10.
Il viaggio di ritorno ha avuto tutta l'aria del primo incontro dallo psicologo, quando hai paura di fare il primo passo, ma non aspetti altro che tutto si allinei e si chiarisca.
Damiano mi ha prestato una delle sue magliette a collo alto che tiene nel bagagliaio e adesso ho il suo profumo addosso quasi come per punizione. Ho ancora le labbra gonfie, salate e calde, e anche il solo pensiero di inumidirle per assaggiare ancora il suo sapore mi spaventa.
N' te sei ribellata, 'o sai sì?
È inutile prendese pe'l culo e finge 'r contrario.
C'è una parte di me che voleva che Damiano mi baciasse lì, in quell'istante. Ha irrigidito i muscoli, mi ha eccitata come un bacio non aveva mai fatto, mi ha scossa e, più d'ogni altra cosa, mi ha impaurita.
Perché un rapporto non mi aveva mai stimolata così e nessuno mi aveva mai controllata come se mi sentissi in dovere di farlo felice.
Eppure a me sta bene così.
Sará pure impulsivo, narcisista, strafottente e menefreghista, a tal punto che vorresti ridisegnargli gli zigomi a suon di schiaffi, ma Damiano tiene alle cose che ama. E io, adesso, ho paura che mi travolga fino a che di me non rimanga nient'altro che polvere. Perché di uno così non ci si disintossica facilmente.
"Siamo arrivati."
Sbatto le palpebre, consapevole che quella è la prima frase che ci siamo detti da quando siamo partiti. Allungo le dita verso la maniglia, quando Damiano posa il suo palmo sulla mia spalla.
"Aspetta."- mi ammonisce con la voce ferma- "C'ho bisogno de chiarí prima che te ne vai."
"Non c'è molto da chiarire."
Si passa una mano tra i capelli crespi, rinsecchiti dall'acqua del mare, e congiunge le mani in una preghiera.
"Non só 'n idiota, Beatrí. Ci'o so ch'appena esci da sta machina, noi non se rivedemo più."
E allora perché c'hai voglia d'oscurá i vetri e non uscì più da qui?
"Non sono in vena di chiarimenti. Fammi andare, ho bisogno di una doccia."
Ritento la fuga, ma il clic delle portiere si diffonde nell'abitacolo come una condanna a morte. Damiano ha gli occhi tristi, come non li ho mai visti, e talmente sicuri di sè da intimorirmi.
"Parlame." sospira, lasciando le parole ad un soffio di vento.
"Non ho niente da dire."
"O só che stai 'ncazzata, ma t'ho detto che non me scuserò per quello ch'hoffatto."
Incrocio le braccia in seno e lo vedo allungare lo sguardo sul mio corpo, con gli occhi di un lupo bianco a digiuno da mesi.
Me voi sbraná, Damiá?
Sto qui.
Fallo.
"Non sono arrabbiata. Hai fatto ciò che ti andava di fare, stop. Finita lì."
Le sue sopracciglia si inarcano nel modo più plateale possibile: neanche io credo a quello che sto dicendo.
"Ma che stai a dí?" -abbaia, scuotendo la testa- "T'ho baciata, Beatrí. T'ho baciata meno de mezz'ora fa, cazzo."
Stringo i pugni fino a sentire le unghie pizzicare la carne, in modo che il ricordo rimanga incatenato e le mie labbra non ricomincino a pulsare.
"Vuoi che ti chieda perché lo hai fatto? Mh?" -sbraito come una bambina- "Allora dimmi, perché? Perché dopo che m'hai giurato e spergiurato duemila volte che m'avresti rispettato, te ne sei fregato?"
Damiano stringe la mascella in modo duro e io, come in un abbaglio, capisco che da oggi si è finalmente rivelato per ciò che è: lui stesso.
"Só sceso a compromessi pe' te, pe' lui, pe' voi. Me só frenato anche pe' noi, soprattutto pe' noi. Non posso rischià de non esse me stesso, 'o sai che nun posso."
Alla radio, a basso volume, suona una canzone che non riconosco. Un ragazzo mi chiede di uscire stasera, di uscire di sera, che fuori è freddo e non ha voglia di altro stasera, e io immagino che sia lui a chiedermelo, con i suoi occhi mogano e quel naso troppo storto per non essere baciato.
"T'ho sempre portato rispetto e continuerò a fallo, ma non me sento de dimostrà niente a nessuno. Samuele è 'n bravo ragazzo, finché te sta lontano."
"Come?" gli domando al limite dell'incredulità.
"T'ha sempre 'ncatenato Beatrì. Non ce fa apposta, ma te soffoca. Voi due sete diversi, lui nun è come noi."
Non ce sta nessuno come voi, Beatrì.
"Lui è migliore di noi."
"Forse è più dorce de me, più equilibrato de te, ma non è migliore de noi. È banale, noioso, piantato, non ha mai provato 'a sensazione de volè staccà i piedi dar suolo. S'adatta bene, fa quello che voi tu, che vole tu padre, che vole su madre, e sicuramente te ama con tutto er core. Ma non è come noi e tu c'hai bisogno de artro der ragazzetto perfetto. C'hai bisogno de conosce er monno, de potè sceglie che cazzo fa della vita tua, de sognà." -esclama, allargando le braccia fino a che gli si vedono i peli sul petto- "Quanno stai co lui t'adegui, t'azzeri, diventi noiosa. C'hai bisogno de 'na persona che te sprona a tirà fori tutto quer mare de idee che c'hai 'n testa."
E tu che sei, Damiá?
Sei 'r colore ner tubetto, o la tempera su'a tela?
"Perché fai così?" -lo supplico, tappandomi le orecchie con il rimorso di aver udito quelle cattiverie gratuite su Sam- "Ora che avevamo trovato una chiave, che ci divertivamo.. Perché non possiamo essere buoni amici?"
Damiano mi intrappola i polsi e li sforza fino a che io li adagi sul suo petto, che batte troppo forte per uno stronzo egoista.
"Potemo esse tutto quello che voi, a patto che io non me devo contené per nessuno." -sussurra con quell'accento marcato che mi fa impazzire- "Bea.. tu sei l'unica, insieme a Victoria, ad esse rimasta accanto a me 'n mezzo ad un via vai che m'ha fatto girá 'a testa. Non c'ho la pretesa de diventà er ragazzo tuo, potemo rimanè amici, o diventà perfetti sconosciuti. Chi lo sa che po' succede fra meno de un mese? Voglio solo poté fa quello che me sento. Del resto, delle etichette, non me frega 'n cazzo."
"Io.."
"Tu" -incalza- "sei stata la prima che m'ha colpito. M'hai odiato, poi m'hai capito, piano piano, alla maniera tua, e non t'ho fatto schifo, non t'ho fatto pena. Tutte quell'altre me guarda come 'n pezzo de carne da macello, o da portà a letto dopo 'l terzo bicchiere de vino."
"Non sono tutte così, dovevi metterlo in conto."
"Forse, qualcuno voleva che fossi tu a famme cambià idea." -ipotizza, lasciando le mie mani- "Non m'hai riso 'n faccia quanno t'ho detto che volevo diventà quarcuno. Deve pur significà quarcosa."
Che sete simili tu e lui, Beatrì.
Che lui è 'r colore su'a tela.
"Significa solo che credo nelle tue potenzialità."
Damiano sospira, come se sia stanco di spiegarsi, e gratta il mento dove incomincia a crescere una barba piuttosto folta.
"Voglio solo vive un cazzo de rapporto normale. Tutto qui."
Mi guarda con i tratti di una statua, immobile e duro, con gli occhi persi che solo il marmo può evocare.
"Damiano, ti voglio bene. Davvero, te ne voglio davvero. Ma non posso buttare all'aria tutto quello che ho costruito in questi anni. Non posso.. non posso accantonare Sam perché non hai intenzione di essere l'uccellino in gabbia." -farfuglio- "Io lo amo."
E forse, con quelle tre parole ho segnato la sua sconfitta. Si è aperto, si è liberato, ma i segni delle catene sono rimasti sui polsi e sulle caviglie.
"Lo ami.." -bisbiglia tra sè, tirando la bocca in una linea e sollevando le sopracciglia- "Ma nun lo vedi che parli come lui? Non poi buttà all'aria tutto quello ch'hai costruito perché c'hai paura.. ma paura de che? D'esse libbera? Beatrí, poi fotte er cervello tuo, ma non il mio." -ringhia, indicando la tempia- "Tu ami solo l'idea che c'hai de lui. E poi, se volevi stacce davvero, io non potevo fa niente per impedittelo. Non m'avresti supplicato de rispettallo, se non c'avevi paura che avrei scombussolato il tuo noioso futuro de coppia."
Riprende fiato, facendo sgonfiare le vene del collo, e per un attimo penso che la tortura sia finita: niente è più difficile che essere in balia della verità e non avere niente da dire per negarla, in modo che il dolore dei rimorsi scompaia.
"Tu, quer bacio, lo volevi. Volevi che facessi tutto quello ch'ho fatto, ma te senti in colpa a' ammettelo, perché pensi de passà pe'a stronza egoista. Te pare de esse troppo simile a me e a te sta cosa non va bene. Devi esse perfetta, ve? Ma per chi? Mh? Per chi cazzo cerchi de esse quella che non sei?"
Sgrano gli occhi, conscia del fatto che, come ogni volta, mi ha capito meglio di quanto avessi mai potuto fare io stessa.
"Se pensi questo, è meglio che non ci vediamo per un po'." -sblocco la portiera dandogli le spalle- "Vedi di chiarire le idee."
La canzone suona ancora, ma solo nelle mie orecchie, e mi chiede di restare, di restare stasera, perché fuori fa freddo e lui non ha voglia di altro stasera.
Non so, forse è quel minimo indugiare a dare a Damiano la potenza inarrestabile della speranza.
Posa le mani sulle mie spalle e incornicia le mie guance con i suoi palmi bollenti.
Le mie labbra ricominciano ad andare a fuoco non appena incontrano le sue. Sanno di sigaretta e sale e sono leggermente screpolate, ma non è poi che mi importi molto. È solo un assaggio, lento e deciso, come un colpo di spada tra capo e collo.
"Così, giusto pe' toglieme 'o sfizio."
[...]
Chiudo la porta di casa e faccio scivolare la schiena lungo la sua superficie, fino a sedermi sui talloni. In salotto non c'è nessuno, ma dalla cucina si diffonde un odore di affumicato.
Chiedi consiglio a 'na donna vera, Beatrì.
Tu madre ne sa una più der diavolo.
"Ehi.." bisbiglio sfinita, baciandole la guancia.
La mamma sussulta con gli occhi persi nella pentola: non mi ha sentito arrivare.
"Ciao amore." -cinguetta con la voce sottile di chi ha avuto una giornata pesante- "Samuele è di sopra. È parecchio che sta aspettando."
"S-Samuele?"
Scappa cogliona.
Forse Damiano n'è ancora partito e te stá a aspetta come nei film.
"Il tuo ragazzo, Samuele." -precisa, distogliendo lo sguardo dal fuoco e carezzandomi la fronte come se avessi la febbre- "Qualcosa non va tra voi due?"
Il sangue confluisce nella zona delle mie labbra e io ci passo sopra l'indice, sperando che si raffreddino.
"No, è solo.. è solo che non mi sembrava ci dovessimo vedere."
La mamma mi bacia la guancia e mi spinge verso le scale con una pacca dolce sulla schiena.
La porta della camera è socchiusa per metà e un filamento sottile di luce è proiettato sul pavimento. Samuele è girato di spalle, con le mani sui fianchi, come una gigante anfora greca.
Hai tradito uno der genere.
Ma n'te fai schifo?
Mi avvicino al letto, quando Sam infila il cappello che nascondeva tra le mani e trotta via come un toro, piantandosi a terra a un solo passo da me. Ha gli occhi vivi, ruvidi, e le linee del volto spigolose.
"Stavi andando via?"
"Ti ho aspettato per un'ora."
"Non sapevo che saresti venuto."
La voce mi si incrina, tradendomi, e Samuele piega la testa a sinistra, squadrandomi le labbra.
Che te sei accorto der..
No, non può essere.
"Ti ho chiamata quattro volte, ho rubato il numero di Victoria a Thomas per sapere se fossi rimasta un'ora in più a lezione. Ha giurato di averti lasciato sotto casa."
Gli cingo il volto con le mani macchiate del sangue del rimpianto e Sam non smuove un muscolo, irrigidendo la mascella.
"Mi dispiace."
"Dove sei stata?"
"Io.." scruto i suoi occhi passeggiare sul mio petto, fino a raggiungere il collo, e mi freddo.
"Di chi è questa?" pretende di sapere, giocando con il tessuto della maglia di Damiano.
"Non.."
Gli occhi mi si fanno umidi e Samuele invece di addolcirsi, perde tutta l'umanità nello sguardo, mozzandomi di netto il fiato.
Toglime 'r fiato, Samuè.
Come quanno m'hai torto la verginità.
"Non voglio neanche sapere con chi ti sei andata a divertire."
Ed eccola qua, la pugnalata. Ha centrato in pieno l'addome, poco sopra l'ombelico.
Samuele toglie le mie mani dal suo viso con fare brusco e sorride per metà, come un Joker sconfitto. S'incammina per la via di fuga, quando, posata la mano sulla maniglia, ruota il busto e assottiglia gli occhi.
"È stato lui, vero?" -alita acido con le labbra a due fessure- "Hai iniziato a fumare, ad uscire la notte senza che si sappia dove vai; ora indossi anche le sue magliette."
Una lacrima scivola lungo la mia guancia accaldata senza che io le avessi dato il permesso, così la asciugo velocemente con il polsino della maglia.
Va via, profumo der cazzo!
"Volevo solo passare un pomeriggio con te, come ai vecchi tempi." -confessa con un filo di voce- "Quand'è che ho smesso di essere il tuo migliore amico?"
"Sam.. non fare così, ti prego."
Scuote la testa e chiude la porta, mentre le parole di Damiano mi rimbombano nella mente.
t'ha sempre 'ncatenato Beatrì
non ce fa apposta, ma te soffoca
voi due sete diversi, lui nun è come noi
Stringo le tempie tra i palmi, urlando tra me e me con la speranza che le voci vadano via, con la convinzione traballante che non siano così vere come sono. Perché fa male, fa male pensare che una persona che si ama possa, potendo scegliere, scegliere il peggio per noi.
Samuele non mi incatena, sta solo attento che non inciampi per strada, o che non litighi con la mamma e faccia ciò che il papà vuole. Mi protegge, mi tiene al sicuro, si espone per me.
Forse, a mente lucida, reggerebbe più il discorso di Damiano.
Mi sfilo la maglia che mi ha dato, stravolta dal suo odore sulla mia pelle e dal suo sapore che non si decide ad andare via. Una folata di vento freddo mi ricorda che non siamo più ad aprile, o che forse, non c'è nessuno che mi riscalda. Rinfilo la sua maglietta e subito mi sento al sicuro, poi cerco il telefono in borsa e accedo alla rubrica.
"Pronto? Sono Bea. Puoi.. puoi venire da me, ora?"
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro