredde per alcuni secondi e i miei occhi lo fissano finchè la schermata sbiadisce e si tinge di nero. Rilasso le spalle mentre la campanella mi fa salire un senso di nausea alla bocca dello stomaco.
Ce mancavi te, Johnny Depp dei poveri!
No stronzo da pijá a schiaffi d'a matina alla sera.
Finchè l'orecchie te se tocca e se saluta.
Samuele nel frattempo abbandona gli scalini e passa le mani sui jeans, giusto per scaldarle un po': il flash di Damiano che ripete la stessa mossa mi si stampa sulla superficie delle pupille e faccio un passo indietro per non cadere.
"Tutto bene?"
Sam mi si para dinanzi, ma tutto ciò che riesco a vedere nei tratti spigolosi del suo viso é il volto di Damiano che si avvicina per afferrare le chiavi.
Riesco anche a sentì l'odore d'a pelle tua, brutta testa de..
"Andiamo piccola rosa, ti accompagno in classe."
Sam mi bacia come sempre, peró tra le mie orecchie sibila la sua voce.
na precisina apatica come te..
Non so perché, ma per la prima volta, mentre bacio il mio ragazzo, mi sembra di sentire il colpo di una pugnalata che non rimargina più.
Apro gli occhi e tutto si fa più chiaro: non é Damiano, ma il mio Sam.
[...]
Quando ho cercato di chiedere spiegazioni ad Elena questa mattina, il suo banco vuoto mi ha lasciata con l'amaro in bocca. Samuele dice di non conoscere il perché della sua assenza e io gli credo, nonostante avrei preferito diversamente.
I raggi del sole mi tirano uno schiaffo in faccia: fa stranamente caldo per essere settembre. Cammino verso il solito cantuccio a destra dell'entrata, proprio di fianco alla colonna in ordine ionico, e compongo il numero di casa di Elena.
"Devo esservi mancata davvero troppo." ridacchia sottile e io mordo la lingua cercando di tenerla a freno.
"Devo raccontarti una storia, dove cazzo sei?"
"N-non mi é.. Non ha suonato la sveglia. Di che storia stai parlando?" balbetta.
"Quella in cui tu dai il mio numero a Damiano e lui mi chiama per delle prove di cui non so assolutamente niente."
"Io.."-sospira-"Mi dispiace di non avere avvisato prima."
"La questione non é avvisare o non avvisare, Ellie." -mi passo una mano tra i capelli, nervosa- "Perché gli hai detto di chiamare me per questa stupida festa? E soprattutto, perché gli hai dato il mio numero?"
Dimmelo n'po', Nena.
Perché voi famme cascá in tentazione de sto serpente dall'occhi grandi e dorci?
Sento per un attimo la madre di Elena urlare qualcosa che somiglia ad una domanda e lei copre l'altoparlante per rispondere.
"Scusami. Era mia madre." -rimango in silenzio e lei decide di continuare- "Mi dispiace Bea, ma ero sicura che se te l'avessi detto, non gli avresti risposto."
"E avrei avuto ragione! Ora puoi spiegarmi?"
Il mio tono si fa dolce, quasi comprensivo, in maniera del tutto involontaria. Non riesco proprio ad essere egoista.
"Ti ricordi del compito di storia di martedì?"
Prima guerra mondiale e tensioni internazionali: me ne hanno parlato molto, lei e Sam. Due giorni fa hanno persino deciso di prendersi un pomeriggio intero tutto per loro, solo per prepararlo.
"Sí, me lo ricordo."
"Bene. Ecco, non é andato come doveva."
Lancio un'occhiata sugli ultimi ragazzi che attraversano il portone della scuola: credo siano i compagni di Samuele.
"E tua madre ti ha messo in punizione." deduco ad alta voce.
"Peggio."-sospira-"Mi ha ritirato il telefono."
Sulla linea cala un silenzio confortevole e la tensione si scioglie in attimi di quiete.
Allora nun m'hai tradito, Lè..
"É stato tutto così improvviso, Bea. Da un momento all'altro non avevo più modo di contattare i ragazzi. Ero anche riuscita a scoprire dove mia madre nascondeva il telefono, ma Damiano non ha risposto. Ero nel panico, capisci?"-domanda con la voce al limite della rottura-"Mi sei venuta in mente subito, senza pensarci, e ho allegato il tuo contatto ad un messaggio con scritto di chiamarti al più presto."
Prende il respiro e io le lascio modo di finire di spiegarsi.
"So che con Damiano non c'é tutto questo feeling, ma credevo che una telefonata non ti avrebbe dato così fastidio. Per il numero.. Beh, mi scuso. Era un'emergenza e non ci ho davvero pensato."
Il mio sguardo cade sul quadrante dell'orologio: la campanella é suonata da sette minuti e Samuele non si é ancora visto.
"Non posso dire che mi ha fatto piacere, ma ti capisco." -ammetto rilassando le spalle- "Ad ogni modo, la band passa questo pomeriggio alle quattro."
"Wow. Non pensavo che avreste trovato un accordo in così poco tempo."
La voce di Damiano inizia a ronzarmi nella orecchie come una zanzara fastidiosa e d'istinto le mie guance si colorano di rosso.
"É stato più facile del solito: il segreto é imporsi sul suo ego gigantesco."
Ellie scoppia a ridere e non appena alzo lo sguardo, Samuele lo lega al mio. É sudato e sembra distrutto: deve aver avuto educazione fisica.
"É arrivato Sam, ci sentiamo questo pomeriggio."
"Alle 4 da me?"
So che non dovrei accettare, che il mio ci sentiamo non era finalizzato a questo, che non ho voglia di combattere contro la presunzione di un ragazzino con la smania del rock. Eppure Elena mi implora con il suo tono bambino e io non posso che cedere.
"Alle 4."
[...]
Da: Ellie, 16.03
I ragazzi sono arrivati puntuali, anche il tuo Damiano ;)
Ti aspettiamo nel garage
Sfilo la cintura di sicurezza e do un'occhiata al cruscotto dell'auto
16.18
Cazzo.
Io e 'r pianoforte, 'na distrazione continua.
Mi precipito nello spiazzale, sotto i raggi di un sole stranamente temerario, e sotto la saracinesca del garage intravedo Elena di spalle seduta su uno sgabello. Mentre Damiano inizia a fare il solito conto alla rovescia, Ethan ferma tutto indicandomi con una bacchetta.
"É arrivata anche la ritardataria!" esclama Elena.
Mi piego sulle ginocchia per il fiatone e Damiano mi rivolge un sorriso malizioso, di quelli che vorresti togliere a suon di pugni sui denti e io, di rimando, roteo gli occhi al cielo, certa che nella sua testa stia suonando una cantilena di prediche sulla finta ipocrisia.
Sì, sí.. Ho fatto ritardo pur'io.
Embè?
Damiano, peró, piega la testa e la scuote in una risata sorda prima di passare una mano sui baffi.
'o fai spesso? Qu'a cosa de fá così co'll'occhi..
Scrollo il capo per scacciare via i fantasmi e poggio una vecchia sedia di vimini accanto alla mia amica.
"Si chiamano Måneskin." -mi confida Ellie sottovoce- "Vuol dire chiaro di luna in danese."
"Davvero romantico per il gruppo piú coatto di Monteverde."
"Eddai!" -mi pizzica il braccio- "Smettila di punzecchiarli! Sai, Victoria é danese."
Sotto la vergine luce del sole, mi accorgo solo ora di quanto i suoi tratti urlino nordicità.
Sei davvero bella, Victò.
"Li ho conosciuti un po'. Quando mi hanno detto la loro età sono rimasta cosí.." -gorgoglia strabuzzando gli occhi- "Lo spilungone ha appena sedic'anni, Ethan e Victoria diciassette, Damiano solo un anno in più."
Deglutisco a fatica alla notizia ed Elena se ne accorge, scoppiando a ridere.
Diciott'anni, Damiá?
Semo coetanei?
Eppure.. 'a mascella pronunciata, 'a peluria sur petto, 'r modo de vestí..
C'avrei ggiurato, che c'avessi più tempo su'e spalle.
"Lo so, ho avuto la stessa reazione. Sembra molto più grande." -ammette, senza nascondere il fascino che le suscita- "Sono simpatici."
"Non ho niente contro di loro."
"Bea, si vede lontano un miglio che appenderesti Damiano ad un palo della luce."
Lo guardo mentre chiacchiera con Victoria: sembra che una dolcezza bambina si sia impossessata di lui. Nel suo sguardo, nelle sue carezze, nel bacio che le dà in fronte, vedo solo tenerezza. Ha la fronte bagnata e i capelli legati in una ciuccia, il look trasandato di chi non ha avuto tempo di scegliere cosa mettere.
"Ora lo stai fissando."
É vero, Beatrì.
Che fai, t'imbamboli su Mr Coatto?
Eppure.. pare così diverso dar cojone arrogante dell'artra sera..
"Falli suonare." ordino robotica non staccando gli occhi da lui.
La band prova tre o quattro cover che riescono a farci ballare sulle sedie. La loro non é solo empatia musicale: é il modo di muoversi e di interagire su qualunque pseudo palco che fa la differenza.
Damiano.. Beh, Damiano é tutta un'altra storia. É lo sguardo. Colloso, resineo, elettrico. Sono sicura che il più delle volte guardasse me, o forse é solo la stupida impressione di chi prende tutto come un affronto. Eppure, mentre canticchiavo Raggamuffin, l'ho visto sorridermi.
"Figo, tutto molto figo!" si compiace la padrona di casa.
Victoria fa un mezzo inchino e Damiano la guarda con gli occhi languidi di chi ha trovato l'amore.
Che fai, Damiá?
Giochi ad acchiapparella co Cupido?
"Che ne dici di stilare tu la lista?" mi sussurra Elena nel boato generale.
"Sicura? È la tua festa.."
"Hai più gusto di me." -ammette- "Su, vai da loro. Da adesso sei ufficialmente la mia manager."
Cammino cauta verso la band, mani nelle mani e spalle basse: Victoria è seduta sopra Ethan e Damiano sta accendendo una sigaretta.
"Scusate.. Con chi posso parlare per la scaletta?"
Thomas spinge Damiano e lui stacca la maglia sudata dal petto.
"Se non te crea disturbo, co' me. Nnamo de fori: prenno carta e penna."
L'auto di Damiano è parcheggiata proprio dietro la mia. Una Clio blu con mezzo specchietto rigato e la polvere dappertutto, in cui lui si infila per metá dentro rovistando in chissà quale disordine. Dopo che i miei occhi sono scorsi impavidi sui suoi jeans stretti, fino ai muscoli delle spalle che si stampano sulla t-shirt di cotone bianco, Damiano ne viene fuori con un block-notes vissuto pieno di scarabocchi, strappi e cancellature.
"Allora, regazzí, dimme 'n po'. Che idea c'hai?" si appoggia contro la macchina e fuma senza smettere di fissarmi.
Odio quando la gente mi fissa senza alcun motivo, a patto che non sia Samuele.
O Damiano.
Arrossisco senza volerlo e lui alza l'angolo della bocca in una smorfia divertita.
"Famo che Raggamuffin la mettiamo per prima, eh? Me sembrava de capí che te piacesse."
Damiano butta a terra la sigaretta e scribacchia tutta la scaletta sul suo foglio, quando io, stretta nel mio cardigan cobalto, tento di avvicinarmi. Lui, di rimando, si aggiusta spalla contro spalla: odora di fumo e sudore, un misto di tabacco e foglie invernali, ed emana un calore mai provato prima.
Perché non me fai più schifo d'an tratto?
M'hai mai fatto schifo, Damiá?
"Avevo pensato di mantenere l'ordine originale. Forse potremmo.."-faccio correre il dito sulla carta- "Potremmo scambiare Amy con James."
"Allora, oltre ad esse 'na precisina apatica, ascorti anche musica bona."
Aderisce il suo braccio al mio, come se il contatto gli serva a stabilire una connessione, e una scossa gelida scava nelle mie ossa. Poi, non appena una ciocca di capelli mi cade di fronte agli occhi, la scosta con insolita premura: il contatto delle sue dita calde contro il mio zigomo mi fa arrossire ancora.
"Di solito buona musica va d'accordo con buoni musicisti."
"Mh.. Quindi la ritardataria suona? Così me stupisci."
Ma quanta voglia c'hai de prende carci 'n culo?
"Il pianoforte, da dieci anni. Ma se preferisci posso provare anche con te: suoneresti bene a schiaffi sulle guance."
"Caratterino mica male.. Me só sempre piaciute 'e riggide perbeniste: só le belve più affammate sopr'e lenzuola. Soprattutto quelle che sonano er pianoforte."
Le mani iniziano a prudermi quando Damiano strappa il foglio e lo piega su due lati.
"Questo tienilo tu. Io me li ricordo a memoria."
Inserisce poi il pezzo di carta nella tasca anteriore dei miei jeans senza indugiare troppo. Ha la testa china sul blocco note e io ne approfitto per osservarlo, come si osserva un David di Michelangelo o un Amore e Psiche del Bernini. Non si è fatto la barba e ha le labbra un po' secche, le occhiaie di giorni di sonno arretrato.
Sei scappato dar museo, Damiá?
Ci'o sanno che je manca 'r pezzo preggiato?
"Quindi oltre a roteá l'occhi, te piace anche fissà 'a ggente." -mormora sollevando la testa- "O è 'na cosa che fai solo cogli stronzi come me?"
"Stavo prendendo le misure del tuo ego: credo che superi il tetto di quella casa."
Damiano richiude il suo plico e lo getta in auto, serrando lo sportello con un colpo sordo.
"Quindi, ricapitolando. Io só lo stronzo egocentrico e narcisista che vive de sesso e arroganza, mentre tu saresti la finta perbenista tutta dieci in condotta e impulsi repressi."
Tira fuori un'altra sigaretta e incolla la schiena alla sagoma dell'auto.
"Direi che ci siamo."
"Tu non mi conosci."
Damiano mi soffia fumo in faccia e si avvicina come una iena che ride: il suono degli stivali sull'asfalto.
"Io te conosco piú de quanto potrá mai conoscete 'l ragazzo tuo. Famme indoviná.. Alessandro? Luca? Oh, no, no. Riccardo. È Riccardo vero?"
Incrocio le braccia e tossisco, furiosa.
"Tu non sai niente."
"Mh.. quindi non è Riccardo. Eppure.. eppure c'avrei giurato. Un nome così tradizionale."
"Non ti permetto di parlargli così. Non lo conosci nemmeno."
"Quindi un lui c'è: c'avrei scommesso. Vediamo.." -batte l'indice sul mento- "Famiglia benestante, cameretta in ordine, figlia unica, mh.."
Mi squadra dalla testa ai piedi e sento i suoi occhi correre sulla pelle. È come se mi stia spogliando e io di conseguenza incastro bene le cosce tra loro.
Ma come fai?
Ad accende 'na candela senza stoppino?
"Vorresti fá dell'arte 'r lavoro tuo, ma i tuoi vogliono che tu faccia l'avvocato, o 'r medico, che so io. Nun te interessa le mode e non c'hai la smania de fatte notà, giusto? E poi nun te piace discute, chi c'ha la faccia tosta de trasgredí le regole, perché tutto deve andà come programmato da quarcun altro che non sei tu. Sbaglio?"
Damiano passeggia un po', finisce la sua sigaretta e poi torna da me, proprio sotto il mio naso, con il suo odore muscoloso e penetrante.
"Ma in fondo in fondo te piace chi se ribella, no?" -mormora a denti stretti con mezzo sorriso stampato in fronte- "Te piace staglie vicino, lo invidi, perché te fá vede un mondo nuovo, colorato, orecchiabile, vivo. Un mondo dove la musica è oltraggio, l'eccentricità è il proprio biglietto da visita e il sesso non è 'n taboo."
Le sue parole soffiate, sofferte perché vere, mi immobilizzano sul posto e quando la sua barba ispida struscia contro la mia guancia, nel tentativo di sussurrarmi qualcosa ad un orecchio, non riesco a oppormi.
"Damiano é molto artro da quello che vedi, ma basta che me fai 'no squillo e te faccio vedé come se vive veramente. Il numero ce l'hai."
Se ne va lasciandomi lì, con il cervello liquefatto e le mani che prudono, la voce di Elena che ci invita a rientrare da sottofondo.
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