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17.

L'anno nuovo ha portato via tutto, un po' come fa la neve quando scioglie. Spazza via il torpore bianco, il gelo, le immobilità di un tempo che, nel giro di un secondo, si é fatto vecchio e soffocante. L'anno nuovo ha portato via tutto tranne Damiano e il suo sangue rosso di emoglobina e musica.

Lo guardo sorridermi sul palco mentre sistema il microfono nell'asta: in un attimo la mia mente ritorna indietro di qualche giorno, sul divano di casa sua, con le sue braccia attorno e le sue labbra poggiate sul collo.

"Dicevano che sarebbe stato freddo, ma cosí rischio di congelare." bofonchia Elena, strofinando i guanti tra loro.

Mi stringo nella pelliccia e lei sorride da un lato dimenando la testa.

"Che c'é adesso?"

"Niente.." -sembra voler dire, prima di sputare fuori quello che non vede l'ora di confessare- "É strano. Sei cambiata, Cice. In così poco tempo, sei.. Sei un'altra."

Sollevo la testa in maniera involontaria alla ricerca di una risposta: poi vedo Damiano dare un buffetto alla nuca di Ethan, che mette il broncio, e mi scappa un sorriso che mi tradisce.

"Sono sempre io."

"Sarà, ma non ti avevo mai vista ad un concerto conciata così." -si passa i miei boccoli, quelli che piacciono tanto a Damiano, tra le dita- "Trucco perfetto, pelliccia, tacchi, sigarette in borsa, capelli ricci.. Questo.. Hai sempre questo sorriso che.. Non lo so, Bea. Ti vedo cosí e mi fai sorridere. Si nota, sai?"

"Mh?" chiedo distratta.

"Che sei felice con lui."

Felice?
Oh, Ellie, so molto più che felice io!
Voi mette l'amore c'a felicità?

Damiano mi fa una linguaccia infantile, mentre Thomas impreca dopo esser inciampato su un filo e Elena si avvinghia al mio braccio destro, come edera vecchia che non va più via.

"Non voglio più essere quella di prima." bisbiglio, più a me stessa che ad altri.

"Non devi farlo."

E mi basta, per stasera.

Damiano siede sullo sgabello, stanco di discutere con il tecnico fonico che smanaccia sotto il palco, mentre Vic e il resto del gruppo testano i primi giri di corde e tamburo. Mi guardo intorno: la piazzetta é ancora semivuota e le luci del palco così fioche da non permettermi di riconoscere i volti stanchi dei pochi temerari che combattono il freddo per uno stupido contest di paese.

Eppure, anche questa volta, mi basta. Mi basta vedere Damiano sopra un palco allestito alla svelta, i ragazzi con le mani violastre sulle corde, Ethan che martella il piede a terra ed Elena osservarlo attenta, con la bocca dischiusa e una nuvoletta di vapore sospesa tra le labbra.

"Cice, Cice.." -mi richiama- "Ti sta squillando il telefono."

Sbatto gli occhi e rido in maniera goffa alla scritta mamma sullo schermo.

"Amore!"

"Mami."

"Come sta andando il concerto?" domanda sopra il suono della sigla del telegiornale, che mi fa immaginare stia lavando i piatti con la TV accesa.

"Non è ancora iniziato, mancano alcuni minuti."

"Oh, capisco.." -borbotta- "Senti amore, so che sembra noioso, ma devo sapere verso che ora vuoi tornare."

Guardo Elena guardare Ethan che guarda Damiano. Damiano guarda me.

"In realtà pensavo di dormire fuori."a -ammetto, costringendo Elena a spalancarmi i suoi grandi occhi corteccia di fronte- "Sai, domani é il compleanno di Damiano e i suoi sono fuori per un volo a Bruxelles.."

"E volevate festeggiare."

"Sí. Sí ecco."

"Mh.." -ragiona, combattuta su che parte della corda tirare- "Va bene. Diró a tuo padre che dormi da Elena, d'accordo?"

Sorrido e l'aria attorno mi si rischiara, giusto il tempo di lasciare che il freddo ingoi tutto come un buco nero.

"Grazie mami, sei un angelo."

E lo era stata. Lo ero stata la mattina di quella domenica fastidiosa, non appena Damiano aveva lasciato casa e papá si era barricato in studio. Mi aveva baciato la fronte, pettinato i capelli e asciugato le lacrime. Mi aveva ascoltata, mentre le raccontavo di come mi ero innamorata di quel tipo strano, così strano da meritare un odio fatto solo d'amore. Era stata un angelo durante le vacanze di Natale, approfittando dell'assenza di papà per invitare Damiano in casa e inventando scuse per lasciarci un po' soli. Era stata il più bell'angelo di tutti la mattina del 28 dicembre, mentre papá era impegnato a riportare la nonna nella sua casa a Latina: aveva chiamato Damiano a pranzo da noi, si erano parlati, a viso aperto, e si erano piaciuti.

Alla mamma non importava se la mia media fosse calata: vedermi uscire più spesso, sorridere più spesso, scegliere di visitare Roma invece di respirare la polvere della camera e l'odore nauseabondo della carta stampata, la rendeva felice. Le faceva accettare tutti i controsensi di sua figlia e quelli di suo marito: le bastava ascoltarmi cantare e suonare al piano una o due volte al giorno, arrangiare pezzi insieme a Damiano.

Con papá era diverso: lui a malapena mi parlava.

"Dici che vinceranno?" mi chiede Ellie in tono bambino.

Silenzio il cellulare in tasca e i suoi piccoli fari neri mi abbagliano il viso.

"Hanno provato tanto.. Se non dovessero vincere, andrebbe bene comunque."

"Ma, ma dici che.." -insiste, strattonandomi un braccio- "Ethan, i ragazzi.. ci tengono davvero."

Le bacio la fronte che trema e le dico che andrà tutto bene, perché é così che andrà. Ethan terrá il tempo, Vic fará partire la prima nota, Thomas muoverá le dita sui tasti e Damiano chiuderà gli occhi.

E tutto andrà bene.

[...]

"Un momento d'attenzione!"

Andrea batte la forchetta sul calice e la stanza si silenzia di colpo, come se sia calato un telo nero sulle nostre teste.

"Vorrei fa 'n brinidisi pe sta bella serata, sta coppa 'n centro ar tavolo e quer cojone laggiú, che da diec'anni se vanta d'esse er meglio cantante de Monteverde." -urla, puntando il bicchiere contro Damiano- "Beh, fraté.. da stasera 'a ggente te prenderà n'po' più sul serio. E siccome è l'una passata, me resta na sola cosa da ditte. Auguri Damiá!"

I vetri collidono, le gocce di spumante schizzano via dai bicchieri e la tavolata traballa sotto le nostre mani. Ho le orecchie piene di fischi, urla, canti sconnessi e fumo, bestemmie e ti amo sussurrati sopra il trambusto.

Elena butta giú il liquido d'un fiato ed Ethan specchia un sorriso timido sui suoi orecchini per dirle d'andarci piano. Di fronte Thomas e Giulia si scambiano un bacio, uno di quei baci teneri che si danno ai primi amori, che assottigliano gli occhi e increspano le labbra in un sorriso fino a tappare le orecchie e spegnere la luce.

"Che fai, m'o dai un bacio?"

Giro la testa e mi accorgo che Damiano ha il braccio lungo le mie spalle, gli zigomi alti e rossi come il sesso, gli occhi brilli d'un dodicenne ubriaco. Gli carezzo i capelli e lascio che la mano scivoli lungo il suo volto rilassato.

"Sei ubriaco, Dem. Non me lo chiederesti se vedessi quante persone ci sono."

"Persone?" -accelera lo sguardo, disegnando un quadro confuso della ventina di ragazzi che bevono e accarezzano il premio- "Ma se stamo da soli."

C'era Andrea, c'era Filippo, Luca e gli altri bambini cresciuti che avevano alzato il gomito fino a non tenersi bene in piedi senza scoppiare a ridere. C'erano Ellie e l'Indianino che si studiavano come Einstein e il suo spazio, che si cercavano confusi. C'erano Thomas e Giulia, che si annusavano le labbra, e c'era anche Victoria, ubriaca da far schifo, circondata da amiche con cui non poteva parlare d'amore.

Una Vic che non mi chiamava da settimane, né per darmi lezioni, né per regalarmi i suoi dolci: Damiano dice che é per via del concerto, ma io ho imparato a riconoscere quando mente.

"Non siamo per niente soli, Rockstar."

"Ma sì." -freme labbra su labbra, occhi assonnati su occhi lucidi- "Lo semo sempre stati, Precisì."

Ho sentito dire che i baci che sanno d'alcool sono i più belli: Damiano sa di saliva, bistecca e Lucky Strike. Sa un po' di menefreghismo, di catene che si spezzano, del fotte sega se l'altri ce vedono mischiato al c'ho voglia de datte 'n bacio che te toglie il respiro.

"Ci'o sai che stai popo bene co sta pelliccia? Paremo na coppia de banditi."

"Alla Bonnie and Clyde?"

"Nah, io so molto più bello de Clyde." -si alza dalla sedia barcollando con gli occhi da satanasso- "Ce vieni a fuma co me?"

E come potrei ditte de no, Clyde?
Se m'o dici co qu'a bbocca.

Gennaio non si smentisce mai: é lí a ricordarti che é cominciata una nuova vita, ma tira sempre un'aria ghiacciata che ti sfibra i muscoli.

Frugo nella borsa, cercando di farmi luce sotto un lampione, e Damiano poggia la schiena al muro capendo che è l'unico modo in cui riesce a tenersi dritto.

"Vié qua, te la do io."

Mi porge una sigaretta e io caccio un urlo quando le sue dita stringono forte attorno al mio polso e i suoi anelli si stampano come marchi roventi sulla carne.

"Tana." mi soffia sul naso, spingendomi su di lui fino a sentire il cavallo dei pantaloni gonfiarsi.

"Sei sempre così molesto quando bevi?"

"Molesto, eh?" -la sua bocca fa il Giro d'Italia sul mio collo- "So solo 'n diciottenne n'po' brillo e focoso."

"Diciannove, Rockstar. Hai diciannove anni."

Stringe le sopracciglia folte fino a che si toccano e si rifionda sulle mie labbra senza darsi una risposta.

"Na ragione in più pe sfruttá er tempo che me rimane."

Gli bacio gli occhi stanchi e il piercing del naso e lui strascica la saliva sul mio neo, sopra l'angolo destro della bocca.

"Spero che vincere quel contest sia stato il più bel regalo che potessi immaginare."

"Te sbagli." -abbassa la voce graffiante- "Quanno faremo l'amore, stanotte. Quello sará er regalo più bello."

quanno faremo l'amore

La bocca dello stomaco urla come uno stantuffo a pressione, ma Damiano manca la mia bocca e mi convinco che sia per colpa del vino.

"Nnamo a casa, che dici?" sbatte la fronte sulla mia.

"É presto, Dem. Non vuoi festeggiare con i tuoi amici?"

"Quelli so piú ubriachi de me.. Andiamo, Bea.. Ti prego."

Fa gli occhi dolci, con la luce gialla che gli illumina un solo occhio e oscura l'altro.

"Va bene, vado un secondo al bagno e ce ne andiamo. Riesci ad aspettarmi qui?"

Si passa la lingua sulle labbra e carezza la nuca contro il muro, accendendo un fiammifero.

M'assomigli tanto a quarcuno..
Ahh, ecco a chi!
A Cupido, Damiá.

Dentro al locale risuonano ancora gli sbiascichi cantilenati degli amici di Damiano e l'aria s'é fatta cosí pesante che quando apro la porta del bagno, mi sembra di ritornare a respirare. Assopita contro lo stipite c'é Victoria, con una mano sul viso a coprire i cerchi alla testa.

"Tutto bene?"

Solleva la chioma dorata e scocca una freccia da quegli occhi freddi.

"Do l'hai lasciato 'r fidanzatino?"

"Io.. È fuori a fumare."

Scoppia a ridere come se abbia detto una stronzata colossale e si sbilancia quel tanto che basta per cadere. La raccolgo da terra, con l'odore di piscio che mi perfora le narici, e mi accorgo che sta piangendo in silenzio.

"Vic, Vic che hai? Ho detto qualco-"

"Smettitela!" -si libera con uno strattone- "Smettitela de preoccupatte pe'me!"

Si ferma in mezzo alla stanza e asciuga una lacrima con rabbia.

"N'se preoccupa più nessuno pe'me." mormora al vento.

"Cosa dici? Hai le tue amiche, Tommy, l'Indianino.. Hai Damiano, cazzo. Hai lui e hai anche me."

Sorride ancora, ma solo con la bocca storta di chi piange in un sorriso: perché fa meno male.

"Io, Damiano, n'c'ho mai avuto. Nemmeno quann'era i primi tempi che se faceva la barba e dovevo insegnaglie a radesse."

La porta del bagno interno si spalanca e una ragazza fugge via confusa, senza neanche lavarsi le mani o guardarci in faccia. Victoria s'aggrappa alla maniglia, trema, e sputa le ultime parole cariate.

"Me ne devo fa na ragione, lo so. É partito de testa pe n'altra e devo accettallo." -espia i suoi peccati, fissando il legno sterile della porta-"Ma me ce vole tempo, Beatrí. Tu e tutti l'altri che se preoccupa pe' me dovete capì che me ce vole tempo."

Poso una mano fredda sulla sua spalla scoperta, ma lei non sussulta al contatto: devo credere che non senta più niente?

"Mi dispiace, Vic. Non é una frase di circostanza. Mi dispiace davvero."

"Non devi." -scuote la testa piano- "É facile innamorasse de quer fio de puttana. É cosí facile.."

Ricaccio indietro la saliva, come per punizione ad una bocca che dev'essere stata così arida per non accorgersi del dolore degli altri.

"Mi credi quando ti dico che non avevo intenzione di minacciare la vostra amicizia? Devo sapere che lo fai."

"Se c'hai così bisogno.." protesta con la voce rotta.

"Ho solo bisogno di credere che tu non ce l'abbia con me. Non sapevo provassi qualcosa per lui. Forse.. forse le cose sarebbero andate diversamente."

É girata, ma so che sorride e mi crede una stupida ipocrita.

"Non hai mai detto bugie, Beatrí. Non incominciá proprio adesso."

Si chiude in bagno e io appoggio la fronte stanca sulla porta.

"Ci perdonerai mai?" sussurro, sperando che il pianto non copra le mie parole.

Mi risponde, talmente piano che penso per un attimo di averlo immaginato.

"V'ho giá perdonati da tempo, Bea. N'ce l'ho co voi: é me che odio."

"Beh, sappi che c'é sempre qualcuno ad amarti. Io e Damiano, Thomas, Ethan ed Elena aspetteremo che ritorni."

Passa il tempo e non odo alcun lamento, finché una voce fina e fragile passa per la fessura della porta proprio quando ho deciso di andarmene.

"Ti credo."

Trovo Damiano ancora attaccato alla bottiglia che discute con Thomas e Giulia, forse chiedendo con quanta frequenza lui la faccia divertire a letto. Lo prendo per un braccio e lo porto via, guidando i suoi piedi l'uno dietro l'altro.
L'asfalto é nera, quasi come i suoi occhi rossi, ma la luna mi sorride, anche lei ubriaca.

"É sabato mattina.."

"Come?"

"Niente, Rockstar. Niente."

[...]

Stiracchio i piedi sopra le lenzuola accartocciate ai margini del letto e mi passo una mano sugli occhi sfiniti. Damiano sbuca dalla porta del bagno e quando me lo vedo di fronte, con la luce soffusa che brilla alle sue spalle, sussulto in un gemito silenzioso.

Gli assi del pavimento scricchiolano sotto i suoi piedi bagnati: é nudo, ad eccezione di un asciugamano bianco steso sulle spalle, e ha i capelli ancora bagnati che mi tirano uno schiaffo quando si abbassa su di me per baciarmi.

"Allora sei ancora sveglia.. Pensavo che te saresti addormentata subbito."

Il contatto con la sua pelle fredda e cruda mi accende come paglia sotto il fuoco.

"Volevo aspettarti."

Mi dá un'ultimo bacio prima di lasciar cadere la schiena sul materasso e dal sospiro che emette, deduco sia parecchio stanco.

"N'c'ho la forza d'andamme a vestì."

"Non farlo." gli propongo, mettendomi prona.

"Cosí lo spieghi tu all'Indianino come me sò preso na polmonite?"

Rilasso il mento sul suo pettorale e disegno cerchi immaginari sulla peluria sotto l'ombelico.

"Gli diró che eri cosí bello senza vestiti che non ho potuto resistere."

"Ah sì?" gongola, baciandomi.

"Piú o meno, la cosa che vorrei vedere tutte le sere della mia vita."

Lo sento deglutire preoccupato, rigido come una trave, e gli carezzo i capelli umidi.

"Bea.."

"Lo so, scusa."

"Non.." -si mette a sedere, dandomi le spalle curve- "N'c'é bisogno che te scusi."

Ciondola stanco fino all'armadio, indossa i pantaloni di una vecchia tuta e ritorna a letto, alzando le braccia sul cuscino.

"N'avevamo giá discusso. N'sò 'r tipo da relazioni durature." -mi ricorda con senso di colpa- "Me sto a impegná, sto cercando de esse na persona migliore, ma non posso garantittr la stabbilità che te garantiva Samuele. Vorrei, ma nun posso."

"Non paragonarti a lui, ti prego."

Damiano allunga lo sguardo su di me, che fisso il soffitto con gli occhi chiusi.

"Devo pur fallo quanno parli de na vita insieme." -rotola sul fianco e punta il gomito sul cuscino- "N'te voglio dá false speranze. Le speranze te fottono, più de ogni altra certezza."

Mi sfiora le labbra con le dita, come un cieco che vuole baciare la sua donna: perché é questo che siamo. Io e Damiano siamo un film per sordomuti mentre i ciechi fanno l'amore.

"Mi basterebbe viverci giorno per giorno. E se.." -azzardo non appena la lampadina fa contatto- "E se fosse davvero tutto un giorno per giorno?"

"Dici una relazione giornaliera?"

Annuisco contro la federa di lino e Damiano increspa il naso all'insú, passando le dita sui baffi. Si ributta supino, ma questa volta mi trascina con sé, come fanno le onde con la schiuma.

"Ce n'hai sempre una pronta, eh? Ci'o sapevo dar primo ggiorno ch'avrei dovuto iniziá a preoccupamme."

"Mh, forse.."

Inarca un sopracciglio e io capisco che é arrivato il momento. Mi allungo verso il bordo del letto, fino a mettere la testa fuori: la borsa é proprio dove l'avevo lasciata. Rovisto tra i trucchi e tiro fuori il pacchettino blu che la commessa vicino casa aveva richiuso con tanta cura.

"Per te."

Damiano sgrana un po' gli occhi e si tira su a sedere, aprendo le mani come un chirichetto che aspetta l'ostia. Scarta il pacchetto con la punta delle dita, attento a non rovinarlo, e gli occhi piú lucidi di quando mi aveva sbattuta sul letto.

"Nun dovevi.." mugugna ancora prima di aprirlo.

"Sí invece."

Il regalo tocca il suo palmo tremolante e lui stira il collo fino a baciarmi con cosí tanta ingenua sincerità da mozzarmi il fiato.

"Bea.."

"Ti piace?"

Mi sorride come un ebete, girandosi l'anello fra le dita, e io penso a quanto potrebbero essere belli i nostri figli se solo prendessero il suo sorriso.

Beatrí, e che cazzo..

"My rockstar.."

"Mh-mh." concordo, mordendomi le labbra.

Mi offre le sue dita e io infilo quel pezzetto di metallo levigato sul suo anulare, compiacendomi quando vedo che gli calza alla perfezione. Si stende di nuovo sul letto, stanco da far pena, e rilassa i muscoli sotto la mia guancia.
Non ho mai avuto un buon tempismo, lo sapete già. Ma é la consapevolezza di sé quella che conta, no?

"Auguri amore."

Alzo gli occhi sopra la mia fronte: Damiano sta tirando la mascella e sbarrando i bulbi fino a farli fuoriuscire dalle orbite, come se voglia ricacciarmi le parole in gola. Fa un cenno col capo e io capisco che vuole una conferma.

Cosí annuisco, sorridendo, e stampo le labbra sul suo pizzetto con delicatezza. La stessa delicatezza che lui lascia da parte, quando mi abbraccia in un impeto impazzito e mi schiaccia contro il materasso, che ci molleggia sotto.

"Sei pazza." mi sputa il suo fiatone sul collo.

"Non costringermi ad essere sdolcinata e rispondere sì, sono pazza di te, perché non ho intenzione di farlo."

"Dio, no.." -ride, prima di farsi scuro- "Non sò ancora pronto, Precisina."

"Non ho bisogno che tu dica le paroline magiche, Dem."

Mi bacia la colonna vertebrale e mi culla tra le sue braccia tese, con le coperte che ci spiano ai piedi del letto.

Dicono un sacco di cose circa il momento in cui si confessa un amore. Dicono che ci si sente leggeri come una piuma, liberi come un pesce, felici come un bambino. Dicono anche che si cresce, quando si dice ti amo. Io non so se quello che dicono sia vero, ma credo che gli innamorati se ne freghino delle piume, dei pesci e dei bambini. Se ne fregano di crescere. Vogliono solo baciare, fare l'amore, stringersi mano nella mano. Vogliono sentire le braccia di Damiano attorno, le sue gambe mischiate alle loro, il suo respiro sul collo e i suoi baci lasciare la firma su quella tela che é la loro pelle.

Vogliono avere l'occasione giusta per amare.

"Bea.. Bea, stai dormendo?"

"Come? No, sono sveglia."

"M'ha squillato 'r telefono, puoi passammelo?"

La luce del led gli illumina il volto e noto che ha una riga sulla guancia dove prima é scorsa una lacrima puttana.

"É Victoria. Vuoi leggerlo?"

Vic <3: Sai, principí, sto periodo sei popo fortunato. Hai trovato 'na brava ragazza che te sopporta, che te ama, perché Damiá, quella te ama proprio..
E poi sai, puttanella, il promotore del contest ha chiamato Ethan e gli ha detto che gli piacerebbe mettere a disposizione una piccola somma per ospitarci ogni settimana nel suo locale.
E se vuoi sapere ancora perché sei culato da fa schifo, ti dico anche che ci perdono. Per tutto.
E che mi dispiace. Per tutto.
Auguri principí,
Ti voglio bene.

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