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29.

Se in un giorno qualunque della mia vita precedente mi avessero chiesto se fossi felice, la risposta sarebbe stata, senza alcun'ombra di dubbio, affermativa.

Ero una bambina solare, che sapeva prendere il buono dalla vita. Papá Michael mi portava fuori ogni giorno, alle sei in punto, non appena io avevo finito i miei compiti e lui staccava da lavoro. Fumava la sua pipa lunga, che aveva ereditato dal bisnonno, e mi lasciava la mano dopo aver superato i cancelli del parco. Avrebbe potuto abbandonarmi lì e non me ne sarei accorta: non avrei pianto, perché, come detto, ero una bambina felice che sapeva estrarre il buono dalle cose.

Dicono che col tempo ci si trasformi, o che sia il tempo, piuttosto, a cambiare le cose. Io penso solo che i deboli e i disillusi lascino carta bianca al mondo di agire su di loro. Nessuna opposizione, nessuna critica, nemmeno un grido di protesta.

Il tempo non mi ha cambiato. Mi ha ferita, infreddolita, inaridita - se vogliamo dirla tutta - ma se oggi, in qualsiasi momento del giorno, mi chiedeste se sono felice, penserei a Damiano e vi risponderei di sì. Anche se la mamma è stanca, la D'Alba mi ha preso di mira e non riesco a convincere papá a comprarmi un cane. Vi risponderei senza esitazione: che sì, sono felice, e il tempo non ha cambiato le cose.

"Dispiace se prendo l'ultimo pezzo?"

Vivacizzo gli occhi e la sagoma seghettata di Nica si fa più nitida alla luce del sole: non è bella come Victoria, ma la sua chioma nera lucida splende come quella della sorella sotto gli ultimi raggi di sole tenero.

"Fa' pure Nì, se no 'a ragazza me se 'ngrassa troppo."

Damiano fuma la sua sigaretta Camel, che ha rubato ad un passante dopo aver finito il pacchetto, e sorride vistoso dietro una nuvola densa. È seduto su una sedia di metallo inglorioso come un re, con le gambe larghe e il busto incavato, le braccia lente sugli appoggi. Si tira indietro i capelli e mi fa un occhiolino, mentre Nica ruba l'ultima fetta di tramezzino dal mio piatto.

"Lo sai sì, che stai giocando col fuoco?" gli dico, accavallando le gambe.

Lui alza gli occhi al cielo e scopre i denti allineati, tirandomi con forza verso di sè, fino a che sono costretta a precipitare sopra le sue ginocchia.

"Cor foco non ce scherzo, Precisì." -mi sussurra, legando le mani sulla mia pancia scoperta- "Ce vinco e basta."

Nica scuote la testa in disaccordo, ridendo mentre mastica il tonno con i suoi carciofini imbevuti d'aceto, e io respiro piano, con Damiano che fa il Grand Tour sul mio collo e sulla spalla sinistra.

La tenda del bar ci divide in due e lui mi morde la pelle, ma io non ci faccio caso. Appoggio la schiena ai suoi pettorali e guardo Victoria passare la mano fra i capelli di Leo, Ethan discutere con Thomas ed Elena girare la cannuccia mangiucchiata nell'estaté bucato. Ci scambiamo uno sguardo e lei mi saluta con gli occhi stanchi.

"C'ha na faccia da cadavere, Beatrì. Ma quanto la fanne lavorá a quer locale de merda?"

"Non lo so, Rockstar." -ammetto in un respiro- "Ma suo padre vuole che tenga da parte qualcosa per quando inizierá l'universitá e dovrá badare a spese più grandi."

Damiano mi aggiusta sopra di lui, stendendo il mento sulla mia spalla e le mani bollenti sulle cosce nude.

"Non c'ha i sordi che glie esce dar culo quel tipo?"

"Più o meno." -bisbiglio quando vedo Ellie drizzare le orecchie- "Dice di volerle insegnare il senso di responsabilità, o stupidaggini del genere."

"Bah." -fa in tono critico, alzando di poco le spalle abbronzate di Riace- "Ste persone n'e capisco proprio."

Rido alla sua voce bambina, che esce roca come non mai, e catturo le sue labbra salate tra le mie, mescendogli i capelli raggrinziti per l'acqua di mare.

"N'te la rubba nessuno, Icá! È inutile ch'a strigni così forte!"

Andrea scavalca le porte scorrevoli con la sua nuova coccia pelata, sulle tonalità del magenta, sistemandosi gli occhiali scuri sul naso spellato e una birra sudata tra le mani. Rumoreggia tirando una sedia indietro e ci sprofonda sopra, con i piedi che fuggono subito le infradito e si stampano sull'asfalto tiepido.

Leonardo e Victoria ridono alla sua battuta, stringendo gli occhi alla stessa maniera, mentre Damiano fa finta di volergli sputare sulle calzature scolorite, costringendolo a sottolineare che era solo una stronzata delle sue.

"Fai bene, Icá." -gli dico poi, bagnando
le labbra di birra- "Tienitela stretta a sta pischella finché te sopporta."

Gli sorrido e lui mi offre un po' della sua bevuta, che Damiano gli strappa dalle mani come segno di scuse.

"E questo era per qu'o obbrobbrio de camicia che porti." gli fa, scolandosi il terzo sorso.

Andrea finisce quel che resta e posa il vetro scuro sul tavolo, stringendo le dita tra sè sopra il metallo graffiato.

"Posso fatte na domanda, Beatrì?"

Damiano tossisce e io acconsento.

"Ce sta mi sorella che non sa quello che fa." -comincia con la faccia scura e seria- "È ancora piccoletta, ma non vorrei che se facesse influenzà da'a fretta o dalle idee de quarcun artro."

Prende un respiro profondo e si gratta lo stinco peloso come se fosse a forte disagio.

"Da quello che so, je piace disegná. Sta sempre lì a riempì er diario de scarabocchi, nun se ferma mai. Quarche volta ho pure sbirciato mentre 'i faceva. È brava, cazzo."

Annuisco, come a volerlo confortare, e Damiano se ne sta in religioso silenzio, con le dita che gli tremano un po' in astinenza da sigaretta.

"Tu ormai stai iscritta all'Accademia, no?" -chiede conferma, riprendendo al mio sì- "Dici che è 'n ambiente sano? Glie potrebbe dá lavoro, n'opportunitá seria?"

Quelle corone circolari ammuffite che porta al posto degli occhi divampano di speranza e il naso tozzo gli si accorcia in un istinto di tensione. Prende una sigaretta dalla custodia di metallo antiquato in cui tiene tutte le sue cose e ruba l'accendino di Dem da sopra il tavolo.

"Si troverá benissimo."

Andrea tira un sospiro di sollievo e Damiano gli batte una mano sulla spalla, dicendogli di stare tranquillo.

"A fai facile tu! Quegli stronzi t'hanne fatto passá solo perché nun te sopportava più nessuno."

Dem ride sotto di me e rilassa le gambe, pensando a quante inutili liti abbia scampato ai suoi genitori sull'unico dovere di un figlio che non porta soldi in casa. Io gli stringo per bene le mani nelle mie e gioco con il suo anello, il nostro anello.

"Fasse odiá é un'arte, Andy. Ricordatelo."

L'amico sgrulla il capo pelato e ordina un'altra birra, mentre Victoria smanaccia per chiedermi se voglio qualcosa da bere da condividere con lei.

"Una coca con ghiaccio, grazie." dice al ragazzo che prende gli ordini, facendolo arrossire con un semplice sorriso.

Leonardo, intanto, gioca distratto con i lacci dei pantaloni, pensando, forse, a quanto sia bella quella ragazza con i boccoli grano: una goccia fina di sudore gli scivola lungo la linea sfumata dei capelli, ma lui é perso nelle braccia esili di Vic e non la sente nemmeno passare.

Ancor prima che finissero gli esami e potessi anche solo sognare di mostrare a Michael il mio onesto novantatré, Damiano mi aveva assicurato che non fosse stato lui a generale quello switch radicale in Victoria. Mi aveva aspettato fuori da scuola con una bottiglia di spumante -il migliore, a detta sua- e due braccia aperte, un sorriso fiero e gli occhi animali, felini. Aveva unito le nostre bocche fregandosene degli sguardi laconici che ci circondavano: Rose con David? E che ci fa una figa di legno con quell'attaccabrighe montato del Montale? Ha sudato anche la terza media, quello lí ho sentito dire. C'erano anche un po' di gira voce che siano bravi, peró e di mia sorella li é andati a sentire, non sono malaccio. E poi lui ha il suo perché, ma anche di quelli, Damiano se n'é semplicemente fregato. C'era la nostra bottiglia giá calda, la sua emozione nascosta e la mia liberazione, il mio traguardo tagliato. Mi aveva portato a cena fuori, sfoderando uno dei suoi sorrisi piú belli e una camicia estremamente sobria: aveva insistito tanto affinché festeggiassimo.

"Te lo meriti, Precisí. P'esse na secchia e per avé aiutato st'anima dell'inferno a passá l'anno senza debbiti." aveva usato per giustificarsi.

E lí, mentre tagliava la torta che non avevo ordinato, ma che mi aspettavo condividesse, aveva alzato la testa di scatto alla domanda su Victoria.

"É da un po' di tempo che ho l'impressione che non ce l'abbia più con me. Tu ne sai qualcosa?" gli avevo chiesto. Damiano aveva stretto il cucchiaino sulla lingua e aveva negato tutto, giusto per evitare che l'accentuazione sortisse l'effetto contrario.

Eppure, io sapevo che era stato lui.
"Ecco per te, una coca con ghiaccio."

Il ragazzo con il pizzetto fuori moda poggia il bicchierone di vetro spesso davanti a Victoria e lei lo allunga sul tavolo, orientando una delle cannucce verso di me.

"Come ciucci bene, principé."

Tutto il tavolo scoppia a ridere, da Andrea che quasi si strozza con il fumo, a Ethan e Thomas che sembravano assenti fino a due minuti a fa, a Ellie che gioca con le treccine di Pocahontas e Leonardo che cerca di trattenersi come meglio può, per non fare la figura del bastardo. L'unica che non riempe l'aria con la sua risata pacata é Nica: sostiene la testa a mezz'aria sopra il telefono che stringe tra le dita, con gli occhi acuti e la fronte rigata.

"Ní, che te pija?" -gli fa Damiano, sporgendosi oltre la mia spalla- "Stai presa a male?"

Quella sbatte gli occhi contro i pixel ma non alza lo sguardo: legge le ultime parole e scorre in basso con il dito, prima di verificare che non c'è altro.

"Hanno aperto i casting per X-Factor." mormora ermetica.

Damiano si tende come una corda di violino e lo stesso fa Leonardo, senza un apparente motivo. Victoria ingoia il suo sorso frizzante e si gira verso la sorella col viso pieno di domande.

"Perché, voi partecipá? Te ricordo che si piú stonata de me."

"E ce ne vuole." si aggiunge Ethan.

Un minuto di estremo silenzio ci immerge in un giorno di funerale e Andrea si gratta la testa come un bambino che non capisce l'errore commesso.

"Vuole che vi iscriviate, geni." -si fa strada una voce impastata e assonnata- "Ci vuole tanto a capirlo?"

Elena sbuffa e ruba il bicchiere a Victoria, che la lascia fare con una passività stupita e arrendevole che per poco non la spaventa. Leonardo, invece, si passa una mano fra i capelli e sembra ragionare sull'offerta, come se fosse qualcosa che lo riguardi da vicino.

Ma quanto sete diversi, Victó?
E ve ce trovate pure?

"Dovremmo provare."

Damiano fa preda del mio ginocchio tra la sua mano ferma e rigida e anche se non riesco a vederlo, so che vorrebbe strappare di bocca la lingua di Thomas. Ricomincia a muovere la gamba per convulsioni e Victoria mi guarda oltre con una specie di compassione: non so se stia patendo per me o per lui.

"Non dí 'e stronzate, Thomas." gracchia duro.

"E perché no?"

Damiano stampa il palmo sul tavolo come un leone che ruggisce.

"Perché noi non ce vendiamo, testa vota."

Mi cinge i fianchi brandendoli come una mazza chiodata, infilzando con troppa veemenza delle unghie che non ha dentro la carne, fino a costringermi a voltarmi e cercare di calmarlo.

"Damiá, fallo parlá pe na volta.." pigola Victoria, che gioca vergognosa con la cannuccia gialla.

"Ah, adesso pure te voi tradí er nome der gruppo?" tossisce, mentre gli carezzo la guancia e gli modello i capelli, con la speranza che allenti la presa dei denti sul collo di Thomas.

"Nun se tratta de tradimento, Damiá, e su!" -brontola l'altro- "É na possibilità che se po' prende in considerazione. Perché rifiutá quarcosa che ce po' aiutá aggratis?"

"Te voi vende er culo, Tommá?"

Victoria sospira e Leonardo le spinge i capelli dietro la schiena, plasmando la mano sulla sua schiena.

"Ma perché dev'esse per forza come dici tu?" -contesta la bionda- "Magari ce darà qu'a visibilità che ce potemo solo sogná qua a Roma."

"Quindi tutto quello ch'emo fatto fino ad ora non conta un cazzo?" -abbaia, tirando i muscoli fino a che mi sembra di poggiare su una sedia vera- "Dici che non c'ha un minimo de dignitá? Ch'emo fatto i grossi cor culo moscio?"

Andrea gli blocca un polso, nel vano tentativo di fargli notare quanto i toni si siano alzati inutilmente, e Leonardo lo guarda coriaceo, come se volesse sfidarlo a duello per vincere il rispetto della sua donna. Ma Damiano non demorde, rallenta il respiro ma accelera il battito.

"Nun me mette in bocca parole che non ho detto."

Che c'hai, Victó?
Non t'ho mai sentito piú piccola e distruttiva de cosí.
Eri te ch'hai mmazzato tutte que'e persone a Nagasaki?

"É n'occasione, Damiá. Perché nun ce pensi?" rincara Thomas.

"Volete andá a X-Factor? Bene, cercateve 'n artro cantante."

Victoria sbuffa e sbatte il palmo sul tavolo, Thomas gira gli occhi e Nica scuote la testa, come se abbia troppa paura a parlare ma lo stia condannando in silenzio.

Guardo Vic con attenzione, mentre l'idea le scivola di dosso con fare lascivo: lo spirito combattente ha appena fatto harakiri.

"E se la mettessimo ai voti?"

La gola di Damiano ruggisce dietro di me quando gli occhi malfatti di Elena impuntano i piedi nei miei.

"Siete quattro, la maggioranza vince." chiarisce, ridando tono alle spalle smorte.

"E se semo due contro due?" chiede pungoso Damiano, che pare aver subito il fascino della democrazia.

Elena ci pensa un po', poi allenta le braccia sul tavolo e ci ficca il mento sopra, come un cane stanco.

"C'é sempre un anno buono per crescere e discuterne."

Damiano diminuisce la stretta sui miei fianchi e io torno a respirare.

"Ci sto."

Sei tu, Rockstar?
O ha parlato la tua coscienza nella mia testa?

Victoria sorride timorosa e scambia un'occhiata fugace con Thomas, che ha i capelli talmente lisci da permettere al vento di intrecciarli come un rovo di prugni.

"Io só d'accordo per partecipare." comincia l'unica donna del gruppo.

"Io pure."

Damiano aspetta qualche secondo, facendo sí che venga ristabilito il silenzio, per dare l'illusione di avere cambiato idea.

"Io n'so d'accordo."

E solo ora, forse, tutti guardano Ethan, come quel pezzo del puzzle messo da parte, con il quale riusciamo a completare il disegno.

Ethan fissa il tavolino, nel punto in cui un raggio di sole sbiadito fa la capriola, poi ci mette la mano sopra e si schiarisce la voce.

[...]

Damiano accomoda il cucchiaino ancora sporco di cacao nel bicchiere e starnutisce non appena un granello di polvere gli finisce nel naso. Quando si rialza, i capelli cotonati gli circondano il viso come una cornice d'oro, una di quelle che farebbe invidia anche alla Gioconda e alla sua gemella L.H.O.O.Q., che piace tanto a Dem.

"Bono sto tiramisú, peró poteva evitá de cospargelo co sta coca marrone." scherza, ingerendo l'ultima cucchiaiata del capolavoro di Rosa.

Si allunga sul divano e mi si stende sopra, cercando carezze come un gatto siamese.

Alla TV danno una replica di una partita della Roma ma Damiano gli presta poca attenzione, sentendo gli occhi pesanti che incombono sulla nostra serata intima.

"Ogni volta che guardo 'e partite, me vene in mente er Murales che t'ho fatto." -parla sottovoce, quasi non si volesse scoprire- "Non l'hai mai visto, Beatrí."

Gli liscio i capelli e lui incastra una mano sotto la guancia, pronto ad addormentarsi.

"Ma sono sicura che mi sarebbe piaciuto."

Sorride nel sonno, poi divarica le palpebre lente, bramando le mie labbra come un goccio di caffé che riesce a tenerlo sveglio.

"Anch'io ero sicuro de tante cose, prima. Ma adesso non posso che accorgeme quanto sbagliavo."

Si umetta le labbra e mi bacia la punta del naso, che dice ricordargli troppo un orecchino di sua nonna Graziella che rubava sempre dal portagioie vinaccia.

"E di cosa eri sicuro, Rockstar?"

"Beh," -comincia ovvio- "non me sarebbe mai passato p'a coccia de 'nnammoramme de na perfettina de quartiere."

"Eppure.." miagolo contro le sue labbra calde.

"Eppure me so fatto fregá."

Si salva con un mezzo sorriso mischiato con la saliva e il naso arricciato, mentre gli orecchini gipsy che porta ai lobi gli solleticano il collo.

"Papá dice sempre che i Rose nun se fanno infinocchiá mai."

Che fai, Beatrí?
Parli in romano?
Michael te dice sempre che er dialetto se usa solo p'i pensieri n'a capoccia.

"Ah, quindi adé fo parte d'a famiglia?"

Si pettina i baffi con la punta della lingua e io per poco non rotolo via dal sofá.

"Vediamo di convincere il padrone di casa e hai giá un letto tutto tuo."

Damiano ride, poi scurisce il volto e piega la linee che gli incorniciano la bocca.

"Ho detto qualcosa che non va?"

Lui scuote la testa e si muove rapido, mettendosi a sedere come un vecchio ubriaco inglese che medita sulla vita che s'é scolato insieme all'ultimo goccio di burbon.

"C'é.." -tituba, eppure é sicuro nelle parole- "Devi vedere una cosa."

Si alza senza guardare indietro, sapendo bene che non potrei scegliere altro se non seguirlo. Sale le scale a due a due e mi ruba qualche secondo, con le gambe che gli si piegano atletiche e i polpacci che spingono scoperti nei calzoncini dell'Italia di Jacopo.

La porta della sua stanza é aperta, come quella di uno che non ha niente da nascondere: sul letto sfatto, un paio di mutande pulite e un calzino grigio rigato, che deve essersi sfilato nel sonno, mentre sulla scrivania intravedo un plico di fogli accartocciati e macchiati di caffé che lui impila dentro il cassetto.

"Vié qua."

Lo affianco furtiva e Damiano accende la lampada alogena che tiene puntata contro lo scrittoio, vicino a un barattolo di legno con matite spuntate, cartine occasionali e mozziconi che si é dimenticato di buttare. Rovista tra le pagine dei giornali, fin quando scopre un contenitore di legno cerato che non ha avuto nemmeno tempo di prendere polvere, quasi come se l'avesse aperto e lucidato ogni giorno.

"La riconosci?" mi fa, sperando in un lampo di genio, ma io inclino la testa e me ne resto muta.

Mi si piazza di fronte e per un attimo ho anche l'illusione che mi si debba inginocchiare dinanzi con una custodia troppo pericolosa tra le sue mani zingare. Poi, peró, mi cede lo scrigno e mi invita a ghermirlo con gli occhi.

"Me l'ha dato tu padre."

Ed é come una coltellata in grembo, che libera luce e scioglie la fanghiglia salmastra che mi aveva carbonizzato le membra.

Damiano mi sorride da principe dei balocchi e io vedo la giostra ruotare, con i suoi mille colori vivaci e il profumo di noccioline tostate.

Me ce portavi sempre, te ricordi papá?
E nun te importava che lavoro facessi, perché ero tu figlia, e basta.
Anche se sceglievo er cavallo nero a qu'o bianco.
Adesso ho scelto Damiano: dici che lui é quello nero, o quello bianco?

Faccio scattare il cardine che tiene unite le labbra del cubo e automaticamente indietreggio di metri, che sembrano i centimetri che tengono distanti due nazioni ostili.

Damiano mi prende il polso, timoroso che possa cadere, e mi tiene salda con una mano sopra il culo, come se non riuscisse proprio ad essere quello che non é.

"Perché ce l'hai tu, Rockstar?"

"Non lo so." -ammette sincero- "Ha detto ch'era er modo più adatto pe chiedeme scusa. Avé na parte de te, per tutte quelle che m'ha tolto."

"Che c'ha tolto." si corregge poi.

Tocco la superficie plastificata nel punto in cui le mie dita incoscienti si posano sui tasti del pianoforte della nonna, quel bel pianoforte che teneva in salotto e lucidava sempre prima delle feste, in modo che quando volessi suonarlo, non avrei dovuto starnutire per la polvere.
Bagno un lembo della foto con una lacrima esausta, che non ho sentito nemmeno fare le valigie e partire, quasi come se fosse stanca di essere lí.
Damiano mi abbraccia dolce, ma senza mezzi termini, ed io penso a che padre potrebbe essere.

Lo faccio con il cuore meccanico e corroborato, pesante come una statua di ferro ossidato, che si chiede perché io non riesca a non pensare a un ragazzino con i suoi boccoli ribelli e i miei occhi smeraldo smunto che tira calci ad un pallone mentre canta sbadato una canzone di suo padre.

"Voglio tenerla, Bea."

Perché c'hai la gola piccola, amore?
Non so arrabbiata, t'o prometto.
Poi avé tutto quello che voi, anche io stessa, se solo m'o chiedessi.

"Ma c'é qualcosa che puoi avere tu."

Mi lascia il tocco gentile sulle braccia scarne e mischia le carte dentro il cassetto, attento a non fare attenzione al disordine che crea.

"Tienila bene, Precisí. O dovró trovatte 'n artro soprannome."

Mi allunga una foto recente che teneva senza custodia, non perché non avesse valore, ma perché si sentisse libera pure lei, come le due facce allampanate che vi sono sopra.
"Te ricordi? Stavamo a Villa Borghese."

Non é passato molto tempo, ma sembrano secoli fa.

Damiano, nella sua camicia troppo aperta piena di ghirigori inutili, con il viso sfasciato dal sonno e dall'amore bastardo, sorride alla camera, come se non ne avesse passate tante, come se nonostante tutto, la vita gli avesse dato un'altra occasione, quella giusta, per essere felice in foto.

Io mi stringo a lui, piccola, piccolissima, che quasi non mi si vede. Non mostro i denti, ma curvo le labbra spossate per dare un calcio nelle palle alla vita.
Che sí, la vita é uomo, perché ti toglie tanto, ma ti sostiene sempre.

"Adesso che diventerai n'artista, dici che riesci a dipinge cosa più bella?" mi sfida, stronzo e amorevole come Cupido.

"Stai parlando di noi o di te, narcisista egocentrico?"

Si tocca i capelli come un modello di Dolce e Gabbana qualunque, ridendo un po'.

"Peró, pure te c'avevi visto bene dentro quer garage, mh?"

Lo spingo lieve e lui ne approfitta per buttarsi sul letto a peso morto, non dimenticandosi, peró, di trascinarsi dietro la sua cena.

"Come faró senza de te laggiú?" chiede pensieroso, al limite del cupo, stringendomi per bene il fondoschiena come impasto per la pizza.

"Dovete farlo, Dem. Avete tutte le carte in regola per entrare, fare un buon percorso e vincere."

Lui si tocca le palle e ride sguaiato, quando sussulto per il contatto inaspettato.

"E se te mettessi in valigia?" mi alita in bocca, rigirandomi sul materasso fino a sovrastarmi.

"Vic e Thomas ti ucciderebbero. Sarei una distrazione di troppo."

Sbuffa e mi bacia convinto, come se avesse poco tempo prima di dover scappare via.

"Allora canteró de mmerda, cosí torno prima a casa."

Sei un bambino, o sei Zorro, Damiá?
Sei quello che gioca a fá i capricci, o che deve fuggí prima de esse scoperto?

"Dici che se te lascio co'a luna qui, se prenderá cura de te?"

Perché fai cosí, Rockstar?
Dovresti puntare i tacchi sul palco e stare sempre in piedi.
Perché vuoi piangere, allora?

"Non mi fido piú della luna." -gli dico, sfregandogli le rughe al lato degli occhi struccati- "Ci penserá Ezechiele a me, vedrai."

Esplode in un sorriso confidenziale, inconfessato, segreto, solo per noi, uno di quelli che avrebbe paura a mostrare agli altri, perché lo etichetta come un debole.

"C'emo sbattuto 'a testa, Beatrí."

"E ne é valsa la pena?"

Mi bacia, un ultima volta, come la prima, sul mare di Ostia: lo sento borbottare parole dolci nelle orecchie, quelle di un treno che non é mai arrivato ad Auschwitz, di un senzatetto che ringrazia la madre per essere nato, scordandosi della miseria.

"Ha funzionato." -gongola, facendo combaciare le nostre fronti- "Se vede che l'emo sbattuta forte, sta testa da cavallo pazzo."

A\N: e so che forse -lo spero, con buona pace vostra- che qualcuno ci rimarrá un po' così, ma questo é l'ultimo capitolo prima dell'epilogo.
Non voglio allungare il brodo solo per riempirmi la pancia: voglio qualità alla quantità.
Non avevo progettato la storia, prima che la iniziassi, e non mi sarei nemmeno immaginata che sarei riuscita a finirla, né che sarebbe stata cosí apprezzata.
Venticinquemila letture e tanti messaggi di gratitudine, che quasi non li capisco.
Non mi hanno mai regalato niente, ho cercato sempre tutto quello che si poteva cercare, e ora dico di averlo raggiunto.
Perché sono felice di ciò che ho fatto, della mia costanza, e di tutte voi che avete speso mezza parola di sostegno.
Ringrazio Whitevelyn per essere stata mentore, amica, sorella, compagna e sostenitrice, e vi dico anche che vi aspetta una sorpresa per il 31esimo capitolo.
Andatevi a leggere la sua storia, una di quelle che vorrei davvero aver scritto di mio pugno.
Ringrazio un po' tutti, dai critici agli appassionati più silenziosi che mi hanno dato qualche gioia senza chiedere niente in cambio.
Ho lasciato, come vedete, la storia un po' sospesa: perché non si sa mai, se riempire quei pochi buchi liberi con la scrittura non mi mancherá.
Niente é certo, né voglio illudere nessuno dicendo per sicuro che scriveró un seguito su una probabile avventura post X-Factor. 
Quello che so, é che mi sono divertita tanto.
E quando uno si diverte, i sacrifici smettono di essere sacrifici.
Grazie di tutto, piccola famiglia.
Mi mancherete
(forse, non per molto)
💗

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